PDL 2815

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2815

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
SAITTA, PERANTONI

Modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis e dei suoi derivati

Presentata il 4 dicembre 2020

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Onorevoli Colleghi! – Il sistema normativo vigente in materia di stupefacenti si basa su tre princìpi ispiratori: il divieto penalmente sanzionato di qualsiasi attività che comporti la destinazione di sostanze stupefacenti a terzi, un principio cardine del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, di seguito «testo unico», e sul quale non ha inciso il referendum del 18-19 aprile 1993; la non punibilità dell'uso personale di sostanze stupefacenti; il divieto, sanzionato come illecito amministrativo, di importazione, di acquisto e di detenzione di sostanze stupefacenti destinate all'esclusivo uso personale.
Con il citato referendum del 1993 fu abolito, a seguito dell'espressione della volontà popolare, il divieto di fare uso non autorizzato di sostanze stupefacenti o psicotrope, sancito allora dall'articolo 72, comma 1, del testo unico.
Pertanto, tra le fattispecie punibili penalmente resta escluso solo il consumo di sostanze stupefacenti, mentre continuano a essere punibili le condotte che mirano alla commercializzazione e alla distribuzione delle stesse sostanze.
Resta quindi attuale, per quanto concerne le cosiddette «droghe leggere», il problema relativo all'identificazione della «coltivazione punibile», potendosi intendere con tale espressione sia la coltivazione finalizzata al mero consumo personale sia quella destinata alla produzione di sostanze da cedere a terzi.
Il problema fu affrontato, negli anni passati, dalla Corte costituzionale (sentenza n. 360 del 24 luglio 1995), che si spinse ad auspicare, con grande lungimiranza, «una disciplina differenziata» per la coltivazione della cannabis ritenendo che tale coltivazione, pur essendo eventualmente prodromica al consumo, potesse avere anche esiti diversi, quali in particolare lo spaccio, comunque non fondatamente prevedibili al momento del mero reperimento delle piante e che, pertanto, non si potesse effettivamente giudicare se la condotta fosse meritevole o no di sanzione penale.
I tentativi di arginare tale ambiguità con l'attività interpretativa, pur pregevoli, hanno portato – come appare dall'analisi della giurisprudenza in materia – a esiti spesso diversi e incoerenti tra loro, che hanno determinato un'intollerabile disparità di trattamento degli imputati dovuta, in conclusione, a una grave carenza di determinatezza della vigente normativa in materia di stupefacenti.
Nello stesso tempo, però, la lotta alla droga attraverso lo strumento penale si è fatta via via più intensa, finché nel 2006, con il decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, il legislatore ha stabilito pene molto severe per le condotte diverse dal consumo, sia in caso di sostanze di altissima pericolosità (le cosiddette «droghe pesanti»), sia in caso di sostanze delle quali, quantomeno, sono ancora incerti gli effetti e le caratteristiche (le droghe leggere e, in particolare la cannabis).
Le ambiguità che, come segnalato, interessano i comportamenti prodromici al consumo, come la coltivazione di cannabis, combinate con il rilevante aumento delle sanzioni stabilito nel 2006, hanno determinato l'insorgere di molte situazioni in cui la risposta penale rischia di punire severamente anche soggetti che pongono in essere attività, come la coltivazione, che possono essere finalizzate, astrattamente, a un'eventuale distribuzione a terzi ma che possono anche esaurirsi nel consumo personale.
Inoltre, dopo il 2006 si è manifestata anche un'allarmante sproporzione tra le condotte aventi ad oggetto le droghe leggere e le pene previste dalla legge, che ha raggiunto picchi di inaudita severità.
Come noto, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 32 del 25 febbraio 2014, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 4-vicies ter del citato decreto-legge n. 272 del 2005, ottenendo l'effetto di ripristinare le pene precedenti, differenziate in ragione della sostanza, e di prevedere l'intervento del legislatore per coordinare l'intervento della Corte con il vigente testo unico, in piena coerenza con il principio per cui non è parificabile, sul piano sanzionatorio, l'attività illecita qualunque sia la sostanza coinvolta (decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 maggio 2014, n. 79).
Tuttavia, nonostante questi interventi, i nodi di fondo non sembrano sciolti e prendere una posizione decisa e attenta a tutte le esigenze rilevanti sembra ormai indispensabile.
Non si può trascurare, infatti, che dalla normativa vigente discende anche il grave impatto sul sovraffollamento carcerario, il quale è legato a doppio filo alla disciplina sugli stupefacenti dalle vicende occorse in un periodo precedente all'inasprimento sanzionatorio del 2006.
Oggi la popolazione dei detenuti è ampiamente costituita da imputati e da condannati per reati legati agli stupefacenti che, fino a poco tempo fa, erano anche molto diversi tra loro nella gravità concreta e in ragione della sostanza oggetto della condotta. Per citare solo un esempio, si segnala quanto affermato dalla Commissione mista per lo studio dei problemi della magistratura di sorveglianza che nel Quaderno del Consiglio superiore della magistratura n. 160/2013, alle pagine 19 e 20, illustra le modifiche necessarie a lenire l'impatto sanzionatorio in materia di stupefacenti allo scopo di superare gradualmente il sovraffollamento carcerario.
Ancora oggi, dunque, occorre cercare una soluzione che non preveda necessariamente la pena detentiva quale risposta a ogni possibile condotta inerente alle sostanze psicotrope.
La presente proposta di legge intende rispondere a queste esigenze: da un lato, concentrando l'azione di contrasto delle condotte in materia di stupefacenti dove se ne avverte il reale bisogno in ragione della pericolosità e del tipo di sostanze impiegate; da un altro lato, definendo in modo chiaro e inequivocabile il limite dell'uso personale e disciplinando anche (e in ciò consiste la maggiore novità) le condotte ad esso prodromiche, come la coltivazione.
Con le modifiche al testo unico introdotte dalla presente proposta di legge si elimina ogni ambiguità esistente nella regolamentazione di una materia così importante e si assicura la proporzionalità delle pene inflitte sulla base di canoni più ragionevoli volti a ripristinare (per quanto possibile in questo periodo storico) anche le principali funzioni della sanzione penale, che non deve consistere in una punizione «cieca» e irragionevole; si disciplina, infine, l'uso personale di sostanze stupefacenti ripristinando la chiarezza normativa necessaria al cittadino per regolare la sua azione al fine di renderla conforme a quanto stabilito dalla legge.
Le modifiche introdotte dalla presente proposta di legge sono contenute in sette articoli.
L'articolo 1 dispone la non punibilità per chi coltiva cannabis in conformità alle condizioni stabilite dalle nuove disposizioni, che intendono superare l'attuale ambiguità normativa stabilendo con chiarezza i limiti dell'uso personale non punibile e delle condotte ad esso prodromiche, come la coltivazione. Questa è una scelta che, ovviamente, il legislatore oggi può fare tenuto conto che la sostanza in esame è dotata di caratteristiche che ne rendono certamente possibile una gestione autonoma da parte del singolo per quanto concerne sia le modalità di produzione (coltivazione) sia la pericolosità intrinseca, obiettivamente molto bassa. Le nuove disposizioni rendono conforme al diritto una coltivazione destinata solo all'uso personale, che rientra nei limiti posti dalla legge e fissa una linea di demarcazione sicura entro la quale il fatto non è punibile, contribuendo in maniera decisiva alla determinatezza della fattispecie. Inoltre, come è intuibile, tali disposizioni rappresentano un passo importante al fine di sottrarre alla criminalità organizzata il monopolio della cannabis, permettendo a chi voglia farne uso (condotta già oggi non punibile) di non dover ricorrere al mercato criminale, ma di godere di strumenti che gli consentano, nella successione di condotte che termina nel consumo, di agire nell'ambito della legalità. La coltivazione deve essere effettuata presso il domicilio del coltivatore a cura di un soggetto maggiorenne, che ha l'obbligo di comunicare la presenza delle piante mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o mediante posta certificata alla prefettura-ufficio territoriale del Governo territorialmente competente, con ciò fornendo uno strumento utile per identificare immediatamente la liceità di una coltivazione domestica, eliminando anche situazioni di possibile illegalità e la necessità di controlli a tappeto da parte delle Forze di polizia, con un evidente risparmio di risorse, nonché limitando i disagi degli stessi soggetti coltivatori. L'esenzione dalle sanzioni è limitata alla coltivazione di non più di quattro piante femmine.
L'articolo 2 interviene sull'articolo 73 del testo unico estendendo – con l'introduzione dei commi 1.1 e 1.2 – la non punibilità alle condotte di importazione, esportazione o comunque ricezione e detenzione relative alle sostanze di cui alla tabella IV o alla tabella II, previste dall'articolo 14 dello stesso testo unico, se riferite a quantità superiori a quelle specificamente indicate.
Fuori dal luogo di coltivazione, si dispone la non punibilità per la detenzione di quantitativi minimi, salvo che la cannabis sia prescritta dal medico per scopo terapeutico, nel qual caso potranno essere detenute quantità maggiori in presenza della relativa documentazione sanitaria. Fatto salvo quest'ultimo caso, in cui la quantità è fissata dal medico, sono passibili di detenzione fuori dal luogo di coltivazione le quantità lorde fisse, in modo che il singolo le possa predeterminare con certezza. Questo criterio sembra l'unico adatto a garantire che i soggetti possano orientare con consapevolezza la propria condotta, laddove il criterio della quantità di principio attivo lascerebbe sempre un ampio margine di incertezza sulla liceità del proprio agire.
Al nuovo comma 1.3 si codificano, invece, i criteri di cui il giudice deve tenere conto nell'accertamento della destinazione della sostanza al fine di evitare, per quanto possibile, disparità di trattamento nei singoli casi concreti.
All'articolo 3 si disciplinano i fatti di lieve entità, correggendo un grave difetto di proporzionalità e di ragionevolezza della disciplina attuale (che ha già determinato questioni incidentali di legittimità costituzionale). Oggi, infatti, pur essendo differenziate le pene in ragione della sostanza oggetto della condotta, i fatti di lieve entità sono irragionevolmente accomunati da un'unica sanzione (articolo 73, comma 5, del testo unico), che non tiene conto della ripristinata scissione delle fattispecie. Con questa previsione si riproduce la differenza tra sostanze anche nella disciplina dei fatti di lieve entità, come appare inevitabile alla luce della disciplina generale.
L'articolo 4 abolisce le sanzioni amministrative inerenti alle sole condotte riguardanti le sostanze inserite nelle tabelle II e IV previste dall'articolo 14 del testo unico, riportando coerentemente nell'alveo della legalità le condotte riguardanti le sostanze meno pericolose. Si abroga, inoltre, il comma 1-bis dell'articolo 75 del testo unico, a seguito dell'introduzione del nuovo comma 1.3 dell'articolo 73 dello stesso testo unico.
Con l'articolo 5 si prevede la costituzione di «cannabis social club», quali associazioni riconosciute il cui statuto deve prevedere almeno tre iscritti e lo scopo sociale di coltivazione, senza fini di lucro, di non più di cento piante di cannabis ad esclusivo uso personale degli iscritti. Ciò consentirà a chi non sia in grado o non abbia i mezzi per approntare coltivazioni proprie, secondo la legge, di evitare il ricorso al mercato criminale, potendo usufruire dei cannabis social club, legalmente riconosciuti. La norma prescrive, inoltre, che l'autorizzazione alla coltivazione sia soggetta alla sola verifica che nessuno degli associati abbia riportato condanne per i reati di cui all'articolo 416-bis del codice penale e per quelli previsti dagli articoli 70 e 74 del testo unico, poiché tali soggetti sono irrimediabilmente esclusi dalla possibilità di far parte delle nuove associazioni.
L'articolo 6 prevede un ulteriore inasprimento delle pene di cui all'articolo 73 del testo unico nel caso in cui i destinatari delle condotte illecite siano minori di anni diciotto.
Con l'articolo 7, infine, si prevede che il Ministro dell'interno, d'intesa con i Ministri della giustizia, della salute e delle politiche agricole alimentari e forestali, presenti ogni anno alle Camere una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni introdotte dalla legge.
In sintesi, la presente proposta di legge intende collocare il consumo della cannabis, già lecito, nell'alveo della piena legalità, tracciando confini precisi – che oggi mancano – tra ciò che è lecito e ciò che è illecito. Il maggior equivoco oggi esistente, probabilmente responsabile di una rilevante quota del sovraffollamento carcerario, consiste nel ritenere che il consumo, lecito, non possa e non debba essere anche disciplinato e regolamentato. Se non è fatto oggetto di una precisa regolamentazione, tale consumo, pur lecito, rischia di essere attratto nell'area dell'illecito, dalla quale esce con fatica a costo di evoluzioni giurisprudenziali affidate spesso alla sensibilità del singolo giudice più che alla legge.
Il legislatore non può sottrarsi ancora al suo compito, cioè quello di disciplinare i fatti della vita che necessitano di regolamentazione, a beneficio dell'individuo e della coerenza del diritto obiettivo. Il consumo di cannabis e le attività ad esso prodromiche sono, pertanto, fatti oggetto di regolamentazione normativa da parte della presente proposta di legge in modo che l'ambito della legalità sia facilmente rintracciabile, sia per l'individuo sia per il giudice.
Inoltre, regolamentando la coltivazione e il consumo della cannabis e sottraendoli in maniera evidente all'area delle condotte penalmente rilevanti, si concentra la risposta penale su coloro che davvero la meritano, poiché traggono un beneficio economico dal traffico di sostanze stupefacenti, e si ottengono due risultati rilevanti: ridurre il sovraffollamento delle carceri e modulare la reazione statale al problema delle sostanze stupefacenti in modo più proporzionale e rispettoso dell'autonomia dell'individuo.
Con la costituzione di cannabis social club si cerca, inoltre, di realizzare l'obiettivo, rilevantissimo, di separare completamente l'uso di determinate sostanze dal mercato gestito dalla criminalità organizzata: chi può coltivare lo fa, chi non lo può fare si rivolge ai club, i quali garantiscono la possibilità del consumo in un contesto legale, controllato, del tutto fuori dall'ambiente criminale. Questo ci sembra un primo, importante passo per sottrarre alla criminalità una cospicua porzione di affari nella prospettiva, sempre viva, di contrastare con ogni mezzo l'impatto delle organizzazioni criminali sulla vita degli individui e dell'intera società.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Coltivazioni e produzioni vietate)

1. Al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 26 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«2-bis. Non sono punibili la coltivazione di cannabis per uso personale e la detenzione dei prodotti da essa ottenuta presso un domicilio specificamente e preventivamente indicato ai sensi dell'articolo 27, comma 3-bis, consentite al soggetto che ha compiuto la maggiore età nel limite di quattro piante femmine»;

b) all'articolo 27 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«3-bis. Il soggetto che intenda coltivare cannabis per uso personale e detenerne i prodotti ai sensi del comma 2-bis dell'articolo 26 deve comunicare alla prefettura-ufficio territoriale del Governo competente per territorio, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o mediante posta elettronica certificata, le generalità del soggetto che intende procedere alla coltivazione e il luogo di svolgimento di tale attività, da effettuare nel proprio domicilio, allegando anche la copia di un documento d'identità valido. La coltivazione e la detenzione dei prodotti sono consentite dalla data di invio della comunicazione»;

c) al comma 1 dell'articolo 17, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, fatto salvo quanto previsto dal comma 2-bis dell'articolo 26».

Art. 2.
(Detenzione di sostanze stupefacenti)

1. All'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo la parola: «Chiunque,» sono inserite le seguenti: «fatto salvo quanto previsto dal comma 2-bis dell'articolo 26,»;

b) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:

«1.1. Non è punibile chi per uso personale importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene le sostanze di cui alla tabella IV prevista dall'articolo 14.
1.2. Non è punibile chi per uso personale importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene fuori dal luogo di coltivazione previsto all'articolo 26, comma 2-bis, le sostanze di cui alla tabella II prevista dall'articolo 14 in misura non superiore a 5 grammi lordi, aumentata a 15 grammi lordi per la detenzione presso il proprio domicilio diverso dal luogo di coltivazione. Fuori dal luogo di coltivazione non è punibile il soggetto che detiene quantità maggiori di quelle previste dal presente comma, previa prescrizione medica e nella misura indicata dalla prescrizione stessa, che il detentore è tenuto ad esibire in originale, insieme a un documento d'identità valido, ove richiesto. Nella prescrizione il medico deve indicare le generalità del soggetto a cui è destinata la sostanza, la patologia per la quale si rende necessaria la terapia a base di tetraidrocannabinolo (THC) e i motivi che rendono necessaria la detenzione fuori dal luogo di coltivazione di una quantità di sostanza eccedente i limiti fissati. In assenza di tali indicazioni o in assenza della prescrizione stessa si applicano i limiti previsti dal presente comma.
1.3. Ai fini dell'accertamento della destinazione ad uso personale della sostanza stupefacente o psicotropa o del medicinale di cui alle tabelle I, III e IV previste dall'articolo 14, si tiene conto delle seguenti circostanze:

a) che la quantità di sostanza stupefacente o psicotropa non sia superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro della giustizia, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche antidroga, nonché della modalità di presentazione delle sostanze stupefacenti o psicotrope, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato ovvero ad altre circostanze dell'azione, da cui risulti che le sostanze sono destinate ad un uso personale;

b) che i medicinali contenenti le sostanze stupefacenti o psicotrope elencate nella tabella dei medicinali, sezioni A, B, C e D, prevista dall'articolo 14 non eccedano il quantitativo prescritto».

Art. 3.
(Fatti di lieve entità)

1. Il comma 5 dell'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, è sostituito dal seguente:

«5. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell'azione, ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da uno a sei anni e della multa da euro 2.064 a euro 13.000 se si tratta di sostanze comprese nelle tabelle I e III previste dall'articolo 14, ovvero con le pene della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da euro 1.032 a euro 6.500 se si tratta di sostanze comprese nelle tabelle II e IV previste dall'articolo 14».

Art. 4.
(Condotte integranti illeciti amministrativi)

1. All'articolo 75 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, alinea, le parole: «, e per un periodo da uno a tre mesi, se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle II e IV previste dallo stesso articolo,» sono soppresse.

b) il comma 1-bis è abrogato.

Art. 5.
(Cannabis social club)

1. Dopo l'articolo 17 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, come da ultimo modificato dalla presente legge, è inserito il seguente:

«Art. 17-bis. – (Cannabis social club)1. È consentita la costituzione, ai sensi del titolo II del libro primo del codice civile, di associazioni riconosciute senza scopo di lucro denominate “cannabis social club”, aventi come scopo la coltivazione di cannabis e la detenzione dei prodotti da essa ottenuti per il consumo personale degli associati.
2. I cannabis social club devono essere costituiti da un minimo di tre soggetti e possono avere fino a un massimo di cinquanta associati e di cento piante femmine coltivate, fermo restando il rispetto del rapporto massimo di due piante coltivate per ogni associato. La coltivazione delle piante e la detenzione del prodotto da esse ottenuto devono essere effettuate nella sede dell'associazione. Gli associati devono aver compiuto i diciotto anni di età ed essere residenti in Italia. Non è possibile associarsi a più di un cannabis social club nel territorio nazionale.
3. Non possono costituire cannabis social club o comunque diventarne associati i soggetti che abbiano riportato condanne definitive per aver commesso i reati di cui all'articolo 416-bis del codice penale e di cui agli articoli 70 e 74 del presente testo unico.
4. In caso di violazione delle disposizioni del presente articolo, l'associazione è sciolta con atto del prefetto e i componenti dell'organo amministrativo non possono fare parte di cannabis social club per i due anni successivi all'accertamento della violazione o per i cinque anni successivi nel caso di ammissione di soggetti minorenni o dei soggetti di cui al comma 3. Nel caso in cui la violazione delle disposizioni del presente articolo integri le specifiche condotte sanzionate dagli articoli 73, 74 e 79, si applicano tali articoli».

Art. 6.
(Aggravanti specifiche)

1. All'articolo 80 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, la lettera a) è abrogata;

b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Le pene previste per i delitti di cui all'articolo 73 sono aumentate della metà nei casi in cui le sostanze stupefacenti o psicotrope sono consegnate o comunque destinate a una persona minore di età».

Art. 7.
(Relazione alle Camere)

1. Il Ministro dell'interno, d'intesa con i Ministri della giustizia, della salute e delle politiche agricole alimentari e forestali, trasmette ogni anno alle Camere una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge.

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