PDL 2897

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2897

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
ASCARI, D'ORSO, FARO, NAPPI, CANCELLERI, CORNELI, FERRARESI, MARIANI

Delega al Governo per la riforma dei procedimenti per la tutela e l'affidamento dei minori

Presentata il 18 febbraio 2021

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Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge prevede una delega al Governo per l'adozione di uno o più decreti legislativi di riforma e regolamentazione del sistema di affidamento dei minori.
Questo complesso di norme risulta necessario e urgente a seguito di alcune drammatiche vicende che hanno portato alla luce gravissime lacune del sistema di affidamento dei minori nel nostro Paese e hanno scosso, negli ultimi mesi, la coscienza collettiva.
Lo Stato deve farsi garante del benessere dei minori e deve contrastare comportamenti illeciti, soprattutto di funzionari pubblici o di persone da essi incaricate, che pregiudicano l'integrità psico-fisica dei minori e delle loro famiglie.
L'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza ha pubblicato la seconda raccolta di dati sperimentale elaborata con le procure della Repubblica presso i tribunali per i minorenni, intitolata «La tutela dei minorenni in comunità».
Nello studio si evidenzia che i numeri dell'accoglienza in comunità dei minori allontanati dalla propria famiglia di origine al 31 dicembre 2015 mostrano, complessivamente, una tendenza all'aumento rispetto a quanto rilevato nell'anno precedente. In particolare, i minori presenti nelle strutture di tipo familiare sono 21.035, con un incremento del 9,3 per cento rispetto al 31 dicembre 2014.
Dal confronto tra il numero di minori presenti in comunità al 31 dicembre 2015 e il totale dei minorenni residenti in Italia al 1° gennaio 2016, pari a 10.008.033, si evince che i bambini e gli adolescenti accolti dalle strutture di tipo familiare rappresentano circa lo 0,2 per cento dell'intera popolazione infradiciottenne.
Si evidenzia, inoltre, un incremento del 5 per cento del numero di strutture per minori attive nel territorio nazionale che, al 31 dicembre 2015, risulta pari a 3.352 unità, rispetto alle 3.192 registrate al termine dell'anno 2014, correlativamente a un aumento del 7,8 per cento della domanda di accoglienza connesso, come osservato, alla rilevata crescita del numero complessivo degli ospiti delle comunità al 31 dicembre 2015.
Per quanto concerne il numero medio di ospiti per struttura, su base regionale, si osserva che i valori più elevati si registrano, nell'ordine: a Bolzano, con 13,6 ospiti; in Umbria con 12,4 ospiti; nel Molise con 12,1 ospiti; nel Friuli Venezia Giulia con 11,8 ospiti; nelle Marche con 10,3 ospiti e in Sicilia con 10 ospiti per struttura. I territori dove, invece, il numero medio di ospiti per struttura risulta più contenuto corrispondono all'area del Piemonte e della Valle d'Aosta (3,7 ospiti) e alla provincia autonoma di Trento che, al pari del Veneto, segna un numero medio di 3,9 ospiti per struttura, seguiti dall'Emilia-Romagna con 4,6 ospiti.
Per quanto riguarda il profilo dell'età dei bambini e ragazzi accolti in comunità al 31 dicembre 2015 si nota la netta prevalenza della classe d'età più elevata (14-17 anni) che segna il 61,6 per cento del numero complessivo dei minorenni ospiti delle strutture e che risulta, peraltro, in crescita rispetto al 57,2 per cento registrato nella precedente rilevazione. Inoltre, è emerso che il 13,2 per cento dei minorenni collocati in comunità ha un'età inferiore a 6 anni, con una diminuzione rispetto al 15 per cento rilevato al 31 dicembre 2014. In diminuzione risulta anche l'incidenza relativa dei bambini di età compresa tra 6 e 10 anni (12,8 per cento, rispetto al 14,1 per cento del 2014) e dei ragazzi nella fascia di età 11-13 anni (12,4 per cento, rispetto al 13,8 per cento del 2014).
L'inserimento dei minori nelle strutture di accoglienza avviene, nella maggioranza dei casi (57,8 per cento), a seguito di un provvedimento dell'autorità giudiziaria, segnando una netta prevalenza rispetto alla percentuale di collocamenti di cui è stata espressamente dichiarata la natura consensuale (13,7 per cento). Tuttavia, nel restante 28,5 per cento dei casi le comunità non hanno fornito alle procure della Repubblica alcuna precisa indicazione sulla tipologia di inserimento.
Dal confronto con il dato risultante dalla precedente raccolta di dati dell'Autorità emerge una sostanziale continuità, seppur con una lieve diminuzione, della percentuale dei casi di minori presenti in comunità da più di ventiquattro mesi, che passa dal 26,5 per cento, rilevato al 31 dicembre 2014, al 23 per cento, mentre il restante 77 per cento degli ospiti di minore età si trova in comunità, al 31 dicembre 2015, da meno di ventiquattro mesi.
Bisogna, infatti, tenere conto che la permanenza dei minori fuori della loro famiglia di origine in comunità non può superare i ventiquattro mesi, salve eventuali proroghe disposte dal tribunale per i minorenni nel caso in cui la sospensione del collocamento possa recare pregiudizio al minore.
Poco più di due anni fa sono emersi fatti di cronaca relativi a casi di presunto sfruttamento illecito del sistema degli affidamenti di minori, anche al fine di arricchimento personale, noto come «caso Bibbiano», dal nome del piccolo comune in provincia di Reggio Emilia in cui le vicende hanno avuto origine.
Il 27 giugno 2019, a seguito dell'operazione di polizia «Angeli e demoni», molte persone sono state sottoposte a misura cautelare in quanto accusate di aver costruito un illecito e redditizio sistema di gestione dei minori, attraverso il quale essi venivano sottratti illegittimamente alle famiglie di origine per poi essere collocati in affidamento, a pagamento, presso persone amiche o conoscenti, generando un giro di affari illecito di diverse centinaia di migliaia di euro.
Secondo l'accusa, il sistema si basava su false relazioni degli operatori e su disegni dei bambini artefatti per allontanare i minori dalle loro famiglie e collocarli in affidamento retribuito per poi sottoporli a un programma psicoterapeutico, con un giro di affari di centinaia di migliaia di euro.
Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di frode processuale, depistaggio, abuso d'ufficio, maltrattamenti su minori, lesioni gravissime, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione e peculato d'uso.
Nel corso delle indagini sono state prese in esame accuse di vario genere in merito all'impiego di metodi suggestivi utilizzati sui minori per manipolare le testimonianze durante le sedute di psicoterapia: redazione di relazioni mendaci, disegni dei bambini artefatti attraverso la mirata aggiunta di connotazioni sessuali, terapeuti travestiti da personaggi cattivi delle fiabe messi in scena per rappresentare, di fronte ai minori, i genitori intenti a far loro del male, impiego di apparecchiature elettriche indicate come «macchinetta dei ricordi»; mentre i servizi sociali omettevano di consegnare ai bambini lettere e regali inviati dai genitori naturali, che i carabinieri hanno rinvenuto e sequestrato in un magazzino dove erano stati accatastati.
Tra gli affidatari dei minori c'erano persone con problemi psichici e genitori di figli suicidi, mentre vi sono stati due casi accertati di stupro presso le famiglie affidatarie e in comunità, dopo l'illegittimo allontanamento.
Tale sistema distorto ha avuto gravissime ripercussioni sui minori, così come incalcolabili sono stati i danni provocati alle famiglie, separate in maniera forzata e talvolta ingiusta dai propri figli, al precipuo scopo di ottenere vantaggi personali.
A seguito di tale vicenda, il Ministero della giustizia ha istituito una squadra speciale di giustizia per la protezione dei bambini con il compito di assicurare il raccordo fra i diversi soggetti coinvolti nei procedimenti di collocamento dei minori nelle comunità, la salvaguardia dei livelli omogenei di tutela degli stessi e di rispetto delle procedure. Nel novembre 2019, il Ministro della giustizia ha illustrato i risultati della squadra speciale a seguito di un monitoraggio globale effettuato presso tutti gli uffici giudiziari che si occupano di minori, che ha registrato dati molto interessanti.
Dal gennaio 2018 al giugno 2019 sono stati collocati fuori della famiglia 12.338 minori (23 al giorno). Rapportando questo dato al totale della popolazione di minori in Italia, pari a circa 9 milioni di individui, si ottiene una percentuale di allontanamenti dello 0,13 per cento.
Nello stesso periodo 1.540 minori, tra quelli allontanati, hanno fatto rientro nelle famiglie di origine (12 per cento del totale) mentre del restante 88 per cento non è dato sapere con certezza la destinazione.
I collocamenti sono stati disposti in sette casi su dieci dai tribunali per i minorenni (8.722) e in tre casi su dieci da tribunali civili, corti d'appello e altri uffici giudiziari.
Nello stesso periodo sono state disposte 5.173 ispezioni ordinarie delle comunità di accoglienza, che ammontano in Italia a circa 3.300 strutture.
Dal punto di vista normativo, è urgente l'esigenza di adeguare la tutela amministrativa e giurisdizionale dei diritti dei minori e, in generale, delle persone nell'ambito familiare ai dettami sovranazionali e, segnatamente, all'articolo 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, che, come interpretato costantemente dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e in sostanziale conformità al sistema di princìpi posto dagli articoli 30 e 31 della Costituzione, da un lato afferma l'intangibilità della vita privata e familiare in assenza di specifiche e comprovate esigenze di tutela di soggetti bisognosi della protezione pubblica e da un altro contempla l'obbligo cosiddetto «positivo» delle istituzioni degli Stati parti di apprestare i servizi assistenziali alla famiglia affinché questa possa essere sostenuta, anche in caso di disagio sociale o relazionale, mantenendo la propria unità e senza che abbia luogo la compressione autoritativa delle funzioni e dei legami che in essa si esplicano.
Da lungo tempo, infatti, sono frequenti le condanne della Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dell'Italia per l'inadempimento dei predetti obblighi positivi e per lo svolgimento di interventi autoritativi non preceduti dal necessario impegno nell'assistenza consensuale alla famiglia. In particolare, alcune condanne anche recentissime hanno riguardato addirittura vicende definite con dichiarazioni di adottabilità passate in giudicato e, dunque, almeno allo stato della normativa, sostanzialmente irreversibili, pure a fronte delle constatate ingiustizia, erroneità e illegittimità. Al contempo, da oltre un decennio il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa sollecita la previsione di efficienti meccanismi di adeguamento alle statuizioni della Corte europea dei diritti dell'uomo, anche mediante il superamento del principio di intangibilità del giudicato, almeno nelle ipotesi di violazioni particolarmente incisive dei diritti fondamentali incidenti sullo status personae e sullo status familiae, quali quelle riconosciute nell'ambito di procedimenti definiti con dichiarazione dello stato di adottabilità di minori.
In un quadro siffatto si colloca l'inquietante dato che ha origine da una statistica elaborata dal Ministero della giustizia, confermato da studi di esperti e da inchieste giornalistiche: quasi 40.000 minori, nel 2011, erano collocati coattivamente in strutture comunitarie o comunque in ambito extra-familiare. Più volte operatori del diritto ed esperti nel campo della tutela minorile si sono espressi, pubblicamente e anche mediante studi editi, testimoniando la tendenza al progressivo incremento di questo numero.
L'impressionante dato statistico viene confermato anche in base a studi statistici condotti da Governi esteri, che hanno sentito l'esigenza di tutelarsi, anche mediante richieste di chiarimenti alle istituzioni italiane, circa la frequenza degli allontanamenti coattivi di minori dalle loro famiglie, specificamente con riguardo a situazioni di fatto non caratterizzate dall'accertamento o anche dalla contestazione della violazione di doveri parentali, ma esclusivamente da condizioni di disagio economico-sociale.
La necessità di comprendere i contenuti e le ragioni dello stato di fatto sintetizzato dai citati dati statistici, unita all'assenza di un'anagrafe ufficiale degli affidamenti extra-familiari di minori, ha determinato lo svolgimento, da parte della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, di un'approfondita e pluriennale indagine sugli interventi autoritativi in ambito minorile, con particolare riferimento all'allontanamento coattivo dei minori dalle loro famiglie.
Nel corso di detta indagine conoscitiva è emerso in modo chiaro che se, da un lato, occorre che sia garantita la tutela dei minorenni da pericoli di maltrattamento fisico e psicologico in ambito familiare, nondimeno nella stragrande maggioranza dei casi i provvedimenti di collocazione extra-familiare e di affidamento etero-familiare sono determinati da valutazioni di rischio condotte sulla base di indicatori presuntivi non riconosciuti sul piano scientifico e, ancora più frequentemente, da ragioni di disagio della famiglia non imputabili a specifici e accertati comportamenti pregiudizievoli dei genitori nei confronti nei figli. Addirittura, è stato osservato, persino da magistrati e da avvocati esperti nel settore minorile, oltre che da rappresentanti di associazioni impegnate nella tutela dell'infanzia, che in un grande numero di casi l'allontanamento coattivo del minore è determinato dalla situazione di indigenza economica della famiglia. Inoltre, un numero considerevole di provvedimenti di allontanamento è motivato in base a giudizi sulla personalità e sul carattere dei genitori o dei parenti dei minori interessati, anziché dall'accertamento di comportamenti pregiudizievoli; normalmente, tali giudizi sono espressi per iscritto in segnalazioni di operatori di pubblica sicurezza o di assistenti sociali e, in alcuni casi non infrequenti, persino in comunicazioni anonime pervenute alle procure della Repubblica presso i tribunali per i minorenni, mentre non costituiscono oggetto di ulteriore istruttoria nel contraddittorio processuale.
Numerosi operatori del diritto minorile, ascoltati nell'ambito della predetta indagine conoscitiva, hanno riferito concordemente e univocamente che, nella maggior parte dei casi, il provvedimento di collocazione del minore fuori dall'ambito familiare viene emesso, in via nominalmente provvisoria, non solo prima di ogni adempimento istruttorio, ma addirittura prima dell'audizione dei genitori del minore, i quali vengono sentiti solo dopo l'emissione del provvedimento e, molto spesso, a distanza di settimane o addirittura di mesi dalla sua esecuzione. Inoltre, in difformità dal dettato normativo e dall'avviso più volte ribadito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, i provvedimenti provvisori, anche se relativi alla collocazione extra-familiare di minori, risultano privi dell'indicazione, anche orientativa, della durata dell'intervento, di guisa che sovente restano efficaci per anni, ad onta della natura interinale e della previsione normativa del termine di ventiquattro mesi quale ordinaria durata massima della collocazione extra-familiare del minore, superabile soltanto in caso di acclarato pregiudizio derivante dalla riunificazione della compagine familiare.
In molti casi, inoltre, i provvedimenti provvisori di allontanamento vengono reiterati per ragioni diverse rispetto a quelle originariamente considerate dal giudice e, segnatamente, in base a relazioni rese dai gestori delle strutture collocatarie o sulla base di notizie da loro fornite e non verificate nel contraddittorio delle parti. In tali situazioni si determina un evidente conflitto di interessi, quanto meno potenziale, nelle persone dei gestori delle strutture collocatarie, in ragione del metodo di finanziamento delle stesse.
La presente proposta di legge vuole porre un argine alle devianze emerse tragicamente alla luce in questi ultimi mesi mediante il conferimento di un'apposita delega al Governo.
In particolare, si prevede innanzitutto di modificare l'articolo 403 del codice civile, ridefinendo i presupposti per l'adozione del provvedimento di collocamento del minore con riferimento a situazioni indifferibili gravemente pregiudizievoli per l'incolumità psico-fisica del minore. Tale modifica dovrà avvenire tramite la previsione di un procedimento di convalida del provvedimento adottato dalla pubblica autorità, da svolgere innanzi all'autorità giudiziaria entro un termine breve, stabilendo che, all'esito del giudizio di convalida, l'autorità giudiziaria adotta provvedimenti a tutela del minore.
Si prevede di escludere che i provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale possano essere adottati in base a valutazioni di sola idoneità, prevedendo che tali decisioni si fondino invece su un più ampio novero di circostanze verificabili che non lascino spazio a eccessiva discrezionalità, al fine di evitare decisioni dannose per i minori e per le loro famiglie.
Si prevede, poi, la modifica degli articoli 2 e 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, sulla disciplina dell'affidamento dei minori, stabilendo: l'ordine di priorità dei provvedimenti adottabili, dando precedenza all'allontanamento del genitore che ha assunto condotte pregiudizievoli per l'incolumità psicofisica del minore o, in subordine, all'affidamento nell'ambito della cerchia dei familiari del minore con cui lo stesso abbia rapporti significativi o, in ulteriore subordine, nell'assenza di familiari idonei e disponibili alla cura, all'affidamento presso una famiglia affidataria rispetto all'inserimento in una comunità di tipo familiare; il divieto di separazione dei fratelli; l'obbligo di motivazione dell'esito negativo degli interventi di sostegno e di aiuto; l'obbligo di indicazione dell'efficacia temporale, limitata a un periodo massimo di sei mesi, del provvedimento di affidamento, che vale anche in caso di mancata apposizione del termine; un procedimento di riesame del provvedimento di affidamento volto alla verifica della permanenza delle condizioni che l'avevano giustificato e all'adozione di ulteriori provvedimenti da svolgere nel contraddittorio tra le parti.
Si vuole altresì tutelare il diritto del minore di frequentare i genitori e gli altri familiari e comunque di mantenere i contatti con essi durante il periodo di collocamento, nonché il diritto del minore di essere ascoltato e il corrispondente obbligo di ascolto da parte del giudice, nell'ambito del procedimento che lo riguarda. Parimenti, si vuole assicurare che l'ascolto del minore effettuato da esperti o altri delegati dall'autorità giudiziaria sia documentato mediante registrazione audiovisiva, prevedendo l'inutilizzabilità ai fini della decisione delle dichiarazioni rese dal minore in assenza di tale registrazione.
La delega, inoltre, prevede l'istituzione di una banca dati nazionale dei minori destinatari di provvedimenti di affidamento, degli aspiranti affidatari, degli affidatari, nonché delle case-famiglia e delle comunità di tipo familiare e degli enti destinati ad accogliere i minori, previo coordinamento con le banche di dati già esistenti.
Non viene tralasciato neppure il problema del riordino della disciplina sulla rappresentanza e sulla difesa tecnica del minore nell'ambito dei procedimenti di cui agli articoli 330, 332, 333, 334, 335 e 403 del codice civile e di quelli di cui alla legge n. 184 del 1983, prevedendo i casi in cui è obbligatoria la nomina del curatore speciale del minore e del suo difensore.
Si prevede, altresì, l'introduzione di disposizioni volte a individuare particolari modalità di esecuzione dei provvedimenti di affidamento, allontanamento e collocamento dei minori, anche con la necessaria collaborazione di specifiche figure professionali.
La delega prevede anche che, in sede di ascolto del minore nell'ambito dei procedimenti che lo riguardano, le ragioni dell'eventuale rifiuto di frequentare uno dei genitori siano adeguatamente approfondite.
Si inseriscono cause di incompatibilità all'assunzione dell'incarico di consulente tecnico d'ufficio nonché allo svolgimento delle funzioni di assistente sociale nei procedimenti che riguardano l'affidamento dei minori per coloro che rivestono cariche rappresentative in strutture o comunità pubbliche o private presso le quali sono inseriti i minori, che partecipano alla gestione complessiva delle medesime strutture, che prestano a favore di esse attività professionale, anche a titolo gratuito, o che fanno parte degli organi sociali di società che le gestiscono, nonché per coloro il cui coniuge, parte dell'unione civile, convivente, parente o affine entro il quarto grado svolge le medesime funzioni presso le citate strutture o comunità; si prevedono, inoltre, opportune modifiche al regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, recante «Istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni», per adeguare le ipotesi di incompatibilità ivi previste per i giudici onorari a quelle di nuova introduzione.
La delega prevede anche di introdurre: il divieto di affidamento dei minori a persone che sono parenti o affini entro il quarto grado del giudice che ha disposto il collocamento, del consulente tecnico d'ufficio o di coloro che hanno svolto le funzioni di assistente sociale nel medesimo procedimento; il divieto di collocamento dei minori presso strutture o comunità pubbliche o private nelle quali rivestono cariche rappresentative o partecipano alla gestione complessiva o prestano a favore di esse attività professionale anche a titolo gratuito o che fanno parte degli organi sociali di società che le gestiscono, persone che sono parenti o affini entro il quarto grado, convivente, parte dell'unione civile o coniuge del giudice che ha disposto il collocamento, del consulente tecnico d'ufficio o di coloro che hanno svolto le funzioni di assistente sociale nel medesimo procedimento.
Si prevede, inoltre, l'istituzione di una figura di volontario che accompagni la famiglia in difficoltà, oltre che il minore, in percorsi personalizzati di sostegno alla genitorialità.
La delega stabilisce per gli assistenti sociali un obbligo di tirocinio post-laurea con indirizzi specifici di durata annuale.
Si introduce l'obbligo per le case-famiglia di prevedere la presenza fissa di almeno un educatore e per le comunità di tipo familiare di prevedere la presenza fissa di almeno un educatore ogni cinque minori ospitati.
Si prevede l'obbligo di sottoporre le strutture di accoglienza di minori a controlli periodici e non preannunciati sulla regolare tenuta della documentazione, anche contabile, sulla salubrità dei locali e sulle condizioni di benessere e di serenità dei minori ospitati.
Infine, si prevede la ridefinizione delle modalità di finanziamento, di gestione e di rendicontazione delle erogazioni a favore delle strutture private che accolgono minori.
Da ultimo, si specifica che il soggetto condannato per i reati di cui agli articoli 572 e 612-bis del codice penale può frequentare i figli minori solo previa effettiva partecipazione ad attività di rieducazione presso un centro per persone maltrattanti e conseguente valutazione positiva sui risultati ottenuti al termine del percorso rieducativo.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per la riforma della disciplina relativa ai procedimenti per la tutela e l'affidamento dei minori previsti dal codice civile e dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) modificare l'articolo 403 del codice civile ridefinendo i presupposti per l'adozione del provvedimento di collocamento del minore con riferimento a situazioni indifferibili gravemente pregiudizievoli per l'incolumità psico-fisica del minore, prevedendo un procedimento di convalida del provvedimento adottato dalla pubblica autorità, da svolgere innanzi all'autorità giudiziaria entro un termine breve, e stabilendo che all'esito del procedimento di convalida l'autorità giudiziaria adotti provvedimenti a tutela del minore;

b) escludere che i provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale possano essere adottati esclusivamente sulla base di valutazioni in ordine all'idoneità genitoriale;

c) modificare la disciplina dell'affidamento del minore di cui agli articoli 2 e 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, stabilendo:

1) l'ordine di priorità dei provvedimenti adottabili a tutela del minore, dando precedenza all'allontanamento del genitore che ha assunto condotte pregiudizievoli per l'incolumità psico-fisica del minore o, in subordine, all'affidamento nell'ambito dei familiari del minore con cui lo stesso abbia rapporti significativi e, in caso di assenza di familiari idonei e disponibili alla cura, privilegiando l'affidamento presso una famiglia affidataria rispetto all'inserimento in una comunità di tipo familiare; il divieto di separazione dei fratelli, derogabile solo in casi di assoluta necessità di tutela dei minori stessi; l'esplicitazione dei requisiti di idoneità dei soggetti affidatari;

2) l'obbligo di motivazione, nel provvedimento di affidamento, dell'esito negativo degli interventi di sostegno e di aiuto disposti ai sensi dell'articolo 1 della legge 4 maggio 1983, n. 184, indicando specificamente le misure che risultano essere state inutilmente adottate nonché eventuali ragioni per le quali non si procede secondo l'ordine di priorità di cui al numero 1);

3) l'obbligo di indicazione della durata dell'affidamento, limitata a un periodo massimo di sei mesi, in mancanza della quale l'affidamento ha una durata di sei mesi;

4) un procedimento di riesame del provvedimento di affidamento innanzi all'autorità giudiziaria volto alla verifica della permanenza delle condizioni che l'avevano imposto e all'adozione di ulteriori provvedimenti, della durata massima di sei mesi, ritenuti idonei per la tutela del minore, da svolgere entro la scadenza del periodo di durata dell'affidamento, nel contraddittorio tra le parti;

5) il diritto del minore di frequentare i genitori, gli altri familiari e tutti i soggetti con cui abbia rapporti significativi e, comunque, di mantenere i contatti con essi, durante il periodo di collocamento fuori del suo contesto domestico abituale, salva diversa disposizione motivata dell'autorità giudiziaria;

6) il diritto del minore di essere ascoltato e il corrispondente obbligo di ascolto da parte del giudice, nel procedimento che riguarda il minore stesso, salvo che sussistano impedimenti specifici e obiettivi ovvero altre motivate ragioni e tenendo conto della sua età e della sua capacità di comprensione e discernimento;

7) che l'ascolto del minore effettuato da esperti o altri ausiliari delegati dall'autorità giudiziaria sia documentato mediante registrazione audiovisiva, prevedendo l'inutilizzabilità, ai fini della decisione, delle dichiarazioni rese dal minore in assenza di registrazione audiovisiva;

d) istituire una banca di dati nazionale dei minori destinatari di provvedimenti di affidamento, degli aspiranti affidatari, degli affidatari, nonché delle case-famiglia e delle comunità di tipo familiare e degli enti destinati ad accogliere i minori, previo coordinamento con le banche di dati già esistenti;

e) riordinare la disciplina sulla rappresentanza e sulla difesa tecnica del minore nell'ambito dei procedimenti di cui agli articoli 330, 332, 333, 334, 335 e 403 del codice civile e di quelli di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, prevedendo i casi in cui è obbligatoria la nomina del curatore speciale del minore e del suo difensore;

f) introdurre disposizioni volte a individuare particolari modalità di esecuzione dei provvedimenti di affidamento, allontanamento e collocamento dei minori, anche prevedendo la necessaria collaborazione di specifiche figure professionali;

g) prevedere che, in sede di ascolto del minore nell'ambito dei procedimenti che lo riguardano, le ragioni dell'eventuale rifiuto di frequentare uno dei genitori siano adeguatamente approfondite;

h) prevedere cause di incompatibilità all'assunzione dell'incarico di consulente tecnico d'ufficio nonché allo svolgimento delle funzioni di assistente sociale nei procedimenti che riguardano l'affidamento dei minori, per coloro che rivestono cariche rappresentative in strutture o comunità pubbliche o private presso le quali sono inseriti i minori, che partecipano alla gestione complessiva delle medesime strutture, che prestano a favore di esse attività professionale, anche a titolo gratuito, o che fanno parte degli organi sociali di società che le gestiscono, nonché per coloro il cui coniuge, parte dell'unione civile, convivente, parente o affine entro il quarto grado svolge le medesime funzioni presso le citate strutture o comunità; apportare modifiche al regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, per adeguare le ipotesi di incompatibilità ivi previste per i giudici onorari a quelle previste dalla presente lettera;

i) introdurre:

1) il divieto di affidamento dei minori a persone che sono parenti o affini entro il quarto grado del giudice che ha disposto il collocamento, del consulente tecnico d'ufficio o di coloro che hanno svolto le funzioni di assistente sociale nel medesimo procedimento;

2) il divieto di collocamento dei minori presso strutture o comunità pubbliche o private nelle quali rivestono cariche rappresentative o partecipano alla gestione complessiva o prestano a favore di esse attività professionale anche a titolo gratuito o fanno parte degli organi sociali di società che le gestiscono persone che sono parenti o affini entro il quarto grado, convivente, parte dell'unione civile o coniuge del giudice che ha disposto il collocamento, del consulente tecnico d'ufficio o di coloro che hanno svolto le funzioni di assistente sociale nel medesimo procedimento;

l) istituire una figura di volontario che accompagni il minore e la famiglia in difficoltà in percorsi personalizzati di sostegno alla genitorialità;

m) prevedere per gli assistenti sociali un obbligo di tirocinio post-laurea con indirizzi specifici di durata annuale;

n) introdurre l'obbligo per le case-famiglia di prevedere la presenza fissa di almeno un educatore e per le comunità di tipo familiare di prevedere la presenza fissa di almeno un educatore ogni cinque minori ospitati;

o) prevedere l'obbligo di sottoporre le strutture di accoglienza di minori a controlli periodici e non preannunciati sulla regolare tenuta della documentazione, anche contabile, sulla salubrità dei locali e sulle condizioni di benessere e di serenità dei minori ospitati;

p) ridefinire le modalità di finanziamento, di gestione e di rendicontazione delle erogazioni a favore delle strutture private che accolgono minori;

q) prevedere che il soggetto condannato per i reati di cui agli articoli 572 e 612-bis del codice penale possa frequentare i figli minori solo previa effettiva partecipazione ad attività di rieducazione presso un centro per persone maltrattanti nonché previa valutazione positiva sui risultati ottenuti al termine del percorso di rieducazione.

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