PDL 2689

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2689

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
SERRACCHIANI, VISCOMI, CARLA CANTONE, GRIBAUDO, LACARRA, LEPRI, MURA

Delega al Governo in materia di istituzione di un sistema universale di tutela del reddito per tutti i lavoratori in caso di riduzione o cessazione del lavoro, nonché disposizioni per il sostegno della formazione dei lavoratori

Presentata il 29 settembre 2020

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Onorevoli Colleghi! – La prova di resistenza determinata dall'emergenza epidemiologica da COVID-19 ha portato in evidenza i limiti e le fragilità del nostro sistema giuridico-istituzionale deputato a intervenire nelle situazioni di crisi occupazionale prolungata. In verità, già parlare di sistema appare più una lodevole aspirazione che una veritiera descrizione di ciò che, invece, si presenta come un insieme, non sempre coordinato e organico, di norme particolari e di istituti di carattere generale. A questo insieme, in effetti, ben può riferirsi ciò che Gino Giugni disse del diritto del lavoro: essere, cioè, il risultato di una formazione non lineare ma, semmai, stratificata, quanto al tempo, e alluvionale, quanto alle fonti di produzione. La conseguenza più evidente è nota: una pluralità di regimi che rasenta, anzi sfocia in una sorta di balcanizzazione delle tutele. Non si tratta solo delle differenze connesse all'originaria macro-distinzione tra lavoratori autonomi e subordinati, ma anche, e ancor più, di quelle derivanti dalla differenziazione interna tra categorie di lavoratori egualmente subordinati, tra comparti produttivi, tra settori di attività, tra imprese di diversa dimensione e, a volte, anche tra territori.
Ciò è vero sul piano strutturale, ma lo è egualmente sul piano funzionale, cioè della ratio e degli obiettivi perseguiti da tali istituti. Funzioni, per la verità, plurime e complesse dal momento che le esigenze di tutela del reddito individuale devono coniugarsi con quelle di promozione delle opportunità di lavoro e di riorganizzazione innovativa del sistema produttivo interessato dai fenomeni di crisi.
La stessa espressione di «ammortizzatori sociali», se da un lato rende immediatamente percepibili il bisogno e l'urgenza di mettere in atto misure concretamente attuative di quei «doveri inderogabili di solidarietà» che la Costituzione pone come elemento necessario del nostro stare insieme come comunità civile, da un altro lato rischia di risultare parziale e poco utile se e nella misura in cui orienta l'attenzione più sull'intervento immediato per temperare la situazione di bisogno individuale che sulla necessità di operare per consentire una ricollocazione positiva nel mercato dell'attività in crisi, dando un significato concreto alla necessità di coniugare emergenza sociale e politiche proattive. Tali questioni si manifestarono già all'indomani dell'entrata in vigore della legge 23 luglio 1991, n. 223: approvata dopo dieci anni di intensi dibattiti per razionalizzare il sistema della cassa integrazione, della mobilità e dei trattamenti di disoccupazione e quasi subito rimessa in discussione dalle crisi dei primi anni novanta che hanno richiesto l'adozione di interventi in deroga.
Proprio in questa situazione, però, a ben vedere, si annida la sfida di una modernità possibile che per essere inverata chiede a tutti di saper incastonare ogni problema all'interno di una prospettiva di sistema, rinunciando a ogni facile semplificazione, in genere più dipendente dal passato che ispirata al futuro. Non si tratta, sia chiaro, di costruire modelli perfetti in astratto, bensì di configurare strumenti capaci di adattarsi flessibilmente alla variabilità delle contingenze economiche e sociali, adottando una logica modulare e progressiva capace di assicurare nelle situazioni di crisi una sussidiarietà solidale e una solidarietà efficiente.
In questa prospettiva, la prima urgenza consiste proprio nel superare una frammentazione regolatoria che alla fine si traduce in una insopportabile e «burocratica» (nel senso deteriore del termine) frantumazione procedurale. Allo stato, è noto, esistono almeno cinque diversi protocolli per l'accesso e la gestione delle integrazioni salariali.
Può ben dirsi che la progressiva estensione del campo di applicazione delle integrazioni salariali dall'originario settore industriale all'intero universo del sistema produttivo sia stata realizzata attraverso un duplice dinamismo: per sommatoria progressiva di modelli differenziati (per ambito, soggetti, risorse e procedure) e per accumulo stratificato delle causali, dal momento che a quelle originarie, pensate per sostenere la riorganizzazione dell'impresa in una specifica fase di difficoltà di mercato, se ne sono affiancate altre più recenti, derivanti dall'urgenza delle crisi, quella attuale dovuta alla pandemia di COVID-19 e quella precedente derivante dalla bolla speculativa dei titoli subprime.
Da questo sovraccarico funzionale delle integrazioni deriva, però, non solo l'appesantimento procedurale, ma anche l'oggettiva torsione di uno strumento di politica industriale (utile per consentire all'impresa di non perdere capitale umano in una fase di crisi temporanea del mercato o di ristrutturazione aziendale) in uno strumento di sostegno al reddito del lavoratore e, quindi, di politica sociale, camuffato sotto il fragile velo di aleatorie politiche attive del lavoro, più dichiarate che praticate.
Togliere il troppo e il vano dal coacervo di norme che disciplinano le integrazioni salariali è, dunque, un'azione opportuna, anzi necessaria, nella prospettiva di una semplificazione procedurale sostenibile e coerente con la diversificazione delle finalità perseguite.
In questa prospettiva c'è, però, una questione che riteniamo opportuno evidenziare e che è rinvenibile nell'articolo 1, paragrafo 2, della proposta di regolamento del Consiglio che istituisce uno strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un'emergenza (SURE) a seguito della pandemia di Covid-19 (COM(2020) 139 final): «(...) consentire il finanziamento di regimi di riduzione dell'orario lavorativo o di misure analoghe miranti a proteggere i lavoratori dipendenti e autonomi e pertanto a ridurre l'incidenza della disoccupazione e della perdita di reddito». In questa norma vi è non solo, e neanche tanto, la conferma della prevalente finalità di sostegno al reddito dell'intervento europeo ma, a ben vedere, anche la chiara indicazione della logica conseguenza da ciò derivante: se l'integrazione salariale è da intendere come funzionale a sostenere il reddito piuttosto che come strumento di politica industriale, allora non può che avere un carattere universale e quindi essere tale per l'intero mondo dei lavoratori in difficoltà a prescindere dalla tipologia contrattuale di cui si è parte.
Questo è un obiettivo certamente non facile da conseguire, tenuto conto della dimensione tendenzialmente individuale dell'attività professionale e dell'assunzione del rischio di mercato da parte del lavoratore autonomo. Ma è proprio in questo assunto, a ben vedere, che si colloca la sfida riformista dei prossimi anni, che si vuole iniziare ad affrontare con la presente proposta di legge.
In estrema sintesi, vale la pena ricordare che i nostri sistemi giuridici, ma prima ancora i nostri modelli di costruzione sociale, si basano su una macro-distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, dalla quale storicamente sono stati fatti derivare regimi differenziati di tutela. Da tempo questa distinzione è oggetto di discussione, non rispecchiando più la complessità del mercato del lavoro: vi sono lavoratori formalmente subordinati che godono di grande autonomia e capacità negoziale e vi sono lavoratori formalmente autonomi che subiscono una profonda condizione di debolezza nel mercato (come sanno bene moltissimi giovani liberi professionisti). E tra questi due estremi si sviluppa una serie infinita di possibilità.
Da più parti si sostiene ormai la necessità di rivedere le regole del lavoro, correlandole modularmente al fatto stesso di lavorare e non, invece, alla tipologia contrattuale di cui si è parte. Ciò è ancora più vero oggi, dal momento che la pandemia ha messo in evidenza la debolezza dell'universo dei lavoratori autonomi e l'urgenza di individuare meccanismi di tutela in caso di crisi, sia a beneficio dei lavoratori autonomi che prestano la loro attività in realtà organizzative complesse e a carattere imprenditoriale, sia a tutela dei lavoratori autonomi che operano nel libero mercato, coinvolgendo a tal fine anche le casse previdenziali e dando così finalmente piena attuazione all'articolo 35 della Costituzione che tutela il lavoro in tutte le sue forme e manifestazioni: il lavoro, appunto, e non il contratto di lavoro.
Sulla base di tali considerazioni, la presente proposta di legge si prefigge l'obiettivo di arrivare, attraverso un processo graduale e sperimentale, a un sistema universale di tutele dei lavoratori, con qualsiasi tipologia di contratto, in caso di riduzione o perdita del lavoro.
Per tale obiettivo, l'articolo 1 della presente proposta di legge prevede una delega al Governo finalizzata a superare l'attuale situazione di frammentazione e disparità di tutele tra lavoratori in caso di disoccupazione involontaria, anche per periodi dell'anno, o di contrazione dell'attività produttiva, nonché a realizzare un sistema di protezione sociale che progressivamente, ma entro tempi certi e ravvicinati, assicuri a tutti i lavoratori titolari di contratti di lavoro subordinato e di lavoro autonomo o professionale, anche nella forma della collaborazione coordinata e continuativa, pure se occasionali, stipulati con datori di lavoro o committenti privati e pubblici, nonché ai lavoratori che effettuino prestazioni di lavoro in ragione di contratti di tipo associativo, trattamenti economici in grado di assicurare loro un'esistenza libera e dignitosa.
Con gli articoli 2 e 3 si intende affiancare ai nuovi strumenti di sostegno del reddito rideterminati dalla citata delega legislativa un insieme di misure per l'investimento sulla formazione dei lavoratori, da un lato puntando sulla riqualificazione delle competenze professionali nonché sulla valorizzazione dell'occupabilità delle persone, attraverso l'istituzione di un apposito fondo, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dall'altro prevedendo un coinvolgimento fattivo dei fondi interprofessionali. Si prevede, inoltre, l'inserimento lavorativo delle persone che abbiano partecipato ai suddetti corsi di riqualificazione professionale attraverso l'esonero dal versamento del 50 per cento dei contributi previdenziali complessivi a carico dei datori di lavoro che assumano tali lavoratori.
Infine, con l'articolo 4 si prevedono il monitoraggio e la verifica costanti dei nuovi strumenti, disponendo che sugli stessi il Ministro del lavoro e delle politiche sociali riferisca annualmente alle Camere.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Delega al Governo in materia di istituzione di un sistema universale di ammortizzatori sociali)

1. Al fine di superare la situazione di frammentazione e disparità di tutele tra lavoratori in caso di disoccupazione involontaria o di contrazione dell'attività produttiva dovuta a crisi di mercato o a ristrutturazione aziendale, nonché di realizzare un sistema di protezione sociale che progressivamente, ma entro tempi certi e ravvicinati, assicuri a tutti i lavoratori trattamenti economici in grado di assicurare loro un'esistenza libera e dignitosa, il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, uno o più decreti legislativi per il riordino della normativa vigente in materia di ammortizzatori sociali, tenuto conto delle peculiarità dei diversi ambiti lavorativi.
2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, relativamente agli strumenti di tutela del reddito per i lavoratori dipendenti o autonomi in costanza di rapporto di lavoro, il Governo si attiene, rispettivamente, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) con riferimento ai lavoratori titolari di contratti di lavoro subordinato:

1) riconoscimento di un trattamento unico e universale di integrazione salariale a favore dei lavoratori dipendenti di datori di lavoro privati, operanti in qualsiasi settore, a prescindere dal numero dei lavoratori alle loro dipendenze;

2) previsione che l'ammissione al trattamento della cassa integrazione guadagni avvenga solo a seguito dell'esaurimento delle possibilità contrattuali di riduzione dell'orario di lavoro, eventualmente destinando una parte delle risorse attribuite alla stessa cassa a favore dei contratti di solidarietà;

3) revisione dei limiti di durata del trattamento di integrazione salariale di cui al numero 1) in base al numero massimo di ore ordinarie lavorabili nel periodo di intervento del trattamento stesso e individuazione di meccanismi di incentivazione della rotazione tra lavoratori ammessi all'intervento e lavoratori che proseguono l'attività lavorativa;

4) previsione della compartecipazione agli oneri da parte delle imprese utilizzatrici, tenendo conto della loro dimensione occupazionale, delle caratteristiche settoriali e delle probabilità di ricorso al trattamento di integrazione salariale di cui al numero 1);

5) progressiva armonizzazione dei trattamenti riconosciuti dai fondi di solidarietà di cui al titolo II del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, con il trattamento di integrazione salariale di cui al numero 1);

6) facoltà per il datore di lavoro di optare, con riferimento ai periodi del trattamento di integrazione salariale di cui al numero 1) prossimi al termine ultimo di fruizione e fino a concorrenza degli oneri, per un meccanismo di esonero parziale dal versamento dei contributi previdenziali complessivi a carico dello stesso, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro;

7) esclusione dalla determinazione del reddito di lavoro dipendente e dalla sottoposizione agli obblighi contributivi degli importi corrisposti dai datori di lavoro a favore dei propri dipendenti a titolo di integrazione salariale in occasione della sospensione, anche parziale, della prestazione lavorativa;

8) regolamentazione del diritto e del dovere della formazione continua e per l'innovazione professionale durante il periodo di fruizione del trattamento di integrazione salariale di cui al numero 1);

9) coinvolgimento attivo del soggetto beneficiario del trattamento di integrazione salariale di cui al numero 1) anche nello svolgimento di attività a beneficio delle comunità locali;

10) compatibilità del trattamento di integrazione salariale di cui al numero 1), entro determinati limiti, con i redditi derivanti dalla prestazione di attività lavorative;

b) con riferimento ai lavoratori titolari di contratti di lavoro autonomo o professionale, anche nella forma della collaborazione coordinata e continuativa, ancorché occasionali, intercorrenti con datori di lavoro o committenti privati e pubblici, nonché ai lavoratori che effettuano prestazioni di lavoro in ragione di contratti di tipo associativo:

1) introduzione di uno strumento di indennizzo e di ristoro che riguardi tutte le categorie di lavoratori di cui all'alinea non iscritti agli enti di previdenza di diritto privato di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, secondo un criterio di maggior incisività della tutela per i soggetti con redditi bassi e con comprovato calo di attività, valutato su base temporale e compatibile con le specifiche professionalità;

2) determinazione di un sistema di compartecipazione del soggetto beneficiario al finanziamento dello strumento di cui al numero 1);

3) coinvolgimento attivo del soggetto beneficiario dello strumento di cui al numero 1) anche nello svolgimento di attività a beneficio delle comunità locali;

4) disciplina delle modalità con le quali gli enti di previdenza di diritto privato, nel rispetto dei princìpi di autonomia di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, fermi restando gli equilibri finanziari e la stabilità di ciascuna gestione, possono introdurre ulteriori forme di sostegno del reddito dei propri iscritti, prevedendo la neutralità fiscale di tali forme di sostegno.

3. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, relativamente agli strumenti di sostegno del reddito in caso di disoccupazione involontaria, il Governo si attiene, rispettivamente, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) con riferimento ai lavoratori titolari di contratti di lavoro subordinato:

1) introduzione di un trattamento unico e universale di disoccupazione per i lavoratori titolari di contratti di lavoro subordinato, dipendenti di datori di lavoro privati operanti in qualsiasi settore e a prescindere dal numero dei lavoratori alle loro dipendenze, commisurando la durata dei trattamenti ai contributi versati dal lavoratore nel corso della sua vita lavorativa;

2) incremento della durata massima del trattamento di cui al numero 1) per i lavoratori con carriere contributive più rilevanti, per i lavoratori ultrasessantenni, per i lavoratori con disabilità grave ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per i lavoratori con figli minori a carico o con figli a carico con disabilità grave ai sensi del citato articolo 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992;

3) graduale superamento dei massimali del trattamento di disoccupazione al fine di assicurare un trattamento minimo non inferiore al 70 per cento dell'ultima retribuzione, incrementabile in relazione all'anzianità contributiva;

4) esclusione di ogni forma di riduzione del trattamento di cui al numero 1) durante il periodo di fruizione;

5) regolamentazione del diritto e del dovere della formazione continua e per l'innovazione professionale durante il periodo di fruizione del trattamento di cui al numero 1);

6) previsione di meccanismi e interventi che incentivino la ricerca attiva di una nuova occupazione, anche di tipo autonomo o cooperativo, da parte del soggetto beneficiario del trattamento di cui al numero 1);

7) determinazione della quota di compartecipazione del soggetto beneficiario al finanziamento del trattamento di cui al numero 1);

8) riconoscimento del diritto al contratto di ricollocazione, per i soggetti beneficiari del trattamento di cui al numero 1), da utilizzare presso i centri per l'impiego, le agenzie per il lavoro e i servizi per l'impiego offerti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative;

9) coinvolgimento attivo del soggetto beneficiario del trattamento di cui al numero 1) anche nello svolgimento di attività a beneficio delle comunità locali;

b) con riferimento ai lavoratori titolari di contratti di lavoro autonomo o professionale, anche nella forma della collaborazione coordinata e continuativa, ancorché occasionali, intercorrenti con datori di lavoro o committenti privati e pubblici, nonché ai lavoratori che effettuano prestazioni di lavoro in ragione di contratti di tipo associativo:

1) introduzione di uno strumento universale di sostegno del reddito in caso di cessazione involontaria dell'attività dei lavoratori di cui all'alinea non iscritti agli enti di previdenza di diritto privato di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, con compartecipazione agli oneri di finanziamento, modulato in ragione dell'anzianità contributiva del lavoratore e tenendo conto di quanto disposto dalla lettera a), numero 2);

2) disciplina delle modalità con le quali gli enti di previdenza di diritto privato, nel rispetto dei princìpi di autonomia di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, fermi restando gli equilibri finanziari e la stabilità di ciascuna gestione, possono introdurre ulteriori forme di sostegno del reddito dei propri iscritti in caso di cessazione involontaria dell'attività professionale, stabilendo la neutralità fiscale di tali forme di sostegno e modulandole in ragione dell'anzianità contributiva del lavoratore e tenendo conto di quanto disposto dalla lettera a), numero 2);

3) determinazione della quota di compartecipazione del soggetto beneficiario al finanziamento dello strumento di cui al numero 1);

4) coinvolgimento attivo del soggetto beneficiario dello strumento di cui al numero 1) anche nello svolgimento di attività a beneficio delle comunità locali;

5) riconoscimento del diritto al contratto di ricollocazione, per i soggetti beneficiari dello strumento di cui al numero 1), da utilizzare presso i centri per l'impiego, le agenzie per il lavoro e i servizi per l'impiego offerti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative o dagli organismi rappresentativi dei lavoratori interessati.

4. Le procedure attinenti ai trattamenti e agli strumenti di cui ai commi 2 e 3 sono definite assicurando il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale nonché degli organismi rappresentativi dei lavoratori interessati.
5. I decreti legislativi di cui al presente articolo sono adottati nel rispetto della procedura di cui all'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
6. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al presente articolo, corredati di una relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria dei medesimi ovvero dei nuovi o maggiori oneri da essi derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura, a seguito di deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica perché su di essi siano espressi, entro trenta giorni dalla data di trasmissione, i pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. Decorso tale termine, i decreti possono essere adottati anche in mancanza dei pareri. Qualora il termine per l'espressione dei pareri parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto dal comma 1 o successivamente, quest'ultimo termine è prorogato di tre mesi.
7. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al presente articolo, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui ai commi 2 e 3, il Governo può adottare, con la medesima procedura di cui ai commi 5 e 6, disposizioni integrative e correttive dei medesimi decreti legislativi, tenuto conto delle evidenze attuative nel frattempo emerse. Il monitoraggio permanente degli effetti dei decreti legislativi di cui al presente articolo è assicurato dal sistema permanente di monitoraggio e valutazione istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, che vi provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
8. Sono fatte salve le potestà attribuite alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, le competenze delegate in materia di lavoro e quelle comunque riconducibili all'articolo 116 della Costituzione e all'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

Art. 2.
(Fondo per il sostegno alla formazione per l'innovazione professionale. Incentivi per la nuova occupazione stabile)

1. Al fine di fare fronte alla ripresa delle attività dopo l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e di favorire la riorganizzazione dei processi produttivi e una coerente riqualificazione delle competenze professionali nonché la valorizzazione dell'occupabilità delle persone, è istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo per il sostegno alla formazione e per l'innovazione professionale, con una dotazione finanziaria di 100 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati i criteri e le modalità di finanziamento delle iniziative ammesse al finanziamento del Fondo di cui al comma 1.
3. Al fine di promuovere l'occupazione stabile e qualificata, ai datori di lavoro privati che, a decorrere dal 1° gennaio 2021, assumono lavoratori con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato che abbiano partecipato ai percorsi di riqualificazione professionale finanziati dal Fondo di cui al comma 1, è riconosciuto, per un periodo massimo di trentasei mesi, l'esonero dal versamento del 50 per cento dei contributi previdenziali complessivi a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, nel limite massimo di importo di 3.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile. Resta ferma l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche. L'esonero è riconosciuto entro il limite di spesa di 300 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021.
4. L'esonero di cui al comma 3 spetta con riferimento ai soggetti che non sono stati occupati a tempo indeterminato presso il medesimo o presso un altro datore di lavoro. Non sono ostativi al riconoscimento dell'esonero gli eventuali periodi di apprendistato svolti presso un altro datore di lavoro e non proseguiti in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Qualora il lavoratore, per la cui assunzione a tempo indeterminato è stato parzialmente fruito l'esonero di cui al comma 3, sia nuovamente assunto a tempo indeterminato da altri datori di lavoro privati, il beneficio è riconosciuto agli stessi datori di lavoro per il periodo residuo utile fino alla completa fruizione.
5. Agli oneri di cui al presente articolo, pari a 400 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, si provvede, quanto a 100 milioni di euro annui, a valere sul Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e, quanto a 300 milioni di euro annui, ai sensi del comma 6 del presente articolo.
6. A decorrere dalla data in entrata in vigore della presente legge, per gli iscritti presso la Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che alla data del 31 dicembre 1995 possono fare valere un'anzianità contributiva presso altre forme pensionistiche obbligatorie, non si applica il massimale annuo della base contributiva e pensionabile stabilito dal comma 18 del medesimo articolo 2. Le disposizioni del presente comma non si applicano agli iscritti alla citata Gestione separata che possono far valere periodi contributivi presso l'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti, le forme esclusive e sostitutive della medesima, le gestioni pensionistiche dei lavoratori autonomi di cui alla legge 2 agosto 1990, n. 233, che hanno chiesto, nell'ambito della citata Gestione separata, il computo dei predetti periodi contributivi, ai fini del diritto e della misura della pensione a carico della Gestione stessa, alle condizioni previste per la facoltà di opzione di cui all'articolo 1, comma 23, della citata legge n. 335 del 1995.

Art. 3.
(Sostegno alla formazione continua)

1. I fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua, di cui all'articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, destinano una quota delle proprie risorse, non inferiore al 5 per cento, all'adeguamento delle competenze dei lavoratori che beneficiano di trattamenti di integrazione salariale o di sostegno del reddito in caso di disoccupazione involontaria.
2. Le imprese che, in data antecedente al 1° maggio 2020, hanno optato per il regime di aiuti alla formazione di cui al regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, e hanno piani formativi in corso e personale collocato in cassa integrazione guadagni, anche in deroga, possono utilizzare il Fondo Nuove Competenze, di cui all'articolo 88 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, per la copertura, in tutto o in parte, dei costi figurativi della quota di cofinanziamento richiesta dai fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua di cui al comma 1 del presente articolo, limitatamente e in misura proporzionale al numero dei dipendenti collocati in cassa integrazione guadagni.

Art. 4.
(Relazione alle Camere)

1. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali trasmette annualmente alle Camere una relazione sullo stato di attuazione e sugli effetti delle disposizioni della presente legge.

Art. 5.
(Entrata in vigore)

1. La presente legge e i decreti legislativi adottati ai sensi dell'articolo 1 entrano in vigore il giorno successivo a quello della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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