PDL 3024

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 3024

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
VARCHI, ALBANO, BUTTI, CIABURRO, DEIDDA, DE TOMA, GALANTINO, LUCASELLI, MASCHIO, PRISCO, SILVESTRONI, VINCI

Modifiche agli articoli 10-bis e 10-ter del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, in materia di causa di non punibilità per i reati di omesso versamento di ritenute dovute o certificate o dell'imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla certificazione annuale

Presentata il 16 aprile 2021

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Onorevoli Colleghi! – Un'attenzione particolare da parte del legislatore merita oggi la materia tributaria e, in particolare, la disciplina penale in seno alla stessa, al fine di riportare nell'alveo di una giustizia a misura di impresa quelle che rischiano di essere, allo stato dell'arte, soltanto delle degenerazioni afflittive della stessa. L'emergenza sanitaria da COVID-19 ci lascia, infatti, in eredità una pesante crisi economica destinata, purtroppo, a protrarsi per lungo tempo.
Al pari di quella sanitaria, anche la crisi economica necessita, dunque, di un «vaccino» e a tale fine negli ultimi mesi sono stati adottati una serie di interventi normativi di carattere eccezionale che hanno previsto non solo un'iniezione di liquidità posta sotto la garanzia pubblica, ma anche misure temporanee in materia societaria e fallimentare, che hanno determinato, ad esempio, il parziale rinvio dell'entrata in vigore del nuovo codice della crisi di impresa e dell'insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14.
Per quanto attiene specificatamente alla materia tributaria, la legislazione emanata nel periodo di emergenza ha avuto ad oggetto in particolare la temporanea sospensione dei versamenti dei contributi, delle ritenute e dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) per le imprese afferenti a settori o a territori significativamente colpiti dalla crisi in corso, nonché il generalizzato differimento delle scadenze previste per i rispettivi pagamenti.
Nel complesso, gli interventi adottati dal Governo per fronteggiare la straordinaria crisi economica risultano sorretti da un'unica ratio: fornire «liquidità» al settore imprenditoriale. Ma la crisi di liquidità delle imprese, lungi dall'essere una situazione occasionale e di portata temporale breve, è destinata a rappresentare il principale ostacolo alla ripartenza economica delle attività produttive e, dal punto di vista penale tributario, a configurare gli estremi di un fatto giuridicamente rilevante.
Tale situazione non può non indurre una riflessione forse non nuova, ma certamente più lucida, sulla risposta delle imprese alle obbligazioni tributarie. Le «partite IVA» vivono difficoltà senza precedenti, ma, ai rischi propri delle scelte di impresa in piena recessione se ne aggiungono altri scaturiti dalla collegata e conseguente crisi di liquidità. Tra questi, si vuole porre l'attenzione sui «rischi giudiziari» collegati all'inadempimento delle obbligazioni tributarie coperte oggi da severe sanzioni non solo amministrative, ma anche penali.
Originariamente, il decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, recante la nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, prevedeva l'applicazione di sanzioni penali a «un ristretto catalogo di fattispecie criminose, connotate da rilevante offensività e dolo specifico di evasione» (relazione illustrativa allo schema del citato decreto legislativo n. 74 del 2000), ma a seguito delle modifiche apportate al decreto legislativo dalla legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), e dal decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, sono diventate di rilevanza penale anche le condotte di puro omesso versamento, come quelle disciplinate dagli articoli 10-bis e 10-ter che puniscono, rispettivamente, «chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta» e «chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo, l'imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d'imposta».
Le fattispecie richiamate consistono in reati di pura condotta (omissiva), a consumazione istantanea e a dolo generico. Ai fini della sanzione, non rileva la finalità per cui le somme dovute sono state distratte all'erario, ma la sola consapevolezza dell'agente di omettere il pagamento dovuto al fisco entro il termine previsto dalla legge.
Ne deriva che nei reati di omesso versamento la circostanza oggettiva della «crisi di liquidità» dell'imprenditore, seppure a lui non addebitabile e cogente al punto da rendere irrealizzabile il suo originario proposito di adempimento, è priva di ogni rilevanza; né rileva la volontà dell'imprenditore di omettere il versamento delle imposte al fine di destinare la liquidità disponibile a finalità terze quali, ad esempio, il pagamento dei compensi ai dipendenti.
In tale direzione si è pronunciata la Corte di cassazione, ribadendo come una tale circostanza può essere apprezzata eventualmente in termini di circostanza attenuante dei reati di omesso versamento, i quali restano integrati in ogni loro elemento costitutivo e giustificano, quindi, la sanzione penale a carico del contribuente (Cassazione penale, sentenza n. 50007 dell'11 dicembre 2019).
Tale orientamento giurisprudenziale, però, ha sollevato perplessità nell'ambito della dottrina e in seno ad alcune pronunce di merito, che si sono progressivamente allontanate dall'impostazione maggioritaria.
Non sembra difficile prevedere, peraltro, che la mancanza di liquidità che affliggerà le imprese alla ripresa dell'attività post COVID-19 sfocerà, in primo luogo, in una serie di inadempimenti (magari anche parziali, intesi come ritardi nei pagamenti) nelle transazioni commerciali tra imprese, che potrebbero scaturire anche solo dai ritardi nei pagamenti di una di loro.
A causa dell'emergenza sanitaria da COVID-19, la maggioranza delle imprese si troverà a operare in deficit di liquidità e ciò potrebbe anche significare che le risorse a disposizione delle imprese non saranno quantitativamente sufficienti per fare fronte ai fabbisogni dell'attività aziendale e che l'imprenditore sarà chiamato a operare delle scelte per definire le priorità nell'utilizzo della liquidità disponibile.
Non vi è dubbio che, in tale scenario, il reato di omesso versamento si configura in ogni suo elemento oggettivo e soggettivo: vi è incasso dell'imposta e vi è un volontario omesso accantonamento di quanto incassato; non sussiste un'impossibilità oggettiva di procedere al versamento dell'imposta nel cosiddetto «termine lungo», bensì una scelta consapevole e volontaria dell'imprenditore di non effettuare il versamento previsto, pure a fronte di risorse astrattamente disponibili.
Importanti riflessioni sulla valenza scriminante della crisi di liquidità nel reato di omesso versamento dell'IVA di cui all'articolo 10-ter del decreto legislativo n. 74 del 2000 sono possibili alla luce della sentenza della Cassazione penale, sezione III, n. 42522 del 16 ottobre 2019, che ha tentato di tracciare, in caso di crisi di liquidità, un significativo cambio di passo interpretativo rispetto alla granitica visione giurisprudenziale del Supremo collegio, sempre orientato a confermare l'automatismo, per cui la scelta di non pagare l'IVA provi di per sé il dolo, appena temperato dalla previsione di un poderoso e, a tratti, diabolico onere di allegazione difensiva volto a dimostrare l'adozione di tutte le iniziative per la corresponsione del tributo (Corte di cassazione, sezione III penale, sentenza n. 25433 del 9 settembre 2020), anche attingendo al patrimonio personale (Corte di cassazione, sezione III penale, sentenze n. 5467 del 4 febbraio 2013 e n. 43599 del 29 ottobre 2015), per fare fronte a una crisi che deve essere grave, imprevedibile e inevitabile (Corte di cassazione, sezione III penale, sentenza n. 23619 del 7 luglio 2020).
In particolare, con la pronuncia in esame, la Corte di cassazione ha escluso la sussistenza del dolo generico richiesto per la configurabilità del delitto di omesso versamento dell'IVA previsto dall'articolo 10-ter del decreto legislativo n. 74 del 2000, laddove l'imputato provveda al pagamento di dipendenti e fornitori in una prospettiva di continuità aziendale, nella convinzione che tale scelta consenta di proseguire l'attività di impresa attraverso il conseguimento di ricavi e di utili.
La condanna penale per un'omissione tributaria il cui disvalore non viene percepito dalla società rischia di provocare una pericolosa scollatura tra la sfera giuridica e la sfera sociale e, inoltre, attribuire rilevanza penale a tale condotta significherebbe arrecare un ingente danno all'erario e al settore produttivo nazionale.
Alla luce di tali considerazioni, la presente proposta di legge, apportando modifiche agli articoli 10-bis e 10-ter del decreto legislativo n. 74 del 2000, introduce una causa di esclusione della punibilità per le condotte derivanti dalla crisi di liquidità e dalle conseguenti scelte dell'imprenditore, al fine di riconoscere, quale presupposto per l'incriminazione, la finalità di evadere l'obbligazione tributaria.
L'intervento normativo auspicato – di perimetrazione delle fattispecie penalmente rilevanti alle condotte deliberatamente orientate all'evasione fiscale – avrebbe il pregio, da un lato, di riportare in sede legislativa una disciplina, oggi, di derivazione per lo più pretoria, almeno nei richiamati aspetti più salienti, dall'altro, di collocare definitivamente al di fuori dell'ambito della punibilità le due categorie della totale impossibilità di adempiere le obbligazioni erariali per incolpevole assenza di liquidità, sinora maldestramente ancorato al caso fortuito, e – al precipuo fine della continuità aziendale – della preferenza nel pagamento dei fattori produttivi, collegato in modo precario alla forza maggiore ed allo stato di necessità.
Massima tutela, dunque, della scelta d'impresa e del tessuto produttivo nazionale che vive tempi di crisi pandemica, ma anche protezione della ragion fiscale, così presidiata in senso più forte da una sanzione penale chiara, già cablata sul fine ultimo dell'evasione, a vantaggio, infine, dell'economia delle indagini e del processo.
In tale ottica, l'articolo 1 della presente proposta di legge introduce nella lettera della norma la finalità di evadere l'obbligazione tributaria quale presupposto per l'incriminazione [numero 1) delle lettere a) e b)], introducendo, altresì, la crisi di liquidità non imputabile all'imprenditore quale causa di non punibilità [numero 2) delle lettere a) e b)], al fine di fornire finalmente ai tecnici uno strumento scriminante ad hoc centrato sulla inesigibilità della condotta doverosa omessa così da racchiudervi tutti i casi in cui l'imprenditore virtuoso si fosse trovato nella impossibilità di versare, per cause a lui non imputabili, e, in una logica di continuità aziendale e di salvaguardia della realtà produttiva, avesse destinato le risorse ai fattori produttivi con preferenza sul pagamento del creditore privilegiato Stato.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 10-bis:

1) al comma 1, dopo la parola: «chiunque» sono inserite le seguenti: «, al fine di evadere l'obbligazione tributaria,»;

2) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«1-bis. Non è punibile chi ha commesso il fatto di cui al comma 1 per impossibilità sopravvenuta della prestazione a lui non imputabile»;

b) all'articolo 10-ter:

1) al comma 1, dopo la parola: «chiunque» sono inserite le seguenti: «, al fine di evadere l'obbligazione tributaria,»;

2) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«1-bis. Non è punibile chi ha commesso il fatto di cui al comma 1 per impossibilità sopravvenuta della prestazione a lui non imputabile».

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