PDL 3200

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 3200

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
ASCARI, MARTINCIGLIO, NAPPI, CATALDI, SURIANO, BALDINO, MAURIZIO CATTOI, AZZOLINA, ELISA TRIPODI, BRESCIA, BERTI, EHM, PALMISANO, PIERA AIELLO, VILLANI, EMILIOZZI, PAPIRO, DEL MONACO, MARIANI, GRIPPA, BARBUTO, ANNIBALI, CORNELI

Modifica all'articolo 18-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di rilascio del permesso di soggiorno alle vittime del reato di costrizione o induzione al matrimonio

Presentata il 7 luglio 2021

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Onorevoli Colleghi! – La vicenda di Saman Abbas ha scosso tutti noi e ha aperto molti interrogativi sulla questione della tutela delle donne che sono costrette o indotte ai matrimoni forzati. La diciottenne, di origine pakistana, abitante a Novellara, è scomparsa dalla fine di aprile e gli inquirenti, che stanno indagando per omicidio e per occultamento di cadavere il padre e la madre della ragazza, sospettano che sia stata la famiglia a ucciderla e a farla scomparire. La ragazza sarebbe stata uccisa perché si era ribellata a un matrimonio combinato e perché avrebbe voluto vivere «all'occidentale».
La cultura dei matrimoni forzati fa parte di quelle tradizioni arcaiche e patriarcali che non ci appartengono e che un Paese civile non può e non deve accettare. Spesso i ragazzi stranieri che crescono nel Paese ospitante si scontrano con la cultura d'origine, innescando uno scontro generazionale che può portare anche a epiloghi tragici come quello di Saman.
L'Organizzazione delle Nazioni Unite celebra l'11 ottobre di ogni anno la Giornata internazionale delle bambine e delle ragazze (International Day of the Girl) per accendere i riflettori sulle numerose violazioni dei diritti delle ragazze, come quella dei matrimoni forzati.
Per matrimonio precoce si intende, comunemente, un'unione formale in cui sia coinvolto un minorenne e il matrimonio è considerato forzato se il minore non è in grado di esprimere compiutamente e consapevolmente il proprio consenso, non solo per le importanti responsabilità che si assume con tale atto, ma anche per il fatto che la sua età gli impedisce il raggiungimento della piena maturità e capacità di agire. Il paragrafo 2 dell'articolo 16 della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW), adottata a New York il 18 dicembre 1979 e resa esecutiva in Italia ai sensi della legge 14 marzo 1985, n. 132, stabilisce che «I fidanzamenti e i matrimoni tra fanciulli non avranno effetti giuridici e tutte le misure necessarie, comprese le disposizioni legislative, saranno prese al fine di fissare un'età minima per il matrimonio, rendendo obbligatoria l'iscrizione del matrimonio su un registro ufficiale». La maggior parte delle nazioni, a seguito della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva in Italia ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, ha fissato a diciotto anni l'età minima per il consenso al matrimonio, sebbene in alcuni contesti sia prevista un'età inferiore. Il matrimonio precoce attraversa Paesi, culture, religioni ed etnie. Povertà, insicurezza e accesso limitato a un'istruzione di qualità e a valide opportunità di lavoro fanno sì che il matrimonio sia visto come una scelta vantaggiosa per le ragazze o come un modo per i genitori di mitigare le difficoltà economiche della famiglia. Quello appena descritto è il quadro globale del fenomeno che emerge dal report «La condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo 2020» dell'organizzazione Terre des Hommes.
Nel 2020, per effetto delle conseguenze economiche della pandemia di COVID-19, si è registrata, dopo anni di progressi, un'inversione di tendenza del fenomeno, che sta indirizzando molte adolescenti al matrimonio forzato soprattutto nell'Asia meridionale, nell'Africa centrale e nell'America latina. Nelle stesse aree si concentra prevalentemente anche il fenomeno delle gravidanze precoci. Queste sono solo alcune delle tendenze riportate nel rapporto «The Global Girlhood Report 2020» dell'organizzazione Save the Children, presentato in occasione del venticinquesimo anniversario della Conferenza sulle donne di Pechino del 1995.
Tale fenomeno, diffuso a livello mondiale, ha portato anche il legislatore italiano a introdurre, con la cosiddetta legge «codice rosso» (legge 19 luglio 2019, n. 69), il reato di costrizione o induzione al matrimonio, proprio per contrastare il fenomeno dei matrimoni forzati e delle spose bambine. La nuova fattispecie, prevista dall'articolo 558-bis del codice penale, punisce con la reclusione da uno a cinque anni chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile e, approfittando delle condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica o di necessità di una persona, con abuso delle relazioni familiari, domestiche, lavorative o dell'autorità derivante dall'affidamento della persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia, la induce a contrarre matrimonio o unione civile.
Data la possibile dimensione ultranazionale del fenomeno, il reato è punito anche quando è commesso all'estero da un cittadino italiano o da uno straniero residente in Italia ovvero in danno di un cittadino italiano o di uno straniero residente in Italia, e la pena è aumentata se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni diciotto, con un ulteriore inasprimento se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni quattordici. La condotta incriminata consiste nel costringere «altri», senza alcun requisito di età, a sposarsi o a contrarre un'unione civile. La ratio della norma è quella di tutelare il libero consenso delle parti all'unione, evitando pressioni fisiche o psicologiche.
Prevenire e perseguire questo tipo di reato risulta particolarmente complesso, posto che, nella maggior parte dei casi, lo stesso si consuma tra le mura domestiche, spesso con la contestuale commissione di altre condotte lesive, anche reiterate, quali violenze, maltrattamenti, lesioni e segregazioni.
Le vittime sono quasi sempre ragazze giovani, nate in famiglie connotate da una forte cultura patriarcale, costrette ad abbandonare la scuola, a vedersi negato il diritto alla salute e all'infanzia, o quello di poter costruire il proprio futuro; ragazze che hanno timore di denunciare quanto loro accaduto per paura di ritorsioni, per mancanza di consapevolezza o perché lo stato di controllo in cui vivono impedisce loro di poterlo fare.
Secondo il primo «Report sulla costrizione o induzione al matrimonio in Italia», predisposto dal Ministero dell'interno e pubblicato nel mese di giugno 2021, dal 9 agosto 2019 (data di entrata in vigore del codice rosso) al 31 maggio 2021, nel nostro Paese si sono registrati ventiquattro casi di matrimoni forzati, nove dei quali nei soli primi cinque mesi di quest'anno. Lo stesso report ammette che «I dati, inevitabilmente, fotografano una situazione sottodimensionata rispetto a quella reale».
Il report, che è stato curato dalla Direzione centrale della polizia criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, rileva una percentuale pari all'85 per cento dei reati (verificatisi sempre tra il mese di agosto 2019 e il mese di maggio 2021) riguardanti le donne. In un terzo dei casi le vittime sono minorenni (il 9 per cento ha un'età inferiore a quattordici anni e il 27 per cento ha un'età compresa tra quattordici e diciassette anni). Ci sono poi le donne straniere, che rappresentano il 59 per cento, in maggioranza pachistane, seguite dalle donne albanesi, mentre per Romania, Nigeria, Croazia, India, Polonia e Bangladesh si registra una sola vittima. Nel 73 per cento dei casi gli autori del reato sono stati uomini, anche in questo caso più frequentemente pachistani, seguiti da albanesi, bengalesi e bosniaci. Nel 40 per cento dei casi i responsabili avevano un'età compresa tra trentacinque e quarantaquattro anni, nel 27 per cento dei casi avevano un'età compresa tra quarantacinque e cinquantaquattro anni e nel 15 per cento dei casi avevano un'età compresa tra venticinque e trentaquattro anni. Il medesimo report getta anche uno sguardo globale su questo fenomeno ricordando che, nel 2020, per effetto delle conseguenze economiche della pandemia di COVID-19, per la prima volta, dopo anni di progressi, si è registrato un peggioramento dell'incidenza dei matrimoni forzati che stanno coinvolgendo molte adolescenti, soprattutto nell'Asia meridionale, nell'Africa centrale e nell'America latina.
Il terribile caso di Saman dimostra come gli strumenti posti in essere dalla normativa vigente non siano del tutto sufficienti nella prevenzione e nel contrasto della violenza contro le donne e, in particolare, nella prevenzione e nel contrasto della violenza intra-familiare.
Nel nostro ordinamento giuridico sussiste una lacuna normativa, ossia l'assenza di riferimenti al reato di matrimonio forzato di cui all'articolo 558-bis del codice penale nel testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e, in particolare, nell'articolo 18-bis, introdotto proprio per contrastare la violenza contro le donne. Non è stato, infatti, ancora inserito tra le fattispecie che consentono il rilascio del permesso di soggiorno l'essere vittima del reato di matrimonio forzato, un fenomeno che riguarda soprattutto le giovani donne che bisogna tutelare, dando loro la possibilità di emanciparsi dalla famiglia e dalla situazione in cui vertono.
Per quanto concerne Saman, essa era stata accolta in una casa rifugio e, secondo le nuove disposizioni di legge per i casi di violenza contro le donne avrebbe avuto diritto al rilascio del permesso di soggiorno, ma questo non è stato possibile a causa della già osservata mancanza di un richiamo al reato di matrimonio forzato nel citato articolo 18-bis del testo unico. Questa lacuna normativa ha impedito, pertanto, che le venisse rilasciato un permesso di soggiorno che le avrebbe consentito di sottrarsi alla violenza ai sensi del menzionato articolo 18-bis: Saman non ha potuto avere i documenti necessari ed è stata costretta a tornare a casa per recuperarli. Non avere i documenti è un doppio colpo per queste donne: da una parte si sentono abbandonate dallo Stato in cui vivono e dall'altra hanno il timore di essere rimandate nel loro Paese, ritrovandosi così sottomesse e senza via di fuga.
La lacuna normativa in esame deve essere immediatamente colmata in quanto non si può tollerare che si ripeta un altro caso simile, ossia quello di rischiare ancora una volta la vita di una giovane donna che pur di essere libera ha scelto di esporsi al pericolo tornando a casa per recuperare i propri documenti.
Da qui la necessità di presentare questa proposta di legge, che intende colmare tale lacuna normativa attraverso l'inserimento della fattispecie del reato di matrimonio forzato di cui all'articolo 558-bis del codice penale all'interno dell'articolo 18-bis del testo unico, concernente il rilascio del permesso di soggiorno alle vittime di particolari reati. L'intervento comporterà inoltre che, come disposto dal comma 4-bis dello stesso articolo 18-bis, «Nei confronti dello straniero condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti di cui al comma 1 del presente articolo [tra cui rientrerà il reato di matrimonio di forzato], commessi in ambito di violenza domestica, poss[a]no essere disposte la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione ai sensi dell'articolo 13 del presente testo unico». Tali disposizioni, prevedendo che chi è condannato per aver commesso il reato di matrimonio forzato possa incorrere anche nella revoca del permesso di soggiorno e nell'espulsione, potrebbero avere una funzione deterrente nei confronti della commissione del citato reato. Non abbiamo potuto salvare Saman, ma siamo ancora in tempo per porre in essere dei rimedi a tutela di altre donne che si trovano a vivere una situazione simile così difficile. Occorre intervenire con fermezza colmando tale grave vuoto normativo e dando sostegno a questa battaglia, che è una battaglia di civiltà per i diritti di tutti. Dobbiamo dimostrare di essere al fianco di tutte le donne che sono costrette o indotte ai matrimoni forzati.
La presente proposta di legge si compone di un solo articolo che modifica l'articolo 18-bis del testo unico inserendo il reato di costrizione o induzione al matrimonio di cui all'articolo 558-bis del codice penale nell'elenco delle fattispecie di reato previste dallo stesso articolo 18-bis in materia di permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Al comma 1 dell'articolo 18-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo le parole: «per taluno dei delitti previsti dagli articoli» è inserita la seguente: «558-bis,».

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