PDL 3364

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                        Articolo 10
                        Articolo 11
                        Articolo 12
                        Articolo 13
                        Articolo 14

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 3364

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
FUSACCHIA, PALAZZOTTO, MURONI, QUARTAPELLE PROCOPIO

Modifiche al testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, concernenti l'introduzione del congedo di paternità e del congedo genitoriale obbligatori

Presentata l'11 novembre 2021

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Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge ha l'obiettivo di promuovere la paternità e il ruolo del padre come parte attiva nella crescita del figlio fin dai primi mesi di vita, di migliorare la condizione della donna nel mercato del lavoro e di contribuire ad arrestare il crescente declino demografico che interessa l'Italia.
La proposta si inserisce nel percorso di recepimento della direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, e ne fornisce una trasposizione tempestiva, entro la scadenza dei termini previsti dal legislatore europeo per l'anno 2022, nonché estensiva, riconoscendo il congedo di paternità per un periodo superiore ai dieci giorni lavorativi retribuiti allo stesso livello attualmente previsti nell'Unione europea. La proposta mira, in particolare, a favorire la conciliazione vita-lavoro e a incoraggiare la co-genitorialità, vale a dire la piena condivisione delle responsabilità genitoriali all'interno della coppia, contribuendo a modificare uno stereotipo, ancora molto radicato in Italia, rispetto ai ruoli di genere nella coppia. Contestualmente, si introduce un congedo di paternità obbligatorio di tre mesi nell'arco dei primi dodici mesi di vita del bambino, al fine di contribuire alla diminuzione delle discriminazioni contrattuali operate nei confronti delle donne, con particolare riferimento al divario retributivo di genere.
L'inserimento di un congedo di paternità di tre mesi, obbligatorio e retribuito, viene stabilito nella convinzione che questo sia l'aspetto con il maggiore potenziale di trasposizione estensiva tra le varie misure previste dalla citata direttiva (UE) 2019/1158.
Ciò non significa, tuttavia, che si vogliano tralasciare altri aspetti altrettanto importanti della politica di conciliazione vita-lavoro; l'attuale quadro politico e giuridico volto a promuovere un migliore equilibrio tra attività professionale e vita familiare di uomini e donne con responsabilità di assistenza deve essere modernizzato. A tale fine serve un'ambiziosa gamma di azioni legislative e no che comprenda non solo un migliore uso dell'istituto del congedo ma anche modalità di lavoro flessibile, come già previsto dalla proposta di legge Serracchiani ed altri (atto Camera n. 2148 del 7 ottobre 2019), il potenziamento degli investimenti pubblici e privati nelle infrastrutture sociali, quali gli asili nido, come pure riconosciuto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché una profonda revisione del sistema scolastico, in particolare prevedendo l'estensione dell'obbligo a tre anni di età e il tempo prolungato. Tale approccio multidisciplinare si iscrive appieno nell'attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali.
La crescita demografica è un fattore che ha un impatto decisivo sul sistema economico e produttivo dell'intero Paese. Un Paese che non cresce a livello demografico è un Paese senza prospettiva di futuro. La sostenibilità economica è minata alla sua base se la forza lavoro diminuisce e al contempo aumenta la fascia di popolazione che necessita di sostegno sul piano assistenziale e previdenziale.
La popolazione italiana è la più anziana al mondo, dopo il Giappone: vi sono, infatti, 178,4 persone con 65 anni o più ogni 100 giovani di età inferiore a 15 anni (in Giappone tale rapporto è pari a 210 anziani ogni 100 giovani). Tale situazione comporta una spesa strutturale importante per l'assistenza ai cittadini anziani, spesso malati cronici e bisognosi di assistenza continuativa, in assenza di una adeguata copertura fiscale per tali servizi, derivante dalla tassazione sul reddito da lavoro. Ne consegue che i pochi individui in età lavorativa e occupati stabilmente hanno un salario gravemente compromesso da un onere fiscale che deve compensare il numero ridotto di lavoratori, con ciò riducendo il potere d'acquisto delle famiglie e scoraggiando ulteriormente la formazione di nuovi nuclei familiare. Allo stesso tempo, la riduzione delle entrate fiscali, pur incidendo gravemente sui redditi dei cittadini, rende insufficiente la copertura in maniera dignitosa degli oneri per l'assistenza agli anziani, i quali diventano sempre più a rischio di povertà e di esclusione. Una piramide sociale rovesciata non è evidentemente sostenibile per un Paese, soprattutto a livello economico, e crea, altresì, un circolo vizioso che scoraggia ulteriormente la natalità.
La presente proposta di legge si inserisce nel nuovo contesto economico e sociale causato dalla pandemia di COVID-19. Quest'ultima ha generato nuove disuguaglianze e ha messo in luce, in una forma più acuta, quelle che già esistevano. Tra queste, una delle principali disuguaglianze è risultata quella di genere, determinata anche dalle difficoltà incontrate da molte donne europee nel conciliare il lavoro da remoto con i compiti di assistenza familiare, o dal fatto che siano state soprattutto le donne a svolgere lavori in prima linea durante la pandemia stessa (come operatrici sanitarie, addette alla cura e all'assistenza dei bambini e degli anziani, lavoratrici domestiche, lavoratrici del settore del commercio, eccetera).
I dati convergono a livello mondiale, europeo e nazionale. Secondo il rapporto delle Nazioni Unite pubblicato il 9 aprile 2020 con il titolo molto significativo «The Impact of COVID-19 on Women», in ogni ambito, dalla salute all'economia, dalla sicurezza alla protezione sociale, gli impatti del COVID-19 sono esacerbati per le donne e le ragazze semplicemente in virtù del loro sesso. I dati più recenti sulla disparità salariale tra uomo e donna pubblicati da Eurostat fotografano una situazione nell'Unione europea in cui esiste una differenza salariale media del 15 per cento. In Italia, secondo l'associazione di imprese Valore D la crisi del 2020 ha ridotto l'occupazione femminile in misura preoccupante: sono oltre 300.000 le donne rimaste senza un'occupazione, un numero tre volte superiore a quello degli uomini, con un gender gap che costa al Paese 88 miliardi di euro.
Le varie forme di congedo parentale istituite dal Governo nel contesto della pandemia, da ultimo il congedo parentale indennizzato al 50 per cento della retribuzione e spettante ai genitori lavoratori dipendenti pubblici e privati, alternativamente tra loro (non negli stessi giorni), per figli conviventi minori di anni 14 anni, costituiscono certamente dei passi nella giusta direzione. Tali misure non rappresentano, tuttavia, provvedimenti strutturali a carattere permanente di cui il Paese necessita per eliminare le disuguaglianze nel mercato del lavoro e per rilanciare l'economia e la produttività, nonché per sostenere la crescita demografica in Italia. La presente proposta di legge si pone in linea, ancorché con disposizioni di portata più ampia, con la proposta di legge degli onorevoli Pini e Ungaro (atto Camera n. 1646 del 5 marzo 2019).
A tale fine occorre agire su due fronti: da un lato, sull'occupazione giovanile, affinché sia sufficientemente stabile ed economicamente adeguata a permettere di progettare una famiglia e ad emanciparsi dalla famiglia di origine; dall'altro lato, su tutte quelle misure che, in modo diversificato e contestualizzato, favoriscano l'equilibrio tra la vita familiare e la vita professionale e, allo stesso tempo, evitino discriminazioni di genere correlate alla maternità.
La presente proposta di legge mira, infine, a fornire un contributo concreto al posizionamento dell'Italia come capofila nelle politiche di genere, delle pari opportunità e dell'empowerment femminile, al fine di poter esercitare un ruolo ispiratore di buone pratiche e di politiche all'avanguardia, in continuità con gli obiettivi e le priorità della Presidenza italiana del G20.
La presente proposta di legge si compone di quattordici articoli.
L'articolo 1 istituisce il congedo di paternità obbligatorio, per un periodo continuativo di tre mesi, nei primi dodici mesi di vita del bambino, con un'indennità pari al 100 per cento della retribuzione. Tale istituto si applica anche nel caso di adozione, nazionale e internazionale, e di affidamento.
L'articolo 2 estende il congedo di paternità obbligatorio ai dipendenti pubblici.
L'articolo 3 estende il congedo di paternità obbligatorio ai lavoratori autonomi e agli imprenditori agricoli, prevedendo una indennità forfetaria.
L'articolo 4 disciplina il trattamento economico incrementando l'indennità di maternità al 100 per cento della retribuzione.
L'articolo 5 dispone uno sgravio contributivo per le imprese che assumono personale in sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo.
L'articolo 6 posticipa la decorrenza del congedo parentale del padre lavoratore dalla data di nascita del figlio alla data di cessazione del congedo di paternità obbligatorio.
L'articolo 7 estende a favore di entrambi i genitori il prolungamento del congedo parentale nel caso di minore con handicap, prevedendo un periodo da ripartire tra i medesimi genitori.
L'articolo 8 riconosce anche al padre lavoratore i riposi giornalieri previsti per la lavoratrice madre nel primo anno di vita del bambino.
L'articolo 9 adegua il divieto di licenziamento alla fattispecie del congedo di paternità obbligatorio.
L'articolo 10 estende al padre lavoratore il diritto alle indennità previste in caso di licenziamento, in caso di dimissioni volontarie durante il periodo per cui è previsto il divieto di licenziamento.
L'articolo 11 estende a tutti i genitori con figli minori la possibilità di cedere i periodi di riposo e le ferie, di cui al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151.
L'articolo 12 reca disposizioni in materia di formazione professionale per i lavoratori che rientrano dal congedo di maternità, di paternità o parentale.
L'articolo 13 estende il diritto al congedo di paternità, di maternità e parentale ai genitori che hanno costituito un'unione civile e hanno provveduto al riconoscimento del minore o il cui legame stabile con il minore risulti accertato mediante il certificato dello stato di famiglia.
L'articolo 14 reca la copertura finanziaria.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Introduzione del congedo di paternità obbligatorio per i padri lavoratori dipendenti privati)

1. All'articolo 28 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

«2-bis. Fatti salvi i casi espressamente previsti dal comma 1, il padre lavoratore è tenuto ad astenersi dal lavoro per un periodo continuativo di tre mesi nei primi dodici mesi di vita del bambino, previa comunicazione al datore di lavoro. Il congedo di paternità di cui al primo periodo spetta anche nel caso di adozione, nazionale e internazionale, e di affidamento. In caso di adozione, il congedo ha inizio dal giorno successivo alla data di effettivo ingresso in famiglia del minore. In caso di affidamento, il congedo ha inizio dalla data di ingresso in Italia del minore, previa certificazione dell'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione, e può essere fruito fino al raggiungimento della maggiore età. Per il periodo di congedo di cui al presente comma è prevista un'indennità di paternità a carico dell'INPS, pari al 100 per cento della retribuzione.
2-ter. Ai fini di cui al comma 2-bis, il padre lavoratore è tenuto a presentare al datore di lavoro, entro venti giorni dalla data del parto, il certificato di nascita del figlio, ovvero la dichiarazione sostitutiva, ai sensi dell'articolo 46 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.».

2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, pari a 1.000 milioni di euro per l'anno 2022, a 1.250 milioni di euro per gli anni dal 2023 al 2027, a 1.330 milioni di euro per gli anni 2028, 2029 e 2030, e a 1.400 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2031, si provvede ai sensi dell'articolo 14, commi 1 e 2.

Art. 2.
(Estensione del congedo di paternità obbligatorio ai padri lavoratori dipendenti pubblici)

1. Il congedo di paternità previsto ai commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 28 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, introdotti dalla presente legge, si applica anche ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Art. 3.
(Estensione del congedo di paternità obbligatorio ai padri lavoratori autonomi e imprenditori agricoli)

1. I padri lavoratori autonomi, coltivatori diretti, mezzadri e coloni, artigiani e esercenti attività commerciali, di cui alle leggi 26 ottobre 1957, n. 1047, 4 luglio 1959, n. 463, e 22 luglio 1966, n. 613, imprenditori agricoli a titolo principale, pescatori della piccola pesca marittima e delle acque interne, di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, nonché lavoratori con reddito da diritto d'autore e diritti connessi, di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633, sono tenuti ad astenersi dal lavoro per un periodo continuativo di tre mesi nei primi dodici mesi di vita del bambino.
2. Per il periodo di congedo di cui al comma 1 del presente articolo è prevista un'indennità di paternità pari al 100 per cento della retribuzione minima, ai sensi dell'articolo 68, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.
3. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, valutati in complessivi 32 milioni di euro per gli anni 2022, 2023, 2024, 34 milioni di euro per gli anni dal 2025 al 2028, 35,5 milioni di euro per gli anni 2029 e 2030 e 36,5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2031, si provvede ai sensi dell'articolo 14, comma 3.

Art. 4.
(Incremento dell'indennità giornaliera
di maternità)

1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 22, comma 1, le parole: «80 per cento della retribuzione» sono sostituite dalle seguenti: «100 per cento della retribuzione»;

b) all'articolo 68:

1) al comma 1, le parole: «80 per cento della retribuzione minima giornaliera» sono sostituite dalle seguenti: «100 per cento della retribuzione minima giornaliera»;

2) al comma 2, le parole: «80 per cento del salario minimo giornaliero» sono sostituite dalle seguenti: «100 per cento del salario minimo giornaliero».

2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, valutati in complessivi 350 milioni di euro per l'anno 2022, 370 milioni di euro per gli anni 2023, 2024 e 2025, 390 milioni di euro per gli anni 2026, 2027 e 2028, e 400 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2029, si provvede ai sensi dell'articolo 14, commi 1 e 2.

Art. 5.
(Agevolazioni fiscali e previdenziali
alle imprese)

1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il primo periodo del comma 3 dell'articolo 4 è sostituito dal seguente: «Nelle aziende, per i contributi a carico del datore di lavoro che assume personale con contratto a tempo determinato in sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo, è concesso uno sgravio contributivo del 50 per cento, incrementato al 70 per cento nel caso di piccole e medie imprese»;

b) all'articolo 4, dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. Nelle aziende che trasformano a tempo indeterminato i contratti dei lavoratori assunti in sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo di cui al comma 3 è concesso uno sgravio contributivo del 50 per cento per la durata di un anno. Lo sgravio di cui al primo periodo cessa di applicarsi nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo della lavoratrice o del lavoratore che sia rientrato dal congedo di maternità o di paternità o di un lavoratore che svolga analoghe mansioni nel primo anno successivo al rientro dal congedo di maternità o di paternità»;

c) all'articolo 56, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Il datore di lavoro, al rientro delle lavoratrici e dei lavoratori dopo la fruizione del congedo di maternità o di paternità, garantisce, d'intesa con il lavoratore, le attività di formazione professionale e di aggiornamento inerenti alle mansioni svolte, anche sulla base di apposite convenzioni con enti di formazione, Fondi interprofessionali o Comitati unici di garanzia, della durata di almeno quaranta ore».

2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, valutati in complessivi 53 milioni di euro per l'anno 2022, 100 milioni di euro per gli anni 2023, 2024 e 2025, e 110 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2026, si provvede ai sensi dell'articolo 14, commi 1 e 2.

Art. 6.
(Decorrenza del congedo parentale del padre lavoratore)

1. Alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, le parole: «dalla nascita del figlio» sono sostituite dalle seguenti: «trascorso il periodo di congedo di paternità».

Art. 7.
(Prolungamento del congedo parentale
del padre lavoratore)

1. Al primo periodo del comma 1 dell'articolo 33 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, le parole: «o, in alternativa,» sono sostituite dalla seguente: «e» e dopo le parole: «fruibile in misura continuativa o frazionata» sono inserite le seguenti: «tra i genitori».

Art. 8.
(Riposi giornalieri del padre)

1. L'articolo 40 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, è sostituito dal seguente:

«Art. 40 – (Riposi giornalieri del padre)1. I periodi di riposo di cui all'articolo 39 sono riconosciuti anche al padre lavoratore».

2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, valutati complessivamente in 85 milioni di euro per l'anno 2022, 175 milioni di euro per gli anni 2023, 2024 e 2025, 190 milioni di euro per gli anni dal 2026 al 2029, e 198 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2030, si provvede ai sensi dell'articolo 14, commi 1 e 2.

Art. 9.
(Divieto di licenziamento)

1. Il comma 7 dell'articolo 54 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, è sostituito dal seguente:

«7. Il divieto di licenziamento si applica anche al padre lavoratore per la durata del congedo di paternità e si estende fino al compimento di un anno di età del bambino. Si applicano le disposizioni del presente articolo, commi 3, 4 e 5».

Art. 10.
(Dimissioni)

1. Il comma 1 dell'articolo 55 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, è sostituito dal seguente:

«1. In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto, a norma dell'articolo 54, il divieto di licenziamento, la lavoratrice e il lavoratore hanno diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. La lavoratrice e il lavoratore che si dimettono nel predetto periodo non sono tenuti al preavviso».

Art. 11.
(Cessione dei riposi e delle ferie)

1. Al comma 1 dell'articolo 24 del testo unico di cui al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, le parole: «che per le particolari condizioni di salute necessitano di cure costanti» sono soppresse.

Art. 12.
(Formazione professionale)

1. Al comma 1 dell'articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, dopo le parole: «professionale continua» sono inserite le seguenti: «e della formazione al rientro dal congedo di maternità, di paternità o parentale».

Art. 13.
(Estensione del congedo di maternità, di paternità e parentale alle unioni civili)

1. Il testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, come modificato dalla presente legge, si applica anche ai genitori che abbiano costituito un'unione civile e che abbiano provveduto al riconoscimento del nascituro o del figlio del genitore naturale o, in mancanza del riconoscimento o dell'atto di nascita nel quale è richiamato il riconoscimento stesso, ai genitori il cui legame stabile tra il genitore naturale e l'altra figura di riferimento per il minore sia accertato dalle risultanze anagrafiche del certificato di stato di famiglia, anche indipendentemente dalla sussistenza di un rapporto di filiazione, anche adottiva, tra uno dei due adulti di riferimento e il minore.

Art. 14.
(Disposizioni finanziarie)

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui agli articoli 1, 4, 5 e 8 della presente legge si provvede nel limite massimo di spesa pari a 1.500 milioni di euro per l'anno 2023, a 1.900 milioni di euro per gli anni 2024, 2025 e 2026, a 1.950 milioni di euro per l'anno 2027, a 2.050 milioni di euro per gli anni 2028, 2029 e 2030 e a 2.150 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2031, a valere sulla quota disponibile delle maggiori entrate rivenienti a decorrere dall'anno 2023 dall'annuale e progressiva eliminazione in misura non inferiore al 15 per cento dei sussidi ambientalmente dannosi previsti dal Catalogo di cui all'articolo 68 della legge 28 dicembre 2015, n. 221, istituito presso il Ministero della transizione ecologica, limitatamente ai sussidi che non incidono sulla tutela, costituzionalmente garantita, delle famiglie vulnerabili, della salute e del lavoro.
2. Al fine di prevenire l'eventuale verificarsi di scostamenti dell'andamento degli oneri rispetto alle previsioni di cui al comma 1 del presente articolo, il Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 17, commi 12 e 12-quater, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, provvede, sulla base delle informazioni trasmesse dai Ministeri competenti, al monitoraggio degli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, e provvede per gli esercizi successivi a quello in corso, alla compensazione degli effetti che eccedono le previsioni con la legge di bilancio, ai sensi dell'articolo 21, comma 1-ter, lettera f), della citata legge n. 196 del 2009, adottando prioritariamente misure di carattere normativo correttive della maggiore spesa.
3. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 3, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2024, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi a ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2022, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

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