PDL 269

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 269

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
MOLTENI, GIORGETTI, FEDRIGA, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI

Modifiche al codice civile in materia di affidamento condiviso dei figli minori

Presentata il 23 marzo 2018

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Onorevoli Colleghi! — Con la presente proposta di legge si intende modificare le norme (ormai risalenti all'anno 2006) che hanno introdotto l'affidamento condiviso dei figli. Fin dall'entrata in vigore di tale normativa si avvertì, infatti, che alcune disposizioni non erano state ben «calibrate» poiché erano ben lungi da realizzare l'obiettivo che i padri ispiratori della normativa si erano proposti, e cioè introdurre nel nostro ordinamento il principio della bigenitorialità perfetta. Si capì presto che l'affidamento condiviso, così come era stato formulato, anziché sostituire l'affidamento esclusivo, che prima era la regola, altro non era nella sostanza che la trasformazione del nomen iuris. Si può affermare, quindi, che l'affidamento esclusivo «uscì dalla porta ed entrò dalla finestra».
La prassi applicativa nei vari tribunali, poi, in presenza di una normativa mal formulata, altro non fece, e non fa, che avvalorare tale situazione, con l'individuazione del genitore cosiddetto «collocatario» in via principale, che va a sostituire il vecchio genitore che, in precedenza, aveva l'affidamento esclusivo. Le modalità di visita dei figli minori, inoltre, che fin dall'entrata in vigore della normativa sono state spesso «imposte» all'altro genitore (definito nella prassi «non collocatario»), hanno comportato per lo stesso un diritto di visita settimanale, con giorni e orari prestabiliti dal giudice, finendo per far perdere ogni valore all'affidamento condiviso e al principio di bigenitorialità.
Durante tutto questo tempo vani sono stati i tentativi di trovare una soluzione alle carenze della normativa, che, poi, hanno finito per penalizzare soprattutto i padri, molto spesso relegati a una frequentazione ridotta con i propri figli, scandita da giorni e da orari troppo limitati, anche perché la figura del genitore collocatario in via principale è stata nella maggior parte dei casi individuata nella madre.
A ciò si aggiungano i frequenti provvedimenti dei vari tribunali che hanno stabilito, e stabiliscono tuttora a carico dei padri, assegni di mantenimento troppo onerosi, che hanno portato alcuni alle soglie della povertà o dello stato di indigenza.
La legge 10 dicembre 2012, n. 219, e il successivo decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, poi, anziché introdurre norme migliorative della situazione esistente, hanno lasciato tutto com'era, a eccezione di qualche utile modifica, fra cui quella relativa all'equiparazione dei figli naturali a quelli legittimi, con un unico organo giudiziario (tribunale ordinario) competente a giudicare per tutti i procedimenti di affidamento dei figli minori riguardanti sia le coppie sposate che quelle di fatto.
Tranne alcuni modesti passi avanti relativi, però, ad altri aspetti, la nuova legislazione sui figli naturali non ha introdotto miglioramenti relativi all'affidamento condiviso.
La presente proposta di legge introduce norme che, modificando quelle vigenti, al fine di realizzare l'affidamento condiviso, lo avvicinano il più possibile al concetto di bigenitorialità che si era inteso perseguire sin dall'inizio. In questo senso è stato utile il contributo dell'Avvocatura italiana per i diritti delle famiglie (AIDIF).
La prima modifica che si intende realizzare è quella relativa all'articolo 337-ter del codice civile, al fine di impedire che uno dei due genitori (troppo spesso il padre) sia relegato ad un diritto di visita e di frequentazione dei propri figli minori troppo «angusto», in giorni e con orari limitati, come purtroppo è stato fino ad ora.
Si stabilisce così una regola che non può essere derogata dal giudice, salvo una volontà diversa che manifestano entrambi i genitori. In sostanza a ognuno dei due genitori deve essere concesso un minimo di tempo da trascorrere con i propri figli che nessun tribunale può derogare a «proprio piacimento», come finora spesso è avvenuto.
Un'altra norma che si rende indispensabile è quella di impedire che i figli minori, a causa di un conflitto fra i genitori, possano essere «tolti» e collocati presso terze persone ovvero, ancora più grave, all'interno di una casa famiglia.
Questa possibilità fino ad oggi è concessa ai giudici dalla legge e in diversi casi ha comportato danni gravissimi, a volte irreparabili, nella vita dei minori che sono stati collocati presso le case famiglia, pur avendo due genitori e parenti che potevano prendersi cura di loro. Spesso queste decisioni si sono rese necessarie a causa di un mero conflitto in atto fra i genitori. L'esperienza comune insegna che a volte anche poco tempo passato in una casa famiglia può produrre, come è stato accertato, danni molto gravi nella psiche dei minori, privati senza una ragione della propria famiglia di origine.
In questo senso le norme che tendono a impedire o, comunque, a ostacolare tale collocazione, introducono limitazioni al potere del giudice, il quale deve disporre l'affidamento del minore solo a persone facenti parte della cerchia parentale di ciascun genitore. Solo nel caso siano stati emessi provvedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale (in precedenza chiamata potestà genitoriale) per entrambi i genitori e non risulti possibile collocare il minore nell'ambito familiare, il giudice potrà adottare provvedimenti diversi e, quindi, collocare il minore presso altre strutture. Insomma, la norma diventa di applicazione residuale. In questo senso, inoltre, sempre al fine di tutelare il figlio minore, si modifica l'articolo 337-quater del codice civile in materia di affidamento esclusivo del figlio a uno dei genitori limitando la discrezionalità del giudice.
Un'altra modifica che a parere anche dell'AIDIF si rende necessaria è quella relativa all'articolo 316-bis (concorso nel mantenimento) del codice civile, in materia di contributo economico dovuto da ciascun genitore a titolo di mantenimento dei figli minori. La modifica consente di applicare il concetto del contributo perequativo eventualmente dovuto all'altro coniuge, a titolo di mantenimento del figlio o dei figli minori. Infatti, il contributo perequativo sarà commisurato al periodo di permanenza del minore presso ciascun genitore. In questo modo si realizza de facto il concetto di affidamento condiviso anche sotto il profilo economico, poiché se il periodo di permanenza del minore presso la madre, spesso preposta a ricevere dal padre l'assegno di mantenimento, è solo di pochi giorni a settimana, il padre dovrà corrispondere alla stessa un assegno meno oneroso poiché provvederà direttamente al mantenimento del figlio nel periodo in cui il figlio vivrà con lui.
Le citate normative del 2012 e del 2013 hanno modificato, tra l'altro, l'articolo 317-bis del codice civile in materia di diritto degli ascendenti di intrattenere rapporti significativi con nipoti minorenni e di possibilità, nel caso in cui tale diritto sia impedito da uno dei due genitori, di ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore. La presente proposta di legge vuole sanare una dimenticanza di questa normativa, prevedendo che anche ai fratelli o alle sorelle di entrambi i genitori sia riconosciuto il diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti e che possano, al pari degli ascendenti, ricorrere al giudice. Occorre però specificare anche che il giudice presso cui ricorrere deve essere quello del tribunale ordinario, altrimenti si creerebbe confusione con il giudice minorile e si consentirebbe, da parte di una norma che non lo specifica, ai predetti ascendenti, fratelli o sorelle, di ricorrere solo al tribunale per minorenni, organo che si è inteso sostituire con il giudice ordinario anche per i ricorsi delle coppie di fatto.
Con la modifica all'articolo 337-sexies del codice civile, relativo all'assegnazione della casa familiare e alle prescrizioni in tema di residenza, si introduce la previsione che tale assegnazione viene meno anche quando l'assegnatario «ospiti frequentemente un'altra persona all'interno della casa familiare». Tale previsione appare utile, considerato il comportamento molto frequente di alcune ex mogli che vorrebbero mantenere il diritto della casa coniugale, cercando di non far vivere stabilmente il «nuovo compagno» presso l'abitazione, ma di fatto ospitandolo frequentemente e alla fine, nella sostanza, eludendo la norma. Con questa previsione sarà più difficile eludere la prescrizione stabilita dalla legge, poiché si perderà il diritto al godimento all'ex casa coniugale anche nell'ipotesi descritta.
Da ultimo, si ritiene utile stabilire, attraverso la modifica all'articolo 337-sexies del codice civile, che il cambiamento di residenza o di domicilio del minore (oggi è possibile farlo attraverso una semplice comunicazione all'altro genitore) possa avvenire solo in funzione del prevalente interesse del minore stesso. La nuova norma prevede che il genitore debba ottenere il preventivo consenso da parte dell'altro per il cambio di residenza; nel caso di rifiuto, l'altro genitore (se ritiene la mancanza dell'assenso ingiustificata e non rispondente all'interesse del minore) può proporre ricorso al giudice tutelare affinché decida nell'interesse esclusivo del minore.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Concorso nel mantenimento).

1. Il primo comma dell'articolo 316-bis del codice civile è sostituito dal seguente:

«I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Il contributo perequativo eventualmente dovuto all'altro coniuge, a titolo di mantenimento dei figli minori, deve essere commisurato al periodo di permanenza dei minori presso ciascun genitore. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli».

Art. 2.
(Rapporti con gli ascendenti).

1. L'articolo 317-bis del codice civile è sostituito dal seguente:

«Art. 317-bis. – (Rapporti con gli ascendenti). – Gli ascendenti, i fratelli e le sorelle dei genitori hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni.
L'ascendente, il fratello o la sorella al quale è impedito l'esercizio del diritto di cui al primo comma può ricorrere al giudice ordinario del luogo di residenza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell'esclusivo interesse del minore. Si applica l'articolo 336, secondo comma».

Art. 3.
(Provvedimenti riguardo ai figli).

1. Il secondo comma dell'articolo 337-ter del codice civile è sostituito dal seguente:

«Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all'articolo 337-bis, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore. Dispone, fin dalla prima udienza di comparizione delle parti, l'affidamento condiviso dei figli a entrambi i genitori, determinando i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, in misura comunque non inferiore a tre giorni settimanali, anche non consecutivi, tranne che uno dei due genitori adduca ragioni tali da giustificare un diverso assetto e solo su richiesta di uno dei due genitori. Fissa altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all'interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole. Nel caso in cui siano stati emessi provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale a carico di uno dei due genitori o di entrambi, il giudice può disporre l'affidamento familiare dei minori a un parente di uno dei due genitori entro il quarto grado, anche se non ha avuto rapporti significativi con i minori. Il giudice, ove ritenga motivatamente di non poter adottare provvedimenti che comportino l'affidamento ovvero il collocamento dei minori presso l'ambito familiare, può in via eccezionale e straordinaria e per un tempo limitato affidare i minori a terzi estranei. All'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d'ufficio. A tale fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare».

Art. 4.
(Affidamento a un solo genitore e opposizione all'affidamento condiviso).

1. Il primo comma dell'articolo 337-quater del codice civile è sostituito dal seguente:

«Il giudice può disporre l'affidamento dei figli a uno solo dei genitori esclusivamente nel caso in cui siano stati emessi provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale a carico di uno dei due genitori e qualora ritenga con provvedimento motivato che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse dei minori, determinando i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore anche con modalità assistite».

Art. 5.
(Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza).

1. All'articolo 337-sexies del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, dopo le parole: «Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio» sono inserite le seguenti: «ovvero ospiti frequentemente un'altra persona all'interno della casa familiare»;

b) il secondo comma è sostituito dai seguenti:

«Ciascun genitore, qualora ritenga, con riferimento al prevalente interesse del minore, di cambiare residenza, deve ottenere il preventivo consenso da parte dell'altro, che deve esprimersi entro il termine di trenta giorni. Trascorso inutilmente tale termine, il consenso si ritiene validamente acquisito.
Nel caso il rifiuto del consenso da parte di uno dei due genitori appaia ingiustificato e non rispondente all'interesse del minore, ciascun genitore può ricorrere al giudice tutelare per ottenere un provvedimento che autorizzi il cambiamento di residenza del minore.
Il cambiamento di residenza senza il consenso da parte dell'altro genitore ovvero senza il provvedimento del giudice tutelare obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del genitore responsabile».

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