PDL 3424-A-bis - Relazione di minoranza

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 3424-A-bis

DISEGNO DI LEGGE

APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 24 dicembre 2021 (v. stampato Senato n. 2448)

presentato dal ministro dell'economia e delle finanze
(FRANCO)

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024 e relativa nota di variazioni (3424/I)

Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica
il 24 dicembre 2021

(Relatrice di minoranza: LUCASELLI )

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Onorevoli Colleghi! – Da oramai dieci anni (legge di bilancio 2011-2013) risultano introdotte importanti innovazioni alla struttura dei documenti di bilancio in ragione della legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, n. 196), entrata in vigore il 1° gennaio 2010.
Gli obiettivi della legge n. 196 del 2009 sono molteplici e largamente condivisibili: restituire centralità al bilancio articolato in missioni e programmi, superando la frammentazione e l'eterogeneità delle «vecchie» leggi finanziarie omnibus; rendere più trasparenti e leggibili i conti pubblici e le procedure attraverso cui i bilanci vengono costruiti e modificati; armonizzare i bilanci della pubblica amministrazione; migliorare il controllo, la valutazione e il monitoraggio del Parlamento sul bilancio, esaltando il ruolo delle Commissioni di merito nell'analisi delle parti di loro competenza.
Se è vero che stiamo vivendo una fase storica straordinaria – la gravissima vicenda della pandemia sanitaria continua a tenere banco non solo in Italia, ma in tutta Europa e nella maggiore parte degli Stati del mondo – altrettanto vero è che sempre più – ma mai come nel corso del 2021 – norme e procedure che disciplinano l'attività parlamentare sono state del tutto ignorate, quando non palesemente violate o distorte, mortificando il ruolo dei parlamentari, relegati ad assistere all'indebita appropriazione del potere legislativo da parte del Governo.
Emblematica al riguardo è la modalità con cui il Parlamento ha potuto esaminare la legge di bilancio per l'esercizio finanziario 2022.
Il disegno di legge di bilancio per il 2022 è stato presentato al Parlamento l'11 novembre 2021, due settimane dopo la sua approvazione da parte del Consiglio dei ministri, avvenuta il 28 ottobre 2021, con oltre venti giorni di ritardo rispetto al termine del 20 ottobre fissato dalla sopra richiamata legge di contabilità e finanza pubblica.
Detto ritardo ha comportato, fin da principio, la compressione dei tempi a disposizione del Parlamento per l'approvazione della legge e si è ulteriormente aggravato nel corso dell'esame da parte del Senato a causa dei continui rinvii, dovuti a contrasti interni alla maggioranza, dei lavori della Commissione Bilancio. Lo attesta il fatto che solo il 20 dicembre 2021 detta Commissione ha potuto esaminare un ristretto numero di emendamenti segnalati, nonostante la vastissima maggioranza numerica che appoggia il Governo Draghi, improvvidamente definito dai mezzi d'informazione, ma non solo, come «il Governo dei migliori».
La conseguenza di un siffatto modo di procedere si è palesata quando nell'assemblea di Palazzo Madama il Governo ha posto la fiducia sul maxi-emendamento dallo stesso presentato (unico articolo di oltre 1000 commi, in sostituzione dei 199 articoli che costituivano il testo del disegno di legge licenziato dalla Commissione), senza quindi alcuna discussione e votazione degli emendamenti presentati per l'esame da parte dell'Aula.
Detto modo di procedere – come già preannunciato nella Conferenza dei capigruppo della Camera del 21 dicembre 2021 – porterà il Governo a porre la questione di fiducia sul provvedimento in esame anche in questo ramo del Parlamento.
Si vuol tacere dell'impossibilità per i parlamentari di contribuire significativamente, almeno in sede di Commissioni, ad esaminare compiutamente il provvedimento, attesi i tempi ristrettissimi imposti dalla Conferenza dei capigruppo, al solo fine di evitare l'esercizio provvisorio. Sintomatico è il limite di tempo imposto alla Commissione Bilancio della Camera, che dovrà concludere – in sede referente – l'esame del disegno di legge, recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024, entro le ore 13 di martedì 28 dicembre 2021; conseguentemente, l'esame da parte delle Commissioni di settore è stato modulato in tempi compatibili con la fase di esame degli emendamenti presso la Commissione Bilancio. Si aggiunga, poi, che alla Camera l'esame in Assemblea avrà inizio alle ore 14 di martedì 28 dicembre, con votazioni non prima delle ore 18 (quando si prevede che il Governo richiederà la fiducia) e – quindi – con circa 4 ore a disposizione per lo svolgimento della discussione generale sul provvedimento.
È qui il caso di richiamare, per doverosa comparazione, la modalità di esame della legge di bilancio da parte del Parlamento nei precedenti anni della XVIII legislatura.
Con il Governo giallo-verde (Governo Conte I), il disegno di legge di bilancio venne presentato il 31 ottobre 2018 e approvato l'8 dicembre 2018 dalla Camera dei deputati. Approvato dal Senato con modifiche – bei tempi! – il 23 dicembre 2018, veniva approvato definitivamente dalla Camera dei deputati il 30 dicembre 2018.
La manovra di bilancio del Governo giallo-rosso (Governo Conte II) per il 2020 veniva presentata al Senato il 2 novembre 2019, approvata il 16 dicembre 2019, quindi approvata senza modifiche dalla Camera dei deputati il 24 dicembre 2019.
La manovra per il 2021, varata dal Governo giallo-rosso con pandemia in corso, veniva presentata alla Camera dei deputati il 18 novembre 2020 e approvata il 27 dicembre 2020; quindi approvata dal Senato, senza modifiche, il 30 dicembre 2020.
Ebbene, il «Governo dei migliori» ha il primato peggiore relativamente ai tempi di presentazione e di gestione della manovra di bilancio. Com'è andata lo sappiamo bene, è sotto i nostri occhi e non lascia sbigottiti i soli deputati dell'opposizione, ma anche diversi esponenti della maggioranza. Evidentemente non siamo noi, deputati del gruppi di Fratelli d'Italia, dei visionari negativi, morbosi e malati. Siamo infatti di fronte a cose mai verificatesi. Ne abbiamo viste parecchie, specialmente negli ultimi anni, ma qui si è veramente superato ogni limite.
Come detto, lunedì 20 dicembre 2021 non erano ancora iniziate le votazioni degli emendamenti alla Commissione Bilancio del Senato, la prima delle due Camere ad esaminare questo provvedimento. Non si era mai visto nulla di simile, nemmeno con i due Governi Conte, che pure avevano compresso i tempi e cambiato le carte in tavola all'ultimo momento, con una finta lettura, che era stata però decente e presentabile; al tempo del secondo Governo Conte fu presentato all'ultimo momento un emendamento che cambiava tutto (il 2,4 diventava il 2,04), tutti coloro che erano all'opposizione si lamentarono di quel Governo e anche nell'ambito della stessa maggioranza vi fu chi ammise che non era questo il sistema di operare.
Bene, qui abbiamo superato di gran lunga tutti i peggiori primati, anche quelli degli ultimi anni.
È qui il caso di evidenziare che, fino a non molti anni fa, il solo fatto di porre la questione di fiducia sulla legge finanziaria era visto come una forzatura, un atto fortemente criticabile, atteso che risulta essere compressa la possibilità del Parlamento di esprimersi. Ma qui altro che compressa! Siamo partiti malissimo, in ritardo di ventuno giorni rispetto a quanto previsto da una legge dello Stato: quello stesso Stato che chiede ai cittadini di rispettare le proprie leggi, la cui violazione è sanzionata con multe e supermulte. Peccato che sia lo stesso Stato che, nel momento più importante dell'anno dal punto di vista finanziario ma anche dell'intera linea politica del Governo, assiste silenzioso alla violazione della legge da parte del Governo. Non solo, ma abbiamo ragione di credere che il Consiglio dei ministri, i cui lavori non sono pubblici, abbia approvato un testo di legge di bilancio anche in ragione di modifiche decise in qualche ufficio, in qualche androne, in qualche sottoscala, fuori del Parlamento, dando ascolto alle esigenze di qualche potente ben fuori delle istituzioni!
Il Parlamento è stato proprio ignorato e ha avuto il dubbio privilegio di poter iniziare le votazioni, come detto – anche se in realtà tutto era già stato stabilito prima –, la sera di lunedì 21 dicembre 2021.
Nella sostanza, il disegno di legge di bilancio denuncia tutti i problemi di una maggioranza estremamente variegata e diversa come linee di pensiero, come esigenze di interlocutori: si realizzano dunque compromessi che, nella migliore delle ipotesi, sono mezze misure, ma a volte sono mancate misure.
I colleghi del gruppo di Fratelli d'Italia hanno al Senato presentato e illustrato una serie di proposte di modifica che non hanno trovato adeguata risposta, quando non sono state addirittura del tutto ignorate. Giova però evidenziare che quelle proposte non erano fatti personali di questo o di quel senatore di Fratelli d'Italia, ma rappresentavano i problemi dell'Italia. Per questo esiste un Parlamento, e non c'è solo nel nostro Paese, ma anche negli altri. Serve un Parlamento perché, davanti a tutti, ci siano dei voti, dei sì e dei no, e possibilmente, quando il Governo dice no, dovrebbe anche spiegarlo.
Fino a pochi anni fa i relatori non facevano solo i lettori dei pareri del Governo, favorevole o contrario – per fare quello non ci sarebbe bisogno di un relatore – ma spesso davano anche spiegazioni, pensate un po', specialmente dei pareri contrari (perché, se un emendamento viene accolto, chi lo presenta ne conosce da sé il motivo). Ebbene, non abbiamo avuto nulla di tutto questo.
Dov'è allora il potere se non è nel Parlamento? In certi potentati che stanno fuori del Parlamento: nella migliore delle ipotesi, di gran lunga la migliore, in trattative tra i partiti; in altri casi risiede in potentati che non hanno nulla a che fare con il consenso popolare, ma a volte godono di un forte potere di condizionamento che esercitano in vari modi.
Di fatto, abbiamo una Camera che si occupa del provvedimento in Commissione (non in Aula, diciamocelo francamente) e un'altra Camera che, a fasi alterne - di anno in anno - ne prende atto e, in ragione del voto di fiducia richiesto dal Governo, impedisce il ricorso all'esercizio provvisorio. È un atteggiamento inaccettabile che non può essere più tollerato, pena l'abdicazione del Parlamento dalla funzione legislativa, relegato a organo di mera ratifica della volontà del Governo.
Ora, è pur vero che vi erano tutti i presupposti perché la legge di bilancio avesse un epilogo deludente, verificandosi nei fatti quanto Fratelli d'Italia aveva da subito anticipato, tuttavia mai come in questa occasione il Governo ha scaricato il ritardo di presentazione del provvedimento sul Parlamento. Nell'ultima settimana si è assistito al Senato a un teatrino indegno per un Parlamento che ha già una configurazione anomala, con un Governo che ha una maggioranza del 95 per cento, e che, per i dissidi interni alla maggioranza, comprime lo spazio di confronto nel luogo a questo deputato. A tacere del fatto che oltre l'85 per cento degli emendamenti presentati proveniva dall'area di maggioranza: praticamente una manovra completamente da rifare, secondo la stessa maggioranza!!!
Nei fatti, prima dell'esame da parte del Senato, la manovra di bilancio del Governo riguardava interventi abbastanza indefiniti, che avrebbero dovuto accentuare la sua presunta espansività.
Il Governo si è riempito la bocca (passateci il termine) di questa espansività della manovra, che va però attentamente declinata. La manovra è «espansiva» fondamentalmente per due ordini di motivi e non per meriti del Governo: abbiamo un Piano nazionale di ripresa e resilienza che vale 200 miliardi di euro, più 30 miliardi di un fondo complementare, ma la cosa più importante è la clausola di salvaguardia, ossia la sospensione del Patto di stabilità. Quanto ai numeri, la manovra vale 37 miliardi di euro, a fronte dei quali ci sono risorse coperte per 13,7 miliardi, con un conseguente incremento del deficit per 23,3 miliardi di euro.
Rispetto a quanto si diceva a proposito dell'espansività va sottolineato che, rispetto al 2020, quando l'Italia veniva pesantemente impattata dalla pandemia e da disastrose misure restrittive, la situazione è certamente migliorata, ma per i fatti oggettivi prima ricordati: da una parte il Piano nazionale di ripresa e resilienza e, dall'altra, il mantenimento della clausola di salvaguardia, con la conseguente sospensione del Patto di stabilità.
Il 16 dicembre 2021 la Bce – al termine del Consiglio direttivo – ha reso nota l'intenzione di effettuare acquisti netti di attività, nell'ambito del programma di acquisto d'emergenza per le pandemie (Pepp), a un ritmo inferiore a quello del trimestre precedente fino a interrompere gli acquisti netti di attività nell'ambito del Pepp a fine marzo 2022. È quindi plausibile che il mercato voglia prezzare, alla luce di questo, un minor supporto sui titoli governativi dell'area Euro e, in particolare, un premio di rischio più elevato sui titoli governativi italiani.
L'interruzione del Pepp sommato alla crescita del nostro debito pubblico rischia di esporre l'Italia alle oscillazioni dello spread con la conseguente corresponsione di maggiori interessi passivi da cui deriveranno ulteriori oneri per le casse dello Stato.
Questa manovra porta in dote pochi risparmi, che in parte sono stati – badate bene – voluti dall'unica forza di opposizione, cioè da Fratelli d'Italia. In primo luogo, infatti, grazie alla nostra battaglia storica contro il cashback che, sospeso per l'anno 2022, porterà in dote a questa maggioranza, a questo Governo e a questo Parlamento un miliardo e mezzo di euro. A cui aggiungiamo l'approvazione del nostro emendamento al Senato che fa risparmiare 130 milioni di euro nel settore del cross financing.
Quanto ai contenuti, non possiamo che condividere perfino l'opinione espressa dal relatore di maggioranza, senatore Vasco Errani, in merito alla riduzione della pressione fiscale, ossia che serviva più coraggio. È vero, serviva più coraggio per fare questa riforma fiscale. C'è stato un taglio di 8 miliardi di euro, un terzo dei fondi totali, rispetto alla manovra, ma è poco più dell'1 per cento delle entrate tributarie totali dello Stato, che ammontano a più di 500 miliardi di euro. Pertanto, sulla riforma fiscale, diciamo che va sempre bene quando si riducono le tasse, però questa riduzione varrà, come si leggeva su alcuni quotidiani nazionali, qualche caffè non al giorno, ma a settimana.
È stata confermata l'eliminazione dell'Irap dal 2022 per le persone fisiche, sia nell'esercizio dell'impresa sia in quello della professione o dell'arte; secondo le stime della relazione tecnica, l'esclusione dovrebbe riguardare 1,3 milioni di soggetti passivi, dei quali solo 835 mila concretamente versavano il tributo.
L'esonero riguarda quindi gli imprenditori individuali e i professionisti/artisti non associati, che non hanno scelto i regimi forfettario e di vantaggio (vecchi minimi) e per i quali ricorrono i requisiti dell'autonoma organizzazione, concetto che si è andato consolidando nel tempo grazie alle sentenze della Cassazione. Il riferimento è,quindi, a quelle figure che - pur esercitando l'attività in autonomia – per il numero o le mansioni rivestite dai dipendenti e collaboratori, o per altre caratteristiche organizzative, non rientrano già negli esoneri individuati dalla giurisprudenza.
In molti casi, tra contribuenti che si avvantaggeranno della nuova esclusione vi sono quelle situazioni di confine su cui più spesso gravava l'incertezza sulla soggettività passiva. Si pensi ad esempio alle imprese familiari, che sono imprese individuali e, quindi, "persone fisiche" esercenti impresa nel linguaggio della legge di Bilancio. Ma si possono fare anche i casi delle aziende personali e dei professionisti con alcuni dipendenti (non meramente esecutivi) e/o con rilevante capitale investito.
Certo potrà essere risolta parte del contenzioso, ancora abbastanza ampio, ma la decorrenza della nuova esclusione non può risolvere i conflitti già in corso, generati per lo più dalle richieste di rimborso di chi nel dubbio aveva pagato per poi rivolgersi al giudice tributario.
Inoltre va fatta una considerazione circa la ragionevolezza della distinzione operata tra contribuenti: l'esenzione premia soggetti che già da tempo avrebbero dovuto essere esenti IRAP. Tuttavia piccoli studi associati o società di persone, il cui lavoro è basato sull'attività dei soci, continueranno a versare il tributo, diversamente da grandi studi individuali con decine di dipendenti.
Peraltro, tale discriminazione basata solamente sulla titolarità individuale scelta per l'esercizio dell'attività è assolutamente in netta controtendenza con le necessità sempre più avvertite e più volte sollecitate e proposte da Fratelli d'Italia tanto nel mondo delle imprese quanto (e forse ancora di più) nel mondo professionale, di associarsi e "unire le forze" per rispondere alle sfide del mercato, a dispetto dei principi inseriti nella legge delega di riforma. E questo in un panorama normativo che soprattutto per i lavoratori autonomi favorisce chi "fa da solo", basti pensare al regime forfettario o al controverso regime fiscale delle forme di unione tra studi professionali già avviati e delle società tra professionisti. Una «spinta al nanismo» è quindi di uno dei difetti maggiori della scelta operata con la legge di Bilancio 2022. Una scelta che non può essere che provvisoria e di breve durata, anche perché risulta molto fragile dal punto di vista della coerenza con il principio di capacità contributiva e con l'essenza stessa del tributo.
Oltre a questo, vogliamo qui affrontare un altro capitolo spinoso, quello del reddito di cittadinanza, contro cui Fratelli d'Italia ha sempre condotto una dura battaglia d'opposizione. Pensavamo che potesse essere in qualche modo non diciamo stravolto, ma almeno profondamente cambiato; purtroppo questo non è accaduto. Il reddito di cittadinanza, come sapete, secondo noi, avrebbe dovuto essere una misura di reintroduzione al lavoro, ma non ha funzionato, perché sappiamo che solo una esigua minoranza dei percettori del reddito di cittadinanza è occupabile. Questo non lo dice Fratelli d'Italia ma la Corte dei conti, che attesta che solo il 25 per cento dei percettori ha trovato lavoro, per lo più con contratti a tempo determinato, e solo il 15 per cento ancora oggi è occupato. Insomma, un provvedimento che ha clamorosamente fallito rispetto all'obiettivo previsto. Ovviamente siamo consapevoli e riconosciamo che vi sia una categoria di cittadini, di uomini e donne, che va aiutata, tutelata e inserita in modo graduale e controllato nel mondo del lavoro, ma non possiamo esimerci dal sottolineare come risulti del tutto sconfortante rilevare che nemmeno con un enorme esborso di soldi pubblici si sia trovato un lavoro a tutti i beneficiari. Al riguardo, evidenziamo che anche per i disabili – dati alla mano – il reddito di cittadinanza ha avuto un risultato fallimentare.
La tesi sostenuta da Fratelli d'Italia è la stessa che emerge dal campione di italiani che hanno contribuito alla compilazione del terzo rapporto Censis-Tendercapital "Inclusione ed esclusione sociale: cosa ci lascerà la pandemia». All'interno del rapporto – presentato il 15 dicembre 2021 – viene evidenziato che il 90 per cento degli italiani ritiene che il disagio e la povertà non si combattano con i sussidi ma con la creazione di lavoro.
Ecco perché ribadiamo che il denaro pubblico deve essere investito sulle aziende, ossia su chi crea ricchezza, cosicché ne possano poi fruire i cittadini sotto forma di salari e stipendi. Invece, per l'evidente colpa di uno schieramento politico e della propria cecità, lo Stato non riesce a utilizzare al meglio i fondi che mette a disposizione.
La Legge di Bilancio 2022, approvata dalla maggioranza, non proroga inoltre la sperimentazione triennale di Quota 100, varando per il prossimo anno la cosiddetta «Quota 102». Si potrà infatti accedere al pensionamento anticipato con 64 anni di età e 38 anni di contributi. Al momento la norma è prevista per il solo 2022. Potranno beneficiarne in pochissimi dato che l'anno prossimo avranno 64 anni coloro che già hanno/avrebbero potuto accedere a Quota 100 con 62 anni. La platea stimata è di circa 15mila lavoratori. Sul punto, Fratelli d'Italia conferma il proprio sostegno a Quota 100, pur avendo più volte sollevato alcune criticità, essendo uno strumento che agevola coloro i quali vantano una continuità contributiva, difficilmente riscontrabile tra i più giovani. Detto questo non entriamo nel dibattito di questi giorni tra quota 102, 104 o 41, perché riteniamo che non si possa parlare di stretta pensionistica senza avere all'orizzonte una battaglia ai privilegi esistenti, perché non è accettabile che lo Stato colpisca i più fragili senza prima intervenire sui privilegi. Oltre a ciò, il sistema pensionistico italiano prevede diverse altre storture inaccettabili, sempre a scapito dei più deboli. Basti pensare all'assurdità della norma che fissa un ulteriore paletto per l'accesso alla pensione di vecchiaia per i lavoratori rientranti totalmente nel sistema contributivo. Per tali soggetti, infatti, la legge citata prevede che il diritto alla pensione di vecchiaia sia conseguito non solo in presenza di un'età anagrafica minima pari a 67 anni e di un'anzianità contributiva minima pari a 20, ma anche che l'importo della pensione risulti essere non inferiore a 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale. Si prescinde da tale ulteriore requisito in caso di un'età pari a settanta anni e di un'anzianità contributiva minima effettiva di cinque anni. Ciò significa che la pensione di vecchiaia contributiva non è per tutti, considerando la rara continuità contributiva e la diffusione del part-time soprattutto tra i più giovani, fattori che comporteranno un assegno pensionistico di importo presumibilmente non elevato.
Quindi, prima di discutere di pensioni, prima di discutere di inasprire l'accesso alla pensione di vecchiaia, mettiamo mano ad un sistema pensionistico malato che maltratta e bastona i più deboli. Le parole d'ordine devono essere equità intergenerazionale e buon senso.
Esaminando altri temi, presenti nella legge di bilancio, poniamo l'accento - ad esempio - sugli stanziamenti in favore delle Forze dell'ordine. Riteniamo del tutto insufficiente quanto stanziato dal Governo per i finanziamenti alle Forze dell'ordine. L'attenzione nei loro confronti deve infatti essere primaria nel nostro Paese, perché la sicurezza non può essere soltanto un argomento di cui parlare in campagna elettorale, quando tutti sono per la sicurezza, anche perché sarebbe controproducente per uno schieramento se qualche proprio adepto facesse il tifo per l'insicurezza o per la delinquenza. Di fatto però quando il Parlamento, attraverso la manovra di bilancio, non aiuta le Forze dell'ordine come dovrebbe, ci sentiamo di denunciarlo con forza. Per quanto riguarda le assunzioni nelle Forze dell'ordine, abbiamo visto l'atteggiamento incredibile del Partito Democratico che ha presentato al Senato un emendamento sul possibile trattenimento in servizio degli agenti per un periodo di due anni oltre i limiti ordinamentali. Invece di andare nella direzione di nuove assunzioni, si stabilizza chi c'è già, senza comprendere la situazione e rimanendo completamente distanti dalla realtà e dalle problematiche che attraversano le Forze dell'ordine. Ci riferiamo al fatto che il personale sta diventando sempre più anziano e non riesce a svolgere il proprio compito in strada. Se non si vuole ascoltare Fratelli d'Italia, almeno si ascoltino i sindacati delle Forze dell'ordine e della Polizia che dicono a maggioranza e Governo che stanno andando nella direzione opposta a quella della sicurezza per il cittadino. Diventa infatti difficile per chi è anziano fare ordine pubblico nelle strade. L'emendamento del PD è andato invece proprio in questa direzione, aumentando il numero di anni necessari al personale delle Forze dell'ordine per andare in pensione, non capendo che, invece, bisogna stanziare fondi - come è stato fatto in parte, ma a nostro avviso in maniera insufficiente - per avere un aumento del personale in servizio. Resta il fatto che, per quanto riguarda la Polizia di Stato, nei prossimi dieci anni avremo una riduzione di 10.000 unità. Per non parlare poi della Polizia penitenziaria, tema difficilissimo e importantissimo. Qualche mese fa, il ministro Marta Cartabia non si è potuto esimere dal riconoscere la carenza di personale e il progressivo invecchiamento di quello in servizio. Nei prossimi anni andranno in pensione 30.000 agenti della Polizia penitenziaria, personale che svolge un lavoro molto logorante ed usurante. Di fatto, chi svolge quel lavoro, molto spesso, è un detenuto come gli altri. Ne segue che sarebbe stato importante da parte del Governo stanziare più fondi possibili per favorire nuove assunzioni, tenuto anche conto che ci sono molti partecipanti ai concorsi ancora in attesa di assunzione.
Un altro ambito totalmente dimenticato dal Governo e da questa Legge di Bilancio è quello del turismo e delle centinaia di migliaia di aziende che orbitano e fanno impresa attorno a questo settore. Questo Governo sembra essersi dimenticato del turismo, un settore tra i più colpiti dalla pandemia, voltandogli le spalle nonostante sia tra i settori quello che maggiormente contribuisce al PIL nazionale (almeno in periodo pre-Covid). Abbiamo il dovere di ricordare come questa Legge di bilancio faccia ben poco per tutte le strutture ricettive che hanno subìto non solo gli effetti economici negativi derivanti dalla pandemia, ma a volte anche misure bislacche di questo Governo che non avevano nulla di scientifico e che hanno solo ulteriormente complicato la vita di tanti lavoratori del settore. Nulla ad esempio è stato fatto per prorogare la Cassa Covid per le imprese turistiche, comprese per le strutture ricettive. Il credito d'imposta per i canoni di locazione, misura ormai ferma da luglio scorso, era uno strumento fondamentale per garantire la sopravvivenza di tante imprese che sono in perenne sofferenza a causa dell'assenza di turismo (anche internazionale) e non riescono a coprire i costi fissi derivanti dal loro lavoro rischiando di chiudere definitivamente.
Questa Legge di Bilancio non contiene risposte anche nei confronti delle imprese operanti nelle concessioni demaniali marittime, migliaia di aziende contraddistinte da un futuro incerto e per le quali questo Governo sembra volersi lavare le mani, lasciando la capacità decisionale ad altri come ha dimostrato la recente sentenza del Consiglio di Stato.
Ben poco è stato fatto a livello strutturale con una visione di medio e lungo periodo anche sul caro-energia, problematica che sta complicando la vita non solo dei cittadini, ma anche di migliaia di imprese. La ripresa economica sarà complicata da questo fattore: rispetto a gennaio 2021, il costo del gas è incrementato del 400 per cento, con quotazioni che sono passate da 19 centesimi al metro cubo a 93 centesimi al metro cubo nel mese di ottobre 2021, con conseguente tracollo nelle utenze energetiche in bolletta.
Un recente studio della Confcommercio ha valutato in 11 miliardi di euro i costi extra che durante il 2022 i consumatori italiani dovranno subire per i rincari delle bollette di luce e gas. Questa singola voce raggiungerà il 6,4 per cento delle spese totali delle famiglie italiane e sottrarrà spazio a tutti gli altri consumi, rallentando la ripresa economica, senza contare il salasso (aggiuntivo rispetto agli 11 miliardi già citati) che riguarderà le imprese e ne peggiorerà i bilanci, costringendone alcune a interrompere o addirittura a cessare l'attività. A soffrire di più gli aumenti delle bollette sono le filiere energivore, quindi l'industria metalmeccanica, quella siderurgica, la chimica, il tessile, ma anche l'alimentare. Secondo molti tecnici del settore sarebbe difficile poter continuare a produrre con un'ascesa tale dei prezzi dell'energia e pertanto risulta essere molto concreto il rischio di interruzione di tante attività. Solo Federmeccanica, ad esempio, rivela che il 26 per cento delle imprese del settore rischiano di dover interrompere l'attività.
In altro ambito, non possiamo tacere sul vergognoso emendamento riguardante la magistratura onoraria che il Governo ha presentato, sostenendo di volere fare fronte alla procedura di infrazione annunciata dall'Europa nei confronti dell'Italia, atteso il modo in cui in tutti questi anni sono stati trattati e continuano a essere trattati i magistrati onorari. Magistrati considerati come veri e propri rider della giustizia, anzi peggio, poiché adesso i rider verranno regolarizzati e stabilizzati. I giudici onorari - come sappiamo tutti benissimo - risolvono quasi la metà di tutti gli affari della giustizia che, senza di essi, semplicemente si bloccherebbe. Senza i vice procuratori onorari non sarebbe possibile tenere udienza, e non diciamo davanti al giudice di pace, ma nemmeno davanti al tribunale; senza i circa 2.000 giudici onorari di tribunale sarebbe impossibile comporre una infinità di collegi.
Si tratta di magistrati che, per anni, hanno lavorato senza tutele e senza i minimi diritti elementari che dovrebbero spettare ad ogni lavoratore, come ha riconosciuto l'Europa e – finalmente – anche la magistratura italiana con alcune importanti sentenze.
Ebbene, quale è il riconoscimento, quale la gratitudine che il Ministro della giustizia e il Governo manifestano con l'emendamento citato nei confronti di questa categoria che ha tenuto in piedi la giustizia italiana? Si tratta di un emendamento che parifica il magistrato onorario al personale amministrativo, mortificando non la figura del primo, ma la funzione giurisdizionale che esercita. Parificandola al personale amministrativo, non soltanto si offende la magistratura onoraria, ma anche l'alta funzione giurisdizionale assolta in nome del popolo italiano.
È una vergogna che Fratelli d'Italia denuncia in modo forte e chiaro. Come denunciamo l'illogicità, l'incongruenza e la contraddizione di pretendere di sottoporre a una prova selettiva con tanto di esame, seppur orale, magistrati che hanno fatto il loro dovere per dieci, quindici o venti anni nelle aule di giustizia. Anche questa è un'ulteriore umiliazione che il Governo doveva e poteva risparmiare a questi fedeli funzionari dello Stato.
La cosa però veramente vergognosa è che, con il predetto emendamento, il Governo impone per legge al magistrato, che dovesse accettare questa pur umiliante stabilizzazione, nel momento stesso in cui firma la domanda di adesione alla selezione, anche nel caso in cui non dovesse superarla, di rinunciare a tutti i diritti. Ai diritti che spettano, per il passato, a tutti i lavoratori: deve rinunciare, infatti, agli arretrati, ai diritti previdenziali e assistenziali. Deve rinunciare a tutto quanto. È un ricatto imposto per legge che grida vergogna nei confronti di chi ha un minimo senso di giustizia. Ma quale Stato di diritto si comporta in questo modo nei confronti dei suoi fedeli servitori, come hanno dimostrato di essere i giudici onorari, anche rischiando la vita durante la pandemia?
Anche per quanto riguarda il comparto della Difesa, ben altre erano le aspettative di coloro che vi prestano il loro qualificato servizio. In particolare occorre integrare la legge di bilancio 2022, come approvata dal Senato, prevedendo:

l'ulteriore proroga, almeno fino al 31 dicembre 2022, della durata della ferma dei medici e degli infermieri militari in servizio alla data del 31 dicembre 2021. Inoltre, va incluso, nel detto provvedimento di proroga della ferma anche il personale sanitario, non medico, impegnato nei laboratori nei vari centri del Ministero della Difesa quali ad esempio i biologi;

di istituire, al fine di recepire l'esigenza di sicurezza nella Scuola Navale Militare Francesco Morosini di Venezia, nella Scuola Militare Aeronautica Giulio Douhet di Firenze, nella Scuola Militare Nunziatella di Napoli e nella Scuola Militare Teuliè di Milano, un apposito fondo per l'acquisto degli opportuni mezzi di aerazione, ventilazione e ricambio dell'aria meccanica.

Valutiamo di grande importanza che, grazie all'impegno di Fratelli d'Italia, dopo venti anni di battaglie delle associazioni sindacali, di categoria e delle casse di previdenza, ai liberi professionisti è stato riconosciuto il diritto alla salute. Molti non lo sanno, ma purtroppo, fino a ieri, questo diritto non era riconosciuto: i liberi professionisti che si ammalavano o si infortunavano dovevano non solo pagare le conseguenze dell'infortunio, ma addirittura pagare le conseguenze sanzionatorie dell'impossibilità di potere svolgere la loro professione. Dovevano, quindi, risarcire i clienti per le sanzioni che lo Stato comminava loro in conseguenza della malattia del professionista. Una vicenda scandalosa che veniva da tutti additata e considerata come tale, ma che poi nessuno ha mai modificato. Il Gruppo Fratelli d'Italia al Senato ha condotto e vinto, una battaglia di civiltà che interessa 2 milioni di professionisti italiani.
Dobbiamo, invece, esprimere la ferma contrarietà di Fratelli d'Italia a fronte della decisione del Governo di non acconsentire al rinvio della riscossione delle cartelle per rottamazione-ter e saldo e stralcio: un impegno che il Governo aveva preso in Parlamento in precedenza (in occasione della conversione del decreto legge in materia fiscale) e che è stato clamorosamente disatteso. Avete, come Governo ma anche come maggioranza che lo sostiene, disatteso un impegno con quei milioni di italiani che si trovano a dover pagare in pochi giorni quello che era stato sospeso per un anno e mezzo: è inaccettabile nel merito e nel metodo perché, quando prende impegni, un Governo li deve mantenere, Draghi o non Draghi; chiunque è obbligato a essere coerente con la parola data.
Parimenti esprimiamo piena soddisfazione per l'approvazione dell'emendamento presentato dai senatori di Fratelli d'Italia che consente di modificare l'attuale disciplina sul microcredito contenuta nel Testo Unico Bancario. Abbiamo previsto l'aumento dell'ammontare dei finanziamenti ottenibili da 40 mila a 75mila euro e l'inclusione delle s.r.l. tra i soggetti beneficiari del microcredito nel limite di 100.000 euro, semplificando ed eliminando alcuni paletti previsti dalla vigente normativa (eliminazione dei vincoli connessi riferiti al livello dei ricavi, all'ammontare dell'indebitamento e dell'attivo patrimoniale) nonché estendendo il periodo previsto per la restituzione del finanziamento alla maggior durata di 15 anni.
Si tratta di un emendamento che non comporta aggravio per lo Stato, ma soprattutto in un contesto dove è sempre più evidente il distacco tra il mondo delle piccole e medie imprese e quello del credito puntiamo a colmarlo, garantendo un sostegno più ampio e forte alle nostre aziende. Sono, infatti, le piccole e medie imprese che costituiscono la spina dorsale del nostro sistema economico e che, più di tutte, hanno subito il peso della negativa congiuntura economica innescata dalla pandemia.
Tra i tanti, c'è un provvedimento che è stato corretto in maniera parziale dalla legge di bilancio 2022, lasciando per altro irrisolti i problemi che andrà a creare. Il riferimento è alla misura introdotta nel decreto fiscale, che andrà a modificare il campo di applicazione dell'IVA per quanto riguarda il mondo associazionistico. Un provvedimento pesantissimo, che - come detto - è stato corretto solo parzialmente e in modo piratesco. La Commissione bilancio del Senato, infatti, ha approvato un emendamento che ha differito il problema di un paio d'anni. Verrebbe da dire che, tutto sommato, il problema temporaneamente è stato risolto, se non fosse che ha aggravato la situazione di tutto il comparto. Sono valutazioni che non fa soltanto Fratelli d'Italia, ma che sono anche del forum del terzo settore - l'unica parte sociale riconosciuta dallo Stato italiano - che ha pesantemente criticato questa manovra. Il provvedimento di rinvio non ha prodotto e non produrrà risultati efficaci. Il mondo delle associazioni, infatti, deve ancora valutare se trasformare la propria natura giuridica da associazione semplice ad associazione di promozione sociale, andando a modificare il proprio statuto: con questa spada di Damocle rimasta sulla testa, all'evidenza non prenderà, nella sua gran parte, in considerazione l'ipotesi di trasformazione in associazione di promozione sociale. È un aspetto importante che non solo non è stato risolto, ma addirittura è stato appesantito; il rinvio non è assolutamente la panacea per la soluzione del problema e l'augurio è che – in futuro – si possa arrivare a una definizione, la più perentoria possibile, che risolva radicalmente la questione introdotta con l'approvazione del decreto fiscale.
C'è poi un altro aspetto che deve essere affrontato, ancora nell'ambito dell'associazionismo. Questa volta siamo di fronte alle problematiche del mondo dello sport che da sempre, almeno in Italia, presenta un problema endemico relativo alla sua partenza dal basso. Ci riferiamo alla presenza dello sport all'interno delle scuole. Da sempre diciamo che non ci potrà essere una crescita omogenea dello sport nel nostro Paese senza una sua crescita equilibrata all'interno delle nostre scuole. Ebbene, avevamo salutato con attenzione, curiosità e anche con rispetto l'introduzione all'interno del disegno di legge di bilancio di una norma che prevedeva l'inserimento dell'attività motoria nella scuola primaria: un fatto epocale, veramente importante, rispetto al quale ci eravamo impegnati a seguire con attenzione l'iter di questa parte della manovra. Purtroppo, questo aspetto legato alla possibilità di poter fare finalmente crescere il mondo dello sport all'interno dell'istituzione scolastica è stato rivoluzionato, svuotato di significati e di investimenti, ed è stato ridotto a un mero provvedimento di facciata che andrà per l'ennesima volta a rinviare il problema.
Per quanto riguarda il disegno di legge di bilancio, lo sport è dunque clamorosamente assente.
Al riguardo, citiamo rapidamente gli emendamenti che Fratelli d'Italia ha presentato al Senato e che non sono stati minimamente degnati neanche di una discussione e che riguardavano la possibilità che le spese derivanti dalla crisi pandemica potessero essere affrontate con risorse dello Stato per attenuare le perdite, che assommano a circa il 50 per cento dei proventi medi abituali dell'attività sportiva; abbiamo chiesto l'inserimento di un bonus wellness, un intervento per il pagamento delle utenze, il differimento per il pagamento dei mutui e dei leasing, ma tutto questo non ci è stato riconosciuto e non ci è stato neppure permesso di illustrare.
Altro grande problema del tutto trascurato in questa legge di bilancio è quello legato alla situazione demografica in Italia. Come abbiamo visto dagli ultimi dati dell'ISTAT, l'Italia registra, da gennaio 2021 a settembre 2021, 1,17 figli per donna. Eravamo a circa 1,59 l'anno precedente. Il crollo è stato repentino, tenendo conto del fatto che a livello europeo la media è di 2,1 per donna, soglia che permette appunto un ricambio generazionale. Ecco, quindi, che, tra le tante proposte che riteniamo essere importanti, vi è quella del congedo parentale o, meglio, dell'astensione facoltativa dal lavoro. È una misura da proporre per uomo e donna, ma noi sappiamo benissimo che, tra il compenso mensile di uomo e donna, c'è un differenziale di circa il 30 per cento, chiaramente a discapito del sesso femminile. Quindi, è chiaro, a fronte delle opportunità, quale quella attualmente in vigore, del congedo parentale fino a sei mesi dell'età del bambino con una decurtazione dello stipendio del 70 per cento, quale dei due sessi vi farà maggiormente ricorso.
Comunque, non è solo questo il punto. Il punto è anche legato a una esigenza di tipo pedagogico, alla crescita armonica, anche serena, del bambino e, soprattutto, a dare l'opportunità alle famiglie e alle giovani coppie di scegliere la soluzione più consona alla propria situazione di vita. Un ulteriore significativo aiuto sarebbe potuto derivare, come da noi richiesto, dall'applicazione dell'aliquota agevolata al 5 per cento per i prodotti legati alla prima infanzia, che sono tantissimi e costosissimi. Quando sentiamo parlare di inverno demografico, in realtà siamo consci del fatto che la situazione è molto più grave: siamo in completa emergenza demografica poiché figli non li fa più nessuno. Una mano a quelli che vogliono fare i figli, abbassando l'aliquota IVA al 5 per cento sui prodotti per la prima infanzia, la vogliamo dare o vogliamo soltanto predicare quando non ci costa niente? Per quanto riguarda poi la cosiddetta tampon-tax apprezziamo che l'aliquota sia stata ridotta dal 22 al 10 per cento, ma ci chiediamo: perché non al 5 per cento? Qualcuno ricorda quella finanziaria che dimezzò l'IVA sui tartufi, che non risultano essere un bene necessario?
Ebbene non si vede perché l'aliquota IVA non sia stata ridotta al 5 per cento, aliquota per altro in linea con quella in vigore in molti Paesi europei: la Francia è già scesa al 5,5 per cento, la Germania al 7 per cento, il Belgio al 6 per cento, il Portogallo al 6 per cento, l'Irlanda naturalmente è intervenuta prima della direttiva del 2006 e ha addirittura annullato l'IVA. Il Governo Johnson, nel Regno Unito, prima l'aveva abbassata al 5 per cento e adesso l'ha annullata e se l'è venduta come un effetto della Brexit. Quindi, stiamo parlando non di cose irrilevanti, ma di un riconoscimento, un sostegno, un aiuto e un segnale alle donne, in quanto anche in questo caso si tratta di un bene necessario e non voluttuario.
Come detto, appare inusuale e lesivo delle prerogative parlamentari il metodo con cui le commissioni e l'Aula hanno contribuito alla formazione dell'atto, nella cosiddetta «legge delle due notti», tra commissione Bilancio del Senato e Aula. Il momento del confronto è infatti fondamentale, in quanto si è davanti a provvedimenti destinati ad incidere in maniera molto significativa sul rapporto fra cittadini e amministrazione, fra le amministrazioni e le imprese e fra le imprese e i loro dipendenti. Ciò che non è avvenuto nel momento della predisposizione del testo. Occuparsi dei cittadini dovrebbe essere la vera finalità di una legge di bilancio: il riferimento è al trasporto aereo, con la necessita` di assicurare il sostegno al reddito al personale Alitalia e Air Italy, al siderurgico, all'automotive, al comparto del bianco con Whirlpool e non solo, alle telecomunicazioni, ai call center, alla grande distribuzione organizzata, al credito, con – tra l'altro – la vicenda del Monte dei Paschi di Siena, ai distretti maggiormente esposti alla concorrenza sleale, all'agroalimentare e alla pesca, con quest'ultima interessata da una parziale riforma degli ammortizzatori sociali, senza dimenticare la grave incertezza che pesa sui comparti soggetti alla direttiva europea sulle concessioni, principalmente commercio ambulante, balneari e taxi.
Appare evidente e necessario adeguare la normativa che prevede la relazione sugli indicatori BES (Benessere Equo e Sostenibile) nell'ambito del ciclo di bilancio, così come sugli obiettivi di digitalizzazione, come già il Parlamento indicò al governo in specifiche mozioni.
Il provvedimento in esame non reca disposizioni volte a garantire l'accesso a tutta la popolazione mondiale a vaccini ed eventuali cure, a prezzi accessibili e sostenibili, per debellare in tutto il mondo la pandemia. Il provvedimento non reca norme volte allo sviluppo delle competenze (miglioramento delle competenze esistenti) e la riqualificazione (formazione volta all'acquisizione di nuove competenze), definiti a livello europeo come una partecipazione di almeno il 60 per cento degli adulti a corsi di formazione ogni anno, con l'obiettivo di: guidare i giovani nel mondo del lavoro favorendo programmi di apprendimento durante e dopo la scuola dell'obbligo, migliorando la formazione offerta dalle università e operando in stretto contatto con il settore privato, per garantire che i percorsi formativi rispondano alle esigenze del mercato del lavoro e che siano indirizzati alle transizioni ecologica e digitale; introdurre servizi di formazione permanente, per garantire a tutte le fasce di età la possibilità di ricevere gli strumenti necessari per il re- inserimento nel mercato del lavoro, riducendo la platea dei cosiddetti sfiduciati, ovvero persone senza lavoro, e che non lo cercano; formare e informare i cittadini sui temi dello sviluppo sostenibile e sulle competenze digitali di base. Il sostegno e la tutela dello spettacolo dal vivo - quale strumento fondamentale di espressione artistica, di crescita culturale, pedagogica, sociale, economica e formativa della collettività, riconosciute ai sensi degli articoli 9, 21 e 33 della Costituzione - deve garantire il consolidamento e lo sviluppo del settore artistico della nostra Nazione. Pertanto, in questa penultima Legge di Bilancio di questo Parlamento, è necessario tra le altre cose porre l'accento sulla difesa della cultura italiana, devastata dalla crisi economica derivante dall'emergenza sanitaria e dalle restrizioni anti Covid-19.
Lo stravolgimento di prospettiva di vita artistica e di fruizione culturale portato dalla pandemia ha indirizzato le battaglie di Fratelli d'Italia: perché se le medicine sono la cura del corpo, la cultura è la cura dell'arte e tutti i cittadini devono beneficiarne.
La pandemia ha modificato nettamente i nostri «consumi» di cultura e pertanto, la nostra proposta di potere detrarre il «consumo» culturale diviene di stretta attualità.
La realizzazione di un sistema fiscale che preveda la detrazione delle spese per l'acquisto di beni e servizi culturali si declina come basilare in una Nazione ricca di arte e cultura come l'Italia. La detrazione fiscale per l'acquisto di biglietti di ingresso e di abbonamenti a musei, cinema, concerti, spettacoli teatrali e dal vivo, e le spese sostenute per l'acquisto di libri e di materiale audiovisivo - protetti da diritti d'autore - segnerebbe una prima svolta a cui si affiancherebbe poi, l'abbassamento dell'IVA al 4 per cento sui prodotti culturali.
L'industria dell'arte e della cultura in Italia mettono in moto una filiera produttiva e un numero di addetti ai lavori molto importante e, pertanto, necessitano di attenzione massima non solo per il riflesso in ambito strettamente artistico-culturale, ma anche in ambito economico e sociale. Attenzione mancata in questa penultima legge di bilancio della XVIII legislatura. Le mancanze del testo approdato alla Camera dei Deputati sono ampie e diverse. Non sono presenti interventi volti a sbloccare la grave situazione di disagio a cui sono soggetti numerosi Dirigenti Scolastici collocati fuori regione e di evitare l'ulteriore stallo della mobilità interregionale a cui sarebbero soggetti molti dei Dirigenti Scolastici vincitori del concorso 2017 e collocati fuori regione nonché i dirigenti scolastici in ruolo da anni e assegnati fuori della propria regione, a seguito dei divieti di spostamento dettati dalla pandemia. Non sono presenti interventi volti a porre chiarezza sulle responsabilità dirigenziale in termini di sicurezza delle istituzioni scolastiche, in un momento in cui anche nelle cosiddette zone rosse si prescrive la riapertura dell'attività didattica in presenza per la scuola dell'infanzia, elementare e per la prima media. Non sono presenti interventi per la stabilizzazione dei precari di Indire, che ora sono stati licenziati. Non sono presenti interventi, richiesti dalla maggioranza dei gruppi parlamentari in prima lettura, per rifinanziare il Fondo per l'Intrattenimento digitale. Il Fondo, istituito con una prima dotazione di 4 milioni, è destinato al finanziamento diretto di prototipi di videogiochi commerciali Made in Italy fino al 50 per cento dei costi eleggibili complessivi per ciascun prototipo. Lo stanziamento previsto per il 2020, pari, appunto, a 4 milioni di euro, è andato esaurito dopo sole tre ore dall'apertura ufficiale da parte del MiSE, il 30 giugno 2021, per le richieste di accesso al finanziamento. Lo sviluppo e la preproduzione di un prototipo di videogioco costituisce un processo particolarmente dispendioso in termini di risorse, e lo stanziamento iniziale del Fondo si è rivelato insufficiente – a fronte di una fortissima richiesta da parte delle aziende – per supportare il settore.
Non sono presenti interventi per la rete di vendita delle edicole.
L'emergenza COVID-19, nella sua drammaticità, ha evidenziato come la rete di vendita delle edicole costituisca un servizio di interesse generale per il Paese, essenziale per garantire l'esercizio dei diritti di libertà riconosciuti dall'art. 21 della Costituzione, nonché dall'art. 10 della CEDU e dall'art. 11 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea.
La rete di vendita delle edicole è infatti essenziale per garantire in concreto il diritto all'informazione: in termini percentuali oltre il 73 per cento della popolazione adulta legge su carta (l'Italia infatti è il quarto più grande mercato nel campo delle pubblicazioni di notizie in Europa ma è al penultimo posto in merito al numero di persone che usano il Web per leggere le notizie).
L'informazione cartacea è quindi ancora fondamentale per garantire l'accesso all'informazione degli italiani senza considerare poi che quasi il 90 per cento del fatturato diffusionale delle imprese editoriali deriva dalle vendite dei prodotti cartacei che sono veicolati quasi integralmente dalle edicole (secondo il report PWC Italy2020-2025 nel 2020 i ricavi diffusionali dei quotidiani italiani derivanti dalla vendita del prodotto cartaceo hanno rappresentato l'87,9 per cento del totale e nel 2025 rappresenteranno ancora 87,4 per cento del totale).
In relazione al quadro sopra delineato, è necessario accrescere e rafforzare gli strumenti a tutela della rete di vendita della stampa, estendendo alle edicole alcune misure già previste dalla Legge di Bilancio 2022 e introducendone di nuove per cogliere le opportunità di sviluppo e liberare il potenziale delle edicole in termini commerciali e di servizi di prossimità al cittadino.
Similmente a quanto fatto con il tax credit per le librerie nell'ambito della Legge di Bilancio 2022, considerato il ruolo e la funzione delle edicole di servizio essenziale per l'accesso all'informazione a mezzo stampa e tenuto conto dell'impatto positivo che il tax credit edicole ha dimostrato sul settore come concreta misura di sostegno, sarebbe stato necessario prorogare il credito di imposta introdotto dall'articolo 1, c. 806 e seguenti, della Legge 30 dicembre 2018, n. 145, anche per il 2023, relativamente alle spese sostenute dagli edicolanti nel corso del 2022. Tale misura andrebbe infatti a sostenere gli investimenti e il livello di spesa produttiva delle imprese del settore nel 2022. Non sono presenti interventi volti a istituire un incentivo allo sport, che possa essere utilizzato nella capillare rete associativa sportiva di base, affinché i cittadini beneficino di ingressi calmierati laddove non del tutto gratuiti per riportarli a praticare sport in maniera costante e continuativa. Non sono presenti interventi volti a prevedere nuovi incentivi per il sistema sportivo dal punto di vista fiscale, quali ad esempio strumenti per la detrazione delle spese sostenute per l'attività sportiva. Il comma 350 del presente provvedimento reca interventi per l'editoria libraria pari a 30 milioni, insufficienti per sostenere il settore; il comma 375 reca interventi per l'editoria, con la costituzione di un «Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all'editoria», con una dotazione pari a 90 milioni di euro per l'anno 2022 e a 140 milioni di euro per l'anno 2023; il comma 779 reca lo stanziamento di 1 milione di euro per Brescia e Bergamo capitali italiane della cultura; il comma 797 reca lo stanziamento di 1 milione per i carnevali storici.
Il provvedimento non reca, però, misure per la rievocazione storica, nello specifico per la maggiorazione dei fondi a disposizione già introdotti grazie a Fratelli d'Italia.
Esprimiamo piena soddisfazione, invece, sulla decisione del Governo di ascoltare le proposte formulate al riguardo da Fratelli d'Italia, finanziando anche la ventilazione meccanica controllata nelle scuole. Si tratta di un modello messo immediatamente in campo dal governatore delle Marche, l'ex nostro collega Francesco Acquaroli, che da mesi proponevamo al Governo, affinché fosse portato in tutte le scuole italiane. Resta invece l'amarezza, sempre con riferimento alla scuola, per la mancanza della capacità e anche della volontà di intervenire in alcuni ambiti, che ormai da troppo tempo aspettano risposta. C'è grande delusione per la parziale proroga dell'organico Covid del personale ATA: con gli stanziamenti di bilancio previsti, non sappiamo come si pensi di fronteggiarne le necessità. C'è poi tutta la questione riguardante la mobilità, sia degli insegnanti, sia dei dirigenti scolastici. Non viene data risposta ai direttori generali dei servizi amministrativi, con un aumento della loro indennità amministrativa. C'è la questione dei percorsi abilitanti: nella scuola abbiamo tanti precari, che sarebbero pronti ad essere immessi in ruolo e a riempire gli spazi disponibili - che ci sono - per fare in modo che la scuola italiana abbia personale adeguato, visto soprattutto quanto ha subito negli ultimi tempi. C'è infine la questione, che veramente non capiamo, degli idonei STEM (science, technology, engineering and mathematics), che hanno sostenuto un concorso e che aspettano da tempo di essere stabilizzati attraverso una Graduatoria di Merito da utilizzare per le immissioni in ruolo al fine di assorbire progressivamente il precariato e garantire l'avvio di nuovo anno scolastico con un maggiore numero di contratti a tempo indeterminato.
Non si capisce la ragione per la quale tutte le forze politiche diano loro solidarietà a chiacchiere e poi invece non si assuma una decisione sacrosanta, che non ha un costo rilevante.
Infine, veramente assurdo non prevedere la proroga della procedura di assunzione in ruolo dagli elenchi di prima fascia delle Gps degli insegnanti di sostegno. Continuate a negare il sostegno a tantissimi alunni con disabilità.
Che dire poi di quello psicodramma in cui la maggioranza ha trasformato, nel tempo, il superbonus? Avete tribolato tanto a raggiungere un accordo, ma ci voleva tanto a capire che su questo tema servono certezza dei tempi, semplificazione delle procedure e, ovviamente, riconoscimento del valore della cessione del credito d'imposta? Fratelli d'Italia vi chiedeva solo questo – a dire ve lo chiedevamo in tanti – ma, purtroppo, avete fatto troppo poco anche in questa direzione.
Del tutto positivo è lo stanziamento, disposto in ragione dell'approvazione al Senato di un emendamento di Fratelli d'Italia, di 10 milioni di euro da destinare al fondo per gli immobili occupati: altro che 10 milioni per qualche marchetta in giro! Se a un proprietario di immobile residenziale occupano la casa fino ad oggi – prima dell'approvazione di questo disegno di legge di bilancio – egli continua a essere tenuto a pagare tutte le tasse su quell'immobile: la quota Irpef, la quota IMU, se non è prima casa, e la quota Tari. Grazie a Fratelli d'Italia, da quando viene fatta la denuncia di occupazione dell'immobile a quando quell'immobile non viene liberato, le tasse sull'immobile occupato non saranno più dovute.
Il potenziamento e l'ammodernamento della mobilità legata al trasporto pubblico rimane una chimera, nonostante sia ufficialmente il primo cluster della trasmissione del COVID-19.
Nessuna buona notizia in questa legge di bilancio per gli italiani sul fronte del costo del carburante tra i più alti d'Europa e con le accise tra le più alte d'Europa. Nessuna riduzione fiscale sul fronte del "Bollo auto", una tassa con specifico vincolo di destinazione, ovvero la sicurezza e la manutenzione stradale che tutti i possessori di autoveicoli sono obbligati a pagare nonostante la catastrofica situazione di molte arterie stradali soprattutto se di competenza delle province italiane e nonostante i miliardi presi a debito e sulle spalle degli italiani del PNRR per la sicurezza e la manutenzione stradale. In sostanza una tassa che i possessori di autoveicoli pagano più volte ma senza avere un ritorno in termini di servizi e in termini di sicurezza stradale.
L'assenza di una visione sul settore dei trasporti non permette di sfruttare le enormi potenzialità competitive della Nazione soprattutto legata al trasporto marittimo, alle infrastrutture portuali e retroportuali, che il Governo, colpevolmente non sfrutta, e nelle quali non investe in maniera decisa.
Questa emergenza sanitaria ha messo in evidenza il ruolo vitale del trasporto marittimo e di tutta la blue economy per la vita quotidiana e ciò è particolarmente vero per l'Italia, Nazione povera di materie prime e grande esportatore di manufatti che avrebbe necessitato nella legge di bilancio di una forte promozione del sistema logistico e strutturale dei nostri porti e del sostegno alle attività di impresa legate all'economia del mare che rappresenta un tassello strategico e decisivo per il rilancio del made in Italy.
Abbiamo ribadito più volte, anche in quest'Aula, che non ci sembra normale che una patente per guidare i camion in Italia costi 2.500 euro e nel Regno Unito 250. Al danno si aggiunge la beffa, perché gli stipendi per gli autisti professionisti in Italia sono tra i più bassi. Non si arriva nemmeno a 30.000 euro lordi, a fronte di quanto si guadagna in altre nazioni europee. Il costo della formazione chiaramente penalizza oltremodo i lavoratori italiani. Andava garantito, quindi, un supporto economico proprio per avviarli al mondo del lavoro. Si parla tanto dell'introduzione dei giovani al mondo del lavoro, della grande questione lavorativa e poi lo Stato si gira dall'altra parte. Continueremo a ripeterlo: secondo noi, in Italia costa troppo prendere una patente di guida per diventare autista. Ci vuole troppo tempo. In Italia il corso di studi arriva a sette mesi, mentre nel Regno Unito è di due mesi. Nell'Est europeo con un paio di mesi si consegue il titolo che consente di introdurre i giovani al mondo del lavoro in questo comparto. Il Governo pensa di aver risolto la questione con il bonus patente. Abbiamo, come Fratelli d'Italia, chiesto al Senato di allargare la platea di coloro che potevano usufruire di questa possibilità anche ad altre categorie di autisti e ad altre tipologie di autotrasportatori, ma l'emendamento è stato clamorosamente rigettato.
Quanto all'agricoltura nella legge di bilancio è riservato poco rispetto a un settore non solo primario per definizione, ma fondamentale per la nostra economia, atteso che l'agricoltura e l'agroalimentare rappresentano un quarto del nostro PIL. Non basta all'evidenza sostenere che in questo disegno di legge di bilancio le risorse per l'agricoltura sono raddoppiate rispetto alla precedente legge quando, in termini assoluti, su una manovra come questa si arriva a stanziare poche centinaia di milioni come risorse dirette per il settore. Questi numeri attestano quanto poco centrale sia l'agricoltura nell'agenda politica di questo Governo, che di fatto dimostra di non credere, perché non investe e non dedica risorse – non diciamo importanti, ma almeno accettabili – a un settore che, in questo periodo di crisi dovuta alla pandemia, ha dimostrato di non arrendersi mai e di garantire il cibo per tutti.
Ma ci sono altri elementi che ci preoccupano: il primo è fondamentale e determinante per la tenuta del settore. Abbiamo l'impressione – e sinceramente ce ne dispiace – che non ci siano una visione, un piano strategico per la nostra agricoltura, ma che si cerchi di mettere sempre una toppa alle troppe emergenze; tante toppe e nessuna visione. Una mancanza di visione – a nostro avviso, ad esempio – si registra appieno nella mancanza, ad oggi, di un piano strategico nazionale, da presentare fra pochi giorni alla Commissione europea, per l'attuazione della prossima politica agricola comune (PAC).
Si parla tanto di transizione ecologica, i leader europei lanciano slogan che sicuramente colpiscono l'immaginario collettivo: 3 miliardi di alberi da piantare da oggi al 2030. Siamo già in ritardo, perché ad oggi non se ne è piantato, di fatto, nemmeno uno. Ma, se proviamo a fare un conto veloce, significa piantare 300 milioni di alberi l'anno, un milione di alberi al giorno. Ma ci rendiamo conto? Ma ammesso che sia anche possibile, ci chiediamo se esista un piano di piantumazione nel nostro Paese. Ma soprattutto, chi produce questi alberi e quanti se ne possono produrre? Non lo sappiamo, perché non c'è alcuna strategia. Oltre a non investire sul verde, il problema è che non si fa niente sul piano legislativo per aiutare il settore. Nello specifico del disegno di legge di bilancio, come Fratelli d'Italia abbiamo proposto la riformulazione del bonus verde, ma siamo rimasti inascoltati. Non solo: la legge sul florovivaismo, approvata alla Camera è bloccata da mesi al Senato: insomma, abbiamo bisogno di piante e blocchiamo una legge per dare certezze a chi le produce.
Secondo un rapporto della CLEPA, l'associazione dei fornitori automobilistici, la transizione verso l'auto elettrica potrebbe far perdere fino a 500.000 posti di lavoro. Come evidenziato dall'ultimo rapporto della CLEPA – in collaborazione con Pwc – il settore automobilistico è responsabile di oltre il 5 per cento dell'occupazione manifatturiera in 13 Stati membri dell'UE, con oltre il 60 per cento di questi lavoratori impiegati dai fornitori di componenti. In seguito alle politiche cd. «green» l'industria automobilistica sta andando incontro ad un momento di forte cambiamento, soprattutto nelle attitudini richieste al proprio personale. Il cambio di paradigma nel settore dell'auto incide sul nostro sistema produttivo. Su di esso ricadono le conseguenze dirette e indirette delle disposizioni europee in materia di emissioni e transizione ecologica. La salvaguardia dell'ambiente è per noi importante, ma questa non può esser uno shock e riteniamo che la Legge di Bilancio in discussione faccia davvero poco per ammortizzare i futuri impatti occupazionali delle strategie europee in materia di ambiente. Riteniamo che uno Stato lungimirante debba prevedere i rischi sociali delle sue scelte che non possono essere basate su slogan. Pensiamo sia giunta l'ora di valutare la promozione di politiche di riqualificazione della manodopera al fine di scongiurare l'obsolescenza delle competenze e la conseguente espulsione di migliaia di cittadini dal mercato del lavoro.
Rimaniamo sempre sul tema ambientale: stiamo attraversando una vera e propria emergenza relativa alla fauna selvatica, che sta mettendo a serio rischio l'equilibrio faunistico e ambientale. È soprattutto un fenomeno che sta mettendo in ginocchio molti agricoltori e allevatori: l'eclatante sovraffollamento di cinghiali che, ormai, arrivano a passeggiare tranquillamente nelle strade delle città. I cinghiali sono un pericolo per l'ambiente, ma soprattutto un pericolo sanitario: detti animali trasmettono la peste suina africana la cui eventuale propagazione nel Paese equivarrebbe alla fine della suinicoltura e della produzione di insaccati, una delle nostre produzioni di eccellenza. Cosa si fa con questa manovra finanziaria? Si stanziano risorse per la sterilizzazione, invece di predisporre risorse per un serio piano nazionale straordinario di abbattimenti, al fine di portare quegli animali a un numero sostenibile, per poi mettere in campo tutte le azioni necessarie per il contenimento, compresa la modifica della legge 11 febbraio 1992, n. 157, ormai vecchia di quasi trent'anni e non più idonea ad affrontare le situazioni odierne. Nonostante quanto evidenziato, non si mettono risorse per compensare gli agricoltori da questi danni. Così come abbiamo trovato un muro di gomma anche sulla proposta di Fratelli d'Italia di agevolare le cessioni agricole all'interno dei contratti di rete. Siamo stati inascoltati. Poche, infine, le risorse stanziate per interventi finalizzati al contrasto della xylella che, a causa di una pessima gestione della crisi da parte dell'amministrazione regionale della Puglia, sta distruggendo un intero comparto e territorio.
Purtroppo non c'è stato spazio per molte altre battaglie che Fratelli d'Italia aveva provato a portare all'attenzione del Senato. Gli italiani hanno bisogno di lavoro e noi – da sempre – abbiamo avanzato proposte, anche per il disegno di legge di bilancio. Abbiamo proposto di ragionare su un modello che dica alle imprese: più assumi, meno tasse paghi. È una cosa di buon senso. Con un meccanismo composito, abbiamo proposto una super deduzione del costo del lavoro per le imprese ad alta intensità di lavoro; come abbiamo il superbonus per gli ammortamenti, abbiamo proposto di introdurre il superbonus per chi assume persone in Italia: si agevola in tal modo l'economia reale e si penalizzano le grandi concentrazioni economiche, che fanno utili in Italia senza assumere. Una proposta di mero buon senso, ma l'emendamento è stato bocciato.
Purtroppo l'allora Ministro Gualtieri si era sbagliato quando aveva detto che nessuno avrebbe perso il posto di lavoro a causa del Covid-19; il posto di lavoro l'hanno perso in moltissimi: lavoratori dipendenti, artigiani, commercianti, partite IVA. Sono in molti ad aver perso il posto di lavoro. Abbiamo proposto allora la creazione di un fondo per la ricollocazione di chi ha perso il posto di lavoro nel periodo della pandemia, attraverso sistemi collaudati, ossia ponendo a carico dello Stato il 50 per cento dei contributi previdenziali che sono a carico del datore di lavoro. È un meccanismo che, per esempio, già funziona per l'occupazione femminile o l'occupazione giovanile. Anche questa ci sembrava una misura semplice, immediata e di buon senso, ma è stata bocciata.
Infine sono mancati interventi importanti come Ape sociale per esodati, Formazione obbligatoria per i beneficiari di sussidi, Fondo di solidarietà a sostegno delle prestazioni previdenziali delle nuove generazioni, Formazione obbligatoria per i beneficiari di sussidi, salario minimo dove non si sono i contratti collettivi nazionali.
Abbiamo anche sollecitato un intervento contro la concorrenza sleale che subiscono prevalentemente i nostri commercianti. Esiste il meccanismo delle imprese "apri e chiudi": chiunque sa che il fisco prende contezza di un'attività non prima di due anni. Legalmente, se noi apriamo un'attività, possiamo tranquillamente non versare un euro allo Stato prima di ventiquattro mesi, non facendo qualcosa di illegale, ma semplicemente applicando la legge. Però, se alla fine dei due anni spariamo, il fisco non ci rintraccia più. E allora ci sono delle piccole accortezze che si possono adottare: per i soggetti a rischio, prevalentemente chi è extracomunitario (non perché si voglia fare discriminazione, ma perché è più facilmente non più reperibile), istituire un fondo cauzionale o una fideiussione sulle tasse che saranno dovute.
Per quanto attiene il supporto alla internazionalizzazione delle nostre imprese non possiamo che convenire con le misure adottate che prevedono un incremento di 1,5 miliardi – per ogni anno dal 2022 al 2026 – del fondo per i finanziamenti a tasso agevolato per le imprese esportatrici.
Male, anzi malissimo l'assenza di qualsivoglia cenno al tema cruciale emerso con tutta la sua drammatica virulenza in corso di pandemia e affrontato con ben altro cipiglio e bel altri investimenti da tutte le democrazie occidentali: la rilocalizzazione di attività strategiche!
Timido, per non dire inconsistente, l'incremento di 600.000 annui per la promozione della lingua e della cultura italiana all'estero, soprattutto se paragonato alle somme destinate alla cooperazione internazionale, per di più senza una visione strategica dell'impiego delle stesse.
In questo senso riteniamo decisamente più strategico destinare somme per la rilocalizzazione di imprese in Italia piuttosto che l'istituzione di un fondo di 1.000.000 milioni di euro per la «comunicazione finalizzata alla valorizzazione degli interventi di cooperazione allo sviluppo».
Ancora: le somme destinate stancamente alla cooperazione internazionale non appaiono guidate da una strategia di pianificazione industriale degli investimenti al fine di sottrarre il continente africano dalla cosiddetta «trappola del debito cinese», ma più orientate ad operazioni di facciata e a spruzzatine di generosità, disperse in mille rivoli e nei progetti più disparati.
Il paradigma della cooperazione internazionale deve cambiare se vogliamo veramente, pro quota, consentire all'Europa di sottrarre il continente africano dalla trappola del debito cinese e conquistarlo alle ragioni delle democrazie occidentali, dimostrando medesima efficienza, medesima visione, medesimo coraggio, ma maggiore democrazia e condivisione negli investimenti strategici ed infrastrutturali di cui necessita il continente africano.
Siamo sicuri che la cooperazione per il tramite delle ONG sia ciò di cui ha bisogno il continente africano? Il continente africano ha fame di infrastrutture e futuro ed è sempre più attratto dagli investimenti cinesi. Cambiamo il paradigma, scommettiamo sulle infrastrutture, sottraiamo il continente africano dall'abbraccio mortale della Cina, diamo profondità alla cooperazione internazionale, guadagniamo al blocco delle democrazie occidentali l'Africa anche per garantire l'autonomia strategica europea e occidentale.
Per di più, non condividiamo le somme destinate per la cancellazione del debito del Sudan soprattutto perché scollegate da una politica di condizionalità subordinata al contenimento dei flussi dei migranti. Più ancora v'è da chiedersi se quelle medesime risorse non possano essere più utilmente impiegate in favore del Sudan. Anni e anni di alleggerimento del debito non hanno risolto il problema della autosufficienza africana o del suo sviluppo.
L'economia politica della compassione internazionale alimenta l'egotica percezione di sé del donatore, ma è davvero la via dell'emancipazione africana?
La mano che dà si trova sempre sopra quella che riceve. Le mani che stringono un patto sono sullo stesso piano: forse il modello cinese di investimenti, privo dell'opaca trappola del debito sottostante, è il modello da perseguire.
Onorevoli Colleghi. In conclusione, analizzando il testo della legge di bilancio 2022 a nostre mani, più che una legge volta al futuro dell'Italia ci sembra di avere a che fare con la vecchia «legge mancia», allora contestata dalla sinistra, pur costituendo un'appendice della legge finanziaria, e oggi elevata dalla sinistra a legge di sistema.
Tra i micro emendamenti dei partiti della maggioranza c'è, infatti, di tutto: dai 7.000,00 euro per esentare dal pedaggio autostradale i Vigili del Fuoco e la Protezione civile della Valle d'Aosta (non si capisce perché solo in quella Regione) fino agli 82.000,00 euro annui per l'assunzione di due dipendenti per il disbrigo delle pratiche del piccolo Comune di Verduno. Troviamo poi 1.000.000,00 di euro per la ristrutturazione della palestra e delle annesse aule dell'Istituto Leopardi del comune di Trofanello, la stessa cifra per l'efficientamento energetico della piscina comunitaria del Comune di Centro Valle Intelvi, e contribuiti a pioggia per la celebrazione di anniversari o per l'attività di Fondazioni.
E il governo non ha dato certo il buon esempio, visto che ha depositato un emendamento da 60.000,00 euro per il funzionamento della Commissione di garanzia per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti.
Ciò a dimostrazione di come, per tenere in piedi una maggioranza così eterogenea e frastagliata, ci sia bisogno di una mediazione al ribasso e di cercare di accontentare tutti, il che non fa certo bene alla Nazione.
Quanto al cosiddetto «Governo dei migliori» ci auguriamo che il presidente Draghi, con il rispetto che Fratelli d'Italia gli riconosce come persona, voglia anche lui calarsi un po' nell'umiltà che ogni cittadino deve avere, magari convenendo con noi che gli organi parlamentari non sono un optional a sua disposizione!
Questa legge di bilancio è nei fatti solo l'effetto di un compromesso al ribasso di forze contrapposte, con idee diverse, che vogliono forzatamente stare insieme e che, però, insieme non riescono a stare se non perché così impone loro il ricorso al voto di fiducia di cui il Governo abusa a piene mani. Il compromesso al ribasso, tuttavia, produce l'assenza di una visione: non c'è visione politica in questa manovra; non c'è rilancio per la Nazione perché non c'è amore per la Nazione italiana e per quella che noi chiamiamo Patria.

Ylenja LUCASELLI
Relatrice di minoranza

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