PDL 2856

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2856

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
LEPRI, CARNEVALI, CIAMPI, DE LUCA, DI GIORGI, FRAGOMELI, LA MARCA, LORENZIN, UBALDO PAGANO, PEZZOPANE, PINI, SANI, SERRACCHIANI, SIANI, VISCOMI

Disposizioni per le cure domiciliari in favore delle persone malate croniche non autosufficienti

Presentata il 12 gennaio 2021

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Onorevoli Colleghi! – Le persone malate croniche non autosufficienti, anziane o disabili o minori o adulte, necessitano di programmi di assistenza e di cura in grado di consentire la permanenza presso il loro domicilio, ove possibile. Tale possibilità non è solo desiderabile per molti, ma si è rivelata preziosa e spesso indispensabile a seguito della pandemia da COVID-19, suggerendo l'autonomia abitativa e il distanziamento come il modo privilegiato per evitare i rischi di contagio. Questo orientamento, tuttavia, attualmente si confronta con una realtà diversa, poiché le politiche di finanziamento pubblico privilegiano l'inserimento di queste persone in strutture residenziali. Si intende, dunque, intervenire su questo aspetto, al fine di rendere effettiva la scelta tra servizi domiciliari o residenziali, sulla base delle preferenze degli utenti e di criteri di appropriatezza.
Generalmente, le persone malate croniche non autosufficienti desiderano rimanere per quanto possibile presso la loro abitazione e per questo molte famiglie impegnano ingenti risorse proprie e notevoli energie personali nel lavoro di cura. Certamente, in non pochi casi la permanenza a domicilio è effettivamente problematica o impossibile, se le condizioni di gravità sono troppo elevate, mancano del tutto i familiari, il contesto abitativo risulta incompatibile, eccetera. Ma la soluzione residenziale oggi spesso è scelta solo perché mancano valide alternative. Ciò vale sia per le persone anziane non autosufficienti sia per gli adulti e i minori con grave disabilità, costretti spesso a soluzioni residenziali in assenza di veri programmi di vita indipendente. Non a caso, la spesa italiana per le cure domiciliari risulta sensibilmente inferiore alla media europea.
In non pochi casi la permanenza al domicilio sarebbe infatti possibile se solo si creassero condizioni organizzative ed economiche adeguate. Perché ciò avvenga occorrono, infatti, non solo interventi medici, infermieristici e riabilitativi, ma anche la fornitura di ausili, già assicurati attraverso l'assistenza programmata o in post acuzie e previsti dai livelli essenziali di assistenza. È anche necessaria la disponibilità di familiari con funzioni di caregiver e di assistenti familiari in grado di garantire adeguate risposte alle necessità primarie di vita quotidiana, nonché di reti informali di aiuto e servizi complementari.
Gran parte delle persone con età avanzata vive oggi in Italia nel proprio domicilio e poiché si prevede un innalzamento dell'età della vedovanza, nei prossimi anni aumenterà il numero di anziani che vivono ancora in coppia e che sono proprietari di una casa, per lo più desiderosi di permanere più a lungo possibile nel proprio domicilio. Inoltre, gran parte di loro vivrà vicino a un figlio o a un familiare. Anche le attese di vita indipendente da parte delle persone disabili sono note e diffuse. Vi sono, quindi, molte richieste e condizioni per attivare un diffuso programma di sostegno delle cure domiciliari. Il panorama degli interventi pubblici per la non autosufficienza diversi da quelli residenziali è tuttavia caratterizzato, nel nostro Paese, da alcuni significativi fattori di debolezza.
L'intervento più diffuso, cresciuto notevolmente in questi anni, è l'indennità di accompagnamento: un trattamento di poco più di 500 euro al mese, riconosciuto ai cittadini con gravi invalidità che impediscono di deambulare e di svolgere gli altri atti della vita quotidiana. Questa prestazione comporta una spesa complessiva di circa 12 miliardi di euro all'anno e costituisce, in molti casi, l'unico sostegno pubblico per le persone non autosufficienti. Tuttavia essa denota alcuni limiti, poiché si tratta di un trattamento spesso mal gestito e che indirettamente alimenta il lavoro nero. La proposta che avanziamo non è quella di abolire tale indennità, ma di utilizzarla meglio nell'ambito di un progetto complessivo di assistenza individualizzato in favore della persona non autosufficiente.
Le aziende sanitarie, invece, nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza, assicurano interventi di assistenza domiciliare integrata, consistenti prevalentemente in un numero limitato di ore settimanali di prestazioni infermieristiche, sotto la responsabilità del medico di famiglia. Non è, invece, garantita la compartecipazione sanitaria ai costi per l'attività svolta dagli assistenti familiari e dai caregiver familiari per interventi di cura che riguardino aspetti della vita quotidiana quali l'igiene personale, i pasti, le pulizie, la vestizione, eccetera. Tali interventi appaiono tuttavia necessari per completare il sostegno domiciliare alle persone malate croniche non autosufficienti e per questo dovrebbero rientrare, almeno in parte, nelle responsabilità delle aziende sanitarie. D'altronde, ciò è già previsto per gli interventi a carattere residenziale, rispetto ai quali il Servizio sanitario nazionale (SSN) si fa carico del 50 per cento di un costo che non prevede solo prestazioni sanitarie, ma anche un complesso di aiuti necessari alla persona per la sua vita quotidiana.
Non è un caso che alcune aziende sanitarie, in questi anni, abbiano iniziato a riconoscere il diritto ad assegni di cura che coprono non solo il lavoro di professionisti sanitari, ma anche di coloro che assicurano funzioni della vita quotidiana. Tuttavia, in assenza di un riconoscimento normativo, tali scelte sono passibili di contestazioni e giustificate solo in virtù della loro eccezionalità. La normalità è, dunque, un'altra ed evidenzia lo squilibrio tra chi sceglie percorsi residenziali e chi rimane al proprio domicilio.
In pratica, oggi è riconosciuta una quota fino a 1.500 euro al mese per chi è ospitato in strutture residenziali, come compartecipazione al costo delle rette delle strutture nella misura del 50 per cento prevista dai livelli essenziali di assistenza, cui si somma l'indennità di accompagnamento, per un totale di circa 2.000 euro al mese. Se, invece, oggi si decide di rimanere al proprio domicilio, lo Stato prevede solo la concessione dell'indennità di accompagnamento, cioè di una somma pari circa a un quarto rispetto a quella prevista per chi è ricoverato in una struttura sanitaria, con un evidente peso assistenziale riversato sui fruitori e sulle loro famiglie.
In conseguenza del quadro delineato, con la presente proposta di legge si intende, in sintesi, prevedere che i livelli essenziali di assistenza comprendano anche gli interventi domiciliari a favore di persone malate croniche non autosufficienti, introducendo anche una compartecipazione come «quota sanitaria» ai costi per i soggetti impegnati in azioni connesse allo svolgimento di funzioni della quotidianità. I restanti oneri restano a carico dell'utente e, in subordine, del comune, ferma restando la concessione dell'indennità di accompagnamento, da destinare integralmente a parziale copertura di tali costi.
L'articolato si apre enunciando le finalità di promuovere il benessere, la cura e l'autonomia delle persone malate non autosufficienti, di prevenire l'aggravamento delle loro patologie, di evitare ricoveri impropri nonché di favorire la loro permanenza presso il proprio domicilio, realizzando un insieme coordinato di prestazioni di seguito precisate. La disponibilità di questi interventi può rendere effettiva la possibilità di optare per percorsi residenziali e domiciliari, senza che i primi rappresentino una scelta obbligata per mancanza di alternative.
L'articolo 2 è dedicato alle definizioni: non autosufficienza, assistente familiare, caregiver familiare e prestazioni domiciliari. Queste ultime sono suddivise in prestazioni relative alla fase di acuzie e post acuzie e prestazioni di lungo assistenza relative alla fase di cronicità, articolate per assicurare sia l'assistenza socio-sanitaria sia l'assistenza nelle diverse circostanze della vita quotidiana.
L'articolo 3 elenca gli strumenti attraverso cui assicurare gli interventi di lungo assistenza: servizi offerti dalle aziende sanitarie e dagli enti gestori, direttamente o attraverso soggetti accreditati; contributi alla persona per l'acquisto di servizi o ai caregiver familiari; contributi per soggetti affidatari e rimborso delle spese per volontari. L'articolazione degli interventi è definita dai servizi sanitari e sociali nell'ambito di un piano di assistenza individualizzato, tenendo conto delle preferenze espresse dalla persona malata cronica non autosufficiente e dalla sua famiglia. Sono previsti punti unificati di accesso alle diverse prestazioni, così da evitare al cittadino di impegnare troppo tempo tra pratiche e uffici diversi. È compito delle regioni definire le modalità di erogazione di tali interventi e i criteri di accreditamento, nonché predisporre corsi di formazione per gli assistenti familiari e favorire l'incrocio tra domanda e offerta di assistenti familiari.
L'articolo 4 definisce i criteri per il riparto dei costi, da recepire nei livelli essenziali di assistenza. Il SSN si fa carico anche di prestazioni di lungo assistenza, nella misura della metà di quanto sarebbe stato corrisposto in caso di assistenza residenziale. I restanti costi, come la quota assistenziale, sono a carico dell'utente e, in subordine, del comune, prevedendo che l'importo dell'indennità di accompagnamento sia destinato al complesso di interventi previsti nel piano di assistenza individualizzato.
L'articolo 5 prevede il finanziamento degli interventi attraverso l'incremento del Fondo sanitario nazionale da ripartire tra le regioni, tenendo altresì conto dei risparmi derivanti dalla riduzione degli interventi residenziali in regime ospedaliero, di lungodegenza o di lungo assistenza.
In conclusione, la presente proposta di legge mira a fornire finalmente risposte chiare, organizzate e definitive all'attesa, espressa dalla gran parte dei cittadini, di poter essere curati e assistiti, in quanto malati cronici non autosufficienti, presso la propria abitazione.
Infine, si riporta una sintetica descrizione dei prevedibili e maggiori costi e risparmi che apporterebbe la presente proposta di legge. Secondo gli ultimi dati disponibili dell'Istituto nazionale di statistica (2018), i percettori di indennità di accompagnamento sono 1.894.634. Individuando questo criterio di riferimento, è quindi ragionevole ipotizzare per gli anni considerati una platea di riferimento simile. Per diversi motivi (ad esempio la diffidenza verso una misura che richiede il passaggio a prestazioni di lavoro regolare) è possibile pensare che essa venga effettivamente richiesta a regime da 1.5 milioni di destinatari.
Con una maggiore spesa media di 500 euro mensili, si produce a regime una spesa pari a 500 euro al mese per dodici mesi per 1.5 milioni di destinatari, per un totale di 9 miliardi di euro. Si stima che occorra un triennio per arrivare a regime e in tale senso è prevista la crescita della spesa, al netto dei risparmi di seguito descritti.
L'Italia spende circa 42 miliardi di euro per le pensioni di reversibilità (come è noto una cifra in quota superiore agli altri Paesi comparabili), percepite da circa 4.4 milioni di utenti; in altre parole, circa 800 euro al mese medi pro capite. Si può ipotizzare che sulla platea di 1.5 milioni di destinatari, in gran parte anziani, un milione percepisca una pensione di reversibilità. In questo caso il piano di assistenza individualizzato, di importo medio di 500 euro, potrebbe avvalersi di una quota pari al 25 per cento (in media 200 euro) della pensione di reversibilità, aggiungendo quindi solo 300 euro (non 500) come quota sanitaria. Quindi si avrebbe un risparmio di 200 euro al mese per un milione di destinatari, pari a 2.4 miliardi di euro.
Ad oggi, inoltre, più di 200.000 anziani sono ospiti di residenze sanitarie assistenziali, anche a seguito della mancanza di alternative. La spesa pubblica pro capite è stimata in circa 1.600 euro mensili, in gran parte a carico del SSN e in piccola parte dei comuni. Si stima convenzionalmente che un quarto di questi ospiti potrebbe, a regime, permanere al proprio domicilio grazie alle misure previste dalla presente proposta di legge, determinando un risparmio di circa 1 miliardo di euro.
Per quanto concerne gli eventuali risparmi in materia di lungodegenza e di post acuzie, i dati sono più difficili da stimare. Ipotizzando la presenza di 0.5 posti letto per 1.000 abitanti per la lungodegenza e di altrettanti posti per la riabilitazione, è possibile stimare una spesa attuale di circa 6 miliardi di euro. Si può pertanto ipotizzare che con la presenza di un adeguato sostegno domiciliare soprattutto la lungodegenza (ma in parte anche la post acuzie) possano essere ridimensionate, con un risparmio convenzionale di un quarto delle prestazioni pari a circa 1.5 miliardi di euro.
Da ultimo, per quanto concerne i possibili risparmi sugli accessi al pronto soccorso, si osserva che la relativa spesa è in parte connessa all'assenza di presa in carico dei soggetti fragili. La spesa totale è stimata in circa il 4 per cento dei circa 50 miliardi di euro di spesa ospedaliera, quindi 2 miliardi di euro. Si ipotizza, quindi, che un'adeguata presa in carico domiciliare potrebbe generare risparmi ospedalieri per circa 0.5 miliardi di euro.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità)

1. La presente legge reca disposizioni finalizzate a favorire la permanenza delle persone malate croniche non autosufficienti presso il loro domicilio, anche allo scopo di evitare ricoveri impropri, attraverso un sistema di cure che promuovano il benessere e l'autonomia di tali persone e che prevengano l'aggravamento delle loro patologie.
2. Per le finalità di cui al comma 1, la Repubblica realizza e garantisce un insieme coordinato di prestazioni socio-sanitarie assicurate dalle professioni sanitarie e sociali, valorizza il profilo dell'assistente familiare, sostiene i familiari che si incaricano di provvedere all'assistenza, anche in modo parziale, promuove il ruolo degli enti del Terzo settore, dei volontari e del vicinato. In tal modo consente la scelta tra le cure presso il proprio domicilio o presso residenze sanitarie assistenziali.

Art. 2.
(Definizioni)

1. Sono definite malate croniche non autosufficienti le persone, in condizioni e di età diverse, che soffrono di una perdita permanente, parziale o totale, dell'autonomia fisica, psichica o sensoriale, con la conseguente incapacità di compiere gli atti essenziali della vita quotidiana senza l'aiuto rilevante di altre persone.
2. Si definisce assistente familiare la persona, diversa da altre figure professionali già riconosciute dalla legislazione vigente e dai componenti del nucleo familiare dell'assistito, la cui attività lavorativa è volta a garantire assistenza a persone in situazione di non autosufficienza o di grave perdita dell'autonomia nelle loro necessità primarie della vita quotidiana.
3. Si definisce caregiver familiare la persona di cui al comma 255 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
4. Le prestazioni di cui alla presente legge si articolano in:

a) prestazioni di cura domiciliare ad alta complessità assistenziale nella fase intensiva o estensiva, ovvero di acuzie e post acuzie, quali le dimissioni protette, l'ospedalizzazione domiciliare, le cure domiciliari nell'ambito di percorsi gestiti dal medico di medicina generale, dal pediatra di libera scelta, da medici specialisti e dalle altre figure professionali necessarie, a seconda dei bisogni della persona;

b) prestazioni domiciliari di lungoassistenza nella fase di cronicità, che si realizzano in un insieme di servizi integrabili alle prestazioni di cui alla lettera a), quali l'assistenza nelle diverse circostanze della vita quotidiana, i servizi di tregua finalizzati ad alleviare per alcuni periodi l'impegno dei familiari, gli affidamenti diurni, il telesoccorso, la fornitura di pasti, i servizi di lavanderia, gli interventi di pulizia e le piccole manutenzioni nell'abitazione.

Art. 3.
(Modalità di erogazione delle prestazioni domiciliari)

1. Le prestazioni domiciliari di cui all'articolo 2, comma 4, lettera b), sono assicurate attraverso:

a) servizi congiuntamente resi dalle aziende sanitarie e dagli enti gestori dei servizi socio-assistenziali, mediante gestione diretta o attraverso soggetti accreditati;

b) contributi economici o titoli per l'acquisto, riconosciuti alla persona malata cronica non autosufficiente, ai suoi familiari anche in quanto caregiver ovvero a chi esercita la tutela, finalizzati all'acquisto di servizi da soggetti accreditati, da persone abilitate all'esercizio di professioni sanitarie infermieristiche e sanitarie riabilitative, da operatori socio-sanitari o da assistenti familiari, purché con regolari forme di lavoro;

c) contributi economici ai caregiver familiari, finalizzati a rendere economicamente sostenibile l'impegno di cura del proprio congiunto; contributi economici ad affidatari o a vicini di casa;

d) rimborsi delle spese sostenute dai volontari.

2. In accordo con la persona malata cronica non autosufficiente, con i suoi familiari anche in quanto caregiver o con chi esercita la tutela, le unità di valutazione congiunte delle aziende sanitarie e degli enti gestori dei servizi socio-assistenziali definiscono insieme un piano di assistenza individualizzato (PAI), da adottare entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, aggiornato a scadenze periodiche sulla base dell'evoluzione della condizione di non autosufficienza. La valutazione multidimensionale identifica almeno tre diversi gradi di bisogno, crescenti in base al crescere dell'assenza di autonomia; ad ogni livello è abbinato un budget di salute crescente, in base al quale il PAI prevede gli interventi più appropriati.
3. Il PAI considera, altresì, la necessità di assicurare la disponibilità, con oneri a carico del Servizio sanitario nazionale, di ausili e di protesi e facilita la loro erogazione. Tali interventi sono attivati con risorse esterne al budget di salute di cui al comma 2.
4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base di linee guida emanate dai Ministeri competenti, stabiliscono i criteri e le modalità di erogazione dei servizi domiciliari e le procedure di accreditamento, nonché promuovono corsi di formazione per gli assistenti familiari, al termine dei quali è rilasciato un attestato di frequenza. Il possesso di tale attestato non è condizione necessaria per lo svolgimento delle attività previste dalla presente legge ma costituisce un titolo di merito. Tramite i servizi per il lavoro, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, inoltre, favoriscono l'incontro tra domanda e offerta, in forma singola o associata, di assistenti familiari, anche offrendo elenchi di lavoratori disponibili, con indicazione di coloro che sono in possesso di esperienze e di titoli.
5. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definiscono, nei rispettivi atti di programmazione e con la partecipazione degli enti del Terzo settore, un piano triennale per lo sviluppo e il monitoraggio delle cure domiciliari. Esse, inoltre, assicurano l'attivazione delle prestazioni domiciliari di cui al presente articolo e vigilano sulla loro attuazione anche tramite l'attribuzione di obiettivi ai direttori generali delle aziende sanitarie. Qualora nel territorio, o in sue zone limitate, di competenza di un'azienda sanitaria non sia possibile l'attivazione delle prestazioni domiciliari di cui al presente articolo, la deroga deve essere valutata dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, in base a una relazione motivata da parte dell'azienda stessa.
6. Al fine di assicurare al cittadino l'accesso alle prestazioni domiciliari di cui al presente articolo e la loro effettiva fruizione, sono istituiti su base distrettuale punti di primo accesso, di presa in carico e di erogazione unificati socio-sanitari, aventi in particolare i seguenti compiti:

a) fornire informazioni ai cittadini su tutte le prestazioni ottenibili a favore delle persone malate croniche non autosufficienti. A tale fine, le regioni mettono a disposizione gratuitamente un'idonea piattaforma informatica, realizzata di concerto con i Ministeri interessati;

b) prenotare le visite da parte delle unità di valutazione e gli incontri per valutare e definire le possibili prestazioni domiciliari e residenziali;

c) assicurare un particolare sostegno nella gestione dei percorsi assistenziali ai nuclei familiari più fragili;

d) garantire la realizzazione di iniziative per evitare il rischio di abbandono delle persone malate croniche non autosufficienti, specie in contesti territoriali ad alto rischio di isolamento;

e) fornire ogni materiale e ausilio necessari per la cura delle persone malate croniche non autosufficienti.

Art. 4.
(Ripartizione dei costi)

1. I costi delle prestazioni domiciliari di cui all'articolo 2, comma 4, lettera b), sono posti a carico del Servizio sanitario nazionale, per la quota sanitaria, in misura pari alla metà dell'importo che dovrebbe essere pagato in caso di ricovero presso una residenza sanitaria assistenziale per lo stesso utente, calcolato in riferimento ai previsti livelli di intensità assistenziale.
2. I restanti costi di cui al comma 1, rappresentati dalla quota assistenziale, di importo non inferiore a quello previsto per la quota sanitaria, sono coperti da:

a) l'indennità di accompagnamento, per il suo completo importo; ogni altro reddito e trattamento assistenziale, anche non soggetto a ritenute fiscali; i trattamenti ricevuti a seguito della disabilità ove soggetti alla prova dei mezzi; i patrimoni del soggetto beneficiario. In ogni caso restano nella piena disponibilità del soggetto beneficiario una somma mensile non inferiore al trattamento pensionistico minimo assicurato dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, nonché un valore minimo dei suoi patrimoni mobiliari e immobiliari ai sensi di quanto previsto dalla legislazione vigente in materia di indicatore della situazione economica equivalente. La mancata disponibilità a compartecipare al budget di salute, per la quota assistenziale, da parte del richiedente preclude la possibilità di fruire degli interventi di cui all'articolo 2, comma 4, lettera b), con oneri a carico del Servizio sanitario nazionale;

b) i comuni o gli enti gestori dei servizi socio-assistenziali, in subordine e come eventuale integrazione.

3. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e i comuni possono prevedere ulteriori forme di valutazione della condizione economica e della compartecipazione alla quota assistenziale.
4. Il budget di salute e le relative forme di compartecipazione alla quota assistenziale sono determinati con le medesime modalità sia in caso di assistenza domiciliare sia in caso di ricovero presso residenze sanitarie assistenziali, al fine di garantire che la scelta di cura sia effettuata in base all'appropriatezza e non sia dettata da ragioni economiche.
5. Le prestazioni domiciliari di cui all'articolo 3 e il relativo riparto dei costi ai sensi del presente articolo sono recepiti nei livelli essenziali di assistenza relativi alle funzioni dei servizi sanitari e di quelli socio-assistenziali e sono immediatamente esecutivi.
6. Nel caso di trattamento pensionistico a favore dei superstiti di assicurato e pensionato di cui all'articolo 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335, la quota sanitaria prevista dal comma 1 del presente articolo è ridotta per un importo pari a un quarto dello stesso trattamento pensionistico, fino all'eventuale azzeramento.

Art. 5.
(Disposizioni finanziarie)

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, pari a 1.200 milioni di euro per l'anno 2022, a 2.400 milioni di euro per l'anno 2023 e a 3.600 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024, si provvede a valere sulle risorse del Fondo sanitario nazionale, fermo restando quanto previsto dai commi 2 e 3.
2. Quale concorso per il finanziamento di quanto previsto dalla presente legge, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato è incrementato di 1.200 milioni di euro per l'anno 2022, di 2.400 milioni di euro per l'anno 2023 e di 3.600 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024.
3. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, pari a 1.200 milioni di euro per l'anno 2022, a 2.400 milioni di euro per l'anno 2023 e a 3.600 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024, si provvede mediante le maggiori entrate rinvenienti dalla riduzione complessiva dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale di cui all'elenco contenuto nel rapporto annuale sulle spese fiscali di cui all'articolo 21, comma 11-bis, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, per un importo corrispondente a quello di cui al presente comma a decorrere dall'anno 2022. Con uno o più regolamenti adottati con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le modalità per l'attuazione del presente comma con riferimento ai singoli regimi interessati.

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