PDL 3253

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 3253

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
D'ORSO, CATALDI, MARTINCIGLIO

Introduzione degli articoli 5-bis e 12-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, in materia di comunicazioni tra il contribuente e l'amministrazione finanziaria nonché di istanza di autotutela del contribuente

Presentata il 4 agosto 2021

torna su

Onorevoli Colleghi! – La legge 27 luglio 2000, n. 212, in materia di statuto dei diritti del contribuente, dà attuazione ai princìpi di democraticità e di trasparenza del sistema impositivo, concorrendo a migliorare il rapporto tra il fisco e i cittadini. Con tale legge si attribuiscono strumenti di tutela e di garanzia ai contribuenti nei confronti dell'amministrazione finanziaria, sia in materia di conoscibilità del sistema normativo tributario, sia nell'ambito delle attività di accertamento e di riscossione esercitate dagli uffici fiscali.
La legge si fonda su alcuni princìpi fondamentali, tra i quali vi è quello della collaborazione e della buona fede al quale devono essere improntati i rapporti tra il contribuente e l'amministrazione finanziaria. Tale principio trova espressione non solo nell'articolo 10, comma 1, che stabilisce espressamente come «I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede», ma anche in altri articoli, tra cui l'articolo 5 in materia di informazione del contribuente.
L'interazione con i contribuenti, per essere efficace, trasparente e soddisfacente, deve avvenire sempre più in tempo reale e tramite strumenti, come la posta elettronica certificata (PEC), idonei a dare certezza giuridica alle comunicazioni che avvengono tra il fisco e i cittadini. La tecnologia sta assumendo un ruolo importante sia come volano per le semplificazioni che come motore capace di dare nuovo impulso all'economia globale colpita dagli effetti negativi della pandemia di COVID-19.
La rivoluzione digitale ha consentito, in questi ultimi anni, al sistema fiscale italiano, (già con l'introduzione della cosiddetta «dichiarazione precompilata») di compiere importanti passi in avanti, rappresentando un fattore fondamentale per la semplificazione e per la trasparenza nel rapporto con i cittadini, con le imprese e con i loro intermediari. L'adozione di tecnologie informatiche e la loro continua evoluzione costituiscono oggi un punto nodale per l'Agenzia delle entrate-riscossione che si avvale, a tali fini, della collaborazione del partner tecnologico Sogei – Società generale d'informatica Spa.
L'obiettivo da conseguire, in tale ambito, è quello della realizzazione e del miglioramento continuo di un modello di dialogo collaborativo con il contribuente e con i suoi intermediari e della ricerca di una qualità sempre maggiore sia sul versante dei servizi offerti, sia sul versante delle attività di controllo attraverso procedure dirette all'analisi e all'individuazione di livelli elevati di rischio di evasione. Tale sinergia può favorire l'incremento di fiducia verso l'amministrazione finanziaria e aumentare il livello di adempimento spontaneo dei contribuenti, anche rimediando in tempo a eventuali errori od omissioni. Tutto ciò si tradurrà in minori spese, in servizi più efficienti e puntuali, nella riduzione dei livelli di evasione e nell'aumento del tasso di competitività dell'intero sistema-Paese.
La strategia di digitalizzazione posta in essere, negli ultimi anni, dall'Agenzia delle entrate deve puntare sempre di più sull'informatizzazione dei servizi per gli utenti, sulla valorizzazione del patrimonio informativo, sull'interconnessione digitale con attori esterni, sulla reingegnerizzazione digitale dei processi e dei servizi al personale, sulla sicurezza e sulla protezione dei dati nonché sulla partecipazione alle iniziative strategiche di digitalizzazione della pubblica amministrazione. Occorre «spingere l'acceleratore» sul digitale come canale preferenziale per ridurre e per semplificare gli oneri connessi agli adempimenti fiscali e allo stesso tempo per garantire la completezza e la coerenza dei dati.
Da qui la necessità di apportare alcune modifiche alla legge n. 212 del 2000 finalizzate a potenziare l'utilizzo della PEC, che ha lo stesso valore legale di una lettera raccomandata tradizionale con avviso di ricevimento, nell'ambito delle comunicazioni tra il contribuente e l'amministrazione finanziaria. A tale fine, con la presente proposta di legge si intende introdurre la possibilità, per il contribuente che non sia titolare di una propria casella di PEC, di delegare, per l'invio della comunicazione, un altro soggetto titolare di casella di PEC. Tutto ciò anche al fine di agevolare e semplificare il ricorso allo strumento dell'autotutela tributaria (evitando così inutili e dispendiose controversie giudiziarie), per quei soggetti che abbiano tuttora difficoltà nell'uso delle apparecchiature informatiche. Per la medesima finalità di incentivare l'uso della PEC per le comunicazioni tra contribuente e amministrazione finanziaria, viene proposta l'introduzione dell'obbligo, per l'amministrazione finanziaria, di indicare in ogni atto l'indirizzo della PEC dell'organo accertatore o riscossore che lo ha emanato, al quale il contribuente potrà inviare tutte le comunicazioni relative all'atto medesimo. Entrambe le novelle rispondono all'esigenza di una maggiore semplificazione oltre che certezza dei rapporti giuridici tra il cittadino e l'amministrazione finanziaria nell'ambito del processo di digitalizzazione che sta investendo tutta la pubblica amministrazione nonché la stessa relazione tra il fisco e il contribuente.
Un altro istituto, in ambito tributario, su cui intende intervenire la presente proposta di legge è quello dell'autotutela, non solo al medesimo fine di migliorare i rapporti tra l'amministrazione finanziaria e il contribuente in termini di efficacia e di efficienza, ma anche al fine di limitare il contenzioso tributario.
Anche tali innovazioni normative sono finalizzate a incentivare un modello di rapporto tra il fisco e il cittadino secondo cui gli uffici finanziari non devono perseguire il reperimento delle entrate a tutti i costi, ma devono procedere, negli atti di accertamento, di liquidazione, di rimborso e in sede di autotutela, secondo i princìpi di legalità, di correttezza e di equità del prelievo fiscale.
Nei casi in cui l'amministrazione finanziaria emetta un atto amministrativo illegittimo o infondato – prima di esperire la tutela giurisdizionale innanzi al giudice – è possibile ricorrere all'autotutela tributaria definita come il potere dell'amministrazione finanziaria di procedere, d'ufficio o su istanza del contribuente, all'annullamento o alla revoca degli atti illegittimi (inficiati da errori di diritto) o infondati (inficiati da errori di fatto), così come disciplinato dall'articolo 2-quater del decreto-legge 30 settembre 1994, n. 564, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 1994, n. 656, e dal regolamento recante norme relative all'esercizio del potere di autotutela da parte degli organi dell'Amministrazione finanziaria, di cui al decreto del Ministro delle finanze 11 febbraio 1997, n. 37.
La peculiare fattispecie dell'autotutela tributaria presenta delle criticità e delle lacune che rivelano i limiti dell'attuale disciplina che la regolamenta.
Innanzitutto, l'articolo 2 del citato regolamento individua, in maniera non esaustiva, le ipotesi di annullamento d'ufficio o di rinuncia all'imposizione in caso di autoaccertamento. L'elenco contenuto nella norma (comma 1, lettere da a) a h)), considerato non tassativo, tipicizza una serie di vizi riconducibile, nella sostanza, alla mancanza del presupposto di imposta (infondatezza della pretesa tributaria, in tutto o in parte; non debenza, in tutto o in parte, del tributo). Quanto all'ambito di concreta rilevanza delle patologie dell'atto impositivo che possono condurre all'annullamento d'ufficio, se l'infondatezza si riferisce alla mancanza del presupposto dell'imposta (errore di fatto), l'illegittimità è potenzialmente idonea a comprendere tutte le difformità dell'atto impositivo rispetto al modello legale e, quindi, anche i vizi di mera forma dell'atto o i vizi del procedimento, compresi quelli della notificazione del provvedimento. Tuttavia, si tende a escludere dal novero dei vizi rilevanti, ai fini dell'annullamento d'ufficio, i vizi di legittimità che si esauriscono in vizi meramente formali e che non incidono sull'an e sul quantum del carico tributario. Sono, quindi, solo le patologie sostanziali dell'atto impositivo a legittimare l'annullamento d'ufficio. La mera violazione di regole formali o procedimentali non consentirebbe, pertanto, all'ufficio di rinunziare a un gettito fondato, ancorché attuato con modalità illegittime.
Un'ulteriore criticità è rappresentata dal fatto che la presentazione di un'istanza in autotutela da parte del contribuente, a fronte di un atto palesemente illegittimo o infondato, non sospende i termini processuali ai fini della presentazione del ricorso innanzi al giudice, come confermato dalla Corte di cassazione civile, V sezione, con la sentenza n. 13367 del 17 maggio 2019. Per i giudici di legittimità, la norma di legge «nel disciplinare il procedimento di autoannullamento dell'atto e in particolare i rapporti con il ricorso giurisdizionale, non contempla alcuna ipotesi di interruzione e/o sospensione del termine processuale per impugnare l'atto previsto» e aggiunge che «Quando si è voluto regolamentare un differimento del termine processuale di impugnativa di un atto impositivo la norma lo ha espressamente disposto». Questo vuoto normativo induce in errore il contribuente che sovente lascia decorrere il termine perentorio previsto, ai fini dell'impugnazione dell'atto impositivo, senza proporre ricorso giurisdizionale confidando, in buona fede, nel positivo esito del procedimento di autotutela. Ma nel caso l'esito sia sfavorevole, il contribuente si troverà costretto a sopportarne le conseguenze negative (anche di carattere economico), tra le quali quella della declaratoria giudiziale di inammissibilità, qualora il ricorso venga proposto oltre il termine di decadenza. Tale situazione ostacola, di fatto, l'esercizio della tutela giurisdizionale dei diritti del contribuente innanzi all'autorità giudiziaria, come previsto dagli articoli 24 e 113 della Costituzione. Non si può consentire che l'interesse alla giusta contribuzione si estingua (o almeno divenga marginale) una volta scaduto il termine per l'impugnazione giurisdizionale. Una simile conclusione non trova alcun fondamento normativo né, tantomeno, costituzionale, in quanto l'articolo 53 della Costituzione àncora l'imposizione tributaria ai princìpi di legalità e di capacità contributiva senza prevedere alcun limite temporale.
Un ulteriore limite normativo è l'insussistenza di un obbligo a carico dell'amministrazione finanziaria di adottare un provvedimento amministrativo sull'istanza di autotutela proposta dal contribuente. L'esercizio del potere di autotutela configurerebbe in tal modo una semplice facoltà discrezionale, il cui mancato esercizio non solo non assume alcun significato ma non può essere in alcun modo contestato. Da ciò consegue che il cittadino-contribuente, non potendo contare sulla certezza della risposta dell'amministrazione, si vedrà costretto a sostenere le conseguenze pregiudizievoli di un mancato riscontro o di una risposta negativa tardiva che gli precluderebbe di esperire il ricorso giurisdizionale.
Non bisogna dimenticare che il potere dell'amministrazione finanziaria è un munus, ovvero un potere esercitato come funzione dell'ufficio stesso, attraverso il cui esercizio vengono tutelati degli interessi collettivi. Tale munus va, inoltre, esercitato tenendo conto di quanto stabilito dall'articolo 10, comma 1, della legge n. 212 del 2000 per cui, come già richiamato, i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede. Tale principio viene tradito ogni qualvolta il contribuente, a fronte dell'istanza in autotutela, si trovi a dover fare i conti con il silenzio dell'amministrazione che di fatto equivale a un inadempimento del patto tacito di collaborazione che è alla base dei rapporti tra il contribuente e il fisco. Dovrebbe sussistere, pertanto, un dovere procedimentale – a confutazione della natura discrezionale del potere di autotutela tributaria – che emergerebbe, almeno a livello sintomatico, dalla stessa disciplina dell'autotutela tributaria laddove il citato regolamento del 1997 prevede poteri sostitutivi in caso di inerzia procedimentale, e laddove l'articolo 13, comma 6, della legge n. 212 del 2000 assegna al Garante del contribuente il potere di attivare le procedure di autotutela nei confronti degli atti di accertamento e di riscossione notificati al contribuente.
Come sostenuto dalla giurisprudenza (Cassazione civile, I sezione, sentenza n. 2575 del 29 marzo 1990), in uno Stato moderno l'interesse del fisco non è quello di costringere il contribuente a soddisfare pretese ingiuste profittando di situazioni favorevoli sul piano amministrativo o processuale, ma quello di curare che il prelievo fiscale sia in armonia con l'effettiva capacità contributiva del soggetto passivo dell'imposta. Le regole di imparzialità, di buona fede e di correttezza costituiscono il limite esterno al potere della pubblica amministrazione. Tali regole impongono che la pubblica amministrazione, una volta informata dell'errore, compia le necessarie verifiche e poi, accertato l'errore, annulli il provvedimento riconosciuto illegittimo o comunque errato. Non v'è, quindi, alcuno spazio per la mera discrezionalità anche quando il contribuente abbia per incuria fatto scadere il termine di impugnazione dell'atto impositivo (Cassazione civile, III sezione, sentenza n. 6283 del 20 aprile 2012). Sarebbe, pertanto, contrario ai princìpi di giustizia sostanziale e di coerenza interna dell'ordinamento un impianto normativo che consenta all'amministrazione finanziaria, come avviene adesso, di agire in modo vincolato nella fase dell'imposizione e in modo del tutto discrezionale di fronte a una pretesa palesemente ingiusta.
Le criticità e le lacune normative illustrate legittimerebbero, in tal modo, un comportamento dell'amministrazione finanziaria in contrasto con i princìpi fondanti dell'autotutela tributaria rinvenibili negli articoli 3, 23, 24, 53, 97 e 113 della Costituzione, primi fra tutti quelli di legalità, della giusta tassazione e della buona amministrazione, in virtù dei quali il contribuente, che non può essere soggetto a un'ingiusta tassazione, deve poter esercitare, pienamente, il proprio diritto a contestare una richiesta impositiva illegittima – senza dover temere la «scure» della scadenza dei termini processuali per proporre impugnazione e confidando, entro tempi certi, sulla risposta positiva o negativa dell'amministrazione – con conseguente ritiro, in autotutela, del provvedimento viziato da parte della stessa amministrazione.
Da qui, la necessità di colmare le lacune normative esposte attraverso una modifica alla vigente disciplina in materia di autotutela tributaria per renderla maggiormente conforme ai princìpi costituzionali in materia tributaria, come quello della legalità e della giustizia fiscale. Si vuole, così, valorizzare l'istituto dell'annullamento d'ufficio, quale strumento di deflazione del contenzioso e mezzo di risoluzione delle controversie extra-giurisdizionale. Una simile modifica bilancerebbe, infatti, l'interesse della pubblica amministrazione a evitare una controversia giudiziaria che la vedrebbe sicuramente soccombente e quello del cittadino a evitare un contenzioso lungo e costoso, con evidenti ricadute positive in termini di risparmio pubblico e di celerità nell'accertamento e nella definizione dei rapporti giuridici. Anche perché l'eventuale condanna della pubblica amministrazione per il danno conseguente al mancato esercizio dell'autotutela sollecitata dal contribuente o all'esercizio illegittimo (diniego) costituirebbe un danno erariale.
La presente proposta di legge si compone di un solo articolo con il quale si apportano modifiche alla legge n. 212 del 2000 volte a disciplinare, in maniera compiuta ed esatta:
a) le comunicazioni tra il contribuente e l'amministrazione finanziaria, con l'introduzione dell'articolo 5-bis, con il quale si prevede, al comma 1, che ogni atto dell'amministrazione finanziaria debba recare l'indirizzo di PEC dell'organo accertatore o riscossore che ha emanato il medesimo atto, pena la sanzione della nullità; mentre al comma 2 si stabilisce che, nel caso di comunicazioni effettuate dal contribuente all'amministrazione finanziaria a mezzo di PEC, il contribuente può delegare un'altra persona (che potrà servirsi del proprio indirizzo di PEC) all'invio della medesima comunicazione all'amministrazione finanziaria e che la delega, appositamente rilasciata e corredata della copia del documento d'identità del contribuente, deve essere allegata alla comunicazione;
b) il procedimento di autotutela promosso dal contribuente volto a ottenere la revoca e l'annullamento totale o parziale di un atto illegittimo dell'amministrazione finanziaria mediante introduzione dell'articolo 12-bis. A tale riguardo, le innovazioni normative più importanti che si propongono sono rappresentate: dall'introduzione, con norma di rango primario, e dal contestuale ampliamento delle ipotesi in cui si può fare ricorso all'istituto dell'autotutela comprendendovi, in particolare, l'eccezione di prescrizione della pretesa tributaria; dalla previsione secondo cui l'istanza di autotutela, una volta presentata all'organo competente dell'amministrazione finanziaria, sospende i termini di impugnazione dell'atto e, se questo è già esecutivo, sospende l'efficacia esecutiva dell'atto medesimo; dall'introduzione dell'obbligo a carico dell'amministrazione finanziaria di provvedere sull'istanza di autotutela e di comunicare l'esito al contribuente nel termine di novanta giorni dal ricevimento dell'istanza, decorso infruttuosamente il quale maturerà il silenzio-assenso, che vale come accoglimento. Infine, in aggiunta alla responsabilità penale, integra illecito amministrativo con conseguente applicazione di una sanzione amministrativa la condotta del contribuente che produca una documentazione falsa a corredo dell'istanza di autotutela.

torna su

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Alla legge 27 luglio 2000, n. 212, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo l'articolo 5 è inserito il seguente:

«Art. 5-bis. – (Comunicazioni con il contribuente) – 1. Ogni atto dell'amministrazione finanziaria deve recare, a pena di nullità, l'indirizzo di posta elettronica certificata dell'organo accertatore o riscossore che lo ha emanato, al quale il contribuente può inviare tutte le comunicazioni relative all'atto medesimo.
2. Nel caso di comunicazioni effettuate dal contribuente all'amministrazione finanziaria a mezzo di posta elettronica certificata, qualora l'intestatario dell'indirizzo di posta elettronica certificata utilizzato sia diverso dalla persona del contribuente, alla comunicazione deve essere allegata un'apposita delega corredata della copia del documento d'identità rilasciata dal contribuente alla persona che effettua l'invio»;

b) dopo l'articolo 12 è inserito il seguente:

«Art. 12-bis. – (Istanza di autotutela del contribuente) – 1. Ciascun contribuente può promuovere un'istanza di autotutela volta a ottenere la revoca e l'annullamento totale o parziale di un atto dell'amministrazione finanziaria, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, nelle ipotesi in cui sussista illegittimità dell'atto, quali:

a) errore di persona;

b) evidente errore logico o di calcolo;

c) errore sul presupposto dell'imposta;

d) doppia imposizione;

e) mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti;

f) mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza;

g) sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati;

h) errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall'amministrazione;

i) prescrizione della pretesa tributaria.

2. L'istanza di autotutela può essere presentata all'organo competente dell'amministrazione finanziaria ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 11 febbraio 1997, n. 37, anche a mezzo di posta elettronica certificata e, comunque, nel rispetto delle istruzioni contenute nell'atto notificato al contribuente.
3. La presentazione dell'istanza di autotutela fondata sui casi espressamente previsti dal comma 1 sospende i termini di impugnazione dell'atto e, quando già esecutivo, sospende l'efficacia esecutiva dell'atto medesimo.
4. Decorsi novanta giorni dalla data di ricevimento dell'istanza di autotutela, se l'organo competente di cui al comma 1 del presente articolo non comunica all'interessato il provvedimento di diniego motivato ai sensi dell'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero, in caso di grave inerzia, l'amministrazione finanziaria non procede in via sostitutiva ai sensi dell'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 11 febbraio 1997, n. 37, il silenzio dell'amministrazione equivale a provvedimento di accoglimento dell'istanza.
5. Qualora l'istanza di autotutela riguardi ipotesi di annullamento diverse da quelle indicate al comma 1, l'organo competente di cui al citato comma 1 del presente articolo è sempre tenuto a comunicare all'interessato, entro il termine di novanta giorni dalla data di ricevimento dell'istanza, l'accoglimento, anche parziale, ovvero il diniego dell'istanza medesima. Contro la comunicazione di accoglimento parziale o contro il diniego non è ammesso ricorso, qualora siano decorsi infruttuosamente i termini per proporre ricorso presso la commissione tributaria avverso l'atto originario, ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.
6. Ferma restando la responsabilità penale, nel caso in cui il contribuente, ai sensi e per le finalità di cui al comma 1, produca una documentazione falsa, si applica la sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento dell'ammontare delle somme dovute, con un importo minimo di 258 euro».

torna su