PDL 2822

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2822

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
GARAVAGLIA, COMAROLI, BADOLE, BAZZARO, BENVENUTO, BILLI, BITONCI, BOLDI, BUBISUTTI, CAVANDOLI, CESTARI, DI MURO, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, LORENZO FONTANA, GASTALDI, GIACOMETTI, GOLINELLI, GUSMEROLI, LIUNI, MACCANTI, PATELLI, PATERNOSTER, PRETTO, TOMBOLATO, ZORDAN

Modifiche agli articoli 23 e 31 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, in materia di indennità della magistratura onoraria

Presentata il 10 dicembre 2020

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Onorevoli Colleghi! – La recente riforma della magistratura onoraria, intervenuta con il decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, ha rimodulato la figura del magistrato onorario, incidendo significativamente sulla figura del giudice di pace, divenuto giudice di pace onorario.
Come noto, la necessità di rispondere alle sempre più stringenti richieste di deflazione dei processi e di rapida definizione degli stessi, unitamente alla cronica carenza di personale afferente alle strutture di giustizia, ha reso la magistratura onoraria un presidio irrinunciabile per garantire l'effettività delle istanze di giustizia e di tutela dei diritti dei cittadini e il funzionamento della macchina amministrativa nel suo complesso: una macchina le cui difficoltà vengono sovente rimarcate nelle relazioni che accompagnano l'inaugurazione dell'anno giudiziario.
Il peso dei procedimenti gravanti sulle spalle dei giudici di pace è impressionante e immaginare un sistema-giustizia privo di questa rilevante figura equivarrebbe a postulare la paralisi totale della giustizia nel nostro Paese.
Come di recente riconosciuto in un'importante delibera del plenum del Consiglio superiore della magistratura (CSM), datata 17 luglio 2019, concernente i dati statistici dei procedimenti gravanti sui giudici di pace, si può osservare come il numero di procedimenti penali affrontati (circa 70.000 annui) sia pari al 15 per cento circa del totale.
I procedimenti civili, secondo dati del Ministero della giustizia, invece, risultano pari a circa 1.100.000, in ordine ai quali rileva rappresentare che gli uffici «metropolitani» di Napoli (87.000 affari circa), di Roma (111.000 circa) e di Milano (85.000 circa) costituiscono, da soli, il 25 per cento circa del totale nazionale. Numeri oggettivamente elevati e che già indicano in chiave qualitativa e quantitativa l'assoluta rilevanza dei giudici di pace.
La durata dei contenziosi, inoltre, è indiscutibilmente connessa alla scarsità del personale addetto agli uffici e l'ingorgo giudiziario in cui si è venuta a trovare la giustizia italiana è causa anche di un'imponente lievitazione dei costi: poco personale, ridotto numero di magistrati, processi molto lunghi e, dunque, quadruplicazione dei costi.
Sul piano nazionale, poi, i carichi indicati devono essere rapportati al numero dei magistrati onorari realmente in servizio negli uffici del giudice di pace, pari a 1.349 unità, secondo quanto riportato dalla citata delibera del CSM del 2019.
Ciò porta a concludere che la media delle iscrizioni pro capite si è attestata, nell'ultimo biennio, su un valore pari a circa 830 procedimenti.
La corresponsione dell'indennità è l'estrinsecazione del criterio costituzionale posto a garanzia dell'indipendenza della funzione giurisdizionale, come riconosciuto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 223 dell'11 ottobre 2012: la retribuzione della magistratura costituisce, infatti, un cardine per puntellare e rinforzare il principio di indipendenza e quello di autonomia stabiliti dall'articolo 104 della Costituzione.
Posto che, ai sensi dell'articolo 106 della stessa Costituzione, la funzione giurisdizionale è esercitata anche da giudici onorari, ne consegue la valenza precipua e fondante dell'indennità spettante ai giudici onorari di pace.
Appare pertanto evidente come, a fronte dell'assoluta rilevanza, di pregio costituzionale, delle funzioni esercitate dalla magistratura onoraria e della sua valenza di architrave deflativo, senza la cui presenza i tribunali ordinari sarebbero travolti dall'incessante mole del contenzioso, ci si debba interrogare su quanto poco giusta, in termini di equità e di giustizia in senso sostanziale, sia la parametrazione dell'indennità stessa dei giudici di pace onorari, anche ai sensi dell'articolo 36 della Costituzione, in merito alla proporzionalità della retribuzione.
Questo elemento è fenomenologicamente discendente dal riconoscimento, non revocabile in dubbio come vedremo, della qualifica di lavoratore in capo al giudice di pace.
Una retribuzione, come è noto nel caso dei giudici di pace, strutturalmente bipartita e sperequata, peraltro, rispetto non solo alla mole effettiva di lavoro, ma anche alle responsabilità assunte nel giudizio, arrivando a precarizzare in certa misura e a rendere più tenue l'indipendenza di questi fondamentali giudici di prossimità i quali, nel corso degli anni, hanno visto aumentare sensibilmente le proprie competenze e attribuzioni, con un'invarianza tendenziale della loro retribuzione. L'articolo 23 del decreto legislativo n. 116 del 2017, al comma 9, dispone che «L'indennità di risultato può essere riconosciuta in misura non inferiore al quindici per cento e non superiore al trenta per cento dell'indennità fissa spettante a norma dei commi 2 o 3 ed è erogata in tutto o in parte in relazione al livello di conseguimento degli obiettivi assegnati a norma del presente articolo, verificato e certificato con le modalità di cui al comma 10».
L'articolo 31 dello stesso decreto legislativo ha disposto, operando una diretta relatio con l'articolo 11 della legge 21 novembre 1991, n. 374, che per il quadriennio successivo alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo continui a trovare applicazione l'indennità lorda annua di euro 16.140 in misura fissa, disponendo, dallo scadere del quadriennio, un aumento a euro 24.210, cifra da intendere sempre lorda.
Il computo temporale del quadriennio, come di recente è stato chiarito con una nota del Ministero della giustizia (foglio informativo n. 3/2018, protocollo 123990.U del 18 giugno 2018), importerà, peraltro, il superamento del sistema del doppio binario indennitario, ancorando la parte variabile a criteri di produttività e di merito, in ossequio ai paradigmi della misurabilità e della calcolabilità delle prestazioni individuali da comprendere in un generale criterio di performance.
La doppia indennità dei giudici di pace è, infatti, regolata dall'articolo 64 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e dall'articolo 4 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 449, recante norme per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico degli imputati minorenni, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273, come modificato dall'articolo 3-bis del decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 2008, n. 186.
Il meccanismo derivante dalla riforma del 2017, pertanto, punta al superamento del meccanismo forfetario. Il sistema che ne risulta, nonostante il superamento della parte forfetaria basata su criteri esclusivamente quantitativi, appare però eccessivamente blando per quanto concerne il ruolo svolto e i compiti attribuiti.
Da ultimo, in questa prospettiva, si deve tenere conto di una maggiore sensibilità anche da parte della magistratura del lavoro che, a fronte delle doglianze dei giudici di pace, ha iniziato a riconoscere un canone di afferenza, nel generale quadro della qualificazione di «lavoratore», del giudice di pace medesimo all'organizzazione, funzionale e amministrativa, delle strutture del Ministero della giustizia, senza che possa naturalmente dedursi una stabilizzazione del rapporto sic et simpliciter (tribunale ordinario di Sassari, sezione lavoro, sentenza del 24 gennaio 2020).
È infatti del tutto evidente come il giudice di pace non possa essere ritenuto un lavoratore autonomo, posto che i giudici di pace sono inseriti dal capo dell'ufficio nei turni di udienza, non possono scegliere quali fascicoli portare in udienza o no, ricevono istruzioni sulle richieste da fare all'udienza, devono rendere conto se subiscono un'assoluzione non chiesta, lavorano all'interno degli uffici della procura utilizzando locali e strumenti forniti dal datore di lavoro, devono rispettare rigide norme procedurali, devono partecipare agli incontri di formazione organizzati dalla Scuola superiore della magistratura e sono soggetti al potere disciplinare del datore di lavoro.
Tali elementi hanno anche portato la Corte di cassazione, ad esempio, a rilevare come l'incardinamento di un prestatore d'opera in un contesto nutrito di direttive, di momenti organizzativi e di pianificazione, nonché di vincoli formali equivalga a far insorgere un rapporto di subordinazione ad onta del nomen scelto per qualificare il rapporto di lavoro (Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 29646 del 16 novembre 2018).
Non può tacersi, poi, come in tale direzione spingano anche la normativa e l'azione istituzionale dell'Unione europea: si ricorda, ad esempio, che nel caso EU PILOT 7779/15/EMPL (procedura di precontenzioso), il Comitato europeo dei diritti sociali ha stabilito, con la pronuncia del 5 luglio 2016, che un soggetto esercente una pubblica funzione deve essere qualificato come lavoratore. Possono, inoltre, menzionarsi le conclusioni dell'Avvocato generale Kokott, nella causa della Corte di giustizia dell'Unione europea C- 658/18 UX contro il Governo italiano, depositate in data 23 gennaio 2020, secondo le quali, ai fini dell'applicazione della direttiva sull'orario di lavoro (direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003), la nozione di lavoratore non può essere interpretata in modo da variare a seconda degli ordinamenti nazionali, ma ha una portata autonoma propria del diritto dell'Unione. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dal Governo italiano, il fatto che l'attività dei giudici di pace abbia natura onoraria ai sensi del diritto nazionale non può essere rilevante.
Da ciò consegue che la retribuzione deve essere giusta e proporzionata rispetto alle funzioni concretamente e materialmente esercitate, nel nome dell'indipendenza e dell'autonomia di funzione, secondo una lettura evolutiva e in combinato degli articoli 36, 104 e 106 della Costituzione.
Proprio per questo appare necessario intervenire sia sulla parte fissa sia sulla parte variabile dell'indennità, al fine di adeguarle entrambe all'importanza oggettiva della funzione esercitata dai giudici di pace e alle responsabilità da essi assunte.
La presente proposta di legge, pertanto, interviene sull'articolo 23 e sull'articolo 31 del decreto legislativo n. 116 del 2017 modificando l'importo della parte fissa dell'indennità, portandolo da euro 24.210 a euro 34.210, e incidendo sulla percentuale della parte variabile della stessa indennità, portandola nel minimo dal 15 per cento al 20 per cento e nel massimo dal 30 per cento al 40 per cento.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità)

1. La presente legge reca disposizioni per l'adeguamento dell'indennità spettante al personale addetto al ruolo di giudice di pace onorario, di cui all'articolo 23, commi 2 e 9, del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, come modificato dalla medesima legge.

Art. 2.
(Modifiche agli articoli 23 e 31 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, in materia di indennità della magistratura onoraria)

1. Al decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 23:

1) al comma 2, le parole: «con cadenza trimestrale, un'indennità annuale lorda in misura fissa, pari ad euro 16.140,00» sono sostituite dalle seguenti: «con cadenza mensile, un'indennità annuale lorda in misura fissa, pari a euro 34.210»;

2) al comma 9, le parole: «non inferiore al quindici per cento e non superiore al trenta per cento» sono sostituite dalle seguenti: «non inferiore al venti per cento e non superiore al quaranta per cento»;

b) all'articolo 31, comma 2, le parole: «con l'importo annuo di euro 24.210» sono sostituite dalle seguenti: «con l'importo annuo lordo di euro 34.210».

Art. 3.
(Copertura finanziaria)

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

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