PDL 2727

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

RELAZIONE TECNICA

DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE
                        Articolo 1

DECRETO-LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                        Articolo 10
                        Articolo 11
                        Articolo 12
                        Articolo 13
                        Articolo 14
                        Articolo 15
                        Articolo 16

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2727

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal presidente del consiglio dei ministri
(CONTE)

e dal ministro dell'interno
(LAMORGESE)

di concerto con il ministro della giustizia
(BONAFEDE)

con il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale
(DI MAIO)

con il ministro della difesa
(GUERINI)

con il ministro della salute
(SPERANZA)

con il ministro dello sviluppo economico
(PATUANELLI)

e con il ministro dell'economia e delle finanze
(GUALTIERI)

Conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale

Presentato il 21 ottobre 2020

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Onorevoli Deputati! — Con il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132, recante «Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata», e con il decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2019, n. 77, recante «Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica», sono state introdotte alcune disposizioni che attengono, tra l'altro, ai requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno conseguente alla valutazione delle esigenze di protezione dello straniero, alla definizione dei limiti all'ingresso e al transito di unità navali nelle acque territoriali italiane e al conseguente impianto sanzionatorio nel caso di inosservanza delle prescrizioni impartite, nonché all'inapplicabilità della causa di non punibilità per «particolare tenuità del fatto» ad alcune fattispecie del codice penale.
A seguito dell'entrata in vigore delle citate disposizioni e della loro prima applicazione, si è manifestata la straordinaria necessità e urgenza di chiarirne alcuni profili, tramite una loro rimodulazione che tenga conto dei princìpi costituzionali e di diritto internazionale vigenti in materia e di porre rimedio ad alcuni aspetti funzionali che avevano generato difficoltà applicative.
Il decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante «Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale», risponde all'esigenza di dare seguito alle osservazioni formulate dalla Presidenza della Repubblica in sede di emanazione del decreto-legge n. 113 del 2018 e di promulgazione della legge n. 77 del 2019, che ha convertito in legge il decreto-legge n. 53 del 2019.
In questa prospettiva, si è posta particolare attenzione alla coerenza tra le disposizioni legislative interne in materia di procedura per il riconoscimento della protezione internazionale e le norme della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (rifusione).
Il principio del rispetto degli obblighi costituzionali e internazionali costituisce, pertanto, il primo fondamento del provvedimento, che si esplica, tra l'altro, nel richiamo inserito all'articolo 5, comma 6, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, concernente le disposizioni sul rifiuto e sulla revoca del permesso di soggiorno adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali.
Si incide, poi, sulla disciplina del provvedimento di divieto di transito e di sosta nel mare territoriale. Nel caso in cui tale provvedimento sia fondato su ragioni di ordine e sicurezza pubblica, esso è adottato dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri. Queste disposizioni non trovano applicazione in caso di operazioni di soccorso, immediatamente comunicate alle autorità italiane e dello Stato di bandiera della nave e condotte nel rispetto delle norme di diritto internazionale e delle indicazioni della competente autorità di coordinamento per la ricerca e il soccorso in mare.
Sotto il profilo del pieno rispetto degli obblighi derivanti dal diritto internazionale, assume particolare rilevanza l'intervento effettuato sull'articolo 19, comma 1.1, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, che prescrive il divieto di espulsione e di respingimento nel caso in cui il rimpatrio comporti per l'interessato, il rischio di tortura. In primo luogo, alla predetta ipotesi si aggiunge il rischio di essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti, così da conseguire piena conformità all'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848. In secondo luogo, si introduce una nuova fattispecie di divieto di espulsione che consegue al rischio di violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, secondo una formulazione che richiama quanto disposto dall'articolo 8 della CEDU e tenendo presenti la rilevante giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in materia di limiti ai provvedimenti di rimpatrio nonché la giurisprudenza elaborata dalla Corte di cassazione sul tema, a partire dalla sentenza della I sezione civile n. 4455 del 23 febbraio 2018. Nelle suddette ipotesi, è previsto il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale, previo parere della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.
Ulteriori modifiche sono apportate al procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25.
Al fine di chiarire la sovrapposizione di successivi interventi normativi, foriera di incertezze interpretative, vengono riscritte le norme relative all'esame prioritario e alla procedura accelerata in conformità alle direttive europee vigenti.
La ratio di tale riscrittura si fonda sulla diversa struttura e funzione dei due istituti: l'esame prioritario è diretto a rendere più celere il procedimento, al fine di esaminare istanze che appaiono dotate di manifesta fondatezza o che sono presentate da persone vulnerabili; la procedura accelerata, invece, riguarda casi in cui può presumersi un uso strumentale della domanda, per i quali sono perciò previsti termini precisi e più stringenti. I casi di esame prioritario sono ricondotti alla predetta logica, in coerenza con l'articolo 31, paragrafo 7, della citata direttiva 2013/32/UE. Alla procedura accelerata è anche ricondotta la procedura immediata di cui all'articolo 32, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 25 del 2008, relativa a richiedenti che siano sottoposti a procedimento penale o che siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati che costituiscono causa di diniego dello status di rifugiato o di esclusione dallo status di protezione sussidiaria, in aderenza alla norma dell'Unione europea secondo la quale i termini per l'adozione della decisione devono essere comunque ragionevoli (articolo 31, paragrafo 9, della direttiva 2013/32/UE). Per evitare l'uso strumentale della domanda, in tali casi è peraltro previsto il trattenimento dei richiedenti protezione internazionale negli appositi centri e strutture per il rimpatrio.
Si prevede, inoltre, un ampliamento delle competenze attribuite alle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 25 del 2008, organismi di specifica competenza tecnica in materia, composti anche da un esperto in materia di protezione internazionale e di tutela dei diritti umani, designato dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR). Si estende, infatti, la potestà decisionale delle suddette Commissioni a fattispecie diverse da quelle della protezione internazionale, in particolare con riguardo alla fattispecie prevista dall'articolo 19, comma 2, lettera d-bis), del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 (divieto di espulsione per stranieri che versano in condizioni di salute di particolare gravità). Sempre per quanto concerne la protezione complementare, si stabilisce che i suddetti organismi informano il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni degli elementi assunti in sede di esame della domanda di protezione internazionale, per le valutazioni e l'adozione delle eventuali iniziative di competenza finalizzate al rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 31, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998; tale disposizione prevede che il tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, possa autorizzare l'ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato.
Sempre in materia di procedura per il riconoscimento della protezione internazionale, si incide sulla particolare fattispecie di cui all'articolo 29-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008, relativa alla presentazione di una prima domanda reiterata in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento; in particolare si individua l'autorità competente alla decisione – al solo fine dell'esame di ammissibilità – nel presidente della Commissione territoriale, in analogia a quanto previsto dalla regola generale per le domande reiterate (articolo 29, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 25 del 2008). Inoltre, allo scopo di rendere effettiva l'eventuale decisione di inammissibilità, si prevede che il richiedente che si trova nelle condizioni di cui al medesimo articolo 29-bis sia trattenuto nei centri previsti dall'articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998.
Le modifiche normative in materia di procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale sono completate, al fine di un pieno adeguamento alla direttiva 2013/32/UE, con disposizioni relative al tema della sospensione della decisione amministrativa nel corso del procedimento giurisdizionale, regolato dagli articoli 35 e 35-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008; l'intervento riguarda, in particolare, l'efficacia sospensiva del ricorso giurisdizionale e l'istanza cautelare.
Per altro verso, allo scopo di meglio definire la condizione giuridica dello straniero, si interviene in materia di iscrizione anagrafica. In proposito, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 186 del 9 luglio 2020, ha dichiarato l'illegittimità della normativa introdotta dall'articolo 13 del decreto-legge n. 113 del 2018, che precludeva l'iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo, per violazione dell'articolo 3 della Costituzione sotto un duplice profilo: per irrazionalità intrinseca, poiché la norma censurata non agevola il perseguimento delle finalità di controllo del territorio dichiarate dal citato decreto-legge; per irragionevole disparità di trattamento, perché rende ingiustificatamente più difficile ai richiedenti asilo l'accesso ai servizi che siano anche ad essi garantiti. L'intervento in esame è diretto a dare ordine alla materia affermando il diritto all'iscrizione anagrafica, con la disciplina delle relative modalità e del rilascio della carta d'identità.
Sempre in materia di condizione giuridica dello straniero, il provvedimento in esame affronta anche il tema della convertibilità dei permessi di soggiorni in permessi per motivi di lavoro. La soluzione adottata si fonda sull'esplicita indicazione delle tipologie di permesso di soggiorno convertibili ove ne ricorrano le condizioni previste dalla normativa vigente.
Il provvedimento prevede, poi, un'ampia riforma del sistema di accoglienza destinato ai richiedenti protezione internazionale e ai titolari di protezione. Il primo principio su cui si fonda l'intervento strutturale consiste nell'individuazione del nuovo Sistema di accoglienza e integrazione (destinato a succedere al Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati – SIPROIMI) come caposaldo per lo svolgimento delle operazioni di accoglienza.
Le attività di prima assistenza continueranno a essere svolte nei centri governativi ordinari e straordinari, previsti dagli articoli 9 e 11 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998.
In secondo luogo, la struttura del Sistema di accoglienza e integrazione si articola in due livelli di prestazioni, di cui il primo è dedicato ai richiedenti protezione internazionale, mentre il secondo è relativo ai titolari di protezione e prevede servizi aggiuntivi, finalizzati all'integrazione. Tale differenziazione segue anche le indicazioni fornite dalla Corte dei conti, rese con la deliberazione 7 marzo 2018, n. 3/2018/G. Nel documento, dedicato alla prima accoglienza degli immigrati, la Corte rilevava la necessità di evitare di riconoscere un «diritto di permanenza indistinto» a tutti coloro che sbarcano, compresi gli stranieri che non dovessero avere diritto a una forma di protezione, con il loro conseguente inserimento in percorsi di formazione professionale finalizzati all'integrazione, con gravosi oneri finanziari a carico del bilancio dello Stato. Vengono, infine, ridefinite le categorie degli stranieri che possono essere accolti nel Sistema di accoglienza e integrazione, anche allo scopo di colmare alcune omissioni della normativa previgente che avevano dato luogo a difficoltà applicative.
Una particolare attenzione è dedicata dal presente provvedimento al tema dell'integrazione, prevedendo l'individuazione di percorsi specifici a supporto dei beneficiari del Sistema di accoglienza e integrazione, da avviare alla scadenza del periodo di accoglienza. Tali iniziative devono essere inquadrate nella cornice generale del Piano nazionale per l'integrazione, previsto all'articolo 29, comma 3, del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251. Si prevede un concreto impulso all'aggiornamento del Piano nazionale, da adottare per il biennio 2020-2021, secondo linee direttrici che riguardano la formazione linguistica, l'informazione sui diritti e sui doveri individuali, l'orientamento ai servizi e l'orientamento all'inserimento lavorativo. A tale proposito, il Tavolo di coordinamento nazionale, istituito presso il Ministero dell'interno, è chiamato a formulare proposte per l'attivazione di Fondi europei.
In materia di trattenimento degli stranieri in strutture di permanenza per il rimpatrio, il presente provvedimento appronta un'articolata serie di misure dirette, da un lato, a ridurre i tempi massimi di trattenimento, a individuare delle categorie di persone destinatarie di un provvedimento di espulsione da trattenere prioritariamente e a definire norme di garanzia dei diritti delle persone trattenute e, da un altro lato, a rafforzare l'azione repressiva dei delitti commessi in queste strutture.
Si rende, poi, necessario e urgente introdurre norme ulteriori finalizzate a rafforzare i dispositivi a garanzia della sicurezza pubblica.
Si interviene, pertanto, sull'articolo 391-bis del codice penale, in materia di agevolazione delle comunicazioni dei detenuti sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, 354 (sull'ordinamento penitenziario), completandone il perimetro ed elevando il regime sanzionatorio.
Nello stesso ambito e con analoghe finalità, si introduce una nuova figura di reato (articolo 391-ter del codice penale), mediante la quale sono sanzionate l'introduzione e la detenzione, all'interno degli istituti penitenziari, di telefoni cellulari e di dispositivi idonei a consentire la comunicazione con l'esterno.
Si provvede, inoltre, a elevare le sanzioni penali previste per il reato di rissa (articolo 588 del codice penale).
Sono altresì rafforzate le misure del divieto di ingresso nei pubblici esercizi e nei locali di pubblico trattenimento o nelle loro adiacenze, nonché le misure di contrasto del fenomeno dello spaccio di stupefacenti attraverso siti web.
Nel primo caso, si tende a rafforzare la capacità preventiva sul cosiddetto «DASPO urbano», con l'intento di prevenire gravi episodi di violenza sia all'interno dei locali che nelle immediate vicinanze degli stessi. Il secondo intervento mira ad applicare il meccanismo (già utilizzato per il contrasto della pedopornografia telematica) dell'oscuramento dei siti web che, sulla base di elementi oggettivi, devono ritenersi utilizzati per la commissione di reati in materia di stupefacenti.
Viene, infine, integrata la disciplina contenuta nell'articolo 7 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, modificando la denominazione del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale in quella di «Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale» e ridefinendo sul piano normativo primario il suo ruolo di meccanismo nazionale di prevenzione, prorogando, nel contempo, per due anni il mandato del collegio attualmente in carica.

Il presente provvedimento si compone di sedici articoli.
L'articolo 1, comma 1, è dedicato alle norme in materia di permesso di soggiorno e di controlli di frontiera e reca modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998.
La lettera a) reintroduce l'espressa precedente menzione del rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano, abrogata dal decreto-legge n. 113 del 2018, modificando il vigente articolo 5, comma 6, del testo unico. La norma recepisce un'osservazione contenuta nella lettera del Presidente della Repubblica al Presidente del Consiglio dei ministri, contestuale alla promulgazione della legge n. 132 del 2018 di conversione del citato decreto-legge.
La lettera b) individua specifiche tipologie di permessi di soggiorno per le quali è ammessa la conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, ove ne ricorrano i requisiti. Si tratta dei permessi di soggiorno per protezione speciale (ad eccezione dei casi per i quali siano state applicate le cause di diniego ed esclusione della protezione internazionale), per calamità, per residenza elettiva, per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, per attività sportiva, per lavoro di tipo artistico, per motivi religiosi e per assistenza di minori.
Le lettere c) e d) abrogano il comma 1-ter dell'articolo 11 e i commi 6-bis, 6-ter e 6-quater dell'articolo 12 del testo unico, in ragione delle modifiche recate dal successivo comma 2.
La lettera e), numero 1), reca una complessiva riformulazione dell'articolo 19, comma 1.1, del testo unico, che individua i casi di divieto di espulsione per i quali è previsto il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale. In primo luogo, si precisa che il divieto di respingimento previsto dal testo unico vige anche nei confronti di coloro per i quali sussiste il rischio di essere sottoposti a trattamenti inumani o degradanti, oltre che per il rischio di tortura come previsto dalla formulazione previgente della norma in questione. La modifica assicura la piena applicazione dell'articolo 3 della CEDU, che stabilisce il divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti, recependo la consolidata giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo sui rapporti tra le migrazioni e la predetta norma convenzionale. In secondo luogo, si prescrive il divieto di respingimento e di espulsione nei casi in cui il rimpatrio determini il rischio di una violazione del diritto alla vita privata e familiare. Anche in questo caso si fa riferimento alle norme della CEDU, segnatamente all'articolo 8, in relazione al quale la Corte europea dei diritti dell'uomo ha sviluppato una rilevante giurisprudenza proprio con riguardo al limite che il diritto alla vita privata e familiare comporta sulla facoltà degli Stati di adottare ed eseguire provvedimenti di rimpatrio. Nella giurisprudenza della Corte, tuttavia, si evidenzia come tale limite non sia inderogabile (come invece risulta essere quello previsto dall'articolo 3 della CEDU) e occorre effettuare un giudizio di comparazione diretto a verificare se la misura espulsiva sia necessaria in una società democratica e proporzionata al legittimo scopo perseguito (Corte europea dei diritti dell'uomo, Uner contra Olanda, ricorso n. 46410/99, del 18 ottobre 2006). L'innovazione normativa, pertanto, è coerente con la giurisprudenza della stessa Corte nonché della Corte di cassazione (sezione I, citata sentenza n. 4455 del 2018).
Il numero 2) inserisce, dopo il comma 1.1. dell'articolo 19 del testo unico, il comma 1.2, che specifica che nei casi di rigetto della domanda di protezione internazionale, qualora ricorrano i requisiti del divieto di respingimento ed espulsione di cui ai commi precedenti, la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale trasmette gli atti al questore per il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale. Nei casi di richiesta di permesso di soggiorno, qualora ricorrano i suddetti requisiti, allo straniero è rilasciato il permesso di soggiorno per protezione speciale previo parere della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.
Il numero 3) incide sull'articolo 19, comma 2, lettera d-bis), del testo unico. Tale norma sancisce il divieto di espulsione o di respingimento per gli stranieri che versano in condizioni di salute di particolare gravità. Con l'intervento in esame si estende il divieto anche in caso di patologie relative alla sfera psichiatrica.
La lettera f), numeri 1) e 2), si occupa del permesso di soggiorno per calamità, previsto dall'articolo 20-bis del testo unico, introdotto dal decreto-legge n. 113 del 2018. Ai sensi della norma citata, il diritto al rilascio del permesso di soggiorno sussiste solo in presenza di una calamità contingente ed eccezionale; in questo caso l'intervento emendativo ripristina la formula già affermata nella prassi amministrativa, che dava rilievo alla calamità qualificata come grave. Con un intervento di manutenzione normativa si coordina, poi, la disciplina del permesso di soggiorno in questione con la disposizione introdotta dall'articolo 1, comma 1, lettera b), del citato decreto-legge in materia di conversione dei permessi di soggiorno per calamità in permesso per motivi di lavoro, eliminando il precedente riferimento alla non convertibilità del permesso di soggiorno per calamità.
La lettera g) interviene sulla convertibilità in permesso per motivi di lavoro del permesso di soggiorno per ricerca scientifica, già prevista dall'articolo 27-ter, comma 9-bis, del testo unico. Al riguardo, in primo luogo, si elimina la necessità di dimostrare la disponibilità di un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale, così come previsto dall'articolo 29, comma 3, lettera b), del testo unico. Per ciò che attiene all'assistenza sanitaria, si elimina il riferimento specifico al comma 3 dell'articolo 34 del testo unico, che prevede l'obbligo di assicurazione contro il rischio di malattie, infortunio e per maternità. In tal modo, ai casi in esame si applicheranno le regole generali in materia di assistenza sanitaria per gli stranieri regolarmente soggiornanti, dettate dal complesso delle disposizioni del menzionato articolo 34, che distinguono i casi in cui si applica l'obbligo di iscrizione al Servizio sanitario nazionale da quelli in cui è consentita l'iscrizione volontaria al suddetto Servizio e da quelli, infine, in cui occorre procedere alla stipulazione di una polizza assicurativa.
La lettera h) è relativa al procedimento di conversione del permesso di soggiorno per minore età, al compimento della maggiore età, per motivi di studio o di lavoro. Nel procedimento è prevista l'emissione di un parere del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Nell'ordinamento previgente all'entrata in vigore del decreto-legge n. 113 del 2018, la mancata emissione del parere nei termini previsti non poteva legittimare il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno. Il citato decreto-legge ha eliminato tale previsione, che si intende ora ripristinare, come richiesto anche dalla I Commissione (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) – della Camera dei deputati, il 7 luglio 2020, in sede di emissione di parere sullo schema del decreto del Presidente della Repubblica sui nuovi permessi di soggiorno per minori, da adottare ai sensi dell'articolo 22 della legge 7 aprile 2017, n. 47, recante «Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati».
La lettera i) è volta a consentire lo svolgimento di attività lavorativa agli stranieri che, intendendo ricevere cure mediche in Italia, ottengano uno specifico visto di ingresso e il relativo permesso di soggiorno previsto dall'articolo 36 del testo unico.
Il comma 2 interviene in materia di limitazione o divieto di transito di navi nel mare territoriale. Qualora ricorrano motivi di ordine e sicurezza pubblica o legati a violazione delle leggi sull'immigrazione, il Ministro dell'interno adotta il relativo provvedimento, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri. Non ricadono in questa previsione le operazioni di soccorso, immediatamente comunicate alle autorità italiane e alle autorità dello Stato di bandiera della nave e condotte nel rispetto delle pertinenti norme di diritto internazionale e delle indicazioni della competente autorità di coordinamento per la ricerca e il soccorso in mare. Si stabilisce, altresì, la disciplina sanzionatoria per la violazione dei provvedimenti limitativi della navigazione connessi a motivi di ordine e sicurezza pubblica o legati a violazione delle leggi sull'immigrazione. A tale proposito, si richiama l'applicazione dell'articolo 1102 del codice della navigazione (regio decreto 30 marzo 1942, n. 327) e si prevede la multa dal minimo di euro 10.000 al massimo di euro 50.000.
L'articolo 2 si occupa del procedimento di riconoscimento della protezione internazionale.
Al comma 1, lettera a), si modifica l'articolo 28 del decreto legislativo n. 25 del 2008, allo scopo di riordinare e razionalizzare i casi di domande per le quali si prevede un esame prioritario, differenziandoli da quelli per i quali è adottata una procedura accelerata, in conformità all'articolo 31 della direttiva 2013/32/UE. Sono, pertanto, eliminati dalla norma in esame i casi di domanda presentata da richiedenti trattenuti nei centri e nelle strutture di permanenza per il rimpatrio o provenienti da Paesi di origine sicuri, ricondotti ora esclusivamente sotto la fattispecie della procedura accelerata. Si prevede, inoltre, che la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale informi il richiedente delle determinazioni procedurali assunte nella fase di avvio del colloquio personale.
Al comma 1, lettera b), è sostituito l'articolo 28-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008. L'intervento ha una prima finalità collegata all'esigenza di chiarire i casi e i termini della procedura accelerata. Inoltre, viene ricondotto al novero delle procedure in questione il caso della domanda presentata da una persona sottoposta a procedimento penale o condannata, anche in via non definitiva, per uno dei reati che configurano causa di diniego dello status di rifugiato o di esclusione della protezione sussidiaria. Infine, si esclude che le procedure accelerate possano essere applicate a minori non accompagnati.
Sempre al comma 1, la lettera c) è dedicata al tema delle decisioni di rigetto per manifesta infondatezza, prevedendone l'inapplicabilità alle domande presentate ai richiedenti vulnerabili, di cui all'articolo 17 del decreto legislativo n. 142 del 2015.
Il comma 1, lettera d), interviene sulla particolare casistica della domanda reiterata presentata in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento, di cui all'articolo 29-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008. Nell'ordinamento previgente, tale domanda era considerata inammissibile per norma, in quanto presentata allo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione del provvedimento, e non si procedeva ad alcuna valutazione da parte della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale; in tale caso si attribuisce alla competenza del presidente della Commissione territoriale la decisione preliminare, in conformità a quanto previsto, in generale, per il vaglio di ammissibilità delle domande di protezione internazionale dall'articolo 29 del decreto legislativo n. 25 del 2008. L'esame preliminare deve essere compiuto entro tre giorni dalla trasmissione della domanda. L'intervento normativo, senza alterare le esigenze di snellezza riconnesse alla particolare fattispecie, conseguentemente chiarisce la competenza della Commissione territoriale ad esaminare e a decidere la tipologia delle domande in questione, conformemente all'articolo 4 della direttiva 2013/32/UE, e all'articolo 4 del decreto legislativo n. 25 del 2008.
Il comma 1, lettera e), numero 1), abroga il comma 1-bis dell'articolo 32 del decreto legislativo n. 25 del 2008, che disciplina la procedura immediata per le domande di protezione internazionale presentate da richiedenti che sono sottoposti a procedimento penale o sono stati condannati per reati che costituiscono causa di diniego dello status di rifugiato, di cui all'articolo 12, comma 1, lettera c), del n. 251 del 2007, o causa di esclusione dallo status di protezione sussidiaria, di cui all'articolo 16, comma 1, lettera d-bis), dello stesso decreto legislativo. Il procedimento è ora ricondotto alla tipologia delle procedure accelerate, di cui all'articolo 28-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008, e si prevede che la decisione venga adottata dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, previa audizione dell'interessato, nel termine di cinque giorni dalla ricezione della domanda.
Il numero 2.1) interviene sulla disciplina del permesso di soggiorno per protezione speciale, allo scopo di portarne la durata da uno a due anni.
Il numero 2.2) prevede il coordinamento della disciplina del permesso di soggiorno in esame con la modifica introdotta dall'articolo 1, comma 1, lettera b), del provvedimento, in materia di conversione dei permessi di soggiorno in permessi per motivi di lavoro.
La lettera e), numero 3), introduce, dopo il comma 3 dell'articolo 32 del decreto legislativo n. 25 del 2008, i commi 3.1 e 3.2. Il primo attribuisce alla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale la competenza alla verifica dei requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno per «cure mediche» di cui all'articolo 19, comma 2, lettera d-bis), del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998. Il secondo prevede che, qualora la domanda di protezione internazionale non sia accolta ma nel corso del procedimento per il riconoscimento emergano i presupposti affinché il richiedente familiare di un minore rimanga nel territorio nazionale, per gravi motivi connessi allo sviluppo psicofisico e alla salute del minore, ai sensi dell'articolo 31, comma 3, del citato testo unico, la Commissione territoriale informi il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni per i provvedimenti conseguenti.
La lettera f) è dedicata agli interventi di modifica del processo per i ricorsi in materia di protezione internazionale, con riguardo all'efficacia sospensiva del ricorso e dell'istanza cautelare.
Il numero 1) introduce una modifica al comma 2 dell'articolo 35-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008. Tale norma disciplina le modalità e i termini di presentazione del ricorso giurisdizionale avverso le decisioni amministrative. L'ultimo periodo del comma 2 individua i casi in cui i termini ordinari per l'impugnazione sono dimezzati. La previsione originaria, dettata dal decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 aprile 2017, n. 46, prevedeva il dimezzamento dei termini suddetti per tutte le ipotesi di procedure accelerate. L'intervento operato sulla norma dal decreto-legge n. 113 del 2018 ha introdotto nell'articolo 28-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008 nuove ipotesi di procedure accelerate, contenute in tre commi aggiuntivi (1-bis, 1-ter e 1-quater), senza provvedere al coordinamento con la disposizione relativa al dimezzamento dei termini di ricorso. Con l'intervento attuale si ripristina, pertanto, la corrispondenza tra accelerazione delle procedure amministrative e riduzione dei termini di ricorso giurisdizionale.
Il numero 2.1) riguarda le ipotesi in cui non opera la sospensione automatica della decisione amministrativa in conseguenza della presentazione del ricorso e si riferisce alla domanda presentata da un richiedente proveniente da un Paese di origine sicuro o da un richiedente in condizioni di irregolarità che presenti la domanda al solo scopo di ritardare o impedire una decisione di rimpatrio. L'intervento consiste nel mero allineamento dei riferimenti normativi a tali ipotesi, in conseguenza della riscrittura della norma sulle procedure accelerate (articolo 28-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008).
La lettera f), numero 2.2), incide sull'articolo 35-bis, comma 3, del decreto legislativo n. 25 del 2008. La norma in questione individua i casi in cui la proposizione del ricorso giurisdizionale non ha effetto sospensivo automatico della decisione amministrativa. L'intervento emendativo aggiunge a tali ipotesi il caso relativo alle domande presentate da persone che sono sottoposte a procedimento penale o sono state condannate per reati che costituiscono causa di diniego dello status di rifugiato, di cui all'articolo 12, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 251 del 2007, o causa di esclusione dallo status di protezione sussidiaria, di cui all'articolo 16, comma 1, lettera d-bis), dello stesso decreto legislativo.
La lettera f), numero 3), introduce un intervento di coordinamento connesso alla fattispecie di cui al numero 3). Si prevede, inoltre, che il provvedimento giudiziale di sospensione degli effetti della decisione amministrativa di rigetto sia adottata dalla sezione specializzata del tribunale, in composizione collegiale.
La lettera f), numero 4), sostituisce il comma 5 dell'articolo 35-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008. Il testo precedente prevedeva che il ricorso e anche l'istanza cautelare non sospendessero l'efficacia esecutiva delle decisioni di inammissibilità sulle domande reiterate e di rigetto per le domande presentate da persone sottoposte a procedimento penale o condannate, anche con sentenza non definitiva, per reati che si configurano come causa di esclusione. Tale norma non era coerente con gli articoli. 9 e 41 della direttiva 2013/32/UE. In coerenza con il diritto dell'Unione europea, si prevede ora che l'efficacia della decisione amministrativa non sia sospesa né dal ricorso né dall'istanza cautelare nel caso di domanda reiterata presentata nella fase di imminente esecuzione di un provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale (articolo 29-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008) o della presentazione di un'ulteriore domanda reiterata dopo che la prima sia stata dichiarata inammissibile.
L'articolo 3 riguarda il trattenimento e l'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e dei titolari di protezione.
Al comma 1 sono apportate modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998.
La lettera a) si occupa della permanenza degli stranieri rintracciati in posizione di irregolarità nel territorio nazionale o soccorsi nel corso di operazioni di salvataggio in mare e condotti in apposti punti di crisi, ai sensi dell'articolo 10-ter del testo unico. Si stabilisce esplicitamente, in proposito, che gli stranieri predetti siano tempestivamente informati dei diritti e delle facoltà connessi al procedimento di convalida dell'eventuale decreto di trattenimento, in una lingua da loro conosciuta o in una lingua veicolare.
La lettera b) si riferisce al trattenimento dello straniero in strutture e locali idonei, diversi dai centri di permanenza per il rimpatrio, allo scopo di precisare che la misura di rigore deve essere eseguita nel pieno rispetto della dignità del trattenuto. In proposito, si rinvia alla formula utilizzata per i centri di permanenza per il rimpatrio, con conseguente omologazione del trattamento nei due tipi di strutture.
La lettera c), numero 1), procedimentalizza l'attività diretta a individuare il centro per il rimpatrio dove trasferire lo straniero destinatario di un provvedimento di trattenimento: in proposito si prevede che il questore faccia richiesta di assegnazione del posto alla Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno.
La lettera c), numero 2), stabilisce due criteri di priorità per il trattenimento nei centri di permanenza per il rimpatrio allo scopo di assicurare che, nei casi di insufficiente disponibilità di posti in tali strutture, siano trattenuti anzitutto coloro che sono considerati una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblica o che sono stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per specifici reati. Sono richiamate le norme dell'articolo 4, comma 3, terzo periodo, e dell'articolo 5, comma 5-bis, dello stesso testo unico al fine di garantire una valutazione simmetrica rispetto alle condizioni ostative al rilascio del visto e del permesso di soggiorno. Si prevede, inoltre, che siano condotti con priorità nei centri di permanenza per il rimpatrio anche coloro che provengono da Stati con i quali l'Italia abbia stipulato accordi di riammissione o altre intese in materia di rimpatrio. Con la lettera c), numero 3), si provvede alla riduzione dei tempi massimi di trattenimento da centottanta a novanta giorni, prorogabili di ulteriori trenta giorni qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri.
Al comma 2, la lettera a) interviene in materia di diritto all'iscrizione anagrafica per il richiedente protezione internazionale. La Corte costituzionale, con la citata sentenza n. 186 del 9 luglio 2020, ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 13 del decreto-legge n. 113 del 2018 che aveva abrogato le norme previgenti, individuando due profili di illegittimità costituzionale, entrambi riferiti all'articolo 3 della Costituzione.
In primo luogo, la Corte ha rilevato che «a dispetto del dichiarato obiettivo dell'intervento normativo di aumentare il livello di sicurezza pubblica, la norma in esame, impedendo l'iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo, finisce con il limitare le capacità di controllo e monitoraggio dell'autorità pubblica sulla popolazione effettivamente residente sul suo territorio, escludendo da essa una categoria di persone, gli stranieri richiedenti asilo, regolarmente soggiornanti nel territorio italiano».
In secondo luogo, la Consulta ha ritenuto che la violazione dell'articolo 3 della Costituzione derivi anche dall'irragionevole disparità di trattamento che la norma censurata determina tra stranieri richiedenti asilo e altre categorie di stranieri legalmente soggiornanti nel territorio nazionale, oltre che con i cittadini italiani. Nella motivazione, si rileva , al riguardo, che «Negando l'iscrizione anagrafica a coloro che hanno la dimora abituale nel territorio italiano, tuttavia, la norma censurata riserva un trattamento differenziato e indubbiamente peggiorativo a una particolare categoria di stranieri in assenza di una ragionevole giustificazione: se infatti la registrazione anagrafica è semplicemente la conseguenza del fatto oggettivo della legittima dimora abituale in un determinato luogo, la circostanza che si tratti di un cittadino o di uno straniero, o di uno straniero richiedente asilo, comunque regolarmente insediato, non può presentare alcun rilievo ai suoi fini».
La norma del presente provvedimento si muove nel solco della suddetta giurisprudenza costituzionale affermando, in primo luogo, il diritto all'iscrizione anagrafica per il richiedente protezione internazionale. Si precisa, inoltre, che tale diritto si può esplicare sia nelle forme ordinarie sia nelle liste di convivenza, nel caso di richiedenti ospitati nei centri. È necessario, in entrambi i casi, il possesso del permesso di soggiorno per richiesta asilo ovvero la ricevuta della presentazione della domanda di protezione internazionale. Si stabiliscono, infine, le caratteristiche della carta d'identità rilasciata al richiedente protezione internazionale.
La lettera b), numero 1.1), modifica l'articolo 6, comma 2, lettera a), del decreto legislativo n. 142 del 2015, che individua, tra i casi di trattenimento del richiedente protezione internazionale, la ricorrenza dei requisiti per l'applicazione delle cause di esclusione dallo status di rifugiato, individuate dall'articolo 1, paragrafo F, della Convenzione relativa allo status di rifugiato, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, e modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967, reso esecutivo dalla legge 14 febbraio 1970, n. 95. Si aggiungono, pertanto, ai casi suddetti le ipotesi di ricorrenza di causa di diniego dello status di rifugiato, di cui all'articolo 12, e di esclusione dallo status di protezione sussidiaria, di cui all'articolo 16 del decreto legislativo n. 251 del 2007, che partecipano della medesima ratio. La norma proposta è coerente con la previsione dell'articolo 8, paragrafo 3, lettera e), della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013. La lettera b), numero 1.2), aggiunge, ai predetti casi di trattenimento, l'ipotesi di chi presenti domanda reiterata in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento, di cui all'articolo 29-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008, come sostituito dal presente provvedimento.
La lettera b), numero 1.3), prevede, quali casi ulteriori di trattenimento del richiedente asilo, le ipotesi di condanne anche non definitive per reati rilevanti ai fini delle cause di diniego dello status di rifugiato (articolo 12, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 251 del 2007) e di esclusione dallo status di protezione sussidiaria (articolo 16, comma 1, lettera d-bis), del decreto legislativo n. 251 del 2007).
La lettera b), numero 2), dispone anche per i richiedenti protezione internazionale la riduzione dei tempi massimi di trattenimento da centottanta a novanta giorni, prorogabili di ulteriori trenta giorni qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri. La lettera b), numero 3), prevede un intervento di coordinamento conseguente alla riformulazione dell'articolo 28-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008.
Il comma 3 prevede che le disposizioni di cui al comma 2, lettera b), numero 1), si applicano nel limite dei posti disponibili dei centri di permanenza per il rimpatrio o delle strutture diverse e idonee.
Il comma 4 intende tutelare i diritti delle persone trattenute, in attesa dell'esecuzione coattiva di un provvedimento di espulsione o di respingimento.
La lettera a) sostituisce il comma 2 dell'articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998. Si prevede ora, in modo esplicito, la necessità che nei centri per il rimpatrio siano assicurati adeguati requisiti igienico-sanitari e abitativi e che, inoltre, allo straniero siano garantiti l'informazione relativa al suo status giuridico, l'assistenza e il pieno rispetto della sua dignità. Si fa rinvio, per le regole di dettaglio, all'articolo 21, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, il quale prevede che le disposizioni per la regolare convivenza e per l'erogazione dei servizi nei centri siano adottate dal prefetto, sentito il questore, in attuazione di quanto stabilito dal decreto di costituzione del centro e dalle direttive del Ministro dell'interno.
La lettera b) istituisce uno specifico strumento di reclamo al Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale avverso le condizioni di trattenimento. L'innovazione normativa si fonda sulle conclusioni della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 1° settembre 2015 – ricorso n. 16483/12 – causa Khlaifia, che prevedeva una condanna per l'Italia in relazione all'assenza di un tale strumento di impugnazione.
Il comma 5 è una norma di completamento del nuovo strumento di reclamo previsto dal comma 3, lettera b). Essa integra le funzioni attribuite al Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, attribuendogli la competenza a esaminare la fondatezza delle istanze e dei reclami proposti dagli stranieri trattenuti e a formulare raccomandazioni all'amministrazione interessata.
L'articolo 4 opera un'ampia revisione del sistema complessivo di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e dei beneficiari di protezione.
In particolare, il comma 1, lettera a), sostituisce l'articolo 8 del decreto legislativo n. 142 del 2015 che stabilisce i nuovi princìpi posti a fondamento del sistema di accoglienza. Si prevede, in particolare, che:

la prima assistenza sia svolta nei centri governativi;

l'accoglienza si effettui, nei limiti dei posti disponibili, nelle strutture del Sistema di accoglienza e integrazione, gestite dagli enti locali (ex SIPROIMI).

La lettera b), numero 1), incide sull'articolo 9 del decreto legislativo n. 142 del 2015, il quale prevede che i centri governativi di prima accoglienza siano istituiti con decreto del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, secondo la programmazione degli interventi definita dal Tavolo di coordinamento nazionale, istituito presso il Ministero dell'interno, e dai tavoli di coordinamento regionali, istituiti presso le prefetture-uffici territoriali del Governo dei capoluoghi di regione. Con la disposizione in esame si stabilisce che la predetta programmazione tenga conto anche delle esigenze di contenimento della capienza massima dei centri, allo scopo di conseguire una migliore gestione.
La lettera b), numero 2), introduce il comma 4-bis dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 142 del 2015, ai sensi del quale il richiedente, dopo avere svolto le operazioni preliminari di assistenza, è trasferito, nei limiti dei posti disponibili, alle strutture del Sistema di accoglienza e integrazione, con priorità per i richiedenti vulnerabili.
La lettera c) interviene sull'articolo 10 del decreto legislativo n. 142 del 2015 per affermare, anzitutto, la necessità che i centri governativi ordinari e i centri straordinari, di cui agli articoli 9 e 11 dello stesso decreto legislativo, siano caratterizzati da adeguati requisiti igienico-sanitari, individuati con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della salute, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, che si esprime entro trenta giorni. Si precisano, inoltre, le categorie di servizi che devono essere assicurate nelle predette strutture e si fa rinvio, per la disciplina di dettaglio, alle disposizioni analitiche del capitolato d'appalto. Si aggiunge che l'erogazione dei servizi potrà prevedere anche un'organizzazione su base territoriale che potrà dunque articolarsi, ad esempio, anche a livello comunale, sovracomunale o provinciale, oltre che nei singoli centri di accoglienza.
La lettera d) reca una norma di coordinamento, riferita alla condizione dei richiedenti ospitati, per la prima assistenza, nei centri governativi straordinari.
La lettera e) ripristina la possibilità di avviare i richiedenti protezione internazionale a lavori di utilità sociale. La predetta disposizione era stata introdotta dal decreto-legge n. 13 del 2017 e poi abrogata dal decreto-legge n. 113 del 2018.
Il comma 2 stabilisce che le attività di cui alle lettere b), numero 1), e c), siano svolte con le risorse disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il comma 3 è dedicato al Sistema di accoglienza e integrazione, intervenendo sull'articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39.
La lettera a) modifica la rubrica dell'articolo 1-sexies, che è trasformata in «Sistema di accoglienza e integrazione».
La lettera b) sostituisce il comma 1 e inserisce il comma 1-bis dell'articolo 1-sexies; si prevede che nel Sistema di accoglienza e integrazione possono essere ospitati, nei limiti dei posti disponibili, i richiedenti asilo, i titolari di protezione internazionale, i minori stranieri non accompagnati, i titolari di protezione speciale (che non abbiano compiuto atti che costituiscono causa di esclusione), i titolari di permessi di soggiorno per cure mediche, per calamità, le vittime di tratta, di violenza domestica, di sfruttamento lavorativo e le persone che avevano avuto il riconoscimento della protezione umanitaria dalle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale nel periodo intermedio tra la normativa previgente e il decreto-legge n. 113 del 2018 (casi speciali transitori). Possono, inoltre, essere accolti anche gli stranieri affidati dal tribunale per i minorenni ai servizi sociali, al compimento della maggiore età (cosiddetto «proseguo amministrativo»).
La lettera c) prevede che il Sistema di accoglienza e integrazione eroghi servizi di primo livello, cui accedono i richiedenti protezione internazionale, e servizi di secondo livello, finalizzati all'integrazione, cui accedono le ulteriori categorie di beneficiari. Le disposizioni analitiche sui predetti servizi saranno adottate con il decreto ministeriale che definisce le modalità di accesso al Sistema (previsto dall'articolo 1-sexies del decreto-legge n. 416 del 1989). La distinzione di servizi deriva anche dalle osservazioni della Corte dei conti (deliberazione del 7 marzo 2018, n. 3/2018/G), secondo le quali si dovrebbe evitare di riconoscere a tutti coloro che sbarcano un «diritto di permanenza indistinto» in relazione al quale anche migranti senza titolo possono essere di fatto inseriti nei percorsi di formazione professionale, con gravosi oneri finanziari a carico del bilancio dello Stato.
Il comma 4 reca una norma di coordinamento.
Il comma 5 riduce il termine massimo dei procedimenti per il riconoscimento della cittadinanza da quarantotto a trentasei mesi.
Ai sensi del comma 6, il nuovo termine si applica alle domande presentate dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.
Il comma 7 reca una norma di coordinamento con la modifica disposta dal comma 3.
L'articolo 5, al comma 1, prevede che per i beneficiari di misure di accoglienza accolti nel Sistema di accoglienza e integrazione sono avviati ulteriori progetti di integrazione, a cura delle amministrazioni competenti e nei limiti delle risorse disponibili. Il comma 2 inserisce tale iniziativa in una più generale attività di programmazione di linee di intervento volte all'inserimento sociale dei suddetti beneficiari, da attuare nell'ambito del Piano nazionale per l'integrazione, previsto all'articolo 29 del decreto legislativo n. 251 del 2007. Il comma 3 prevede che il Tavolo di coordinamento nazionale, istituito presso il Ministero dell'interno, formuli proposte in relazione alle iniziative da avviare.
L'articolo 6 dispone che per i delitti commessi con violenza alle persone o alle cose in occasione o a causa del trattenimento all'interno dei centri e delle strutture, per i quali è previsto l'arresto obbligatorio e facoltativo, quando non è possibile procedere all'arresto per ragioni di ordine o sicurezza pubblica, è da considerarsi in flagranza colui il quale risulti autore del fatto, anche sulla base di documentazione video o fotografica. L'arresto è in questo caso consentito entro quarantotto ore dalla commissione del fatto. Per i citati reati si procede con giudizio direttissimo, fatta salva la necessità di disporre speciali indagini. La disposizione mira a soddisfare l'esigenza di fornire una risposta dissuasiva per gli illeciti forieri di più gravi conseguenze personali e patrimoniali ed è finalizzata ad assicurare, anche in un momento successivo alla commissione del delitto, che il presunto colpevole sia direttamente condotto dinnanzi all'autorità giudiziaria per esservi rapidamente giudicato.
L'articolo 7 modifica l'articolo 131-bis del codice penale, prevedendo che l'esclusione della specifica causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto sia circoscritta al reato commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni e non più nei confronti di tutti i pubblici ufficiali. L'esclusione viene, invece, estesa ai casi di oltraggio a un magistrato in udienza (articolo 343 del codice penale).
L'articolo 8 interviene sull'articolo 391-bis del codice penale allo scopo di sanzionare chiunque agevoli il detenuto sottoposto alle restrizioni di cui all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nelle comunicazioni con l'esterno, completandone la fattispecie ed elevando la misura della sanzione. Quanto al regime sanzionatorio, alla luce della serissima rilevanza degli interessi in gioco, che attengono alla tutela di un'effettiva capacità dell'ordinamento di interrompere i flussi di comunicazione con l'esterno del detenuto sottoposto al regime cui al citato articolo 41-bis, è stata incrementata la pena base, precedentemente fissata nell'intervallo «da uno a quattro anni», per portarla alla misura più elevata «da due a sei anni»; è stata parimenti aumentata la pena aggravata prevista per il caso in cui il fatto sia posto in essere da un pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio oppure da un soggetto che esercita la professione forense.
Quanto al contenuto sostanziale dell'intervento si è, invece, estesa la punibilità anche al detenuto, che, sottoposto alle restrizioni di cui al menzionato articolo 41-bis, comunica con altri in elusione delle prescrizioni all'uopo imposte. Per questo aspetto si è ritenuto che non sia sufficiente l'attuale previsione di una mera sanzione disciplinare.
Nell'ambito della stessa linea di intervento, l'articolo 9 introduce, dopo l'articolo 391-bis del codice penale – che prevede il reato di agevolazione alla violazione e all'elusione delle prescrizioni di cui al citato articolo 41-bis e di elusione delle predette prescrizioni – una nuova figura di reato disciplinata dall'articolo 391-ter, mediante la quale sono sanzionate l'introduzione e la detenzione all'interno degli istituti penitenziari di telefoni cellulari e di dispositivi mobili, comunque denominati, idonei a consentire la comunicazione con l'esterno, nonché, più in generale, ogni condotta attraverso la quale è procurato a un detenuto un apparecchio telefonico o un altro dispositivo idoneo a effettuare comunicazioni. Si tratta di una previsione volta a contrastare, con l'efficacia dissuasiva della sanzione penale, comportamenti e violazioni gravemente pregiudizievoli per l'efficacia del percorso trattamentale e finalizzati a tutelare la necessità di interrompere i rapporti con ambienti criminali esterni da parte dei soggetti sottoposti alle misure restrittive. La pena prevista, della reclusione da uno a quattro anni, è coordinata con quella di cui all'articolo 391-bis dello stesso codice penale, che rappresenta un'ipotesi connessa ma più grave. Inoltre, in modo conforme a quanto previsto dal citato articolo 391-bis, anche in questo caso è considerato circostanza aggravante il fatto che la condotta sia posta in essere da un pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio ovvero da un soggetto che esercita la professione forense.
Si è parimenti ritenuto necessario chiarire che deve essere sottoposta a sanzione penale anche la condotta del detenuto che indebitamente riceva o utilizzi un apparecchio telefonico o un altro dispositivo idoneo a effettuare comunicazioni.
Non è parsa sufficiente l'attuale previsione di illeciti disciplinari, per la specifica gravità del fatto, né è parso sufficiente rimettere la sanzione all'eventuale sussistenza di un concorso del detenuto con l'autore della condotta di cui al primo comma, perché sono immaginabili (come la casistica ha documentato) anche condotte ascrivibili esclusivamente al fatto del detenuto (si pensi alla costruzione di apparati ricetrasmittenti o all'uso illecito dei mezzi di comunicazione interni alla struttura). Si è, invece, espressamente escluso il concorso con altre fattispecie più gravi, facilmente ipotizzabile rispetto alla condotta de qua (come, ad esempio, la ricettazione), in questo modo eludendo anche il rischio di concorso con la violazione dell'articolo 391-bis, senza dover ripetere la clausola posta in apertura del primo comma dell'articolo 391-ter. Il necessario coordinamento della condotta di cui al primo comma con la previsione di cui all'articolo 391-bis è, invece, garantito dalla clausola di riserva posta in apertura del primo comma («Fuori dai casi previsti dall'articolo 391-bis»).
L'articolo 10, al comma 1, lettera a), interviene sulla pena pecuniaria prevista per il delitto di rissa dal primo comma dell'articolo 588 del codice penale, elevando l'importo massimo della multa da 309 a 2.000 euro. Analogamente, la lettera b) modifica il trattamento sanzionatorio previsto dal secondo comma dell'articolo 588, prevedendo l'aggravamento della pena, stabilita nella reclusione da sei mesi a sei anni per il solo fatto della partecipazione alla rissa, nell'ipotesi in cui, nel corso di questa, taluno resti ucciso o riporti lesioni personali. Tale misura risponde alla recrudescenza di fenomeni criminosi per cui risulta indispensabile e urgente approntare misure normative, anche di carattere sanzionatorio, maggiormente incisive.
L'articolo 11 è finalizzato a rendere più incisive e penetranti le misure del divieto di accesso ai locali di pubblico trattenimento o ad esercizi pubblici analoghi, previste dagli articoli 13 e 13-bis del decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48. Più in dettaglio, per effetto del comma 1, lettera a), si amplia il novero dei soggetti ai quali è applicabile il divieto di accesso nei locali pubblici di cui al citato articolo 13, prevedendo che esso possa essere disposto nei confronti dei soggetti che abbiano riportato una o più denunce o una condanna non definitiva nel corso degli ultimi tre anni relativamente alla vendita o alla cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope, ai sensi dell'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309; non è più necessario, quindi, attendere il passaggio in giudicato della sentenza di condanna ovvero la conferma, in grado di appello, della pronuncia di condanna di primo grado. Il questore adotta il provvedimento previa valutazione degli elementi derivanti dai provvedimenti dell'autorità giudiziaria e sulla base degli accertamenti di polizia. Inoltre, si interviene sul trattamento sanzionatorio conseguente alla violazione del divieto e delle misure in esame, prevedendo, in particolare, la pena della reclusione da sei mesi a due anni e della multa da 8.000 a 20.000 euro.
Con il comma 1, lettera b), si recano modifiche al citato articolo 13-bis, prevedendo che il divieto di cui all'articolo 13 possa essere disposto nei confronti dei soggetti denunciati, anticipando la soglia di applicabilità del provvedimento del questore. Il novellato comma 1, quindi, stabilisce che il questore possa disporre il divieto di accesso a pubblici esercizi o locali di pubblico trattenimento nei confronti delle persone denunciate, negli ultimi tre anni, per reati commessi in occasione di gravi disordini avvenuti in pubblici esercizi o in locali di pubblico trattenimento ovvero nelle immediate vicinanze degli stessi, o per delitti non colposi contro la persona o il patrimonio ovvero aggravati ai sensi dell'articolo 604-ter del codice penale, qualora dalla condotta possa derivare un pericolo per la sicurezza. La medesima misura può essere disposta, per motivi di sicurezza, anche nei confronti dei soggetti destinatari di una pronuncia di condanna, anche non definitiva, per taluno dei predetti reati.
I pubblici esercizi o i locali di pubblico trattenimento cui viene interdetto l'accesso, oltre che specificamente indicati, devono essere individuati in ragione dei luoghi in cui sono stati commessi i reati ovvero delle persone con le quali l'interessato si associa.
Inoltre, rispetto alla precedente formulazione che già contemplava, quali reati presupposto, i delitti non colposi contro la persona e il patrimonio, si inseriscono anche i delitti aggravati ai sensi dell'articolo 604-ter del codice penale, ossia per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l'attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità. Viene espunto, invece, il riferimento ai delitti previsti dall'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 al fine di evitare sovrapposizioni con la disciplina dettata, per le medesime condotte, dall'articolo 13.
Ai sensi del nuovo comma 1-bis dell'articolo 13-bis, il questore può disporre il divieto di accesso ai pubblici esercizi o ai locali di pubblico trattenimento presenti nel territorio dell'intera provincia nei confronti delle persone che, per i reati di cui al comma 1, sono state poste in stato di arresto o di fermo convalidato dall'autorità giudiziaria, ovvero condannate, anche con sentenza non definitiva.
Inoltre, con l'inserimento del comma 1-ter, si chiarisce che, in ogni caso, il divieto di accesso disposto dall'autorità provinciale di pubblica sicurezza comprende anche il divieto di stazionamento nelle immediate vicinanze dei pubblici esercizi e dei locali di pubblico trattenimento rispetto ai quali è stato interdetto l'accesso.
Le modifiche apportate dai numeri 2), 3) e 4) della lettera b) costituiscono adeguamenti di drafting normativo.
In ultimo, viene riformulato il comma 6 dell'articolo 13-bis, concernente la sanzione comminata per la violazione del divieto di accesso, prescrivendo che la pena ivi prevista debba essere applicata sia per la trasgressione del divieto di accesso (semplice e aggravato) che per la violazione delle connesse prescrizioni; si provvede anche all'aggravamento del trattamento sanzionatorio (reclusione da sei mesi a due anni e multa da 8.000 a 20.000 euro).
L'articolo 12 prevede che l'organo del Ministero dell'interno per la sicurezza e la regolarità dei servizi di telecomunicazione, di cui all'articolo 14, comma 2, della legge 3 agosto 1998, n. 269 («Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù»), formi un elenco costantemente aggiornato dei siti web che, sulla base di elementi oggettivi, devono ritenersi utilizzati per commettere sulla rete internet uno o più reati di cui al titolo VIII del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, realizzati mediante l'impiego di sistemi informatici o mezzi di comunicazione telematica ovvero utilizzando reti di telecomunicazione disponibili al pubblico. Il citato organo per la sicurezza delle telecomunicazioni, ferme restando le iniziative e le determinazioni dell'autorità giudiziaria, su richiesta della Direzione centrale dei servizi antidroga del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, inserisce nel citato elenco, costantemente aggiornato, i siti web utilizzati per la commissione di uno o più reati previsti dal citato titolo VIII del testo unico, notificandolo ai fornitori di connettività alla rete internet (cosiddetti «provider») affinché impediscano l'accesso agli stessi siti web.
A garanzia dell'osservanza dell'obbligo, gravante sui predetti fornitori di rete, di inibire entro sette giorni l'accesso ai siti web segnalati dai competenti organi di polizia, come previsto dal comma 2, è posta una sanzione amministrativa pecuniaria, alla cui irrogazione provvede il Ministero dello sviluppo economico, tramite gli ispettorati territoriali, trattandosi di operatori del settore dei servizi di comunicazione elettronica (comma 3).
Si stabilisce, infine, al comma 4, che i proventi derivanti dalle predette sanzioni siano riassegnati in eguale misura al Ministero dell'interno e al Ministero dello sviluppo economico, per essere destinati al finanziamento delle spese connesse all'acquisizione dei beni e dei servizi necessari all'attuazione delle disposizioni dei commi 1 e 3.
L'articolo 13 reca modifiche urgenti alla disciplina sul Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale (secondo la nuova denominazione) che, nei quattro anni del suo mandato, ha esercitato i suoi compiti in conformità alle prescrizioni normative sovranazionali che regolano gli organismi di prevenzione della tortura e delle altre pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti, adottando innumerevoli misure effettive di prevenzione finalizzate a migliorare la condizione delle persone private della libertà personale.
Il Garante nazionale, peraltro, è stato impegnato, parallelamente allo svolgimento delle sue funzioni di organo di vigilanza e di garanzia, anche nell'organizzazione dell'Ufficio e nel suo progressivo rafforzamento, secondo quanto previsto originariamente dal regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 11 marzo 2015, n. 36, e successivamente dal regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 aprile 2019, n. 89.
Nel particolare momento di crisi socio-sanitaria in atto, destinata a incidere negativamente anche sulla condizione delle persone private della libertà personale, appare necessario intervenire con modifiche urgenti alla suddetta disciplina al fine di definire il ruolo del Garante nazionale nel quadro normativo nazionale, di rendere più efficace l'esercizio del mandato assegnato dalla legge e di conservare nel tempo l'esperienza maturata dall'attuale collegio e dalla struttura di cui esso si avvale. Si interviene, pertanto, per integrare la disciplina contenuta nell'articolo 7 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, nel senso di:

modificare la denominazione del Garante nazionale per renderla coerente con la pluralità dei compiti svolti;

ridefinire sul piano normativo primario il ruolo di meccanismo nazionale di prevenzione ai sensi dell'articolo 3 del Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, adottato il 18 dicembre 2002;

consentire espressamente al Garante nazionale di delegare i garanti territoriali, in specifiche circostanze e per un tempo limitato, allo svolgimento dei compiti assegnati dalla legge allo stesso Garante nazionale;

prorogare di due anni il mandato del collegio attualmente in carica.

In particolare, la modifica della denominazione del Garante nazionale avviene con l'espunzione del riferimento alle persone detenute (comma 1, lettera a)). Va osservato, infatti, che la ricomprensione nel mandato istituzionale di aree di intervento che interessano la privazione della libertà de iure e de facto – quali quelle inerenti alla tutela dei diritti delle persone con disabilità ospitate nelle residenze socio-sanitarie assistenziali o quelle attinenti alla presenza nel territorio nazionale di persone provenienti da Paesi terzi che vi hanno fatto ingresso irregolare e alle procedure dell'eventuale rimpatrio – si è sviluppata nel corso dell'attività del Garante nazionale in osservanza degli obblighi assunti dall'Italia in forza di convenzioni e accordi internazionali. È questo dato fattuale che impone oggi di intervenire sulla denominazione del Garante nazionale così da renderla evocativa di ogni situazione riconducibile alla privazione della libertà, senza che, a seguito dell'uso di un linguaggio non del tutto adeguato, si percepisca che le ulteriori forme di privazione della libertà risultino riconducibili anch'esse alla «detenzione».
Va inoltre sancita (comma 1, lettera b)) l'operatività del Garante nazionale come meccanismo nazionale di prevenzione della tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, in coerenza con l'obbligo previsto dalla legge 9 novembre 2012, n. 195, recante ratifica ed esecuzione del Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, fatto a New York il 18 dicembre 2002. Si integra in tal senso la legge istitutiva della stessa autorità di garanzia.
Quanto alla necessità di intervenire sulla stessa funzionalità del Garante nazionale, va osservato che l'ampiezza delle aree di competenza dell'esercizio del mandato istituzionale e l'articolazione di ognuna di esse nel territorio nazionale comportano, altresì, la necessità che sia data facoltà all'organo di garanzia nazionale di adempiere alle sue funzioni anche attraverso gli organi della rete dei garanti territoriali, investendoli di una delega, comunque specifica, non generalizzata e limitata nel tempo, allo svolgimento di determinati compiti anche oltre le attribuzioni assegnate dai rispettivi atti istitutivi (comma 1, lettera c)).
È da ultimo prorogato di due anni il mandato dell'attuale Garante nazionale (comma 2). La modifica, introduttiva di una deroga ad hoc, è fondata su due motivazioni concorrenti: l'una connessa alla natura fondativa del primo insediamento del Garante, l'altra dettata dalla contingenza delle esigenze conseguenti alla pandemia del COVID-19 che ha segnato la prima metà dell'anno in corso.
Dall'atto del proprio insediamento, avvenuto nei primi mesi del 2016, il collegio del Garante nazionale è stato impegnato, parallelamente all'ordinario svolgimento delle funzioni istituzionali, a costituire l'Ufficio dell'organo di vigilanza, ricercando e acquisendo alle proprie dipendenze le risorse umane necessarie e compiendo tutte le attività, anche di ordine materiale, indispensabili al suo funzionamento. Tale rilevante quanto indispensabile impegno ha consentito di acquisire un patrimonio umano e materiale prezioso per lo svolgimento del mandato istituzionale.
Inoltre, l'emergenza della pandemia di COVID-19 e le sue note conseguenze sul piano della libera circolazione delle persone nel territorio nazionale, oltre che su quello del mantenimento dell'ordinaria attività lavorativa, non hanno determinato la sospensione dell'attività del Garante nazionale, che ha conservato inalterate le sue funzioni di vigilanza nella situazione eccezionale data e ha acquisito ulteriori competenze operative che pare opportuno valorizzare in un arco temporale più lungo garantito da un tempo contenuto di proroga.
L'articolo 14 reca la clausola di invarianza finanziaria. Al comma 1 è previsto che le amministrazioni interessate provvedano all'attuazione delle attività previste dal decreto senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Il comma 2 prevede, al fine di garantire l'invarianza della spesa di cui al comma 1, che l'eventuale rideterminazione del numero dei posti a disposizione nell'ambito del Sistema di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge n. 416 del 1989 sia disposta d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze relativamente alla conseguente verifica della necessaria sussistenza delle disponibilità finanziarie a legislazione vigente. Infine, il comma 3 prevede che l'invarianza della spesa sia assicurata, ove necessario, anche mediante variazioni compensative tra gli stanziamenti dei capitoli di bilancio iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'interno, nell'ambito del pertinente programma relativo alle spese per la gestione dei flussi migratori di cui all'unità di voto 5.1, eseguibili con le ordinarie procedure contabili previste a legislazione vigente.
L'articolo 15 introduce disposizioni transitorie dirette a prevenire le incertezze interpretative sull'applicabilità del nuovo assetto normativo ai procedimenti in corso. Il comma 1 si riferisce a norme che possono incidere sull'esatta determinazione dell'attuale posizione giuridica degli stranieri. La previsione della loro immediata applicabilità ai procedimenti in corso, nella fase sia amministrativa che giurisdizionale, previene la duplicazione dei procedimenti amministrativi e di eventuali contenziosi, evitando la presentazione di nuove istanze, domande o ricorsi.
Con riferimento ai procedimenti giurisdizionali pendenti alla data di entrata in vigore del decreto, nei quali si stia svolgendo il giudizio di rinvio a seguito di annullamento da parte della Corte di cassazione ai sensi dell'articolo 348, secondo comma, del codice di procedura civile, è opportuno prevedere, invece, che le nuove disposizioni non trovino applicazione, considerato il limitato oggetto di questo tipo di procedimenti.
La disposizione transitoria di cui al comma 2 si riferisce all'articolo 2 del decreto-legge, che apporta modifiche ad alcune procedure speciali che si svolgono davanti alle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale e introduce specifiche garanzie per alcune categorie di soggetti vulnerabili, tra i quali i minori non accompagnati, oltre a prevedere specifiche garanzie per l'esame preliminare delle domande reiterate.
L'articolo 16 disciplina l'entrata in vigore del decreto.

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RELAZIONE TECNICA
(Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196).

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DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

1. È convertito in legge il decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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Decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 261 del 21 ottobre 2020.

Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell'attività di governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri;

Ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di garantire la corretta applicazione delle disposizioni in materia di immigrazione, nel rispetto dei princìpi costituzionali e internazionali vigenti in materia;

Ravvisata, altresì, la straordinaria necessità ed urgenza di modificare alcune norme in materia di riconoscimento della protezione internazionale e della protezione complementare e di riarticolare il sistema di prima assistenza e di accoglienza dei richiedenti ed i titolari di protezione internazionale, per i beneficiari di protezione complementare e per minori stranieri non accompagnati;

Ravvisata la straordinaria necessità e urgenza di introdurre norme in materia di iscrizione anagrafica dello straniero e di cittadinanza;

Ritenuta inoltre la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre disposizioni in materia di diritto penale;

Considerata, inoltre, la straordinaria necessità ed urgenza di rafforzare la capacità preventiva delle misure di divieto di accesso agli esercizi pubblici e ai locali di pubblico trattenimento nell'attuale quadro delle attività di prevenzione in materia di tutela della sicurezza e dell'incolumità pubblica;

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di implementare le misure di prevenzione e contrasto al traffico di stupefacenti via internet;

Visto il codice penale, approvato con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398;

Visto il codice della navigazione, approvato con regio decreto 30 marzo 1942, n. 327;

Visto il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero;

Visto il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, recante attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta;

Visto il decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, recante attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato;

Visto il decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, recante attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale;

Visto il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132, recante disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata;

Visto il decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2019, n. 77, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 5 ottobre 2020;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri della giustizia, degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della difesa, della salute, dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze;

emana

il seguente decreto-legge:

Articolo 1.
(Disposizioni in materia di permesso di soggiorno e controlli di frontiera)

1. Al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 5, comma 6, dopo le parole «Stati contraenti» sono aggiunte le seguenti: «, fatto salvo il rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano»;

b) all'articolo 6, dopo il comma 1, è inserito il seguente:

«1-bis) Sono convertibili in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, ove ne ricorrano i requisiti, i seguenti permessi di soggiorno:

a) permesso di soggiorno per protezione speciale, di cui all'articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, ad eccezione dei casi per i quali siano state applicate le cause di diniego ed esclusione della protezione internazionale, di cui agli articoli 10, comma 2, 12, comma 1, lettere b) e c), e 16, del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251;

b) permesso di soggiorno per calamità, di cui all'articolo 20-bis;

c) permesso di soggiorno per residenza elettiva, di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c-quater), del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394;

d) permesso di soggiorno per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, ad eccezione dei casi in cui lo straniero era precedentemente in possesso di un permesso per richiesta asilo;

e) permesso di soggiorno per attività sportiva, di cui all'articolo 27, comma 1, lettera p);

f) permesso di soggiorno per lavoro di tipo artistico, di cui all'articolo 27, comma 1, lettere m), n) ed o);

g) permesso di soggiorno per motivi religiosi, di cui all'articolo 5, comma 2;

h) permesso di soggiorno per assistenza minori, di cui all'articolo 31, comma 3.»;

c) all'articolo 11, il comma 1-ter è abrogato;

d) all'articolo 12, i commi 6-bis, 6-ter e 6-quater sono abrogati;

e) all'articolo 19:

1) il comma 1.1 è sostituito dal seguente:

«1.1. Non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani. Non sono altresì ammessi il respingimento o l'espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, a meno che esso non sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale ovvero di ordine e sicurezza pubblica. Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine.»;

2) dopo il comma 1.1 è inserito il seguente:

«1.2. Nelle ipotesi di rigetto della domanda di protezione internazionale, ove ricorrano i requisiti di cui ai commi 1 e 1.1., la Commissione territoriale trasmette gli atti al Questore per il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale. Nel caso in cui sia presentata una domanda di rilascio di un permesso di soggiorno, ove ricorrano i requisiti di cui ai commi 1 e 1.1, il Questore, previo parere della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, rilascia un permesso di soggiorno per protezione speciale.»;

3) al comma 2, lettera d-bis), al primo periodo, le parole «condizioni di salute di particolare gravità» sono sostituite dalle seguenti: «gravi condizioni psico-fisiche o derivanti da gravi patologie»;

f) all'articolo 20-bis:

1) al comma 1, le parole «contingente ed eccezionale» sono sostituite dalla seguente: «grave»;

2) al comma 2, le parole «per un periodo ulteriore di sei mesi» sono soppresse, la parola «eccezionale» è sostituita dalla seguente: «grave» le parole «, ma non può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro» sono soppresse;

g) all'articolo 27-ter, comma 9-bis, le parole «In presenza dei requisiti reddituali di cui all'articolo 29, comma 3, lettera b), e fermo restando il rispetto dell'obbligo di cui all'articolo 34, comma 3, lo» sono sostitute dalla seguente: «Lo»;

h) all'articolo 32, comma 1-bis, sono aggiunti, infine i seguenti periodi: «Il mancato rilascio del parere richiesto non può legittimare il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno. Si applica l'articolo 20, commi 1, 2 e 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241.»;

i) all'articolo 36, il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Il permesso di soggiorno per cure mediche ha una durata pari alla durata presunta del trattamento terapeutico, è rinnovabile finché durano le necessità terapeutiche documentate e consente lo svolgimento di attività lavorativa.».

2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 83 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327, per motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero quando si concretizzano le condizioni di cui all'articolo 19, paragrafo 2, lettera g), della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, con allegati e atto finale, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, resa esecutiva dalla legge 2 dicembre 1994, n. 689, limitatamente alle violazioni delle leggi di immigrazione vigenti, il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri, può limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale. Non trovano comunque applicazione le disposizioni del presente comma nell'ipotesi di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo e allo Stato di bandiera ed effettuate nel rispetto delle indicazioni della competente autorità per la ricerca e soccorso in mare, emesse in base agli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali in materia di diritto del mare nonché dello statuto dei rifugiati fermo restando quanto previsto dal Protocollo addizionale della Convenzione della Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico di migranti via terra, via mare e via aria. Nei casi di inosservanza del divieto o del limite di navigazione stabilito al periodo precedente, si applica l'articolo 1102 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 e la multa è da euro 10.000 ad euro 50.000.

Articolo 2.
(Disposizioni in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale)

1. Al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 28 è sostituito dal seguente:

«Art. 28. – (Esame prioritario)1. Il presidente della Commissione territoriale, previo esame preliminare delle domande, determina i casi di trattazione prioritaria, secondo i criteri enumerati al comma 2, e quelli per i quali applicare la procedura accelerata, ai sensi dell'articolo 28-bis. La Commissione territoriale informa il richiedente delle determinazioni procedurali assunte ai sensi del periodo precedente, all'avvio del colloquio personale di cui all'articolo 12.
2. La domanda è esaminata in via prioritaria, conformemente ai princìpi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, quando:

a) ad una prima valutazione, è verosimilmente fondata;

b) è presentata da un richiedente appartenente a categorie di persone vulnerabili, in particolare da un minore non accompagnato, ovvero che necessita di garanzie procedurali particolari;

c) è esaminata ai sensi dell'articolo 12, comma 2-bis.»;

b) l'articolo 28-bis è sostituito dal seguente:

«Art. 28-bis. – (Procedure accelerate)1. La Questura provvede senza ritardo alla trasmissione della documentazione necessaria alla Commissione territoriale che adotta la decisione entro cinque giorni nei casi di:

a) domanda reiterata ai sensi dell'articolo 29, comma 1, lettera b);

b) domanda presentata da richiedente sottoposto a procedimento penale per uno dei reati di cui agli articoli 12, comma 1, lettera c), e 16, comma 1, lettera d-bis), del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, e quando ricorrono le condizioni di cui all'articolo 6, comma 2, lettere a), b) e c), del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, ovvero è stato condannato anche con sentenza non definitiva per uno dei predetti reati, previa audizione del richiedente.

2. La Questura provvede senza ritardo alla trasmissione della documentazione necessaria alla Commissione territoriale che, entro sette giorni dalla data di ricezione della documentazione, provvede all'audizione e decide entro i successivi due giorni, nei seguenti casi:

a) richiedente per il quale è stato disposto il trattenimento nelle strutture di cui all'articolo 10-ter del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, ovvero nei centri di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, qualora non ricorrano le condizioni di cui al comma 1, lettera b);

b) domanda di protezione internazionale presentata da un richiedente direttamente alla frontiera o nelle zone di transito di cui al comma 4, dopo essere stato fermato per avere eluso o tentato di eludere i relativi controlli. In tali casi la procedura può essere svolta direttamente alla frontiera o nelle zone di transito;

c) richiedente proveniente da un Paese designato di origine sicura, ai sensi dell'articolo 2-bis;

d) domanda manifestamente infondata, ai sensi dell'articolo 28-ter;

e) richiedente che presenti la domanda, dopo essere stato fermato in condizioni di soggiorno irregolare, al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento.

3. Lo Stato italiano può dichiararsi competente all'esame delle domande di cui al comma 2, lettera a), ai sensi del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013.
4. Ai fini di cui al comma 2, lettera b), le zone di frontiera o di transito sono individuate con decreto del Ministro dell'interno. Con il medesimo decreto possono essere istituite fino a cinque ulteriori sezioni delle Commissioni territoriali di cui all'articolo 4, comma 2, per l'esame delle domande di cui al suddetto comma.
5. I termini di cui al presente articolo possono essere superati ove necessario per assicurare un esame adeguato e completo della domanda, fatti salvi i termini massimi previsti dall'articolo 27, commi 3 e 3-bis. Nei casi di cui al comma 1, lettera b), e al comma 2, lettera a), i termini di cui all'articolo 27, commi 3 e 3-bis, sono ridotti ad un terzo.
6. Le procedure di cui al presente articolo non si applicano ai minori non accompagnati.»;

c) all'articolo 28-ter, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente: «1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai richiedenti portatori di esigenze particolari indicate nell'articolo 17 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142.»;

d) l'articolo 29-bis è sostituito dal seguente:

«Art. 29-bis. – (Domanda reiterata in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento)1. Se lo straniero presenta una prima domanda reiterata nella fase di esecuzione di un provvedimento che ne comporterebbe l'imminente allontanamento dal territorio nazionale, la domanda è trasmessa con immediatezza al Presidente della Commissione territoriale competente che procede all'esame preliminare entro tre giorni e contestualmente ne dichiara l'inammissibilità ove non siano stati addotti nuovi elementi, ai sensi dell'articolo 29, comma 1, lettera b).»;

e) all'articolo 32:

1) il comma 1-bis è abrogato;

2) al comma 3:

2.1) al primo periodo, la parola «annuale» è sostituita dalla seguente: «biennale»;

2.2) al secondo periodo, le parole «ma non può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro» sono sostituite dalle seguenti: «, fatto salvo quanto previsto in ordine alla convertibilità dall'articolo 6, comma 1-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286»;

3) dopo il comma 3, sono inseriti i seguenti:

«3.1. Nelle ipotesi di rigetto della domanda di protezione internazionale, ove ricorrano i requisiti di cui all'articolo 19, comma 2, lettera d-bis), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, la Commissione territoriale trasmette gli atti al Questore per il rilascio del permesso di soggiorno ivi previsto.
3.2. Nei casi in cui la domanda di protezione internazionale non è accolta e nel corso del procedimento emergono i presupposti di cui all'articolo 31, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, la Commissione territoriale ne informa il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni competente, per l'eventuale attivazione delle misure di assistenza in favore del minore.»;

f) all'articolo 35-bis:

1) al comma 2, quarto periodo, le parole «comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «commi 1 e 2»;

2) al comma 3:

2.1) alla lettera d), le parole «commi 1-ter e 2, lettera c)» sono sostituite dalle seguenti: «comma 2, lettere c) ed e);»;

2.2) dopo la lettera d) è aggiunta la seguente: «d-bis) avverso il provvedimento relativo alla domanda di cui all'articolo 28-bis, comma 1, lettera b).»;

3) al comma 4, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Nei casi previsti dal comma 3, lettere a), b), c), d) e d-bis), l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può tuttavia essere sospesa, quando ricorrono gravi e circostanziate ragioni e assunte, ove occorra, sommarie informazioni, con decreto motivato, adottato ai sensi dell'articolo 3, comma 4-bis, del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 aprile 2017, n. 46, e pronunciato entro cinque giorni dalla presentazione dell'istanza di sospensione e senza la preventiva convocazione della controparte.»;

4) il comma 5 è sostituito dal seguente: «5. La proposizione del ricorso o dell'istanza cautelare ai sensi del comma 4 non sospende l'efficacia esecutiva del provvedimento che dichiara inammissibile, per la seconda volta, la domanda di riconoscimento della protezione internazionale ai sensi dell'articolo 29, comma 1, lettera b), ovvero dichiara inammissibile la domanda di riconoscimento della protezione internazionale, ai sensi dell'articolo 29-bis.».

Articolo 3.
(Disposizioni in materia di trattenimento e modifiche al decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142)

1. Al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 10-ter, comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Lo straniero è tempestivamente informato dei diritti e delle facoltà derivanti dal procedimento di convalida del decreto di trattenimento in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola.»;

b) all'articolo 13, comma 5-bis, dopo il dodicesimo periodo, è inserito il seguente: «Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 14, comma 2.»;

c) all'articolo 14, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al comma 1, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «A tal fine effettua richiesta di assegnazione del posto alla Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, di cui all'articolo 35 della legge 30 luglio 2002, n. 189.»;

2) dopo il comma 1, è inserito il seguente: «1.1. Il trattenimento dello straniero di cui non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione o il respingimento alla frontiera è disposto con priorità per coloro che siano considerati una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblica o che siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per i reati di cui all'articolo 4, comma 3, terzo periodo, e all'articolo 5, comma 5-bis, nonché per coloro che siano cittadini di Paesi terzi con i quali sono vigenti accordi di cooperazione o altre intese in materia di rimpatrio, o che provengano da essi.»;

3) al comma 5:

a) al quinto periodo le parole «centottanta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «novanta giorni ed è prorogabile per altri trenta giorni qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri»;

b) al sesto periodo la parola «centottanta» è sostituita dalla seguente: «novanta» e dopo le parole «trenta giorni» sono inserite le seguenti: «prorogabile per altri trenta giorni qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri».

2. Al decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 5-bis è sostituito dal seguente:

«Art. 5-bis.(Iscrizione anagrafica)1. Il richiedente protezione internazionale, a cui è stato rilasciato il permesso di soggiorno di cui all'articolo 4, comma 1, ovvero la ricevuta di cui all'articolo 4, comma 3, è iscritto nell'anagrafe della popolazione residente, a norma del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223.
2. Per i richiedenti ospitati nei centri di cui agli articoli 9 e 11, l'iscrizione anagrafica è effettuata ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223. È fatto obbligo al responsabile di dare comunicazione delle variazioni della convivenza al competente ufficio di anagrafe entro venti giorni dalla data in cui si sono verificati i fatti.
3. La comunicazione, da parte del responsabile della convivenza anagrafica, della revoca delle misure di accoglienza o dell'allontanamento non giustificato del richiedente protezione internazionale costituisce motivo di cancellazione anagrafica con effetto immediato.
4. Ai richiedenti protezione internazionale che hanno ottenuto l'iscrizione anagrafica, è rilasciata, sulla base delle norme vigenti, una carta d'identità, di validità limitata al territorio nazionale e della durata di tre anni.»;

b) all'articolo 6:

1) al comma 2:

1.1) alla lettera a), dopo le parole: «legge 14 febbraio 1970, n. 95», sono inserite le seguenti: «o nelle condizioni di cui agli articoli 12, comma 1, lettere b) e c), e 16 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251»;

1.2) dopo la lettera a) è inserita la seguente:

«a-bis) si trova nelle condizioni di cui all'articolo 29-bis del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25;»;

1.3) alla lettera c), dopo le parole «attività illecite» sono aggiunte le seguenti: «ovvero per i reati previsti dagli articoli 12, comma 1, lettera c), e 16, comma 1, lettera d-bis) del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251;»;

2) al comma 3-bis), le parole: «centottanta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «novanta giorni prorogabili per altri trenta giorni qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri.»;

3) al comma 6, primo periodo, le parole «commi 1 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «commi 1 e 2».

3. Le disposizioni di cui al comma 2, lettera b), numero 1) si applicano nel limite dei posti disponibili dei centri di permanenza per il rimpatrio o delle strutture diverse e idonee, di cui all'articolo 13, comma 5-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
4. All'articolo 14, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286:

a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Lo straniero è trattenuto nel centro, presso cui sono assicurati adeguati standard igienico-sanitari e abitativi, con modalità tali da assicurare la necessaria informazione relativa al suo status, l'assistenza e il pieno rispetto della sua dignità, secondo quanto disposto dall'articolo 21, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394. Oltre a quanto previsto dall'articolo 2, comma 6, è assicurata in ogni caso la libertà di corrispondenza anche telefonica con l'esterno.»;

b) dopo il comma 2, è inserito il seguente:

«2-bis) Lo straniero trattenuto può rivolgere istanze o reclami orali o scritti, anche in busta chiusa, al garante nazionale e ai garanti regionali o locali dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.».

5. All'articolo 7, comma 5, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, dopo la lettera f) è inserita la seguente:

«f-bis) formula specifiche raccomandazioni all'amministrazione interessata, se accerta la fondatezza delle istanze e dei reclami proposti dai soggetti trattenuti nelle strutture di cui alla lettera e). L'amministrazione interessata, in caso di diniego, comunica il dissenso motivato nel termine di trenta giorni;».

Articolo 4.
(Disposizioni in materia di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e dei titolari di protezione)

1. Al decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 8 è sostituito dal seguente:

«Art. 8. – (Sistema di accoglienza)1. Il sistema di accoglienza per richiedenti protezione internazionale si basa sulla leale collaborazione tra i livelli di governo interessati, secondo le forme di coordinamento nazionale e regionale previste dall'articolo 16.
2. Le funzioni di prima assistenza sono assicurate nei centri di cui agli articoli 9 e 11, fermo restando quanto previsto dall'articolo 10-ter del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, per le procedure di soccorso e di identificazione dei cittadini stranieri irregolarmente giunti nel territorio nazionale.
3. L'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale è assicurata, nei limiti dei posti disponibili, nelle strutture del Sistema di accoglienza e integrazione, di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39.»;

b) all'articolo 9:

1) al comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, che tengono conto, ai fini della migliore gestione, delle esigenze di contenimento della capienza massima»;

2) dopo il comma 4, è inserito il seguente: «4-bis. Espletati gli adempimenti di cui al comma 4, il richiedente è trasferito, nei limiti dei posti disponibili, nelle strutture del Sistema di accoglienza e integrazione di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, in conformità a quanto previsto dall'articolo 8, comma 3. Il richiedente che rientra nelle categorie di cui all'articolo 17, sulla base delle specifiche esigenze di vulnerabilità, è trasferito nelle strutture di cui al primo periodo in via prioritaria.»;

c) all'articolo 10, il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Nei centri di cui all'articolo 9, comma 1 e nelle strutture di cui all'articolo 11, devono essere assicurati adeguati standard igienico-sanitari ed abitativi, secondo i criteri e le modalità stabiliti con decreto adottato dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della salute, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che si esprime entro trenta giorni. Sono altresì erogati, anche con modalità di organizzazione su base territoriale, oltre alle prestazioni di accoglienza materiale, l'assistenza sanitaria, l'assistenza sociale e psicologica, la mediazione linguistico-culturale, la somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio, secondo le disposizioni analitiche contenute nel capitolato di gara di cui all'articolo 12. Sono inoltre assicurati il rispetto della sfera privata, comprese le differenze di genere, delle esigenze connesse all'età, la tutela della salute fisica e mentale dei richiedenti, l'unità dei nuclei familiari composti da coniugi e da parenti entro il primo grado, l'apprestamento delle misure necessarie per le persone portatrici di particolari esigenze ai sensi dell'articolo 17. Sono adottate misure idonee a prevenire ogni forma di violenza, anche di genere, e a garantire la sicurezza e la protezione dei richiedenti e del personale che opera presso i centri.»;

d) all'articolo 11, comma 3, le parole «nei centri di cui all'articolo 9» sono sostituite dalle seguenti: «nelle strutture del Sistema di accoglienza e integrazione, di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39. Il trasferimento del richiedente che rientra nelle categorie di cui all'articolo 17 è effettuato in via prioritaria»;

e) all'articolo 22-bis, comma 3, dopo la parola «coinvolgimento» sono inserite le seguenti: «dei richiedenti protezione internazionale e»;

2. Le attività di cui al comma 1, lettere b), n. 1 e c) sono svolte con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
3. All'articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la rubrica dell'articolo è sostituita dalla seguente: «(Sistema di accoglienza e integrazione)»;

b) il comma 1 è sostituito dai seguenti:

«1. Gli enti locali che prestano servizi di accoglienza per i titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati, che beneficiano del sostegno finanziario di cui al comma 2, possono accogliere nell'ambito dei medesimi servizi, nei limiti dei posti disponibili, anche i richiedenti protezione internazionale e, qualora non accedano a sistemi di protezione specificamente dedicati, i titolari dei permessi di soggiorno per:

a) protezione speciale, di cui agli articoli 19, commi 1 e 1.1 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, ad eccezione dei casi per i quali siano state applicate le cause di esclusione della protezione internazionale, di cui agli articoli 10, comma 2, 12, comma 1, lettere b) e c), e 16 del decreto legislativo19 novembre 2007, n. 251, per cure mediche, di cui all'articolo 19, comma 2, lettera d-bis), del decreto legislativo n. 286 del 1998;

b) protezione sociale, di cui all'articolo 18 del decreto legislativo n. 286 del 1998;

c) violenza domestica, di cui all'articolo 18-bis del decreto legislativo n. 286 del 1998;

d) calamità, di cui all'articolo 20-bis del decreto legislativo n. 286 del 1998;

e) particolare sfruttamento lavorativo, di cui all'articolo 22, comma 12-quater del decreto legislativo n. 286 del 1998;

f) atti di particolare valore civile, di cui all'articolo 42-bis del decreto legislativo n. 286 del 1998;

g) casi speciali, di cui all'articolo 1, comma 9, decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132.

1-bis. Possono essere altresì accolti, nell'ambito dei servizi di cui al precedente periodo, gli stranieri affidati ai servizi sociali, al compimento della maggiore età, con le modalità di cui all'articolo 13, comma 2, della legge 7 aprile 2017, n. 47.»;

c) dopo il comma 2, è inserito il seguente: «2-bis. Nell'ambito dei progetti di cui al comma 2, sono previsti:

a) servizi di primo livello, cui accedono i richiedenti protezione internazionale, tra i quali si comprendono, oltre alle prestazioni di accoglienza materiale, l'assistenza sanitaria, l'assistenza sociale e psicologica, la mediazione linguistico-culturale, la somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio;

b) servizi di secondo livello, finalizzati all'integrazione, tra cui si comprendono, oltre quelli previsti al primo livello, l'orientamento al lavoro e la formazione professionale, cui accedono le ulteriori categorie di beneficiari, di cui al comma 1.».

4. La definizione di «Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati», di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, ovunque presente, in disposizioni di legge o di regolamento, si intende sostituita dalla seguente: «Sistema di accoglienza e di integrazione».
5. Alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, l'articolo 9-ter è sostituito dal seguente:

«1. Il termine di definizione dei procedimenti di cui agli articoli 5 e 9 è fissato in massimo trentasei mesi dalla data di presentazione della domanda.».

6. Il termine di cui al comma 4 trova applicazione per le domande di cittadinanza presentate dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
7. L'articolo 14, comma 2, del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132, è abrogato.

Articolo 5.
(Supporto a percorsi di integrazione)

1. Per i beneficiari di misure di accoglienza nel Sistema di accoglienza e integrazione, di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, alla scadenza del periodo di accoglienza previsto dalle norme sul funzionamento del medesimo Sistema, sono avviati ulteriori percorsi di integrazione, a cura delle Amministrazioni competenti e nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente nei rispettivi bilanci.
2. Per il perseguimento delle finalità di cui al primo comma, per il biennio 2020-2021, il Piano nazionale di cui all'articolo 29, comma 3, del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, individua le linee di intervento per realizzare forme di effettiva inclusione sociale volte a favorire l'autonomia individuale dei cittadini stranieri beneficiari di protezione internazionale, con particolare riguardo a:

a) formazione linguistica;

b) informazione sui diritti e sui doveri individuali e sull'orientamento ai servizi;

c) orientamento all'inserimento lavorativo.

3. Il Tavolo di coordinamento nazionale di cui all'articolo 29, comma 3, del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, formula proposte in relazione alle iniziative da avviare, in tema di integrazione dei titolari di protezione internazionale.

Articolo 6.
(Disposizioni in materia di delitti commessi nei centri di permanenza per i rimpatri)

1. All'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo il comma 7 sono inseriti i seguenti:

«7-bis. Nei casi di delitti commessi con violenza alle persone o alle cose in occasione o a causa del trattenimento in uno dei centri di cui al presente articolo o durante la permanenza in una delle strutture di cui all'articolo 10-ter, per i quali è obbligatorio o facoltativo l'arresto ai sensi degli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, quando non è possibile procedere immediatamente all'arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica, si considera in stato di flagranza ai sensi dell'articolo 382 del codice di procedura penale colui il quale, anche sulla base di documentazione video o fotografica, risulta l'autore del fatto e l'arresto è consentito entro quarantotto ore dal fatto.
7-ter. Per i delitti indicati nel comma 7-bis si procede sempre con giudizio direttissimo, salvo che siano necessarie speciali indagini».

Articolo 7.
(Modifica dell'articolo 131-bis del codice penale)

1. All'articolo 131-bis, secondo comma, secondo periodo, del codice penale, approvato con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, le parole «di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni» sono sostituite dalle seguenti: «di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni e nell'ipotesi di cui all'articolo 343».

Articolo 8.
(Modifica all'articolo 391-bis del codice penale)

1. All'articolo 391-bis del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Agevolazione delle comunicazioni dei detenuti sottoposti alle restrizioni di cui all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354. Comunicazioni in elusione delle prescrizioni»;

b) al primo comma le parole «da uno a quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «da due a sei anni»;

c) al secondo comma le parole «da due a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da tre a sette anni»;

d) dopo il secondo comma è aggiunto il seguente: «La pena prevista dal primo comma si applica anche al detenuto sottoposto alle restrizioni di cui all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 il quale comunica con altri in elusione delle prescrizioni all'uopo imposte.».

Articolo 9.
(Introduzione nel codice penale dell'articolo 391-ter in materia di contrasto all'introduzione e all'utilizzo di dispositivi di comunicazione in carcere)

1. Dopo l'articolo 391-bis del codice penale è inserito il seguente:

«Art. 391-ter (Accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti). – Fuori dai casi previsti dall'articolo 391-bis, chiunque indebitamente procura a un detenuto un apparecchio telefonico o altro dispositivo idoneo ad effettuare comunicazioni o comunque consente a costui l'uso indebito dei predetti strumenti o introduce in un istituto penitenziario uno dei predetti strumenti al fine renderlo disponibile a una persona detenuta è punito con la pena della reclusione da uno a quattro anni.
Si applica la pena della reclusione da due a cinque anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio ovvero da un soggetto che esercita la professione forense.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la pena prevista dal primo comma si applica anche al detenuto che indebitamente riceve o utilizza un apparecchio telefonico o altro dispositivo idoneo ad effettuare comunicazioni.».

Articolo 10.
(Modifica dell'articolo 588 del codice penale)

1. All'articolo 588 del codice penale:

a) al primo comma la parola «309» è sostituita dalla seguente: «2.000,00»;

b) al secondo comma le parole «da tre mesi a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sei mesi a sei anni».

Articolo 11.
(Disposizioni in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici e ai locali di pubblico trattenimento)

1. Al decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 13:

1) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Nei confronti delle persone che abbiano riportato una o più denunzie o condannate anche con sentenza non definitiva nel corso degli ultimi tre anni per la vendita o la cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, per fatti commessi all'interno o nelle immediate vicinanze di scuole, plessi scolastici, sedi universitarie, locali pubblici o aperti al pubblico, ovvero in uno dei pubblici esercizi di cui all'articolo 5 della legge 25 agosto 1991, n. 287, il Questore, valutati gli elementi derivanti dai provvedimenti dell'Autorità giudiziaria e sulla base degli accertamenti di polizia, può disporre, per ragioni di sicurezza, il divieto di accesso agli stessi locali o a esercizi analoghi, specificamente indicati, ovvero di stazionamento nelle immediate vicinanze degli stessi.»;

2) il comma 6 è sostituito dal seguente: «La violazione di divieti e delle prescrizioni di cui ai commi 1 e 3 è punita con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da 8.000 a 20.000 euro.».

b) all'articolo 13-bis:

1) il comma 1 è sostituito dai seguenti:

«1. Fuori dei casi di cui all'articolo 13, nei confronti delle persone denunciate, negli ultimi tre anni, per reati commessi in occasione di gravi disordini avvenuti in pubblici esercizi o in locali di pubblico trattenimento ovvero nelle immediate vicinanze degli stessi, o per delitti non colposi contro la persona o il patrimonio ovvero aggravati ai sensi dell'articolo 604-ter del codice penale, qualora dalla condotta possa derivare un pericolo per la sicurezza, il Questore può disporre il divieto di accesso a pubblici esercizi o locali di pubblico trattenimento specificamente individuati in ragione dei luoghi in cui sono stati commessi i predetti reati ovvero delle persone con le quali l'interessato si associa, specificamente indicati. Il Questore può altresì disporre, per motivi di sicurezza, la misura di cui al presente comma anche nei confronti dei soggetti condannati, anche con sentenza non definitiva, per taluno dei predetti reati.
1-bis. Il Questore può disporre il divieto di accesso ai pubblici esercizi o ai locali di pubblico trattenimento presenti nel territorio dell'intera provincia nei confronti delle persone che, per i reati di cui al comma 1, sono state poste in stato di arresto o di fermo convalidato dall'autorità giudiziaria, ovvero condannate, anche con sentenza non definitiva.
1-ter. In ogni caso, la misura disposta dal Questore, ai sensi dei commi 1 e 1-bis, ricomprende anche il divieto di stazionamento nelle immediate vicinanze dei pubblici esercizi e dei locali di pubblico trattenimento ai quali è vietato l'accesso.»;

2) al comma 2, le parole «al comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «ai commi 1 e 1-bis»;

3) al comma 3, le parole «al comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «ai commi 1 e 1-bis»;

4) al comma 4, le parole «dal comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «dai commi 1 e 1-bis»;

5) al comma 6, le parole «del divieto» sono sostituite dalle seguenti: «dei divieti e delle prescrizioni» e le parole «da sei mesi ad un anno e con la multa da 5.000 a 20.000 euro» sono sostituite dalle seguenti: «da sei mesi a due anni e con la multa da 8.000 a 20.000 euro».

Articolo 12.
(Ulteriori modalità per il contrasto al traffico di stupefacenti via internet)

1. Al fine di implementare le misure di prevenzione e contrasto dei reati di cui al Titolo VIII del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, commessi mediante l'impiego di sistemi informatici o mezzi di comunicazione telematica ovvero utilizzando reti di telecomunicazione disponibili al pubblico, l'organo del Ministero dell'interno per la sicurezza delle telecomunicazioni, di cui all'articolo 14, comma 2, della legge 3 agosto 1998, n. 269, forma un elenco costantemente aggiornato dei siti web che, sulla base di elementi oggettivi, devono ritenersi utilizzati per l'effettuazione sulla rete internet di uno o più reati di cui al presente comma. A tal fine, ferme restando le iniziative e le determinazioni dell'autorità giudiziaria, l'organo per la sicurezza delle telecomunicazioni, su richiesta dell'articolazione del Dipartimento della pubblica sicurezza di cui all'articolo 1, della legge 15 gennaio 1991, n. 16, provvede all'inserimento nell'elenco ed a notificare ai fornitori di connettività alla rete internet i siti web per i quali deve essere inibito l'accesso.
2. I fornitori di connettività alla rete internet provvedono, entro il termine di sette giorni, a impedire l'accesso ai siti segnalati, avvalendosi degli strumenti di filtraggio e delle relative soluzioni tecnologiche conformi ai requisiti individuati dal decreto del Ministro delle comunicazioni 8 gennaio 2007, recante requisiti tecnici degli strumenti di filtraggio che i fornitori di connettività alla rete Internet devono utilizzare, al fine di impedire, con le modalità previste dalle leggi vigenti, l'accesso ai siti segnalati dal Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 29 gennaio 2007.
3. La violazione degli obblighi di cui al comma 2, salvo che il fatto costituisca reato, è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000. All'irrogazione della sanzione provvedono gli Ispettorati territoriali dello Ministero dello sviluppo economico, a seguito delle comunicazioni da parte dell'organo del Ministero dell'interno per la sicurezza delle telecomunicazioni di cui al comma 1, che ha accertato la violazione. Non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16, della legge 24 novembre 1981, n. 689.
4. I proventi derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie sono versati ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate, in egual misura, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'interno e del Ministero dello sviluppo economico destinati al finanziamento delle spese connesse all'acquisizione dei beni e servizi necessari all'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 e al comma 3.

Articolo 13.
(Modifiche urgenti alla disciplina sul Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale)

1. All'articolo 7 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) alla rubrica e al comma 1 le parole «detenute o» sono soppresse;

b) dopo il comma 1 è aggiunto il seguente: «1-bis. Il Garante nazionale opera quale meccanismo nazionale di prevenzione ai sensi dell'articolo 3 del Protocollo opzionale alla Convenzione contro tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, adottato il 18 dicembre 2002 con Risoluzione A/RES/57/199 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e ratificato con legge 9 novembre 2012, n. 195, ed esercita i poteri, gode delle garanzie e adempie gli obblighi di cui agli articoli 4 e da 17 a 23 del predetto Protocollo.»;

c) dopo il comma 5 è aggiunto il seguente: «5.1 Il Garante nazionale può delegare i garanti territoriali per lo svolgimento di specifici compiti nelle materie di cui al comma 5, con esclusione di quella di cui alla lettera g), quando ricorrano particolari circostanze. La delega ha una durata massima di sei mesi.».

2. In deroga a quanto previsto dall'articolo 7, comma 2, primo periodo, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, il Garante nazionale in carica alla data di entrata in vigore del presente decreto è prorogato per un periodo di due anni oltre la scadenza naturale.

Articolo 14.
(Clausola di invarianza finanziaria)

1. Dal presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione delle attività previste dal presente decreto con l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
2. Nell'ambito del Sistema di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, l'eventuale rideterminazione del numero dei posti a disposizione è disposta d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze relativamente alla conseguente verifica della necessaria sussistenza delle disponibilità finanziarie a legislazione vigente, nel rispetto delle previsioni di cui al comma 1.
3. L'invarianza della spesa è assicurata, ove necessario, anche mediante variazioni compensative tra gli stanziamenti dei capitoli di bilancio iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'interno, nell'ambito del pertinente Programma relativo alle spese per la gestione dei flussi migratori di cui all'U.d.V. 5.1, da adottare con le ordinarie procedure contabili previste a legislazione vigente.

Articolo 15.
(Disposizioni transitorie)

1. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a), e) ed f) si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto avanti alle commissioni territoriali, al questore e alle sezioni specializzate dei tribunali, con esclusione dell'ipotesi prevista dall'articolo 384, comma 2 del codice di procedura civile;
2. Le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a), b, c), d) ed e) si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto avanti alle commissioni territoriali.

Articolo 16.
(Entrata in vigore)

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addì 21 ottobre 2020

MATTARELLA

Conte, Presidente del Consiglio dei ministri
Lamorgese
, Ministro dell'interno
Bonafede
, Ministro della giustizia
Di Maio
, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale
Guerini
, Ministro della difesa
Speranza
, Ministro della salute
Patuanelli
, Ministro dello sviluppo economico
Gualtieri
, Ministro dell'economia e delle finanze

Visto, il Guardasigilli: Bonafede

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