PDL 334

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 334

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
RAMPELLI, MELONI, CIRIELLI, RIZZETTO, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LOLLOBRIGIDA, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, ZUCCONI

Abrogazione della legge 2 agosto 1999, n. 264, recante norme in materia di accessi ai corsi universitari

Presentata il 23 marzo 2018

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Onorevoli Colleghi! — Con la legge 2 agosto 1999, n. 264, recante «Norme in materia di accessi ai corsi universitari», che ha previsto la programmazione a livello nazionale degli accessi a determinati percorsi di formazione universitaria, è stato introdotto in Italia il cosiddetto numero chiuso.
In base all'articolo 4, comma 1, della legge, infatti, «L'ammissione ai corsi (...) è disposta dagli atenei previo superamento di apposite prove di cultura generale, sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore, e di accertamento della predisposizione per le discipline oggetto dei corsi medesimi (...)».
La legge fu redatta dall'allora Ministro dell'istruzione e della ricerca scientifica e tecnologica in seguito alla sentenza n. 383 del 27 novembre 1998, con la quale la Corte costituzionale aveva ritenuto rilevante la questione di legittimità costituzionale promossa da alcuni studenti in merito alla normativa della legge 15 maggio 1997, n. 127, che aveva attribuito al Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica il potere di determinare la limitazione degli accessi ai corsi di laurea universitari.
Ad avviso dei ricorrenti tale normativa, violando il principio della riserva di legge che discenderebbe dagli articoli 33 e 34 della Costituzione, si poneva in contrasto anche con il principio del diritto allo studio tutelato dai medesimi articoli e la Consulta, in esito alla propria valutazione, aveva ritenuto che, seppur potesse essere «superato, in considerazione degli obblighi comunitari e nei limiti in cui essi sussistono, lo specifico dubbio di costituzionalità», appariva chiaro «che l'intera materia necessita di un'organica sistemazione legislativa, finora sempre mancata».
Le direttive citate dalla Corte e anche dallo stesso Ministero dell'istruzione e della ricerca scientifica e tecnologica a fondamento dell'obbligo di introdurre il numero chiuso, specificamente la direttiva 78/687/CEE (ora abrogata), relativa alla figura professionale di dentisti e odontoiatri, e la direttiva 93/16/CEE (ora abrogata), rivolta ai medici, tuttavia, si limitavano entrambe a imporre agli Stati membri un'armonizzazione dei corsi di studio a garanzia del principio della libera circolazione dei cittadini europei all'interno dell'Unione.
In concreto si chiedeva ai Paesi membri la realizzazione di un sistema di formazione che garantisse l'alta qualità dello studente, ma non necessariamente la limitazione degli accessi alle facoltà, e l'adozione del sistema del numero chiuso, quindi, è stata una declinazione tutta italiana delle prescrizioni contenute nelle direttive, alla quale si è aggiunta l'immotivata estensione dell'accesso programmato anche ai corsi di laurea in architettura, veterinaria e scienze della formazione primaria, non prevista da alcuna norma europea.
In base alla legge n. 264 del 1999 il calcolo del numero di posti disponibili per i corsi di laurea deve essere effettuato ogni anno in base ad alcuni parametri, quali i posti nelle aule, la disponibilità di attrezzature e laboratori scientifici, di personale docente e tecnico e dei servizi di assistenza e di tutorato.
Ne deriva che con tale normativa si chiede, di fatto, agli studenti di adeguarsi alle strutture presenti e agli investimenti che lo Stato decide di stanziare in favore delle università, mentre dovrebbe essere esattamente il contrario, vale a dire che lo Stato dovrebbe essere chiamato a disporre gli investimenti in modo tale da garantire a tutti l'accesso alla formazione universitaria.
Negli anni successivi all'approvazione della legge n. 264 del 1999 si è assistito all'aumento degli studenti esclusi dal numero chiuso che si sono iscritti a corsi di laurea con programmi simili a quelli dei corsi a numero chiuso, nella speranza di riuscire a superare il test l'anno successivo, con l'unico scopo di dare quegli esami presenti in entrambi i piani di studio per farseli riconoscere l'anno successivo.
Gli studenti quindi, non potendo intraprendere il percorso di studi prescelto, si trovano costretti a ripiegare su altre facoltà e questo dimostra che il sistema non rispetta il dettato costituzionale laddove prevede il carattere universale del diritto allo studio.
In questa situazione, si è creato, infatti, un vero e proprio mercato dei test d'ingresso, con corsi costosissimi, sostenibili solo da coloro che possono permetterselo e che creano studenti di serie A e di serie B nell'accesso alla formazione universitaria, e, inoltre, si è venuto a creare un vero e proprio «turismo formativo» verso nazioni quali la Spagna, la Bulgaria, la Romania o la Croazia, nelle quali i nostri giovani alloggiano, mangiano, vivono, acquistano libri e frequentano corsi accessori, costretti a fare gli studenti fuori sede invece di appartenere a una nazione che sia hub universitario per gli studenti euro-mediterranei.
I numerosi ricorsi che ogni anno vengono presentati nelle sedi della giustizia amministrativa dagli studenti esclusi dalle immatricolazioni dimostrano come la legge sul numero chiuso sia a tutti gli effetti un fallimento anche rispetto alle intenzioni della Corte costituzionale che nella citata sentenza del 1998 aveva affermato che essa dovesse rappresentare «una sistemazione chiara che, da un lato, prevenga l'incertezza presso i potenziali iscritti interessati e il contenzioso che ne può derivare».
Nel 2012, in seguito ai continui ricorsi vinti dagli studenti nelle sedi della giustizia amministrativa di primo grado, è stato riformato il sistema delle graduatorie dei corsi a numero chiuso, trasformandole da locali a nazionale, ma nonostante la graduatoria unica nazionale abbia portato con sé diversi correttivi che hanno reso il sistema più equo rispetto al passato, continuano a essere presenti elementi di criticità, dalle modalità di scelta dei luoghi in cui potersi immatricolare, all'effettiva capacità di valutazione di un test a crocette di un'ora e mezza che in realtà è più simile a una lotteria.
La limitazione degli accessi ad alcune facoltà è basata, da un lato, su una valutazione della capacità di assorbimento del mercato del lavoro che appare spesso arbitraria e, dall'altro, sulla capacità di assorbimento dei singoli atenei, anch'essa basata su presunzioni teoriche, in quanto la qualità dello studio dei laureati non risulta aumentata da quando si è adottato il sistema del numero chiuso. A ciò si aggiunge il fatto che la scarsa affidabilità di un sistema basato su quiz di cultura generale impone di riconsiderare i criteri di accesso agli studi universitari, prevedendo che l'accesso sia libero e che siano le università stesse a selezionare coloro che ritengono meritevoli di proseguire gli studi, in base a risultati didattici reali, conseguiti in un periodo da definire di prova che potrà essere annuale o biennale a seconda delle facoltà.
Dinanzi alla drammatica riduzione del numero di ragazzi che scelgono di intraprendere un percorso di formazione universitaria si rende assolutamente necessario un intervento che lo renda possibile per tutti coloro che lo desiderano. Il diritto di accedere alle università pubbliche dopo aver conseguito la maturità è un diritto per qualunque ragazzo, al quale spetterà di dimostrare le proprie capacità nel corso del ciclo di studi, e non è una possibilità della quale può essere privato a priori.
Pertanto, con la presente proposta di legge si intende abolire la limitazione degli accessi ab initio alle facoltà universitarie, ripristinando un principio di giustizia e nel rispetto del dettato costituzionale sul diritto allo studio.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. La legge 2 agosto 1999, n. 264, è abrogata.

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