PDL 2995

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2995

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
BARBUTO, MAURIZIO CATTOI, FARO, GRIPPA, PARENTELA, PENNA, ROMANIELLO, VILLANI, NAPPI, SCAGLIUSI

Modifiche all'articolo 22 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, in materia di destinazione dei proventi delle aliquote di prodotto versate dai titolari di concessioni per la coltivazione di idrocarburi

Presentata il 2 aprile 2021

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Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge è volta a razionalizzare e a migliorare la destinazione dei proventi derivanti dalle aliquote di prodotto versate dai titolari di concessioni per la coltivazione di idrocarburi al fine di garantire il ristoro economico e ambientale dei territori nel cui ambito si svolgono le attività di prospezione, ricerca e produzione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare.
In particolare, le norme qui proposte intendono favorire la corretta allocazione delle risorse costituite dal gettito derivante dall'applicazione delle citate aliquote sulla produzione nel bilancio previsionale degli enti locali.
In Italia i giacimenti di idrocarburi, situati nella terraferma e in mare, costituiscono patrimonio indisponibile dello Stato ai sensi dell'articolo 826 del codice civile, ma lo Stato non si impegna direttamente nella loro ricerca e nel loro sfruttamento, dandoli in concessione a imprese private.
Secondo quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 485, recante la disciplina dei procedimenti di rilascio di permesso di ricerca e concessione di coltivazione delle risorse geotermiche di interesse nazionale, il titolare del permesso di ricerca deve presentare la domanda di concessione di coltivazione, corredata del programma dei lavori di sviluppo e dei lavori di ricerca, alla sezione competente dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse della Direzione generale per le infrastrutture e la sicurezza dei sistemi energetici e geominerari del Ministero dello sviluppo economico: il legislatore garantisce allo Stato, alla regione e al comune nel cui territorio è situato un impianto di estrazione un provento, che il titolare della concessione di coltivazione deve corrispondere, commisurato al valore di un determinato quantitativo (aliquota) di prodotto estratto.
Gli articoli 20 e 22 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, recante «Attuazione della direttiva 94/22/CEE relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi», pongono poi un preciso vincolo di destinazione a queste somme, versate dall'impresa concessionaria alle regioni interessate. In particolare, l'articolo 20 (rubricato «Destinazione delle aliquote alle regioni a statuto ordinario») prevede, al comma 1, che: «Per le produzioni ottenute a decorrere dal 1° gennaio 1997 per ciascuna concessione di coltivazione situata in terraferma il valore dell'aliquota calcolato in base all'articolo 19 è corrisposto per il 55% alla regione a statuto ordinario e per il 15% ai comuni interessati; i comuni destinano tali risorse allo sviluppo dell'occupazione e delle attività economiche, all'incremento industriale e a interventi di miglioramento ambientale, nei territori nel cui ambito si svolgono le ricerche e le coltivazioni». L'articolo 22 (rubricato «Destinazione delle aliquote relative a giacimenti nel mare territoriale»), al comma 1 dispone che: «Per le produzioni ottenute a decorrere dal 1° gennaio 1997, l'aliquota in valore di cui all'articolo 19, quando è relativa a un giacimento situato in tutto o prevalentemente nel sottofondo del mare territoriale è per il 55% corrisposta alla regione adiacente».
Pertanto, l'aliquota sulle concessioni per le piattaforme situate nel mare territoriale è ripartita esclusivamente tra lo Stato (45 per cento) e le regioni (55 per cento).
Inoltre, il comma 1-bis dell'articolo 26 della legge 9 gennaio 1991, n. 9, introdotto dall'articolo 3, comma 10, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, dispone che: «A decorrere dal 1° gennaio 1996 un terzo dell'aliquota è devoluto alle regioni, di cui all'articolo 1 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, nelle quali si effettuano le coltivazioni. Le regioni impegnano tali proventi per il finanziamento di piani di sviluppo economico e per l'incremento industriale nei territori in cui sono ubicati i giacimenti».
Proprio l'utilizzo e la gestione delle risorse finanziarie generate dall'estrazione petrolifera sono state oggetto, nel 2014, dell'esame della sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Basilicata, la quale, pronunciandosi sull'impiego dei proventi delle aliquote di prodotto versati a quella regione e rilevando come gli stessi non siano stati utilizzati dalla regione stessa secondo i fini stabiliti dalla legge, poiché le regioni e i comuni non possano utilizzare liberamente tali proventi, ha imposto in via implicita il divieto di utilizzarli in maniera «indistinta» per il pagamento di oneri di natura estranea a quanto disposto dal legislatore.
Tuttavia, sebbene il suddetto principio sia valido uniformemente per tutti i territori estrattivi italiani, ponendo l'obbligo per le regioni di utilizzare i citati proventi per le finalità stabilite dalla legge, va rilevato come il vincolo posto dal legislatore sia abbastanza generico, tanto da consentire sia il finanziamento di attività tipicamente riconducibili alla spesa corrente (sviluppo dell'occupazione e delle attività economiche), sia il finanziamento di iniziative che trovino una collocazione naturale nel titolo II della spesa (investimenti), quali gli interventi di miglioramento ambientale.
La mancanza di vincoli legali di destinazione deve, tuttavia, coniugarsi con l'esigenza che i proventi delle aliquote di prodotto siano utilizzati sia nel rispetto dei princìpi della «sana gestione» finanziaria, sia per obiettivi comunque coerenti con la finalità di promozione dello sviluppo dell'occupazione e delle attività economiche, dell'incremento industriale e degli interventi di miglioramento ambientale.
Con specifico riferimento al territorio del Crotonese, dove viene estratto il maggior quantitativo a livello nazionale di gas metano da impianti situati a poca distanza dalla costa, a decorrere dal 1999 fino al 2014, una parte dei proventi è stata destinata alle imprese di pesca marittima e alle attività economiche e produttive legate al mare, fortemente limitate e penalizzate dalla presenza delle piattaforme, delle bocche dei pozzi e delle altre strutture sommerse.
Dopo il 2014, i citati proventi sono stati utilizzati per scopi del tutto divergenti da quelli delineati dal legislatore nel 1996 e senza alcuna rendicontazione. Infatti, gli enti locali hanno sovente gestito questi ingenti flussi economici senza alcuna attenzione per i settori «danneggiati», senza alcuna trasparenza e programmazione e senza vincolarli alle finalità previste dalla legge, nonostante che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la nota n. 9622 del 6 dicembre 2018, fugando ogni dubbio in merito alle obiezioni mosse dagli enti locali, abbia chiarito alla prefettura-ufficio territoriale del Governo di Crotone che il conferimento dei proventi in favore dei pescatori non ha natura di aiuto di Stato, trattandosi, invece, di un risarcimento e di un mero ristoro per le restrizioni subite a causa delle limitazioni alla pesca.
Il settore ittico, che nell'area occupa circa 400 lavoratori oltre all'indotto, è quello maggiormente danneggiato. Lo stesso risulta attualmente in crisi, non solo per gli effetti del fermo biologico e della presenza dell'area marina protetta di Isola Capo Rizzuto – che è la più grande d'Italia con i suoi 15.000 ettari circa –, ma anche e soprattutto per le limitazioni delle aree di pesca, derivanti dalla presenza delle piattaforme per l'estrazione del gas metano a poca distanza dalla costa.
La destinazione dei proventi delle aliquote di prodotto costituirebbe, come già avvenuto in passato, non solo un soccorso immediato per l'intero settore ma soprattutto una misura indennizzatoria per consentire ad esso di recuperare la situazione di svantaggio in cui versa.
La presente proposta di legge prevede, pertanto, alcune modifiche al citato articolo 22 del decreto legislativo n. 625 del 1996, al fine di garantire che gli enti territoriali (le regioni e i comuni) destinino effettivamente i proventi delle aliquote di prodotto (corrisposte dalle società titolari di concessioni) ai naturali beneficiari e alle attività che in concreto sono penalizzate dalla presenza delle piattaforme, delle bocche dei pozzi e delle altre strutture sommerse dove si svolgono le ricerche e le coltivazioni, che limitano le aree in cui è consentita la pesca: quindi, ad esempio, alle imprese di pesca marittima e alle attività economiche e produttive legate al mare, comprese quelle turistiche.
Come già rilevato, le regioni e i comuni interessati hanno mostrato di gestire questo ingente flusso economico senza alcuna attenzione per i settori danneggiati dalla presenza delle piattaforme, senza alcuna trasparenza e senza alcuna programmazione, come nel caso di alcune amministrazioni comunali che hanno utilizzato i citati proventi per pagare le retribuzioni del personale precario o le luminarie di Natale.
In questo modo, importanti risorse finalizzate ex lege a compensare i cittadini, i territori, le imprese e gli operatori economici dei settori danneggiati, con conseguenze diverse, dalla presenza delle piattaforme rischiano di essere utilizzate in modo sviato rispetto a tali precisi scopi.
È necessario, pertanto, ripensare tutto il sistema di allocazione delle risorse derivanti dai proventi generati dalle attività di prospezione, ricerca e produzione di idrocarburi rispetto alle scelte effettuate finora.
La significativa disponibilità finanziaria costituita dai citati proventi, più che una semplice fonte di finanziamento dei bilanci regionali o di voci di spesa discutibili, dovrebbe essere vista soprattutto come una preziosa opportunità per ristorare il sistema produttivo locale (nel caso de quo le imprese operanti nel settore della pesca) e accompagnarne, mediante opportuni investimenti, l'evoluzione nel lungo periodo in un percorso virtuoso di sviluppo del territorio.
Con la modifica proposta all'articolo 22 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, le regioni dovranno trattenere dall'importo erogato loro ai sensi del comma 1 le somme necessarie per corrispondere un equo indennizzo alle imprese di pesca marittima che esercitano la loro attività nell'area di mare in cui si svolgono le ricerche e la coltivazione e che risultano danneggiate dalle interdizioni della navigazione e della pesca determinate dalla presenza delle piattaforme, delle bocche dei pozzi e delle altre strutture sommerse.
Infatti, appare quanto mai opportuno riconoscere un risarcimento per i danni arrecati ai pescatori dalle penalizzazioni che subiscono nell'esercizio dell'attività di pesca, indipendentemente dal quantitativo di idrocarburi liquidi e gassosi che viene estratto e, quindi, dall'entità delle aliquote di prodotto che vengono corrisposte alle regioni, poiché le strutture inamovibili installate dai concessionari nel mare territoriale, alle quali è vietato alle imbarcazioni persino di avvicinarsi, costringono i pescatori a improduttive e dispendiose ore di navigazione per raggiungere le zone ove la pesca è consentita e poi fare rientro al porto base.
Pertanto, nell'accantonare le risorse destinate all'indennizzo, la cui somma sarà calcolata in misura comunque non inferiore alla media dell'ultimo triennio in cui lo stesso sia stato eventualmente riconosciuto dai singoli enti pubblici locali, le regioni dovranno tener conto prioritariamente dei divieti di navigazione e di pesca e della distanza tra le strutture fisse presenti nel mare territoriale e il porto base delle imprese di pesca beneficiarie, iscritte da almeno un quinquennio nel compartimento marittimo dell'area in cui si svolgono le ricerche e le coltivazioni, in base ai dati che saranno aggiornati annualmente dalle capitanerie di porto competenti per territorio.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Dopo il comma 1 dell'articolo 22 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, sono inseriti i seguenti:

«1-bis. A decorrere dal 1° gennaio 2021 le regioni corrispondono un equo indennizzo alle imprese di pesca marittima che esercitano la loro attività nell'area di mare in cui si svolgono le ricerche e le coltivazioni e che risultano danneggiate dalle interdizioni della navigazione e della pesca determinate dalla presenza delle piattaforme, delle bocche dei pozzi e delle altre strutture sommerse.
1-ter. Per il fine di cui al comma 1-bis le regioni detraggono dall'importo ad esse corrisposto ai sensi del comma 1 le somme necessarie per indennizzare le imprese di pesca marittima, calcolandone l'entità in misura comunque non inferiore alla media delle somme erogate nell'ultimo triennio in cui le stesse sono state eventualmente riconosciute dagli enti locali.
1-quater. Gli indennizzi di cui al comma 1-ter spettano alle imprese di pesca il cui natante è iscritto da almeno un quinquennio nel compartimento marittimo competente per l'area nel cui ambito si svolgono le ricerche e le coltivazioni. Nel determinare le somme destinate agli indennizzi, le regioni tengono conto prioritariamente dei divieti di navigazione e di pesca e della distanza tra le strutture fisse indicate nel comma 1-bis situate nel mare territoriale e il porto base delle imprese di pesca beneficiarie, secondo le risultanze dei dati aggiornati annualmente dalle capitanerie di porto competenti per territorio.
1-quinquies. Le regioni destinano la parte restante dell'aliquota alle stesse corrisposta ai sensi del comma 1 ai comuni il cui territorio è antistante o immediatamente adiacente all'area marina nella quale sono situate le piattaforme, le bocche dei pozzi e le altre strutture sommerse. I comuni destinano le predette risorse allo sviluppo delle attività economiche e produttive collegate al mare e al litorale, comprese quelle turistiche, all'incremento dell'occupazione nel settore della pesca professionale e a interventi di risanamento e di miglioramento ambientali del mare e della costa.
1-sexies. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sono stabilite le modalità con cui i comuni presentano annualmente alla regione il rendiconto sull'impiego dei proventi ricevuti ai sensi del comma 1-quinquies. La regione verifica la corrispondenza dell'effettiva destinazione delle risorse alle finalità stabilite dal medesimo comma 1-quinquies.
1-septies. Gli importi versati dalle regioni alle imprese di pesca marittima a titolo di indennizzo ai sensi dei commi 1-ter e 1-quater non sono soggetti alla disciplina relativa agli aiuti di Stato».

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