PDL 3148

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 3148

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa delle deputate
BOLDRINI, ANNIBALI, APRILE, ASCARI, BARBUTO, BARZOTTI, BRUNO BOSSIO, CASA, CENNI, CIAMPI, DE LORENZO, DI GIORGI, EHM, FRATE, INCERTI, MADIA, MARTINCIGLIO, MURA, MURONI, OCCHIONERO, PAPIRO, POLLASTRINI, QUARTAPELLE PROCOPIO, SARLI, SURIANO, ELISA TRIPODI, VILLANI

Modifiche al codice civile e altre disposizioni in materia di affidamento e ascolto del minore e di protezione da abusi e atti di violenza domestica

Presentata il 31 maggio 2021

torna su

Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge, elaborata con l'aiuto di esperte ed esperti, interviene sul tema dell'affidamento dei minori, prestando particolare attenzione al loro ascolto e alla loro protezione rispetto a episodi di abuso o violenza domestica. Inoltre, essa interviene per porre un argine all'uso nelle aule dei tribunali di teorie e dottrine prive delle necessarie evidenze scientifiche – o comunque fondate su pregiudizi o stereotipi – nelle cause di separazione e affidamento. Si pensi, ad esempio, alla cosiddetta «alienazione parentale» nota anche come sindrome da alienazione parentale (PAS) e con altre denominazioni (è bene specificarlo, perché oggi, pur di applicarla, essa viene nascosta dietro le definizioni più disparate) quali madre adesiva, mamma attack, madre malevola, madre simbiotica, sindrome di Münchhausen per procura eccetera, al fine di consentire la sua applicazione nei procedimenti che riguardano minori. Accade spesso, infatti, che i minori siano sottratti alle madri dai tribunali e collocati a forza presso case-famiglia, oppure affidati ai padri accusati di violenza domestica, abusi o maltrattamenti, senza che in sede di processo civile si tenga conto di tali situazioni violente, limitandosi, il giudice, a giudicare sulla base delle conclusioni delle consulenze tecniche d'ufficio (CTU). Il problema è che – come riportato dalle madri accusate di alienazione parentale nonché dalle associazioni e dai legali che le assistono – le CTU sarebbero effettuate anche da psichiatri e da psicologi che studiano e avallano l'alienazione parentale e che, pertanto, ribaltando le responsabilità, puniscono le madri vittime di violenza domestica che hanno avuto la forza di denunciare i propri partner. Secondo tali CTU, la vittima dell'alienazione parentale non è il bambino, ma il padre, messo «in disparte» a seguito di una relazione morbosa tra la madre e il figlio, a causa della quale il figlio deve essere «resettato», cioè strappato dall'ambiente nel quale sviluppa quella relazione ritenuta «tossica». Di fronte a situazioni di questo tipo scatta, quindi, un meccanismo perverso: la donna vittima di violenza, per non correre il rischio di perdere il proprio bambino, sceglie di non denunciare.
Si ricorda che l'alienazione parentale è stata eliminata dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali nonché rigettata dall'Organizzazione mondiale della sanità, dal Ministero della salute, dall'Istituto superiore di sanità e dall'Ordine degli psicologi. La stessa Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011 e resa esecutiva dalla legge 27 giugno 2013, n. 77, primo strumento giuridico internazionale volto alla tutela delle donne contro ogni forma di violenza, stabilisce chiaramente che, in caso di violenza domestica, il concetto di bigenitorialità non può essere applicato.
In questo ambito, il nostro Paese è stato richiamato più volte alle proprie responsabilità. Già nel 2011 il Comitato per l'eliminazione della discriminazione nei confronti della donna dell'ONU ha invitato le autorità italiane a limitare nei tribunali l'utilizzo di riferimenti alla «discutibile teoria della PAS». Nel mese di gennaio 2020, il Gruppo di esperti sulla violenza contro le donne, istituito in seno al Consiglio d'Europa, ha rivolto ulteriori raccomandazioni al nostro Paese sottolineando che, in caso di violenza domestica, il concetto di bigenitorialità non può essere applicato, come affermato anche dall'articolo 31 della citata Convenzione di Istanbul.
Il 15 marzo 2021, la Procura generale presso la Corte di cassazione ha depositato una requisitoria nell'udienza sul caso di un bambino allontanato dalla madre e collocato presso una casa-famiglia, dopo le denunce di violenza domestica presentate dalla donna. «Nel provvedimento impugnato – recitano le conclusioni della Procuratrice generale, Francesca Ceroni – non viene indicato alcun fatto, circostanza, o comportamento tenuto dalla madre pregiudizievole al figlio ma sono unicamente evocati concetti evanescenti come “l'eccessivo invischiamento”, “il rapporto fusionale”, rispetto ai quali è impossibile difendersi non avendo essi base oggettiva o scientifica essendo il risultato di una valutazione meramente soggettiva». Secondo le conclusioni della Procura generale, i procedimenti dei giudici di merito sono gravemente carenti anche sotto il profilo dell'ascolto del minore: la corte territoriale, si legge nell'atto, «non ha neppure riportato in modo sintetico i bisogni, le opinioni, le aspirazioni, espressi dal minore, né in alcun modo indicato le ragioni per le quali essi non coincidono con il suo “best interest”». La Procura generale, dunque, ha ritenuto grave e illegittimo non aver effettuato l'ascolto del bambino protagonista della vicenda.
Il diritto all'ascolto dei bambini è infatti una conquista civile, culturale e giuridica che si è imposta negli anni attraverso una nutrita serie di convenzioni internazionali. In particolar modo, la Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York dall'ONU il 20 novembre 1989 e resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176, ha riconosciuto la centralità del diritto all'ascolto (articolo 12), precisando che in tutte le decisioni istituzionali, giuridiche e financo legislative debba essere perseguito l'interesse superiore del fanciullo (articolo 3).
Le successive convenzioni internazionali firmate anche dall'Italia (Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007 e resa esecutiva dalla legge 1° ottobre 2012, n. 172, e citata Convenzione di Istanbul del 2011) hanno posto l'accento sulla necessità di interventi legislativi finalizzati alla prevenzione e alla protezione dalle forme di abuso e di maltrattamento delle quali sono vittime i minori.
È forte l'esigenza di una riforma in grado di ampliare il diritto all'ascolto e di formulare delle proposte organiche sui numerosi aspetti direttamente collegati al benessere del minore e al suo bisogno di protezione. Così come altrettanto forte è, quindi, la necessità di valutare con attenzione le separazioni altamente conflittuali ove emergono ipotesi di violenza (sessuale, assistita, fisica o psicologica) e di maltrattamenti in famiglia e contestuali forme di disagio, paura o rifiuto da parte del minore a incontrare il genitore indicato come abusante o maltrattante.
Da queste premesse si rileva l'urgenza di prevedere, in ambito civile, disposizioni che, indipendentemente dalla conclusione dell'eventuale procedimento penale, fissino norme di garanzia, protezione e tutela dei bambini, ampliando e rendendo effettivo e responsabile il diritto all'ascolto.
In Italia da anni il Movimento per l'infanzia lamenta la mancanza di tutela per i bambini e le madri vittime di violenza e denuncia l'uso ideologico e scorretto della PAS, che enfatizza il problema dell'alienazione parentale per occultare il reale problema della violenza in famiglia.
Il minore deve essere protetto anche sancendo il principio della «continuità affettiva» con il «genitore soccorrevole» (il genitore che ha ascoltato i racconti del figlio e che ne ha avviato la tutela) e fissando dei limiti all'esercizio della bigenitorialità, che è e deve rimanere un diritto dei figli e non uno strumento a favore degli adulti per imporre, con provvedimenti coercitivi, il diritto di visita, nei casi di ipotesi verosimili di violenza domestica e contro la volontà e i disagi espressi dal minore. Il diritto di visita, nei casi di rifiuto motivato del minore, deve essere proposto e non imposto, secondo criteri di gradualità e con il rispetto del vissuto e delle dichiarazioni dei figli. La protezione del minore si realizza fornendo al giudice strumenti normativi obiettivi e certi per orientare le sue decisioni.
Un ulteriore argomento, intimamente connesso con il diritto all'ascolto, è relativo alla perizia del CTU, spesso chiamato dal giudice a colloqui diretti con il minore. Oggi il giudice, sempre più frequentemente, ricorre all'aiuto di un esperto, specie nelle separazioni conflittuali ove emergono ipotesi di violenza domestica. Tuttavia, ciò non deve più portare a sostituire l'ascolto diretto del minore da parte del giudice, passaggio che rimane uno strumento indispensabile perché egli possa maturare un autonomo convincimento sui fatti.
È necessario anche stabilire l'obbligo della videoregistrazione del colloquio con il minore, da mettere a disposizione delle parti.
Inoltre, poiché l'alienazione parentale, nelle sue più varie denominazioni e manifestazioni, è insegnata nei corsi universitari e nei corsi di formazione degli assistenti sociali, dei giudici e dei CTU, la presente proposta di legge prevede che, nell'erogazione delle attività formative, sia assicurato l'adeguato approfondimento delle tematiche legate alla violenza domestica e di genere e all'ascolto del minore, in una prospettiva interdisciplinare e nel pieno rispetto dei princìpi costituzionali di pari dignità sociale e di non discriminazione. Essa prevede anche che teorie e dottrine prive delle necessarie evidenze scientifiche o comunque fondate su pregiudizi o stereotipi possono formare oggetto dei programmi e delle attività formative, ma solo come elemento di conoscenza, e non al fine di promuoverne l'applicazione in sede giudiziaria.
La presente proposta di legge è suddivisa in nove articoli. I primi cinque articoli recano modifiche al codice civile.
L'articolo 1 modifica il quarto comma dell'articolo 250 prevedendo che, nell'ipotesi di rifiuto del consenso, da parte del genitore, al riconoscimento successivo del figlio da parte dell'altro genitore, la sentenza che tiene luogo del consenso – prevista dal quarto comma dell'articolo 250 – non possa essere pronunciata ove contrasti con l'interesse del minore. Si specifica altresì che, nella valutazione della corrispondenza della sentenza medesima all'interesse del minore, il giudice valuti anche l'eventuale condotta pregiudizievole al figlio posta in essere, anche antecedentemente alla domanda, dal genitore che intende riconoscerlo.
L'articolo 2 modifica l'articolo 330, relativo alla decadenza dalla responsabilità genitoriale. In primo luogo, viene integrato il primo comma, specificando che il grave pregiudizio del figlio – conseguente alla violazione o alla trascuratezza dei doveri o all'abuso dei poteri inerenti alla responsabilità genitoriale – debba risultare da atti specifici, comprovati e documentati. In secondo luogo, viene introdotto un terzo comma, che esclude la possibilità di motivare la decadenza dalla responsabilità genitoriale sulla base di sindromi prive delle necessarie evidenze scientifiche, anche ove risultanti da patologie o disturbi comportamentali scientificamente rilevabili.
L'articolo 3 modifica l'articolo 336-bis, in materia di ascolto del minore. La modifica mira a garantire la centralità del minore nelle operazioni di ascolto e la piena autonomia del giudice nella valutazione delle risultanze dell'ascolto medesimo, rafforzando al tempo stesso le garanzie poste a presidio della maggior tutela del minore. Anzitutto, pertanto, viene riformulato – in termini di maggiore dettaglio e di migliore garanzia della soggettività del minore – il primo comma. Viene poi introdotto un nuovo comma che dispone l'obbligo di ascolto del minore maggiore di anni dieci (e anche di età inferiore, se capace di discernimento) in apposita udienza e, a pena di nullità, dal giudice o da un suo delegato. Si modifica anche il vigente secondo comma, sostituendo il primo periodo con la previsione che l'ascolto sia condotto – di regola – direttamente dal giudice, che potrà avvalersi di esperti o altri ausiliari solo ove ricorrano motivate esigenze e sempre in apposita udienza. Al vigente terzo comma, il secondo periodo è sostituito con la più stringente previsione che, insieme all'obbligo di redigere processo verbale, dell'adempimento sia effettuata – a pena di nullità degli atti successivi – una registrazione audiovisiva da mettere senza ritardo a disposizione delle parti. Sono, infine, aggiunti due ulteriori commi. Il nuovo quinto comma esclude l'obbligo di ascolto del minore, dovendosene però dare atto con provvedimento motivato, nel caso sia dimostrato, attraverso una diagnosi accettata dalle parti o formata mediante apposita consulenza psichiatrica, che l'esercizio del diritto all'ascolto rappresenti un grave pregiudizio per il minore. Si conferma, pertanto, che l'ascolto – con le maggiori garanzie descritte – è la regola, cui si può derogare solo in presenza di comprovato grave pregiudizio per il minore. Infine, il nuovo sesto comma prevede che, ove siano riferiti (in sede di ascolto del minore ma anche in altri modi) abusi o episodi di violenza domestica, anche assistita, il giudice accerta autonomamente i fatti riferiti con pienezza di cognizione, tramite gli ordinari mezzi istruttori, valutandone l'esito secondo il proprio prudente apprezzamento a esclusiva tutela del minore, anche indipendentemente dalla conclusione dell'eventuale procedimento penale per i medesimi fatti. Con tale previsione, che si lega all'ascolto del minore ma che ha una portata più generale, si vuole assicurare al giudice che deve adottare provvedimenti relativi al minore la più ampia autonomia istruttoria e di giudizio in relazione a eventuali episodi di abuso, maltrattamento o violenza che possano incidere sulla valutazione del miglior interesse del minore.
L'articolo 4 modifica l'articolo 337-ter, relativo ai provvedimenti riguardo ai figli. Anzitutto, viene modificato il secondo comma specificando che, nell'adottare i provvedimenti riguardanti la prole, il giudice proceda con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa, ma tenendo altresì conto, nel seguente ordine, della volontà del minore ascoltato, della continuità affettiva e della stabilità. Viene poi inserito un terzo comma, relativo alla gestione delle difficoltà di relazione tra il minore e uno dei genitori, con la previsione che – in tal caso – il giudice individui le cause di tali difficoltà in eventuali abusi o violenze, incompetenze genitoriali, comportamenti inadeguati, anche procedendo all'ascolto del minore ai sensi del novellato articolo 336-bis (e dunque con le più stringenti garanzie da esso previste).
L'articolo 5 modifica l'articolo 337-quater, relativo all'affidamento a un solo genitore. Anzitutto, si modifica il primo comma, prevedendo che l'affidamento esclusivo possa essere disposto anche qualora vengano riferiti abusi o episodi di violenza domestica, anche assistita. Vengono poi aggiunti tre commi. Il nuovo secondo comma subordina l'adozione del provvedimento di affidamento esclusivo a un solo genitore all'ascolto del minore nelle forme previste dall'articolo 336-bis. Il nuovo terzo comma prevede che, nel caso in cui vengano riferiti abusi o episodi di violenza domestica, anche assistita, ovvero nel caso in cui il minore abbia difficoltà di relazionarsi con uno dei genitori ai sensi del novellato articolo 337-ter, terzo comma, la presenza del genitore indicato come violento o maltrattante non possa essere imposta con l'uso della forza o con provvedimenti coercitivi contro la volontà del minore. Il nuovo quarto comma esclude che possa farsi riferimento, nella motivazione del provvedimento di affidamento esclusivo, a sindromi prive delle necessarie evidenze scientifiche, anche ove risultanti da patologie o disturbi comportamentali scientificamente rilevabili.
Gli articoli 6 e 7 modificano il codice di procedura civile e le disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, al fine di garantire la maggiore professionalità, trasparenza e piena affidabilità delle CTU.
L'articolo 6 modifica l'articolo 195 del codice di procedura civile, aggiungendo il quarto comma, ai sensi del quale una copia della relazione del CTU, delle osservazioni delle parti e della sintetica valutazione delle stesse, opportunamente anonimizzata, è depositata in cancelleria e trasmessa in forma anonima alla cancelleria della presidenza. Il comma 2 dell'articolo 6 prevede, inoltre, che le relazioni depositate prima dell'entrata in vigore della legge, opportunamente anonimizzate, vengano messe a disposizione di chi ne faccia richiesta per motivi di studio o di aggiornamento professionale.
L'articolo 7 reca modifiche alle citate disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, in particolare per quel che riguarda i requisiti di professionalità dei CTU coinvolti nelle procedure che riguardino minori (in particolare neuropsichiatri infantili, psicologi dell'età evolutiva, psicologi giuridici o forensi) e le opportune garanzie della loro imparzialità, a partire dalla loro nomina secondo un ordine prestabilito che ne assicuri la rotazione, nonché in relazione alla consultabilità (e l'estrazione di copia), a vantaggio delle parti, dell'albo nel quale sono iscritti tali consulenti e dei loro verbali di designazione. Vengono, inoltre, disciplinate le modalità di archiviazione delle relazioni trasmesse ai sensi del novellato articolo 195 del codice di procedura civile e le forme della loro consultabilità per ragioni di studio e di aggiornamento professionale.
L'articolo 8 reca modifiche agli articoli 3 e 5 della legge 4 maggio 1983, n. 184. In particolare, all'articolo 3 – relativo ai poteri tutelari delle comunità di tipo familiare – è inserito il comma 2-bis, che disciplina il procedimento necessario per sottoporre il minore a trattamenti medico-sanitari. La decisione in merito viene affidata al giudice tutelare o all'autorità affidante, fatto salvo il caso di urgenza nel quale ai medesimi soggetti è affidata la competenza a provvedere in ratifica.
La modifica all'articolo 5, comma 3, mira invece a parificare i doveri (e i relativi controlli) previsti per le comunità di tipo familiare e per gli istituti di assistenza a quelli (più significativi) previsti per le famiglie affidatarie.
L'articolo 9, infine, interviene in materia di formazione dei magistrati, degli avvocati, dei medici, degli psicologi e degli assistenti sociali, prevedendo – a più livelli – l'integrazione nei programmi di formazione di conoscenze e competenze relative alla violenza domestica e di genere e all'ascolto e trattamento dei minori in giudizio. Ciò in considerazione del coinvolgimento di tali figure professionali nei procedimenti riguardanti i minori e al fine di assicurare che la loro partecipazione a tali procedimenti possa avvenire sulla base di conoscenze e competenze adeguate a riconoscere le molteplici sfaccettature delle esperienze di vita familiare che possono riguardare il minore. La disposizione in esame interviene, come detto, a più livelli: il comma 1 riguarda l'elaborazione delle linee programmatiche per la formazione dei magistrati; il comma 2 riguarda i compiti della Scuola superiore della magistratura, potenziando la previsione – già esistente – relativa a corsi di formazione rivolti congiuntamente ai magistrati e agli altri attori processuali; il comma 3 riguarda, invece, gli ordini professionali, ponendo in capo ad essi l'obbligo di integrare – nell'ambito della propria autonomia e delle rispettive competenze – i programmi e le attività di formazione degli iscritti mediante la previsione dello sviluppo e dell'aggiornamento di conoscenze e competenze in materia di violenza domestica e di genere, nonché di ascolto e trattamento dei minori in giudizio. Il comma 4, infine, detta una previsione di carattere generale, rivolta a orientare le attività formative in senso interdisciplinare e, soprattutto, al rispetto dei princìpi costituzionali di pari dignità e di non discriminazione. Proprio per tali ragioni, si prevede, inoltre, che teorie e dottrine prive delle necessarie evidenze scientifiche o comunque fondate su pregiudizi o stereotipi possano formare oggetto dei programmi e delle attività formative solo come elemento di conoscenza e non al fine di promuoverne l'applicazione in sede giudiziaria.

torna su

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifica all'articolo 250 del codice civile)

1. Al quarto comma dell'articolo 250 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La sentenza che tiene luogo del consenso mancante non può mai essere pronunciata ove ciò contrasti con l'interesse del minore, tenuto conto dell'eventuale condotta pregiudizievole del genitore che vuole riconoscere il figlio, anche antecedente alla domanda».

Art. 2.
(Modifiche all'articolo 330 del codice civile)

1. All'articolo 330 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, che risulti da atti specifici, comprovati e documentati»;

b) dopo il secondo comma è aggiunto il seguente:

«La decadenza dalla responsabilità genitoriale non può essere mai motivata facendo riferimento a sindromi prive delle necessarie evidenze scientifiche, anche ove risultanti da patologie o disturbi comportamentali scientificamente rilevabili».

Art. 3.
(Modifiche all'articolo 336-bis del codice civile)

1. All'articolo 336-bis del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il primo comma è sostituito dai seguenti:

«Il minore ha diritto di essere ascoltato su tutte le questioni e le procedure che riguardano la sua sfera di interessi. Le sue esigenze e le sue opinioni devono essere tenute nella debita considerazione in relazione alla sua età e alla sua capacità di discernimento.
Il minore che ha compiuto gli anni dieci e anche di età inferiore, ove capace di discernimento, è ascoltato, in apposita udienza e a pena di nullità, dal giudice o da un suo delegato, nell'ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano»;

b) al secondo comma, il primo periodo è sostituito dai seguenti: «L'ascolto è condotto dal giudice che può avvalersi, ove ricorrano motivate esigenze, di esperti o di altri ausiliari. Si applicano, in ogni caso, le disposizioni del secondo comma»;

c) al terzo comma, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Dell'adempimento è redatto processo verbale, nel quale è descritto il contegno del minore, ed è effettuata, a pena di nullità degli atti e dei provvedimenti successivi, registrazione audiovisiva da mettere, senza ritardo, a disposizione delle parti»;

d) dopo il terzo comma sono aggiunti i seguenti:

«Il giudice non procede all'adempimento, dandone atto con provvedimento motivato, nel caso sia dimostrato, attraverso una diagnosi accettata dalle parti o formata mediante apposita consulenza psichiatrica, che l'esercizio del diritto all'ascolto rappresenti un grave pregiudizio per il minore.
Ove, anche al di fuori dei casi di cui al presente articolo, siano riferiti abusi o episodi di violenza domestica, subita dal minore o cui il minore abbia assistito, il giudice accerta autonomamente i fatti riferiti con pienezza di cognizione, tramite gli ordinari mezzi istruttori, valutandone l'esito secondo il proprio prudente apprezzamento a esclusiva tutela del minore, anche indipendentemente dalla conclusione dell'eventuale procedimento penale per i medesimi fatti».

Art. 4.
(Modifiche all'articolo 337-ter del codice civile)

1. All'articolo 337-ter del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo periodo del secondo comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, tenendo conto, nel seguente ordine, della volontà del minore, se ascoltato, del suo interesse alla continuità affettiva e del suo interesse alla stabilità»;

b) dopo il secondo comma è inserito il seguente:

«Ove il minore abbia difficoltà nella relazione con uno dei due genitori, il giudice ne individua le cause, verificando la sussistenza di eventuali abusi o violenze, incompetenze genitoriali o comportamenti inadeguati, anche procedendo all'ascolto del minore ai sensi dell'articolo 336-bis».

Art. 5.
(Modifiche all'articolo 337-quater del codice civile)

1. All'articolo 337-quater del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero qualora siano riferiti abusi o episodi di violenza domestica, subita dal minore o cui il minore abbia assistito»;

b) dopo il primo comma sono inseriti i seguenti:

«Nel caso di cui al primo comma del presente articolo, il giudice procede all'ascolto del minore secondo le modalità di cui all'articolo 336-bis.
Qualora siano riferiti abusi o casi di violenza, subita dal minore o cui il minore abbia assistito, ovvero nel caso di cui all'articolo 337-ter, terzo comma, la presenza del genitore indicato come violento o maltrattante non può essere imposta con l'uso della forza o con provvedimenti coercitivi contro la volontà del minore.
In nessun caso il giudice può fare riferimento, nella motivazione del provvedimento di cui al primo comma, a sindromi prive delle necessarie evidenze scientifiche, anche ove risultanti da patologie o disturbi comportamentali scientificamente rilevabili»;

c) al secondo periodo del secondo comma, dopo la parola: «domanda» sono inserite le seguenti: «nel rispetto delle disposizioni dei commi dal primo al quarto».

Art. 6.
(Modifiche all'articolo 195 del codice di procedura civile)

1. All'articolo 195 del codice di procedura civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Una copia della relazione, delle osservazioni delle parti e della sintetica valutazione delle stesse, privata dell'indicazione dei nomi delle parti e dei luoghi, eccetto i nomi dei consulenti d'ufficio e di parte, è depositata in cancelleria e trasmessa in forma anonima alla cancelleria della presidenza».

2. Le relazioni di cui all'articolo 195 del codice di procedura civile depositate prima della data di entrata in vigore della presente legge, prive dell'indicazione dei dati personali delle parti e dei loro difensori, sono messe a disposizione di chi ne faccia richiesta per motivi di studio o di aggiornamento professionale.

Art. 7.
(Modifiche alle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie)

1. Alle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 13, terzo comma, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «; 6-bis) della neuropsichiatria infantile, della psicologia dell'età evolutiva e della psicologia giuridica o forense»;

b) all'articolo 14, dopo il terzo comma è inserito il seguente:

«La designazione di un consulente tecnico appartenente alla categoria di cui all'articolo 13, terzo comma, numero 6-bis), è effettuata secondo un ordine prestabilito che ne assicuri la rotazione. Della designazione è redatto processo verbale, con l'indicazione dei criteri e delle modalità utilizzati. L'irregolarità della designazione può essere eccepita dalle parti entro il ventesimo giorno successivo all'udienza di cui all'articolo 191 del codice di procedura civile e, ove accertata, rende nulla la designazione stessa. Le parti hanno diritto di consultare e di trarre copia dell'albo dei consulenti appartenenti alla categoria di cui al citato articolo 13, terzo comma, numero 6-bis), e dei verbali di designazione relativi ai medesimi consulenti»;

c) dopo l'articolo 14 è inserito il seguente:

«Art. 14-bis. – (Archivio delle relazioni di cui all'articolo 195 del codice di procedura civile) – Presso la cancelleria della presidenza sono archiviate, anche in formato digitale, le relazioni trasmesse in forma anonima ai sensi dell'articolo 195, quarto comma, del codice di procedura civile. Chiunque, per ragioni di studio o di aggiornamento professionale, può chiedere al presidente del tribunale di visionare e di trarre copia della raccolta delle citate relazioni»;

d) all'articolo 15, dopo il primo comma è inserito il seguente:

«Con riferimento alla categoria di cui all'articolo 13, terzo comma, numero 6-bis), possono essere iscritti nell'albo i neuropsichiatri infantili, gli psicoterapeuti dell'età evolutiva nonché i medici legali e i pediatri in possesso di master di secondo livello in psichiatria, psicologia dell'età evolutiva o psicologia giuridica o forense, purché iscritti da almeno cinque anni nei rispettivi albi professionali e purché dimostrino di aver svolto per almeno cinque anni attività clinica con minori presso strutture pubbliche o private».

Art. 8.
(Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184)

1. Alla legge 4 maggio 1983, n. 184, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 3, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Qualora si renda necessario il trattamento medico-sanitario del minore, il tutore, ove nominato, ovvero i legali rappresentanti della comunità o dell'istituto ne fanno richiesta al giudice tutelare o all'autorità affidante, che provvede senza indugio, sentiti anche i genitori ove ciò non determini il rischio di un grave pregiudizio per il minore. Se necessario, può essere disposta una perizia sul minore e lo stesso può essere ascoltato. Nei casi di urgenza, l'autorizzazione non è necessaria e, successivamente al trattamento, i soggetti di cui al primo periodo trasmettono la relativa documentazione al giudice tutelare o all'autorità affidante, che provvede alla ratifica delle decisioni adottate. Ove riscontri il carattere non necessario, eccessivo o sproporzionato del trattamento, il giudice tutelare o l'autorità affidante adotta i provvedimenti conseguenti, a esclusiva protezione del minore»;

b) all'articolo 5, comma 3, le parole: «, in quanto compatibili,» sono sostituite dalla seguente: «anche».

Art. 9.
(Formazione dei magistrati, degli avvocati, dei medici, degli psicologi e degli assistenti sociali in materia di violenza domestica e di genere)

1. Nella predisposizione delle linee programmatiche di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, il Consiglio superiore della magistratura e il Ministro della giustizia promuovono lo svolgimento di attività formative finalizzate allo sviluppo e all'aggiornamento di conoscenze e competenze in materia di violenza domestica e di genere, con particolare riferimento alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011 e resa esecutiva dalla legge 27 giugno 2013, n. 77, nonché in materia di ascolto e di trattamento di minori in occasione di procedimenti giudiziari.
2. La lettera n) del comma 1 dell'articolo 2 del decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, è sostituita dalla seguente:

«n) allo svolgimento, anche sulla base di specifici accordi o convenzioni che disciplinano i relativi oneri, di seminari per operatori della giustizia e consulenti tecnici, compresi avvocati, medici, psicologi e assistenti sociali, o iscritti alle scuole di specializzazione forense, anche con riguardo allo sviluppo di conoscenze e competenze specifiche in materia di violenza domestica e di genere, nonché di ascolto e trattamento dei minori nei procedimenti giudiziari».

3. Gli ordini professionali degli avvocati, dei medici, degli psicologi e degli assistenti sociali, nell'ambito della propria autonomia e delle rispettive competenze, provvedono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, all'integrazione dei programmi e delle attività di formazione degli iscritti mediante la previsione dello sviluppo e dell'aggiornamento di conoscenze e competenze in materia di violenza domestica e di genere, con particolare riferimento alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011 e resa esecutiva dalla legge 27 giugno 2013, n. 77, nonché in materia di ascolto e trattamento dei minori nei procedimenti giudiziari.
4. Nell'erogazione delle attività formative previste dalle disposizioni di cui al presente articolo è assicurato l'adeguato approfondimento delle tematiche legate alla violenza domestica e di genere e all'ascolto del minore, in una prospettiva interdisciplinare e nel pieno rispetto dei princìpi costituzionali di pari dignità sociale e di non discriminazione. Teorie e dottrine prive delle necessarie evidenze scientifiche o comunque fondate su pregiudizi o stereotipi possono formare oggetto dei programmi e delle attività formativi solo come elemento di conoscenza e non al fine di promuoverne l'applicazione in sede giudiziaria.

torna su