PDL 2681

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

RELAZIONE TECNICA

ALLEGATO

PROGETTO DI LEGGE
                Capo I
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                Capo II
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                        Articolo 10
                        Articolo 11
                Capo III
                        Articolo 12
                        Articolo 13
                        Articolo 14
                        Articolo 15
                        Articolo 16
                        Articolo 17
                        Articolo 18
                        Articolo 19
                Capo IV
                        Articolo 20
                        Articolo 21
                        Articolo 22
                        Articolo 23
                        Articolo 24
                        Articolo 25
                        Articolo 26
                        Articolo 27
                        Articolo 28
                        Articolo 29
                        Articolo 30
                        Articolo 31
                        Articolo 32
                        Articolo 33
                        Articolo 34
                        Articolo 35
                        Articolo 36
                        Articolo 37
                        Articolo 38
                Capo V
                        Articolo 39
                Capo VI
                        Articolo 40
                        Articolo 41

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2681

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal ministro della giustizia
(BONAFEDE)

di concerto con il ministro della difesa
(GUERINI)

con il ministro dell'economia e delle finanze
(GUALTIERI)

e con il ministro dell'università e della ricerca
(MANFREDI)

Deleghe al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura

Presentato il 28 settembre 2020

torna su

Onorevoli Deputati! – Il presente disegno di legge contiene disposizioni destinate a incidere profondamente sul «sistema giustizia» nei suoi diversi aspetti, sia con norme immediatamente precettive sia attraverso la successiva adozione di uno o più decreti legislativi da parte del Governo.
In particolare, vi sono disposizioni finalizzate a realizzare una penetrante riforma dell'assetto ordinamentale della magistratura al fine, soprattutto, di rendere la carriera dei magistrati più trasparente e di attuare il precetto costituzionale che vuole i magistrati distinti tra loro solo per funzioni, con interventi in materia di conferimento delle funzioni direttive e semidirettive, di semplificazione (ma all'insegna della trasparenza e del rigore) delle valutazioni di professionalità e di razionalizzazione del funzionamento dei consigli giudiziari.
Sono introdotte anche norme dirette a valorizzare nell'ambito del settore penale lo strumento dei programmi di gestione e a responsabilizzare i dirigenti dell'ufficio nella gestione delle situazioni patologiche, che incidono sulla celerità della risposta giudiziaria.
Sono specificamente disciplinate l'adozione e la formazione del progetto organizzativo dell'ufficio del pubblico ministero ed è rafforzata la distinzione tra funzioni giudicanti e requirenti, con una modifica alle disposizioni che ineriscono al passaggio dalle une alle altre.
Viene, inoltre, regolamentata in termini dettagliati la delicata tematica dell'accesso dei magistrati all'attività politica e del ritorno degli stessi all'attività giudiziaria.
Infine, il presente disegno di legge opera una profonda revisione del sistema elettorale dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura e delle modalità di funzionamento del medesimo organo, che ha mostrato di recente tutta la sua urgenza con l'emergere del fenomeno, patologico e distorsivo, del «correntismo» nella magistratura, allo scopo di riportare l'organo di governo autonomo della magistratura alle sue funzioni costituzionali e di spezzare il legame con le realtà associative che lo hanno piegato a interessi di parte.
Il testo, considerata la contestualità di norme contenenti princìpi e criteri di delega con altre immediatamente precettive, è articolato in sei capi.
Il capo I contiene deleghe al Governo per la riforma ordinamentale della magistratura, con specifico riferimento: alla rimodulazione, secondo princìpi di trasparenza e di valorizzazione del merito, dei criteri di assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi e alla ridefinizione, sulla base dei medesimi princìpi, dei criteri di accesso alle funzioni di consigliere di cassazione e di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione; alla razionalizzazione del funzionamento del consiglio giudiziario, con la semplificazione delle valutazioni di professionalità; alla riduzione dei tempi per l'accesso in magistratura dei laureati in giurisprudenza; alla formazione del progetto organizzativo dell'ufficio del pubblico ministero.
Il capo II contiene una serie di norme di immediata applicazione sempre in materia di riforma ordinamentale della magistratura.
Il capo III contiene disposizioni in materia di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati in occasione di elezioni politiche e amministrative nonché di assunzione di incarichi di governo nazionale, regionale o locale.
Il capo IV contiene disposizioni immediatamente precettive in materia di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura.
Il capo V contiene disposizioni di delega per interventi sul codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in materia di ordinamento giudiziario militare, conseguenti alle riforme ordinamentali della magistratura ordinaria.
Il capo VI contiene, infine, le disposizioni finanziarie e finali.

Capo I.

Il capo I del presente disegno di legge reca la delega al Governo per la riforma ordinamentale della magistratura, con una concreta articolazione dei princìpi e criteri direttivi, ed è suddiviso in quattro articoli.
L'esigenza di una profonda revisione delle disposizioni in materia di ordinamento giudiziario, che tenga conto degli esiti, spesso insoddisfacenti, delle riforme degli ultimi venti anni e cerchi di correggere alcune distorsioni in parte cagionate proprio da quelle riforme, è avvertita da tempo.
La delega interviene in questo ambito, con l'obiettivo di elaborare un progetto di riforma complessiva degli istituti inerenti al conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, l'accesso alle funzioni di consigliere di cassazione e di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione (articolo 2), le valutazioni di professionalità (articolo 3), l'accesso alla magistratura (articolo 4), nonché l'organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero (articolo 2) e il funzionamento dei consigli giudiziari (articolo 3).
Lo scopo e i princìpi ispiratori dell'intervento sono quelli di rendere più efficiente e al passo con i tempi il meccanismo di reclutamento dei nuovi magistrati, di garantire maggiore trasparenza al sistema delle valutazioni di professionalità e di conferimento degli incarichi direttivi, di reintrodurre criteri organizzativi verificabili negli uffici delle procure e di semplificare il procedimento di adozione delle tabelle organizzative degli uffici.
Più specificamente, l'articolo 1 stabilisce, ai commi 1 e 2, il procedimento di adozione dei decreti legislativi. Il comma 3 introduce la possibilità di adottare decreti legislativi correttivi, mentre il comma 4 stabilisce un termine per l'adozione di un testo unico compilativo delle disposizioni aventi forza di legge in materia di ordinamento giudiziario ai sensi dell'articolo 17-bis della legge 23 agosto 1988, n. 400.
L'articolo 2 detta i princìpi e criteri di delega in materia di riordino dell'assetto organizzativo della magistratura, con riferimento alle funzioni direttive e semidirettive e alla ridefinizione dei criteri di accesso alle funzioni di consigliere di cassazione e di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione, nonché, infine, all'organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero e alle procedure di adozione delle tabelle organizzative degli uffici giudicanti.
Quelli trattati costituiscono alcuni dei nodi centrali dell'intervento.
L'abbandono della prevalenza del criterio dell'anzianità nella scelta dei dirigenti e l'attribuzione all'autogoverno della responsabilità sia dell'individuazione del candidato più idoneo per il posto specifico secondo i parametri del merito e delle attitudini sia del controllo successivo del suo agire sino al termine dell'incarico non hanno dato i risultati sperati.
È stato scritto che la riforma del 2006, che si proponeva, condivisibilmente, di tarare l'incarico direttivo sulle necessità dell'ufficio e, quindi, di funzionalizzare la dirigenza alle esigenze del servizio secondo il perseguimento del buon andamento degli uffici, ha invece determinato, a giudizio di molti, fenomeni di natura opposta, incentivando il magistrato che ambisca a ricoprire funzioni direttive o semidirettive a procedere, sin dai primi anni di attività, a occuparsi in modo preminente della costruzione della propria carriera, spendendosi nell'acquisizione di incarichi di collaborazione nella gestione degli uffici e privilegiando, nella trattazione degli affari, quelli che gli attribuiscano visibilità; oltre che a cercare i contatti, le relazioni e la visibilità necessari a ottenere l'appoggio essenziale per conseguire la nomina. L'incarico direttivo e semidirettivo, per molti, da servizio è diventato uno status.
Dal lato del Consiglio superiore della magistratura (CSM), poi, l'attribuzione di una discrezionalità molto ampia non sempre è stata compensata dall'adozione di criteri trasparenti e autenticamente ancorati a dati oggettivi e coerenti.
In questa prospettiva, l'articolo 2 prevede, al comma 1:

- lettere a) e b), l'applicazione dei princìpi di economicità, efficacia, imparzialità, partecipazione, pubblicità e trasparenza di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, con l'introduzione di vincoli procedimentali nella deliberazione dei posti direttivi e semidirettivi. In particolare: 1) i procedimenti per l'attribuzione degli incarichi direttivi e semidirettivi dovranno essere inderogabilmente avviati e istruiti secondo l'ordine temporale con cui i posti si sono resi vacanti, fatta eccezione solo per i posti di primo presidente della Corte di cassazione e di procuratore generale presso la Corte di cassazione, cariche alle quali ineriscono specifiche attribuzioni, non delegabili ad altri, rispetto alle quali vi è l'esigenza di evitare periodi di vacatio; 2) nel corso dell'istruttoria, il CSM dovrà procedere, nei procedimenti per la deliberazione dei posti direttivi di cui all'articolo 10, commi da 12 a 15, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, all'audizione dei candidati, che avverrà se almeno tre componenti della commissione competente lo richiederanno; 3) dovranno essere sentiti, con le modalità stabilite dallo stesso Consiglio, i rappresentanti dell'avvocatura, i magistrati e i dirigenti amministrativi assegnati all'ufficio giudiziario di provenienza dei candidati, con l'onere di prevedere che gli esiti di quelle audizioni debbano essere specificamente esaminati nell'ambito della valutazione complessiva; 4) tutti gli atti dei procedimenti dovranno essere pubblicati, allo scopo di consentire un controllo, sia a tutti i magistrati, nel nome dei quali l'autogoverno è esercitato, sia a tutti i cittadini, che hanno un interesse diretto all'organizzazione della giustizia e alla scelta dei soggetti destinati a gestire gli uffici;

- lettera c), la modifica dei requisiti per il conferimento delle funzioni direttive di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (in connessione, peraltro, con l'attribuzione di rilevanza al requisito dell'anzianità, introdotto già in sede di norme immediatamente precettive tramite la fissazione di fasce, che è comunque di per sé sintomatica di esperienza professionale e di conoscenza delle problematiche organizzative degli uffici), prevedendo, in particolare, che:

1) per il conferimento delle funzioni direttive di primo grado sia richiesto il conseguimento almeno della quarta o della quinta valutazione di professionalità (a seconda delle dimensioni dell'ufficio), in luogo della terza e quarta valutazione, come attualmente previsto dall'articolo 10, commi 10 e 11, del decreto legislativo n. 160 del 2006;

2) per il conferimento delle funzioni di cui all'articolo 10, commi 12 (funzioni direttive di secondo grado), 13 (procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo) e 14 (funzioni direttive di legittimità), del decreto legislativo n. 160 del 2006, sia richiesto il conseguimento non più della quinta, ma almeno della sesta valutazione di professionalità e per il conferimento delle funzioni direttive superiori – giudicanti e requirenti – di legittimità, il conseguimento della settima valutazione di professionalità;

- lettera d), la previsione che la partecipazione degli aspiranti alle procedure per la copertura di posti direttivi (allo scopo di assicurare che i nuovi capi degli uffici siano dotati di adeguate doti manageriali) sia subordinata sia alla frequentazione presso la Scuola superiore della magistratura di specifici corsi, della durata di almeno tre settimane (e aventi ad oggetto lo studio dei criteri di gestione delle organizzazioni complesse nonché l'acquisizione delle competenze manageriali, riguardanti in particolare la conoscenza, l'applicazione e la gestione dei sistemi informatici e informativi, nonché dei modelli di gestione delle risorse umane e materiali utilizzati dal Ministero della giustizia per il funzionamento dei propri uffici e servizi, nonché allo studio e alla conoscenza della materia ordinamentale), sia al superamento di una prova finale, la cui valutazione è rimessa al CSM. Si precisa che i costi di tali corsi dovranno restare nell'ambito delle ordinarie risorse finanziarie assegnate alla Scuola superiore della magistratura, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. In proposito va rilevato che l'utilizzazione degli ordinari stanziamenti di bilancio del Ministero della giustizia destinati all'azione – funzionamento della Scuola superiore della magistratura (pari a euro 13.335.928 per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021) verrà adeguatamente riprogrammata per far fronte alle esigenze formative specificamente introdotte dalla norma illustrata;

- lettere e), f), g) e h), l'individuazione, ai fini della nomina alle funzioni direttive e semidirettive, quando occorra procedere alla comparazione delle attitudini dei candidati, di puntuali parametri e indicatori delle attitudini, questi ultimi suddivisi in «generali» e «specifici», e distinti per tipologia di ufficio, con previsione, altresì, che il legislatore delegato individui, in relazione alle diverse tipologie di ufficio, gli indicatori specifici destinati a prevalere sugli indicatori generali nella valutazione delle attitudini; laddove: 1) sono indicatori generali quelli apprezzabili rispetto a qualsiasi ufficio direttivo o semidirettivo e la norma ne indica alcuni che tali devono essere considerati, quali: l'aver già svolto funzioni direttive o semidirettive; la varietà delle esperienze maturate nel lavoro giudiziario, ma anche in incarichi fuori ruolo; le esperienze di collaborazione e direzione nella gestione degli uffici e le esperienze maturate negli organi di autogoverno quali componenti dei consigli giudiziari o del CSM, per le conoscenze ordinamentali che derivano dall'aver svolto tale tipologia di attività; i risultati conseguiti in termini qualitativi e quantitativi nello svolgimento dell'attività giudiziaria e delle funzioni direttive, semidirettive o di collaborazione alla gestione dell'ufficio; le capacità relazionali; 2) sono indicatori specifici quelli che denotano specifiche attitudini e capacità rispetto alla tipologia di incarico direttivo o semidirettivo richiesto e la norma ne indica alcuni che tali devono essere considerati, quali: le esperienze maturate nel lavoro giudiziario, tenuto conto della pluralità dei settori e delle materie trattate, in relazione alla specificità dell'ufficio in cui si colloca il posto da conferire; le esperienze maturate e gli obiettivi raggiunti nella pregressa funzione direttiva o semidirettiva, tenuto conto della specificità dell'ufficio in cui si colloca il posto da conferire o i risultati ottenuti nello svolgimento di un precedente incarico direttivo o semidirettivo; in ogni caso prevedendo che, ai fini della valutazione dell'attitudine organizzativa maturata attraverso esperienze professionali fuori del ruolo organico, si tenga conto anche della natura e delle competenze dell'amministrazione o ente che conferisce l'incarico, dell'attinenza dello stesso incarico alla funzione giudiziaria e della sua idoneità a favorire l'acquisizione di competenze coerenti con la funzione giudiziaria;

- lettera i), la conservazione, fermo restando quanto stabilito dalla lettera f), del criterio dell'anzianità quale criterio residuale a parità di valutazione risultante dagli indicatori;

- lettera l), la previsione che, ai fini della conferma nell'incarico direttivo e semidirettivo, ai sensi dell'articolo 45 del decreto legislativo n. 160 del 2006, il CSM debba sentire i magistrati dell'ufficio e il consiglio dell'ordine degli avvocati: preziose fonti di conoscenze in ordine alla capacità dimostrata dal capo dell'ufficio di organizzarlo e gestirlo;

- lettera m), la previsione di un procedimento per la valutazione dell'attività svolta nell'esercizio di un incarico direttivo o semidirettivo anche in caso di mancata richiesta di conferma, considerando l'esito di questa valutazione in caso di partecipazione a successivi concorsi per il conferimento di altri incarichi direttivi o semidirettivi;

- lettera n), la previsione che il magistrato titolare di funzioni direttive o semidirettive, anche quando non chiede la conferma, non possa partecipare a concorsi per il conferimento di un ulteriore incarico direttivo o semidirettivo prima del decorso di cinque anni dall'assunzione delle predette funzioni, fermo restando quanto previsto dagli articoli 45, comma 1, 46, comma 1, del decreto legislativo n. 160 del 2006 in caso di valutazione negativa;

- lettera o), l'espressa previsione della possibilità che la reiterata mancata approvazione dei provvedimenti organizzativi del capo dell'ufficio sia valutata quale fattore ostativo alla conferma nell'incarico direttivo, allo scopo di assicurare l'adozione di provvedimenti organizzativi conformi alle indicazioni del CSM e di valorizzare negativamente chi ha già dato prova negativa rispetto alla corretta applicazione degli strumenti organizzativi.

Il comma 2 detta i criteri cui devono conformarsi le modifiche alla disciplina dell'organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, nonché i criteri per modificare le procedure di approvazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti.
Quanto al primo aspetto, il decreto legislativo n. 106 del 2006 ha molto accentuato il carattere gerarchico dell'organizzazione delle procure, non incisa in modo decisivo dalla legge 24 ottobre 2006, n. 269.
I limiti alla discrezionalità organizzativa del procuratore della Repubblica derivano attualmente soprattutto da fonti secondarie e, più esattamente, dalle circolari del CSM.
Il presente disegno di legge delega rende più pregnante il ruolo del CSM. Si prevede, infatti e in particolar modo, che i princìpi generali per la formazione del programma organizzativo con cui il procuratore della Repubblica determina i criteri e le tipologie di cui all'articolo 1, comma 6, del decreto legislativo n. 106 del 2006 siano individuati dal CSM e che il programma organizzativo, da adottare, di regola, con cadenza quadriennale contenga in ogni caso:

1) la costituzione dei gruppi di lavoro, ove possibile e nel rispetto della disciplina della permanenza temporanea nelle funzioni, i criteri di designazione dei procuratori aggiunti ai gruppi di lavoro e i criteri di assegnazione dei sostituti procuratori ai gruppi medesimi, secondo procedure trasparenti che valorizzino le specifiche attitudini dei magistrati;

2) i criteri di assegnazione e di coassegnazione dei procedimenti e le tipologie di reati per i quali i meccanismi di assegnazione del procedimento siano di natura automatica;

3) i criteri di priorità nella trattazione degli affari;

4) i compiti di coordinamento e direzione dei procuratori aggiunti;

5) i compiti e le attività delegate dei vice procuratori onorari;

6) il procedimento di esercizio delle funzioni di assenso sulle misure cautelari;

7) le ipotesi e il procedimento di revoca dell'assegnazione;

8) per le sole procure distrettuali, l'indicazione dei criteri per il funzionamento e l'assegnazione dei procedimenti della direzione distrettuale antimafia e delle sezioni antiterrorismo;

9) l'individuazione del procuratore aggiunto o comunque del magistrato designato come vicario, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 106 del 2006, con la specificazione dei criteri che ne hanno determinato la scelta;

10) i criteri ai quali i procuratori aggiunti e i magistrati dell'ufficio devono attenersi nell'esercizio delle funzioni vicarie o di coordinamento o comunque loro delegate dal capo dell'ufficio.

Viene inoltre previsto che per la formazione e l'approvazione del progetto organizzativo e delle sue modifiche si applichi la procedura di cui all'articolo 7-bis dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, che al contempo viene semplificata. Tale previsione assume una portata decisiva nella misura in cui riconduce al controllo del CSM le scelte del procuratore della Repubblica in materia organizzativa, analogamente a quanto già previsto per gli uffici giudicanti.
In relazione all'intervento di semplificazione del procedimento di adozione delle tabelle organizzative dell'ufficio si è previsto un duplice schema procedimentale. Il primo incardinato sull'assunto che le proposte delle tabelle di organizzazione degli uffici (così come i progetti organizzativi dell'ufficio del pubblico ministero), nonché le relative modifiche, ricevano il parere favorevole del consiglio giudiziario espresso all'unanimità. In questo caso, il principio espresso è che il progetto si dovrà intendere approvato, senza, quindi, l'esigenza di uno specifico passaggio al CSM. Tuttavia, si mantiene ferma la facoltà per i magistrati che hanno proposto osservazioni al progetto di attivare l'intervento del CSM imponendo una rivalutazione dell'approvazione avvenuta. In questo modo si semplifica e si accelera la procedura e si attribuisce un maggiore rilievo all'organo di autogoverno di prossimità, trasformando il parere favorevole espresso all'unanimità dal consiglio giudiziario in approvazione definitiva. Al contempo, però, si valorizza e si responsabilizza anche il ruolo dei magistrati che, ove abbiano proposto osservazioni, potranno attivare l'intervento del CSM.
Il secondo modello di procedimento, invece, riguarda il caso in cui le tabelle di organizzazione degli uffici (e i progetti organizzativi dell'ufficio del pubblico ministero), nonché le relative modifiche abbiano ricevuto il parere favorevole del consiglio giudiziario, ma non in modo unanime. Anche in questo caso il criterio direttivo impone di ritenere i progetti approvati, ma ciò solo ove il CSM non si esprima in senso contrario entro un termine determinato dall'invio del parere del consiglio giudiziario. Di nuovo, si semplifica e si accelera la procedura e si attribuisce un maggiore rilievo all'organo di autogoverno di prossimità, trasformando anche il parere favorevole espresso a maggioranza dal consiglio giudiziario in approvazione, che può divenire definitiva qualora entro un termine determinato il CSM non intervenga.
Peraltro, anche rispetto a questo modello si valorizza il contributo dei magistrati che hanno proposto osservazioni, perché si prevede che queste siano inviate al CSM unitamente al parere del consiglio giudiziario.
Inoltre, si valorizza lo stesso consiglio giudiziario e si responsabilizzano i suoi componenti, prevedendo che possa essere adottato anche un parere contrario «di minoranza», che sarà anch'esso inviato al CSM unitamente al parere di maggioranza del consiglio giudiziario e alle osservazioni dei singoli magistrati.
Questi invii hanno lo scopo di rendere evidente al CSM l'esigenza di un esame della pratica e offrono allo stesso organo il contributo critico delle osservazioni e del parere «di minoranza».
Il comma 3 si occupa di ridefinire i criteri di accesso alle funzioni di consigliere e di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione, anche in questo caso allo scopo di meglio orientare l'esercizio della discrezionalità da parte dell'organo di autogoverno.
La disposizione prevede, in primo luogo, quale condizione preliminare per l'accesso l'effettivo esercizio delle funzioni giudicanti o requirenti di primo o di secondo grado per non meno di quattordici anni, precisando che l'esercizio di funzioni a seguito del collocamento fuori del ruolo della magistratura non possa in alcun caso essere equiparato all'esercizio delle funzioni di merito. Inoltre, ai fini della valutazione delle attitudini, del merito e dell'anzianità, la norma impone l'adozione di criteri per l'attribuzione di un punteggio per ciascuno dei suddetti parametri, assicurando, nella valutazione del criterio dell'anzianità, un sistema di punteggi per effetto del quale ad ogni valutazione di professionalità corrisponda un punteggio. Peraltro, nella valutazione delle attitudini, è previsto che siano considerate anche le esperienze maturate nel lavoro giudiziario, in relazione allo specifico ambito di competenza, penale o civile, in cui si colloca il posto da conferire, con attribuzione di preminenza alla capacità scientifica e di analisi delle norme (da valutare anche tenendo conto dell'esito degli affari nelle successive fasi e nei gradi del procedimento e del giudizio) e alla pregressa assunzione delle funzioni di consigliere di corte d'appello e di sostituto procuratore presso la corte d'appello. Inoltre, è prevista l'introduzione di criteri per la formulazione del parere della commissione di cui all'articolo 12, comma 13, del decreto legislativo n. 160 del 2006, che dovrà concludersi con i giudizi di inidoneo, discreto, buono ed elevato. Il parere dovrà essere espresso sulla base dell'esame di provvedimenti estratti a campione nelle ultime tre valutazioni di professionalità, oltre che su provvedimenti e pubblicazioni individuati dai candidati; il parere della commissione potrà essere disatteso dal CSM solo in relazione allo specifico parametro considerato.
Coerentemente con l'obiettivo perseguito di restituire una maggiore rilevanza all'anzianità quale indice sintomatico di esperienza nell'esercizio delle funzioni, si prevede il superamento del principio di cui all'articolo 12, comma 14, del decreto legislativo n. 160 del 2006.
Inoltre, si è onerato il legislatore delegato di prevedere che, ai fini del giudizio sulle attitudini, le attività esercitate fuori del ruolo organico della magistratura siano valutate nei soli casi nei quali l'incarico abbia a oggetto attività assimilabili a quelle giudiziarie o che presuppongano particolare attitudine allo studio e alla ricerca giuridica, con esclusione di qualsiasi automatismo con riferimento a categorie particolari di attività o incarichi fuori ruolo.
Da ultimo, in connessione con quanto previsto per il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, si prevede, anche per la copertura dei posti di consigliere e di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione, l'applicazione dei princìpi di economicità, efficacia, imparzialità, partecipazione, pubblicità e trasparenza di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e la pubblicazione degli atti nel sito internet istituzionale del CSM.
L'articolo 3 stabilisce i princìpi e criteri direttivi di delega per la riforma del sistema di funzionamento del consiglio giudiziario e delle valutazioni di professionalità.
L'intervento è articolato su due linee direttrici:

a) il riconoscimento del diritto ai componenti non togati di partecipare alle discussioni e di assistere alle deliberazioni delle pratiche relative alla progressione in carriera trattate dal consiglio giudiziario;

b) la semplificazione della procedura di riconoscimento della valutazione positiva di professionalità.

Sotto il primo profilo, l'attuale disciplina – dettata dall'articolo 16 del decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25 – prevede che «I componenti designati dal consiglio regionale ed i componenti avvocati e professori universitari partecipano esclusivamente alle discussioni e deliberazioni relative all'esercizio delle competenze di cui all'articolo 15, comma 1, lettere a), d) ed e)», e cioè alla formulazione del parere sulle tabelle degli uffici giudicanti e sulle tabelle infradistrettuali, nonché sui criteri per l'assegnazione degli affari e la sostituzione dei giudici impediti di cui all'articolo 7-ter, commi 1 e 2, dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto n. 12 del 1941, all'esercizio della vigilanza sull'andamento degli uffici giudiziari del distretto e alla formulazione di pareri e proposte sull'organizzazione e sul funzionamento degli uffici del giudice di pace del distretto.
Il presente disegno di legge delega valorizza il ruolo dei componenti non appartenenti alla magistratura, riconoscendo ai medesimi il cosiddetto «diritto di tribuna», cioè il diritto di assistere alla seduta senza partecipare alla discussione e alla deliberazione, anche in relazione alla formulazione dei pareri per la valutazione di professionalità dei magistrati, allo scopo di accrescere la trasparenza dei procedimenti di valutazione.
Sotto il secondo profilo, si è osservato che il regime delle valutazioni di professionalità – dettato dall'articolo 11 del decreto legislativo n. 160 del 2006 – è attualmente imperniato, acquisita l'autorelazione del magistrato, su ben tre o quattro rapporti, pareri o giudizi, formulati da: 1) il presidente di sezione o il procuratore aggiunto; 2) il capo dell'ufficio; 3) il consiglio giudiziario; 4) il CSM.
Per i casi di positivo superamento della valutazione l'esperienza ha evidenziato una sostanziale ripetitività e ridondanza di contenuti che si riverbera anche sui tempi della procedura, gravando i vari organi di incombenti inutilmente onerosi.
Essendo evidente l'impraticabilità di una soluzione che elimini in radice la formulazione dei pareri «positivi» – sia in virtù della loro rilevanza anche per altri profili inerenti alla carriera del magistrato, sia a causa dei potenziali profili di contrasto con la Costituzione che insorgerebbero nel momento in cui l'automatismo si traducesse nell'eliminazione di competenze del CSM in materia di promozione – il presente disegno di legge delega impone di prevedere:

1) che la relazione di cui all'articolo 11, comma 4, lettera b), del decreto legislativo n. 160 del 2006 contenga esclusivamente i dati conoscitivi sull'attività giudiziaria svolta dal magistrato, indispensabili alla valutazione di professionalità, e che sia redatta secondo le modalità e i criteri definiti dal CSM. L'obiettivo è quello di standardizzare e di semplificare il contenuto dell'autorelazione, affinché essa serva unicamente a fornire al capo dell'ufficio gli elementi fattuali (ad esempio, esperienze professionali svolte nel quadriennio, eventuali incarichi di collaborazione, dati statistici e loro «spiegazione» in rapporto agli affari trattati e all'attività degli altri magistrati dell'ufficio) necessari per conoscere meglio e dettagliatamente l'attività del magistrato;

2) che allorché i capi degli uffici ritengano di confermare il contenuto della relazione del magistrato di cui all'articolo 11, comma 4, lettera b), del decreto legislativo n. 160 del 2006 il rapporto si limiti a esprimere una valutazione di conferma, senza un'ulteriore motivazione, fatta salva l'espressione del giudizio positivo con riferimento ai requisiti di indipendenza, imparzialità ed equilibrio e ai parametri della capacità, laboriosità, diligenza e impegno;

3) che il consiglio giudiziario formuli il parere di cui all'articolo 11, comma 6, del decreto legislativo n. 160 del 2006 utilizzando il rapporto del capo dell'ufficio, la relazione del magistrato, le statistiche comparate, i provvedimenti estratti a campione e quelli spontaneamente prodotti dall'interessato, con una motivazione semplificata qualora ritenga di confermare il giudizio positivo reso nel rapporto;

4) che il CSM, quando, esaminati il rapporto del capo dell'ufficio, la relazione del magistrato, le statistiche comparate e i provvedimenti estratti a campione o spontaneamente prodotti dall'interessato, ritenga di recepire il parere del consiglio giudiziario contenente la valutazione positiva, esprima il giudizio di cui all'articolo 11, comma 15, del decreto legislativo n. 160 del 2006, con un provvedimento che richiama il suddetto parere, senza un'ulteriore motivazione. Il tutto imponendo sempre che i fatti accertati in sede di giudizio disciplinare siano oggetto di valutazione ai fini del conseguimento della successiva valutazione di professionalità.

L'articolo 4 fissa i princìpi e criteri direttivi di delega per la riforma della disciplina dell'accesso in magistratura.
Facendo propri i risultati ai quali era pervenuta anche la Commissione di studio sulla ricognizione delle attività formative finalizzate all'accesso alla magistratura ordinaria (decreti del Ministro della giustizia 22 dicembre 2017 e 3 gennaio 2018), cosiddetta «Commissione Sirena», è previsto innanzitutto il ritorno a un concorso di primo grado e cioè a un meccanismo di accesso diretto al concorso da parte di tutti i laureati in giurisprudenza, senza restringimenti aprioristici della platea dei partecipanti. Tale soluzione consente di abbassare l'età media dell'ingresso in magistratura e di evitare quei lunghi periodi di attesa che precludono la partecipazione al concorso agli appartenenti alle famiglie meno abbienti.
L'accesso diretto al concorso post laurea deve comportare un riposizionamento della funzione degli attuali istituti di formazione pre-concorsuale, soprattutto con riferimento alle scuole di specializzazione per le professioni legali. Il presente disegno di legge delega, al riguardo, persegue l'obiettivo di accelerare il percorso formativo pre-concorsuale, anticipando la possibilità di accedere ai tirocini formativi già durante il corso di laurea, ove vi sia regolarità nel superamento degli esami curriculari.
In questa prospettiva, è previsto che il Governo, nell'esercizio della delega, consenta di iniziare il tirocinio formativo di cui all'articolo 73 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, al superamento dell'ultimo esame previsto dal corso di laurea.
In queste medesime prospettive si è anche previsto di consentire alla Scuola superiore della magistratura di organizzare, anche in sede decentrata, corsi di preparazione al concorso per magistrato ordinario, stabilendo che questa attività venga svolta in favore di laureati in possesso dei requisiti dal citato l'articolo 73 del decreto-legge n. 69 del 2013, e che abbiano già dimostrato un interesse per l'accesso alla magistratura svolgendo il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari di cui allo stesso articolo 73.
È stato anche fissato come specifico criterio di delega che i costi siano a carico dei partecipanti in una misura che tenga conto delle condizioni reddituali dei partecipanti.
La norma incide anche sullo svolgimento delle prove orali del concorso per l'accesso alla magistratura. Attualmente, esse vertono su dieci gruppi di materie e su diciassette materie, tra le quali anche «elementi fondamentali di diritto romano». Tenuto conto del tempo limitato a disposizione dei candidati per prepararsi all'esame orale e della necessità di contenere la durata della prova orale entro un tempo ragionevole, in presenza di un numero di materie così imponente è inevitabile che i componenti della commissione non possano svolgere un esame approfondito delle conoscenze dei candidati e della loro capacità di ragionamento. Il presente disegno di legge delega prevede, quindi, di limitare il numero della materie oggetto della prova orale, individuando quelle che dovranno essere certamente mantenute nel diritto civile, diritto penale, procedura civile, procedura penale, diritto amministrativo, diritto costituzionale, diritto europeo, diritto del lavoro e ordinamento giudiziario, fermo restando il colloquio in una lingua straniera, già previsto dall'articolo 1, comma 4, lettera m), del decreto legislativo n. 160 del 2006.
L'articolo 5 detta criteri per il necessario coordinamento con le disposizioni vigenti delle norme delegate, anche mediante modifiche alla formulazione e alla collocazione delle disposizioni dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto n. 12 del 1941, del decreto legislativo n. 160 del 2006 e del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, nonché delle norme contenute in leggi speciali non direttamente investite dai princìpi e criteri direttivi di delega.

Capo II.

Il capo II del presente disegno di legge detta una serie di disposizioni di riforma dell'ordinamento giudiziario di immediata applicazione.
L'articolo 6 innova radicalmente la disciplina dei magistrati dell'ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione, riscrivendo l'articolo 115 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto n. 12 del 1941, in modo tale che le competenze e l'organico di quell'ufficio tornino ad essere quelle originarie, mutate nel corso del tempo (per effetto degli interventi effettuati con l'articolo 74, comma 1, lettera a), del citato decreto-legge n. 69 del 2013, che ha creato la figura dell'assistente di studio, nonché con l'articolo 1 del decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197, che ha introdotto l'ulteriore figura del magistrato addetto all'ufficio del massimario e del ruolo applicato con funzioni di legittimità alle sezioni civili e penali, da ultimo addetto, ai sensi dell'articolo 1, comma 980, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, esclusivamente alla sezione tributaria) con la trasformazione dell'ufficio in «bacino» di supporto alla concreta attività giurisdizionale della Corte di cassazione, non del tutto legittima, alla luce del fatto che sono ben diverse le qualità professionali richieste per l'accesso all'ufficio del massimario e del ruolo da quelle previste per l'accesso alla Corte di cassazione. Funzioni di supporto che non sono neppure più necessarie alla luce dell'aumento di organico della stessa Corte di quarantotto consiglieri e di quattro presidenti di sezione.
Il rinnovato articolo 115 prevede, quindi, che della pianta organica della Corte di cassazione facciano parte trentasette magistrati destinati all'ufficio del massimario e del ruolo, stabilendo che al predetto ufficio possano, però, essere designati solo magistrati che hanno conseguito almeno la terza valutazione di professionalità e con almeno dieci anni di effettivo esercizio delle funzioni giudicanti o requirenti di primo o di secondo grado. Requisiti introdotti allo scopo di richiedere anche per l'accesso a questa delicata funzione un bagaglio di esperienza effettiva nell'attività giurisdizionale particolarmente significativo.
A questo stesso scopo si è, altresì, chiarito che l'esercizio di funzioni a seguito del collocamento fuori del ruolo della magistratura non possa in alcun caso essere equiparato all'esercizio delle funzioni giudicanti o requirenti di primo o di secondo grado.
Un simile intervento ha imposto l'adozione anche di due previsioni transitorie: la prima allo scopo di chiarire che fino al momento in cui il numero dei magistrati assegnati all'ufficio del massimario e del ruolo resterà superiore alla nuova dotazione organica non potranno essere pubblicati nuovi avvisi di posti vacanti; la seconda per confermare che l'utilizzo dei magistrati addetti all'ufficio del massimario e del ruolo nelle funzioni previste prima della modifica resta possibile, ma solo finché il numero dei magistrati addetti all'ufficio sarà superiore alla nuova dotazione organica e limitatamente a un numero di magistrati corrispondente alle unità in esubero.
L'articolo 7 introduce ulteriori modifiche all'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto n. 12 del 1941.
In particolare, viene ampliata l'efficacia temporale delle tabelle degli uffici giudicanti di cui all'articolo 7-bis, aumentandola a quattro anni rispetto agli attuali tre, in quanto da tempo la prassi ha segnalato come l'attivazione dell'intera procedura di rinnovo delle tabelle dell'ufficio ogni tre anni è assai gravosa per gli uffici e non appare necessaria, anche perché nuove esigenze organizzative vengono gestite con le ordinarie procedure di modifica.
Inoltre, si è stabilito che il termine di cui all'articolo 194, decorso il quale è possibile essere trasferiti a un'altra sede, sia in via ordinaria ridotto a tre anni per i magistrati che esercitano le funzioni presso la sede di prima assegnazione, rispetto ai quattro anni vigenti per tutti i magistrati, in considerazione dell'aggravio che rappresenta per il magistrato destinato alla prima sede la permanenza protratta presso quella sede: di certo un aggravio maggiore rispetto a quello che invece affronta il magistrato che si trova in una sede già oggetto di un precedente trasferimento. Una soluzione che, peraltro, può permettere anche un impiego meno gravoso del magistrato di nuova nomina presso sedi ordinariamente non coperte agevolmente.
Peraltro, la soluzione adottata ratifica a regime una disposizione identica già introdotta, ma solo in via eccezionale, dall'articolo 3 del decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197, il cui comma 1-ter prevede che «Per i magistrati che, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, esercitano le funzioni presso la sede di prima assegnazione o, alla medesima data, sono stati assegnati alla prima sede, il termine di cui all'articolo 194, primo comma, dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il trasferimento ad altre sedi o per l'assegnazione ad altre funzioni è ridefinito da quattro anni a tre anni. Il presente comma si applica anche ai magistrati ai quali la prima sede è assegnata nell'anno 2017».
Al contrario, rispetto al medesimo aspetto, si è, invece, estesa la disposizione del citato articolo 194 (che obbliga a una permanenza di almeno quattro anni nella sede prescelta) anche al presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, al presidente aggiunto della Corte di cassazione, al procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione, nonché ai presidenti e ai procuratori generali di corte d'appello, la cui applicazione era, invece, senza alcuna valida ragione, esclusa dall'articolo 195 del medesimo ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto n. 12 del 1941, che viene contestualmente abrogato.
Invece si è, in generale, escluso che il limite temporale dei quattro anni possa precludere il mutamento di funzioni allorché le funzioni alle quali si ambisce siano quelle apicali di primo presidente della Corte di cassazione e di procuratore generale presso la Corte di cassazione, una deroga dettata dall'esigenza di non restringere la platea degli aspiranti a questi incarichi di massimo vertice.
Infine, è parso necessario un intervento sull'articolo 7-ter dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto n. 12 del 1941, che detta i criteri generali ai quali si deve attenere il dirigente nell'organizzazione e nella distribuzione del carico di lavoro, anche in connessione con l'intervento di cui si dirà in sede di esame dell'innovazione apportata (con l'articolo 11 del disegno di legge in esame) all'articolo 37 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Per questo aspetto si è stabilito che la distribuzione dei ruoli e dei carichi di lavoro debba garantire obiettivi di funzionalità e di efficienza dell'ufficio e assicurare costantemente l'equità tra tutti i magistrati dell'ufficio, delle sezioni e dei collegi. Un intervento che muove dalla consapevolezza che spesso elementi di inefficienza degli uffici derivano anche da un cattivo governo delle regole di distribuzione del lavoro, sia tra le sezioni, che, all'interno di esse, tra i diversi magistrati, sia all'interno dei singoli collegi.
L'articolo 8 interviene sull'articolo 3, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, per ampliare i casi di collocamento in aspettativa dei magistrati, comprendendo anche il caso in cui al magistrato sia già stato accertato uno stato di infermità incompatibile con il conveniente ed efficace svolgimento delle funzioni giudiziarie, malgrado non sia ancora concluso il procedimento volto alla verifica della natura permanente dell'infermità ai fini della dispensa dal servizio.
L'articolo 9 introduce una serie composita di innovazioni al decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, che si occupa della materia degli illeciti disciplinari.
In primo luogo, sono introdotti una serie di illeciti connessi al nuovo ruolo riconosciuto ai dirigenti (sia dell'ufficio che delle singole sezioni) di monitoraggio e di intervento per rimuovere situazioni di crisi (descritte dai commi 5-bis e 5-ter del citato articolo 37 del decreto-legge n. 98 del 2011, che si introducono con l'articolo 11 del presente disegno di legge), che interessano il singolo magistrato o un'intera sezione: il singolo magistrato per la presenza di numerosi ritardi nel deposito dei provvedimenti, la sezione per la presenza di trend di smaltimento negativi. Il tutto secondo un'impostazione innovativa che, da un lato, impone concreti e continui monitoraggi della situazione sia rispetto al singolo che rispetto alle sezioni e, dall'altro, qualifica quelle problematiche come di interesse dell'intero ufficio e ne impone la risoluzione. Al riguardo, in primo luogo, è punita l'omessa adozione da parte del capo dell'ufficio delle iniziative volte a rimuovere quelle situazioni di crisi, sanzionandola anche con la temporanea incapacità di esercitare le funzioni direttive o semidirettive, in caso di reiterata violazione di quegli obblighi di intervento. Ma allo stesso modo è sanzionata anche l'omissione, da parte del capo l'ufficio o del presidente di una sezione, dell'obbligo di comunicare, rispettivamente, al consiglio giudiziario e al consiglio direttivo della Corte di cassazione o al capo dell'ufficio, le condotte del magistrato dell'ufficio che non collabori nell'attuazione delle misure predisposte per eliminare i ritardi nel deposito dei propri provvedimenti. In modo conseguente e connesso sono punite anche l'omessa collaborazione del magistrato nell'attuazione delle misure predisposte per eliminare i suoi ritardi, nonché la reiterazione, all'esito dell'adozione di quelle misure, delle condotte che le hanno imposte, se si tratta, ovviamente, di condotte a lui attribuibili, ben potendo i ritardi derivare anche da una distribuzione del lavoro non conforme ai criteri già visti introdotti con la modifica apportata all'articolo 7-ter dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto n. 12 del 1941.
L'intervento di riforma ha anche offerto l'occasione per innestare nel sistema disciplinare relativo ai magistrati l'istituto della riabilitazione (articolo 25-bis del decreto legislativo n. 109 del 2006), già previsto per numerosi ambiti disciplinari. Al riguardo si sono fissati plurimi presupposti. Il primo di natura oggettiva, in quanto l'istituto è previsto solo per l'ammonimento e la censura. Il secondo di natura meramente temporale, in quanto si è stabilito che prima di poter proporre l'istanza di riabilitazione debbano essere trascorsi almeno tre anni dal giorno in cui le sanzioni disciplinari sono state applicate. Gli ulteriori presupposti attengono, invece, ad accertamenti di merito, idonei a esprimere la meritevolezza del beneficio. Per questo aspetto, il magistrato sanzionato deve aver conseguito (dopo il momento in cui l'illecito è stato commesso) la valutazione di professionalità successiva a quella posseduta nel momento in cui l'illecito è stato commesso, nel caso di applicazione della sanzione dell'ammonimento, oppure due valutazioni di professionalità successive, nel caso di applicazione della sanzione della censura.
Inoltre, il magistrato non deve essere stato successivamente sanzionato disciplinarmente (a meno che quella sanzione non sia stata oggetto di riabilitazione) o anche solo essere destinatario di un procedimento per l'irrogazione di una sanzione disciplinare. Questa soluzione ha imposto di predisporre una disciplina specifica per il caso in cui il magistrato avesse già conseguito l'ultima valutazione di professionalità (la settima) nel momento in cui l'illecito è stato commesso o la consegua prima del perfezionarsi dei presupposti indicati, come accade allorché avesse già conseguito la sesta valutazione al momento del fatto e sia stato sanzionato con l'ammonimento (che richiede due ulteriori valutazioni per ottenere la riabilitazione).
In questo caso, si è ritenuto di prevedere che, nel caso di applicazione della sanzione dell'ammonimento, ove il magistrato abbia conseguito la valutazione di professionalità successiva a quella posseduta nel momento in cui l'illecito è stato commesso, o, nel caso in cui in quel momento fosse già in possesso dell'ultima valutazione di professionalità, di imporre il decorso di quattro anni dal conseguimento di detta valutazione, onerando l'istante di dare prova della positiva sussistenza dei presupposti di capacità, laboriosità, diligenza e impegno.
Invece, nel caso di applicazione della sanzione della censura, si è ritenuto di prevedere che, ove il magistrato abbia conseguito, dopo la commissione dell'illecito, l'ultima valutazione di professionalità, egli debba attendere il decorso di quattro anni dal conseguimento di detta valutazione e che dia prova della sussistenza dei presupposti di capacità, laboriosità, diligenza e impegno oppure della sussistenza dei presupposti di capacità, laboriosità, diligenza e impegno per un periodo di otto anni dal conseguimento dell'ultima valutazione di professionalità se già posseduta al momento di commissione dell'illecito.
La riabilitazione, infine, non può essere concessa nel caso in cui il magistrato sia cessato dalle funzioni.
Rispetto a questo istituto si è, da ultimo, ritenuto necessario introdurre una norma di natura transitoria, diretta a rendere applicabili l'istituto anche alle sanzioni già irrogate in data precedente all'entrata in vigore della legge.
L'articolo 10 introduce, con portata direttamente precettiva, alcune modifiche al decreto legislativo n. 160 del 2006 allo scopo di porre immediatamente un freno alla degenerazione che si è visto caratterizzare la delicatissima attività di selezione dei dirigenti degli uffici e dei presidenti delle sezioni. Un aspetto che non presenta profili negativi solo per la deviazione dei comportamenti di singoli, ma che ha ricadute immediate sull'efficienza del sistema giustizia, sia perché comporta che la selezione dei magistrati addetti a gestire e organizzare gli uffici avviene senza alcuna reale valutazione del merito e delle capacità, sia perché produce una serie di comportamenti dei singoli magistrati funzionali solo ad acquisire titoli per la carriera piuttosto che a dare pienamente il proprio contributo all'esercizio concreto ed effettivo della giurisdizione.
L'introduzione di fasce di anzianità, quale presupposto idoneo a delimitare la gamma degli aspiranti legittimati a concorrere, ha una funzione di moralizzazione (perché riduce lo spazio di discrezionalità del CSM e attenua le spinte carrieristiche dei magistrati più giovani) e si fonda sull'assunto che la più ampia esperienza professionale costituisca già un valore positivo.
Nel dettaglio è previsto che non siano valutati gli aspiranti che, rispetto al più anziano, presentano, per le funzioni semidirettive, un'anzianità di servizio inferiore di oltre sette anni e, per le funzioni direttive, un'anzianità di servizio inferiore di oltre cinque anni. Si è disposto, inoltre, al fine di evitare operazioni mirate a delimitate artatamente la fascia, inducendo la partecipazione al concorso di magistrati anziani, che la fascia di anzianità rilevante sia delimitata a partire dal più anziano degli aspiranti ritenuto idoneo fra quelli legittimati. Inoltre, il peso dell'anzianità di servizio nella delimitazione della fascia è contemperato dalla valorizzazione, quale elemento di estensione degli aspiranti oltre la fascia, anche di un'anzianità «nelle funzioni», in particolare per quegli uffici nei quali la specializzazione delle funzioni è riconosciuta dallo stesso ordinamento. Infatti, per le funzioni direttive di cui all'articolo 10, comma 13, del decreto legislativo n. 160 del 2006 (ossia di procuratore nazionale antimafia), di presidente del tribunale per i minorenni, di procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni e di presidente del tribunale di sorveglianza, nonché per le funzioni semidirettive di presidente delle sezioni indicate dall'articolo 47-ter, comma 2, lettera b), dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto n. 12 del 1941, e dall'articolo 1 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168 (ossia le sezioni incaricate della trattazione delle controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie, le sezioni incaricate degli affari inerenti alle procedure concorsuali; le sezioni dei giudici incaricati dei provvedimenti previsti del codice di procedura penale per la fase delle indagini preliminari e per l'udienza preliminare), si è previsto che siano valutati anche gli aspiranti che abbiano esercitato per almeno cinque anni le loro funzioni presso gli uffici o le sezioni corrispondenti a quelli il cui posto direttivo o semidirettivo è oggetto del concorso.
Inoltre, con portata generale, l'anzianità «nelle funzioni» si è ritenuto che possa consentire di recuperare sempre l'aspirante ultrafascia, allorché abbia maturato specifiche esperienze nell'ambito degli uffici o delle sezioni corrispondenti a quelli il cui posto direttivo o semidirettivo è oggetto del concorso oppure altre specifiche e rilevanti esperienze professionali, purché in relazione alle concrete esigenze dell'ufficio o della sezione il cui posto è oggetto di concorso e purché si tratti di un candidato che presenti titoli e indicatori attitudinali di spiccato ed eccezionale rilievo, il tutto da indicare con espressa motivazione.
Oltre allo specifico onere motivazionale, sembra che questa formulazione consenta di superare possibili limitazioni derivanti dal meccanismo delle fasce, ma senza aperture incontrollate a una discrezionalità senza regole, essendo imposto che l'aspirante abbia maturato specifiche esperienze nell'ambito degli uffici o delle sezioni corrispondenti a quelli il cui posto direttivo o semidirettivo è oggetto del concorso oppure altre specifiche e rilevanti esperienze professionali e sempre che presenti titoli e indicatori attitudinali di spiccato ed eccezionale rilievo: il tutto in relazione alle concrete esigenze dell'ufficio o della sezione il cui posto è oggetto di concorso.
Sempre nell'articolo 10 si è, infine, inteso rafforzare la distinzione tra le funzioni giudicanti e quelle requirenti, con una modifica alle disposizioni che riguardano il passaggio dalle une alle altre, riducendo l'attuale possibilità di quattro passaggi a soli due passaggi. Questa previsione ha ovviamente imposto un intervento diretto a regolare la posizione di quei magistrati che prima dell'entrata in vigore della legge abbiano già effettuato almeno un cambio di funzioni (ma non esaurito le quattro possibilità previste), stabilendo che per questi ultimi sia ancora possibile sempre e solo un ultimo mutamento.
Rispetto al decreto legislativo n. 160 del 2006, da ultimo, sono stati altresì modificati i limiti di età previsti dall'articolo 35 per l'assunzione di funzioni direttive, parificando tutte le funzioni, ad esclusione di quelle apicali. Per quelle apicali, escluse dalla parificazione, si è, peraltro, introdotto un limite, prima non esistente, imponendo che anche per esse sia garantita la copertura delle funzioni per almeno due anni.
L'articolo 11 apporta una serie di modifiche all'articolo 37 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha introdotto l'istituto dei programmi di gestione, estendendo l'applicazione di tali programmi anche al settore penale, nel quale, ovviamente, diviene essenziale il confronto anche con il procuratore della Repubblica e l'attuazione dei criteri di priorità, sia elaborati dalla legge, sia individuati dal CSM.
Nello stesso contesto è stato dato un contenuto concreto anche all'impostazione di cui si è già detto, in forza della quale si vuole che il dirigente dell'ufficio non si limiti a elaborare il programma di gestione, ma monitorizzi costantemente l'ufficio, sia rispetto alle attività del singolo magistrato sia rispetto alle attività delle diverse sezioni e intervenga appena emergano problematiche che inficino l'efficienza dell'ufficio.
In particolare, viene imposto al capo dell'ufficio, al verificarsi di gravi e reiterati ritardi da parte di uno o più magistrati dell'ufficio, di accertare le cause degli stessi e di adottare ogni iniziativa idonea a consentirne l'eliminazione, attraverso la predisposizione di piani mirati di smaltimento, che possono anche prevedere, se necessario, la sospensione totale o parziale delle assegnazioni e la redistribuzione dei ruoli e dei carichi di lavoro, con onere di verifica trimestrale della concreta funzionalità del piano.
Inoltre, nella predisposizione e nella verifica di operatività del piano è coinvolto anche il consiglio giudiziario, o, nel caso il problema riguardi un magistrato della Corte di cassazione, il Consiglio direttivo presso la Corte di cassazione, anche allorché il piano non comporti modifiche tabellari; tali organi di autogoverno possono collaborare nell'elaborazione del piano, indicando interventi diversi da quelli adottati.
In termini ancora più ampi, un medesimo onere di controllo e di intervento è imposto al capo dell'ufficio, il quale, al verificarsi di un aumento delle pendenze dell'ufficio o di una sezione in misura superiore al 10 per cento rispetto all'anno precedente, deve accertarne le cause e adottare ogni intervento idoneo a consentire l'eliminazione delle eventuali carenze organizzative che hanno determinato quell'aumento, con una verifica periodica (semestrale in questo caso) della concreta funzionalità e con l'intervento a supporto del consiglio giudiziario o, nel caso il problema riguardi sezioni della Corte di cassazione, del Consiglio direttivo.
Peraltro, rispetto a queste attività è fortemente responsabilizzato anche il presidente di sezione, che deve segnalare immediatamente al capo dell'ufficio la presenza di gravi e reiterati ritardi da parte di uno o più magistrati della sezione, nonché la presenza di un aumento nelle pendenze della sezione: in entrambi i casi la norma introdotta prevede che il presidente debba indicare le cause delle constatate disfunzioni.
In conformità all'ideale per cui le problematiche interne all'ufficio devono essere di interesse di tutti i magistrati e che il contributo di tutti è rilevante nella risoluzione delle stesse, in caso di gravi ritardi di uno o più magistrati, si prevede che anche costoro siano chiamati a individuarne le cause, mentre in caso di problematiche che investono la sezione si stabilisce che tutti i magistrati della sezione siano parimenti chiamati a collaborare per indicarne le cause.

Capo III.

Il capo III detta disposizioni di immediata applicazione in materia di eleggibilità, di assunzione di cariche politiche e di incarichi presso organi politici da parte dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari.
Si tratta di una materia connotata da particolare delicatezza, che impone al legislatore un attento bilanciamento tra interessi costituzionalmente rilevanti ai fini di un corretto rapporto tra magistratura e istituzioni politiche.
Seppure con riferimento alle limitazioni al diritto dei magistrati di iscriversi a partiti politici, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 170 del 20 luglio 2018, ha osservato che «La Costituzione (...) mostra il proprio sfavore nei confronti di attività o comportamenti idonei a creare tra i magistrati e i soggetti politici legami di natura stabile, nonché manifesti all'opinione pubblica, con conseguente compromissione, oltre che dell'indipendenza e dell'imparzialità, anche della apparenza di queste ultime: sostanza e apparenza di princìpi posti alla base della fiducia di cui deve godere l'ordine giudiziario in una società democratica».
A questo riguardo, in precedenza, la Corte costituzionale aveva chiarito che «deve riconoscersi (...) che i magistrati debbono godere degli stessi diritti di libertà garantiti ad ogni altro cittadino» (sentenza n. 100 dell'8 giugno 1981) e che quindi possono, com'è ovvio, non solo condividere un'idea politica, ma anche espressamente manifestare le proprie opzioni al riguardo. Ma deve, del pari, ammettersi che le funzioni esercitate e la qualifica rivestita dai magistrati non sono indifferenti e prive di effetto per l'ordinamento costituzionale. Per la natura della loro funzione, la Costituzione riserva ai magistrati una disciplina del tutto particolare, contenuta nel capo IV della parte seconda (articoli 101 e seguenti): questa disciplina, da un lato, assicura una posizione peculiare, dall'altro, correlativamente, comporta l'imposizione di speciali doveri.
La Corte costituzionale ha aggiunto che «nel disegno costituzionale, l'estraneità del magistrato alla politica dei partiti e dei suoi metodi è un valore di particolare rilievo e mira a salvaguardare l'indipendente ed imparziale esercizio delle funzioni giudiziarie, dovendo il cittadino essere rassicurato sul fatto che l'attività del magistrato, sia esso giudice o pubblico ministero, non sia guidata dal desiderio di far prevalere una parte politica» (sentenza n. 224 del 17 luglio 2009).
Quanto al divieto legislativo di iscrizione ai partiti politici, ancora nella sentenza n. 224 del 2009, si sottolinea come esso non si ponga in «contraddizione con il diritto di elettorato passivo spettante ai magistrati, e ciò sia per la diversità delle situazioni poste a raffronto (un conto è l'iscrizione o comunque la partecipazione sistematica e continuativa alla vita di un partito politico, altro è l'accesso alle cariche elettive), sia perché quel diritto non è senza limitazioni». In tale cornice costituzionale si inserisce la disciplina legislativa che si illustra.
Per effetto dell'articolo 12 (Eleggibilità dei magistrati), i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, compresi quelli collocati fuori del ruolo organico, non sono eleggibili alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia, di senatore o di deputato o a quella di presidente della giunta regionale, di consigliere regionale, di presidente delle province autonome di Trento e di Bolzano o di consigliere provinciale nelle medesime province autonome se prestano servizio, o lo hanno prestato nei due anni precedenti la data di accettazione della candidatura, presso sedi o uffici giudiziari con competenza ricadente, in tutto o in parte, nella circoscrizione elettorale. I medesimi magistrati non sono altresì eleggibili alla carica di sindaco in comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti se prestano servizio, o lo hanno prestato nei due anni precedenti la data di accettazione della candidatura, presso sedi o uffici giudiziari con competenza ricadente, in tutto o in parte, nel territorio della provincia in cui è compreso il comune. Ancora, l'ineleggibilità riguarda anche l'assunzione dell'incarico di assessore e di sottosegretario regionale e di assessore di comuni capoluogo di regione, avendo riguardo a sedi o uffici giudiziari con competenza ricadente in tutto o in parte nel territorio della regione.
L'applicazione di tali disposizioni è esclusa per i magistrati in servizio da almeno due anni presso le giurisdizioni superiori o presso gli uffici giudiziari con competenza territoriale a carattere nazionale, sul presupposto che altrimenti per costoro verrebbe a essere introdotta di fatto una radicale ineleggibilità, essendo sempre compreso il loro ufficio nella circoscrizione elettorale.
In aggiunta a quanto previsto, non sono in ogni caso eleggibili i magistrati che, all'atto dell'accettazione della candidatura, non siano in aspettativa (senza assegni) da almeno due mesi, salvo i casi di scioglimento anticipato delle Camere o di elezioni suppletive o del consiglio regionale o comunale (nei comuni con le dimensioni indicate al comma 1), rispetto ai quali occorre che i magistrati siano in aspettativa (sempre senza assegni) all'atto dell'accettazione della candidatura.
Le limitazioni previste dal comma 1 non si applicano ai casi in cui i magistrati interessati hanno cessato di appartenere ai rispettivi ordini giudiziari.
In forza dell'articolo 13, invece, è previsto che i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari non possono assumere incarichi di governo statale (Presidente del Consiglio dei ministri, Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Ministro, Viceministro, Sottosegretario di Stato), regionale (sottosegretario regionale, assessore regionale) o locale (assessore comunale) se, all'atto dell'assunzione dell'incarico, non sono collocati in aspettativa senza assegni; l'aspettativa, che deve durare l'intero periodo di svolgimento del mandato o dell'incarico, comporta (in forza dell'articolo 14) il collocamento fuori ruolo del magistrato.
L'articolo 14 disciplina lo status dei magistrati in costanza dei mandati elettorali e degli incarichi di governo nazionale, regionale o locale, stabilendo che in conseguenza dell'aspettativa il magistrato è collocato fuori ruolo e conserva il trattamento economico in godimento, ma senza possibilità di cumularlo con l'indennità corrisposta in ragione della carica, oppure può optare per la corresponsione della sola indennità di carica. In ogni caso si è previsto che non possano essere superati i limiti di cui all'articolo 1 della legge 9 novembre 1999, n. 418, e all'articolo 3, comma 1-bis, del decreto-legge 21 maggio 2013, n. 54, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 luglio 2013, n. 85. Il periodo trascorso in aspettativa è computato a tutti gli effetti ai fini pensionistici e dell'anzianità di servizio.
Viene precisato, di seguito alla previsione del collocamento fuori ruolo del magistrato e ai fini dell'invarianza della spesa, che resta fermo quanto disposto dall'articolo 58, secondo comma, del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, per il quale l'impiegato collocato fuori ruolo non occupa il posto nella qualifica del ruolo organico cui appartiene e nella qualifica iniziale del ruolo stesso è lasciato scoperto un posto per ogni impiegato collocato fuori ruolo.
L'articolo 15 disciplina il ricollocamento in ruolo dei magistrati che siano candidati ma non siano stati eletti.
Al riguardo, con esclusione, per quel che si è già detto, dei magistrati in servizio presso le giurisdizioni superiori o presso gli uffici giudiziari con competenza territoriale a carattere nazionale, a tutti coloro che si sono candidati ma non sono stati eletti (alle cariche di parlamentare nazionale o europeo, di consigliere regionale o provinciale nelle province autonome di Trento e di Bolzano, di sindaco in comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti) è preclusa la ricollocazione in ruolo con assegnazione a un ufficio avente competenza, anche se solo in parte, sul territorio di una regione compresa in tutto o in parte nella circoscrizione elettorale in cui sono stati candidati; parimenti è stata loro preclusa anche la ricollocazione in ruolo con assegnazione a un ufficio del distretto nel quale esercitavano le funzioni al momento della candidatura.
Inoltre, il ricollocamento in ruolo è disposto con divieto di esercizio delle funzioni di giudice per le indagini preliminari e dell'udienza preliminare o di quelle di pubblico ministero e con divieto di ricoprire incarichi direttivi o semidirettivi o di conseguire qualifiche direttive. Quest'ultima locuzione è utilizzata per evitare il dubbio che non fossero comprese magistrature diverse da quella ordinaria (che la norma richiama espressamente), nelle quali l'ordinamento è, in parte, ancora basato su una progressione di carriera per qualifiche, a cui corrisponde lo svolgimento in via esclusiva di specifiche funzioni.
Peraltro, i limiti e i divieti di cui alle previsioni analizzate hanno una durata di tre anni, fermo restando, per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, quanto previsto dall'articolo 8, secondo comma, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.
L'articolo 16, invece, disciplina il ricollocamento dei magistrati a seguito della cessazione di mandati elettivi e incarichi di governo.
In questo caso, quando le cariche elettive abbiano avuto una durata superiore a un anno, alla cessazione del mandato i magistrati (qualora non abbiano già maturato l'età per il pensionamento obbligatorio) saranno inquadrati in un ruolo autonomo del Ministero della giustizia, di un altro Ministero o della Presidenza del Consiglio dei ministri, nei limiti delle dotazioni finanziarie delle diverse amministrazioni, secondo quanto previsto dal regolamento di cui all'articolo 17.
Ai fini dell'invarianza della spesa viene espressamente chiarito che i predetti magistrati non si considerano più appartenenti ai ruoli della magistratura e che, all'inquadramento previsto, consegue la riduzione temporanea della dotazione organica della magistratura di originaria appartenenza, fino alla cessazione dall'impiego, mediante il congelamento di un numero di posti equivalente dal punto di vista finanziario.
Si è ritenuto necessario intervenire con una norma transitoria, per stabilire che la nuova disposizione non si applicherà alle cariche in corso di svolgimento all'entrata in vigore della legge.
L'articolo 17 (Inquadramento dei magistrati ricollocati) prevede che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo disciplinerà la concreta collocazione funzionale dei magistrati all'interno delle diverse amministrazioni in cui saranno ricollocati, nonché il relativo trattamento economico. Il comma 2 della disposizione in commento specifica i termini dell'inquadramento giuridico ed economico dei magistrati ricollocati in ruoli diversi da quelli della magistratura. Si prevede, in particolare, che essi siano compresi nei ruoli amministrativi dirigenziali non generali delle amministrazioni di destinazione; che, ove superiore a quello previsto dal nuovo inquadramento, conservino, senza soluzione di continuità temporale, il trattamento economico annuo lordo in godimento all'atto del collocamento in aspettativa. Detto trattamento economico è determinato nei limiti delle voci fisse e continuative, con esclusione delle voci correlate allo svolgimento della funzione di magistrato, mediante il riconoscimento di un assegno ad personam, riassorbibile con gli eventuali miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti nel ruolo di destinazione.
L'articolo 18 disciplina in forme diverse l'assunzione di cariche elettive o di governo in enti territoriali diversi da quelli precedentemente considerati (con esclusione della carica di sindaco o componente di consigli o giunte di comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti), stabilendo che per l'intera durata del mandato all'assunzione di quelle cariche consegua l'aspettativa obbligatoria senza assegni.
Rispetto all'assunzione di queste cariche è disciplinato il ricollocamento in ruolo, stabilendo, però, che esso dovrà avvenire presso un ufficio appartenente a un distretto diverso da quello nel quale il magistrato ha esercitato il mandato amministrativo; solo dopo tre anni il magistrato potrà nuovamente essere assegnato a un ufficio dello stesso distretto in cui ha esercitato quel mandato.
Queste limitazioni non si applicano al magistrato appartenente alle giurisdizioni superiori o proveniente da uffici giudiziari con competenza sull'intero territorio nazionale.
Si è ritenuto necessario intervenire con una norma transitoria, per stabilire che la nuova disposizione non si applicherà alle cariche in corso di svolgimento all'entrata in vigore della legge.
In questo contesto, l'articolo 19 si occupa anche del ricollocamento in ruolo dei magistrati collocati fuori ruolo per l'assunzione di incarichi di capo e di vicecapo presso uffici di diretta collaborazione, di Segretario generale della Presidenza dei Consiglio dei ministri o dei Ministeri, e di capo e di vicecapo di dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e i Ministeri, nonché presso i consigli e le giunte regionali, stabilendo che non possono fare domanda per accedere a incarichi direttivi o a qualifiche direttive per un periodo di due anni decorrente dal giorno di cessazione dell'incarico, fatto salvo, in ogni caso, il caso in cui in precedenza l'incarico direttivo sia stato già ricoperto oppure la qualifica direttiva sia già posseduta. Il riferimento alle qualifiche direttive si è imposto per chiarire che la disposizione si applica anche ai magistrati amministrativi e contabili (peraltro espressamente richiamati), rispetto ai quali il relativo ordinamento è, in parte, ancora basato su una progressione di carriera per qualifiche, a cui corrisponde lo svolgimento in via esclusiva di specifiche funzioni.
Anche per questo ricollocamento in ruolo si è ritenuto necessario dettare una norma transitoria, al fine di escludere che la disposizione relativa alla preclusione alla proposizione di domande per posti direttivi o al conseguimento di qualifiche direttive operi nei confronti di magistrati che abbiano assunto tali incarichi prima della data di entrata in vigore della legge.

Capo IV.

Il capo IV del presente disegno di legge contiene disposizioni immediatamente precettive, con le quali si intende riformare il sistema elettorale del CSM, nonché la sua costituzione e il suo funzionamento. Con questa parte dell'intervento normativo, infatti, ci si propone di contrastare l'emergente, patologico, fenomeno del «correntismo» nella magistratura, allentando il legame tra contesto associativo ed eletti nell'organo di autogoverno, nei limiti del quadro dell'articolo 104, quarto comma, della Costituzione che delinea la composizione del CSM, prevedendo l'elezione dei componenti togati da parte dei magistrati e di quelli di estrazione parlamentare.
Le disposizioni sulla costituzione e sul funzionamento del CSM sono maturate dall'attenta valutazione circa la necessità che l'intervento normativo in parola parta dall'indiscutibile premessa che il CSM è un organo di rilevanza costituzionale, deputato a garantire sia l'autonomia e l'indipendenza della magistratura sia l'effettiva operatività della giurisdizione. Ne consegue che la composizione del Consiglio, quale organo elettivo e per alcuni versi rappresentativo del corpo giudiziario, deve assicurare al meglio la realizzazione dei valori enunciati dalla Carta costituzionale come propri dell'ordine giudiziario, senza che prevalgano logiche di schieramento o di appartenenza.
Va considerato, a tale riguardo, che il vigente meccanismo elettorale per la nomina dei magistrati al CSM, fondato su un sistema maggioritario senza voto di lista e articolato su tre collegi unici nazionali (uno per ciascuna categoria funzionale) nei quali vengono presentate candidature individuali, si è ispirato al dichiarato proposito di contrastare talune degenerazioni correntizie e di impedire indebite interferenze di gruppi associativi. Nei fatti questo scopo non è stato raggiunto, ma ha determinato l'effetto, sicuramente opposto a quello voluto dalla legge 28 marzo 2002, n. 44, di limitare i candidati a un numero corrispondente o comunque di poco superiore a quello degli eleggibili per effetto di intese preventive agevolmente controllate dai gruppi associativi. Di qui le numerose e pressoché unanimi critiche e la necessità di rivedere le modalità di elezione, evidenziate, tra gli altri, dalle commissioni ministeriali che, negli ultimi anni, sono state incaricate di affrontare il tema.
L'esigenza immediata dell'intervento normativo – declinato in termini di norme immediatamente precettive per la necessità di porre rimedio all'urgente contingenza determinata dalla manifesta, anomala disfunzionalità dell'organo – deriva dalla necessità di dare un segnale di discontinuità rispetto al sistema vigente, a proposito del quale, come si è detto, le critiche sono state pressoché unanimi.
Il nuovo modello intende perseguire le seguenti specifiche finalità:

- garantire la possibilità di scelta tra un'ampia platea di aspiranti (uomini o donne magistrati) ai quali sia dato di proporsi come candidati senza la necessità di una designazione da parte di gruppi associativi;

- consentire al candidato, per una concreta possibilità di elezione, di promuovere uno specifico programma culturale in materia di governo della magistratura, di rappresentare efficacemente una data esperienza professionale e di mostrare concretamente adeguate competenze ordinamentali mediante la presentazione della candidatura in collegi di dimensioni distrettuali o subdistrettuali nei quali egli eserciti le proprie funzioni;

- assicurare la prossimità del candidato all'elettorato (con conseguente disintermediazione dei gruppi associativi) mediante una contiguità territoriale, nonché una tendenziale parità numerica del corpo elettorale in ciascun collegio, con il necessario smembramento dei distretti più numerosi in diversi collegi;

- depotenziare l'influenza delle correnti sull'esito elettorale, prevedendo un sistema elettorale a doppio turno basato su collegi uninominali con previsione della facoltà per l'elettore di votare, nell'ambito del collegio uninominale, sino a quattro candidati di sesso diverso, diversamente «pesati» secondo l'ordine di indicazione del voto di preferenza sulla scheda ai fini del passaggio al secondo turno, nel caso in cui nessun candidato ottenga al primo turno di votazione almeno il 65 per cento dei voti validamente espressi;

- assicurare comunque la rappresentanza delle categorie di magistrati (di legittimità e di merito) prevedendo che, nell'apposito collegio costituito dai magistrati della Corte suprema di cassazione, della Procura generale presso la stessa Corte, della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e del Tribunale superiore delle acque pubbliche siano eletti i due magistrati che hanno ottenuto il maggior numero di voti;

- eliminare la contiguità dei componenti del CSM con esponenti della politica mediante la limitazione dell'eleggibilità dei componenti di estrazione parlamentare che ricoprano o abbiano ricoperto cariche politiche;

- evitare l'attribuzione di vantaggi di carriera o di ricollocamento in ruolo per i consiglieri che hanno cessato di far parte del Consiglio, precludendo per un congruo periodo la possibilità che abbiano accesso a incarichi direttivi o semidirettivi o che possano essere nuovamente collocati fuori ruolo;

- assicurare l'equità e il contenimento della spesa pubblica, evitando sperequazioni eccessive a favore di magistrati che hanno solo la particolarità di compiere un dovere al servizio di tutti, mediante l'adeguamento del trattamento economico dei componenti anche di diritto del CSM ai limiti di retribuzione previsti per i titolari di rapporti con le pubbliche amministrazioni e per i componenti e i vertici delle autorità amministrative indipendenti.

Le finalità richiamate sono attuate con le disposizioni contenute nel capo IV, che reca modifiche alla legge 24 marzo 1958, n. 195, e al decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1959, n. 916.
In particolare, l'articolo 20 contiene modifiche al numero dei componenti del CSM (articolo 1 della legge n. 195 del 1958), riportandolo a trenta complessivi, di cui venti magistrati ordinari e dieci eletti dal Parlamento. Viene così ripristinata una composizione che consente all'organo un funzionamento più celere ed efficiente, secondo la fisionomia che il Consiglio aveva prima delle modifiche introdotte dalla legge 28 marzo 2002, n. 44. Unitamente agli ulteriori interventi sul funzionamento (e segnatamente quelli riguardanti la sezione disciplinare), la modifica consentirà al Consiglio di svolgere le funzioni costituzionalmente ad esso assegnate con maggiore tempestività e rigore.
L'articolo 21 reca modifiche alla composizione delle Commissioni (articolo 3 della legge n. 195 del 1958), in primo luogo, stabilendo che le Commissioni competenti per il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi e per il conferimento delle funzioni di consigliere e di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione, per le valutazioni della professionalità, nonché in materia di incompatibilità nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e di applicazione dell'articolo 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, non possono essere formate dai componenti effettivi della sezione disciplinare e, in secondo luogo, introducendo la regola del sorteggio per stabilire la composizione di tutte le Commissioni.
La finalità del primo intervento è quella di differenziare i compiti nell'ambito delle pur unitarie attribuzioni del Consiglio per consentire un ordinato e tempestivo svolgimento delle medesime funzioni.
La finalità del secondo intervento, invece, è di impedire la distribuzione dei posti tra le correnti all'interno degli organi attraverso cui si svolgono le funzioni di autogoverno, affermando, al contempo, il principio per cui ogni componente, in quanto rappresentante di tutti i magistrati, è del tutto equivalente all'altro nell'esercizio di quelle funzioni.
Con le modifiche apportate dall'articolo 22 al numero dei componenti supplenti della sezione disciplinare e ai meccanismi di funzionamento della stessa (articolo 4 della legge n. 195 del 1958), si dà vita a una sezione disciplinare altamente specializzata e organizzativamente autonoma rispetto all'attività delle altre Commissioni. La disposizione illustrata porta a cinque, da quattro, il numero dei componenti supplenti della predetta sezione, anche al fine di garantire l'indefettibilità dell'organo nelle ipotesi di incompatibilità nella composizione (Corte costituzionale, sentenza n. 262 del 22 luglio 2003); individua i componenti effettivi e i componenti supplenti (si tratta di un componente eletto dal Parlamento, di un magistrato di Corte di cassazione con esercizio effettivo delle funzioni di legittimità, di tre magistrati tra quelli che esercitano le funzioni di giudice presso gli uffici di merito ovvero che sono destinati all'ufficio del massimario e del ruolo della Corte suprema di cassazione e quelli che esercitano le funzioni di pubblico ministero presso gli uffici di merito o presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo) e disciplina in modo innovativo le modalità di funzionamento della sezione, prevedendo che essa deliberi mediante collegi composti da tre membri, dei quali uno eletto dal Parlamento, che lo presiede, e due eletti dai magistrati. Si prevede, inoltre, che dopo due anni dall'insediamento i componenti supplenti diventino effettivi e che i componenti originariamente indicati come effettivi diventino componenti supplenti.
Il successivo articolo 23 reca modifiche al meccanismo di validità delle deliberazioni del CSM, previste dall'articolo 5 della legge n. 195 del 1958. Coerentemente con l'aumento del numero dei componenti il CSM, viene modificato il quorum costitutivo e si prevede che per la validità delle deliberazioni del Consiglio sia necessaria la presenza di almeno quattordici magistrati e di sette consiglieri cosiddetti «laici», cioè eletti dal Parlamento.
L'articolo 24 interviene sull'articolo 7 della legge n. 195 del 1958 per ribadirne la piena efficacia, ma al contempo anche per introdurre alcune modifiche coerenti con il sistema complessivo e con l'esperienza pratica in base alla quale un apporto rilevante alla segreteria è dato anche da magistrati collocati fuori ruolo presso quell'ufficio.
In particolare: viene abrogata la norma (già ritenuta abrogata di fatto dal CSM) per cui l'incarico di segretario avrebbe una durata diversa da tutti i normali incarichi fuori ruolo e viene ratificata la possibilità (già attuata in via di fatto dal CSM) di chiamare all'esercizio delle funzioni di collaborazione anche altri magistrati, pur fissando un numero massimo di quindici, per tenere conto dell'ampiezza delle attività rimesse al Consiglio.
Parimenti vengono abrogate le previsioni per cui alla segreteria sono destinati quattordici dirigenti di segreteria di livello equiparato a quello di magistrato di tribunale, da selezionare con concorso pubblico: una norma parimenti mai attuata (tanto da essere stata ritenuta abrogata dallo stesso CSM), mentre allo stesso ufficio, per lo svolgimento di quei compiti, sono sempre stati, invece, destinati magistrati collocati fuori ruolo.
Peraltro, sempre nell'ottica di trasparenza, imparzialità e buona amministrazione che deve connotare l'operare del CSM, si è imposto che tutti i magistrati addetti alla segreteria, dal segretario ai collaboratori, siano selezionati tramite una procedura selettiva, le cui modalità saranno stabilite dallo stesso Consiglio. Trattandosi di incarichi di alto valore tecnico lo strumento più idoneo a selezionare chi deve assumere quelle funzioni è certamente quello di una procedura selettiva formalizzata che, al contempo, contribuisce a superare le degenerazioni alle quali si è assistito anche in questo momento delicato dell'operare dell'organo di autogoverno, con selezioni effettuate solo secondo logiche di appartenenza, che hanno contribuito a stabilizzare l'ingerenza nel Consiglio da parte delle correnti interne all'Associazione nazionale magistrati, la quale si esercita anche e soprattutto tramite il controllo dell'apparato amministrativo dell'organo di autogoverno.
In generale, inoltre, si è ritenuto di ribadire che all'ufficio della segreteria e dell'ufficio studi e documentazione sono destinate unità di personale amministrativo nei limiti del ruolo organico del personale del CSM come definito nel decreto legislativo 14 febbraio 2000, n. 37.
Con l'articolo 25 si intende compiere la medesima operazione appena descritta, ma con riferimento all'ufficio studi, anche rispetto a quest'organo ribadendo la piena efficacia dell'articolo 7-bis della legge n. 195 del 1958 ma, al contempo, introducendo alcune modifiche coerenti con il sistema complessivo e con l'esperienza pratica in base alla quale un apporto rilevante all'ufficio studi è dato anche da magistrati collocati fuori ruolo presso tale ufficio.
In particolare: viene ratificata la possibilità (già attuata dal CSM) di chiamare all'esercizio delle funzioni di collaborazione in questo organo anche magistrati (da collocare fuori ruolo), ma aggiungendo in questo caso anche la possibilità che a quell'incarico siano chiamati anche professori ordinari di ruolo di prima fascia e avvocati iscritti all'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, fissando un numero massimo di otto componenti esterni, per tenere conto dell'ampiezza delle attività dimesse al Consiglio.
Peraltro, sempre nell'ottica di trasparenza, imparzialità e buona amministrazione che deve connotare l'operare del CSM, si è imposto che anche questi componenti esterni siano selezionati tramite un concorso, le cui modalità saranno stabilite dallo stesso Consiglio.
Anche in questo caso, trattandosi di incarichi di alto valore tecnico, lo strumento più idoneo a selezionare chi deve assumere quelle funzioni è certamente il concorso che, al contempo, contribuisce a superare le degenerazioni alle quali si è assistito anche in questo momento delicato dell'operare dell'organo di autogoverno, con selezioni effettuate solo secondo logiche di appartenenza.
L'apertura a componenti esterni contribuisce ad aumentare la possibilità di apporti tecnicamente utili e ad arricchire l'attività dell'ufficio con apporti di esperienze culturali e formative esterne alla magistratura.
Questi incarichi, ovviamente, del tutto facoltativi, potranno essere conferiti nei limiti delle risorse finanziarie del CSM.
Inoltre, anche per questo aspetto si è ritenuto di ribadire che all'ufficio della segreteria e all'ufficio studi e documentazione sono destinate unità di personale amministrativo nei limiti del ruolo organico del personale del CSM come definito dal decreto legislativo n. 37 del 2000.
Con l'articolo 26 viene adeguato il disposto dell'articolo 10-bis della legge n. 195 del 1958 (che si occupa del procedimento di approvazione delle tabelle degli uffici) alla previsione che la durata di efficacia delle tabelle è elevata a quattro anni.
Con l'articolo 27 si interviene sul disposto dell'articolo 11 della legge n. 195 del 1958, da un lato, per confermare che anche la commissione che si occupa del conferimento degli incarichi direttivi è formata tramite sorteggio, in questo caso confermando massimamente l'utilità di questo metodo di selezione per porre un freno alla spartizione di quegli incarichi secondo logiche di appartenenza, che passano, prima, dalla spartizione tra i diversi gruppi dei posti all'interno della stessa commissione che si occupa del conferimento di quelle funzioni.
Per un altro aspetto, invece, l'innovazione introdotta, che vieta la costituzione di gruppi all'interno del CSM e che afferma il principio per cui i componenti operano in piena indipendenza e imparzialità, ha una funzione principalmente simbolico-programmatica, stigmatizzando la pratica (ispirata all'organizzazione parlamentare) di costituirsi in «gruppi» all'interno del Consiglio. Una pratica attuata solo in via di fatto, ma fortemente presente e visibile, tanto che i diversi componenti si presentano e si rapportano con l'esterno come, appunto, «gruppi», per di più nominati esattamente come le correnti che quei componenti hanno candidato, in tal modo confermando che le correnti (che sono soggetti privati legittimi all'interno dell'Associazione nazionale magistrati) operano, impropriamente, all'interno dell'organo di autogoverno di tutti i magistrati e ne determinano le scelte.
L'articolo 28, con la richiamata finalità di eliminare la contiguità dei componenti del CSM con esponenti della politica, introduce una limitazione all'eleggibilità dei componenti di estrazione parlamentare disponendo che gli stessi non siano componenti del Governo o non lo siano stati negli ultimi due anni, non siano componenti delle giunte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano o non lo siano stati negli ultimi due anni.
L'articolo 29 reca modifiche alla disposizione dell'articolo 23 della legge n. 195 del 1958 in materia di componenti eletti dai magistrati e introduce un sistema elettorale a doppio turno basato su collegi uninominali di dimensione distrettuale, pluridistrettuale o subdistrettuale (ad eccezione del collegio di legittimità ove è previsto che siano eletti due componenti).
Sono stabiliti, in primo luogo, i criteri di individuazione dei diciannove collegi, prevedendo che ciascuno comprenda un numero di elettori che si avvicini a un diciassettesimo del corpo elettorale (la proporzione è stabilita sul corpo elettorale depurato dai magistrati che sono compresi nel collegio speciale di legittimità e nel collegio che comprende i magistrati fuori ruolo) e che sia rispettato, ove possibile, il principio di continuità territoriale. È previsto che i collegi siano composti da uno o più distretti di corte d'appello, ai quali, ove necessario, sono sottratti o aggregati i magistrati appartenenti a uffici di uno o più circondari.
Per le peculiarità dimensionali e di composizione del distretto della corte d'appello di Roma e degli uffici nazionali in esso compresi, si prevede che uno dei diciannove collegi è costituito dai magistrati della Corte suprema di cassazione, della Procura generale presso la stessa Corte e del Tribunale superiore delle acque pubbliche.
Un ulteriore collegio, per ragioni di omogeneità dimensionali, è previsto sia costituito dai magistrati collocati fuori ruolo e dai magistrati della corte d'appello di Roma e della Procura generale presso la medesima Corte, dai magistrati dell'ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione, dai magistrati della corte d'appello di Roma e della Procura generale presso la medesima Corte e dai magistrati della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.
I collegi saranno specificamente individuati con decreto del Ministro della giustizia almeno tre mesi prima del giorno fissato per le elezioni.
Si provvede a definire le regole del procedimento elettorale, chiarendo che esso si svolge in due turni nell'ambito del medesimo collegio uninominale: al primo turno (con esclusione per il collegio di Cassazione che elegge due componenti solo al secondo turno) viene eletto il candidato che abbia ottenuto almeno il 65 per cento dei voti; in mancanza si svolgerà il secondo turno tra i quattro candidati che abbiano ottenuto il maggior numero dei voti validi, computati secondo un parametro di ponderazione.
Più precisamente, il comma 7 stabilisce che nel primo turno di votazione, in ciascun collegio, l'elettore esprime fino a quattro preferenze progressivamente ordinate e numerate sulla scheda. Con la precisazione, di pregio particolare, per cui se l'elettore esprime più di una preferenza dovrà indicare in modo alternato candidati di sesso diverso.
Il comma 8 aggiunge che i magistrati eleggibili possono presentare la loro candidatura nel collegio dove esercitano le funzioni giudiziarie e che i magistrati appartenenti agli uffici con competenza sul territorio nazionale possono presentare la loro candidatura nel collegio di appartenenza come specificato ai commi 2 e 3. La candidatura è corredata della firma di almeno dieci e di non più di trenta magistrati in servizio nel medesimo collegio. Ciascun magistrato può apporre la firma per la presentazione di una sola candidatura. Le firme delle candidature e dei presentatori sono autenticate dal capo dell'ufficio giudiziario o dal magistrato da lui delegato.
Peraltro, per ampliare la gamma dei soggetti eleggibili e permettere un canale di accesso alla candidatura diverso dalla presentazione, ritenendo che l'autogoverno sia un dovere di tutti i magistrati, si è imposto che in ogni collegio debbano essere previste almeno dieci candidature le quali, ove non siano raggiunte con le candidature volontarie, saranno integrate da candidati estratti a sorte. L'estrazione, in seduta pubblica, riguarderà un numero di magistrati pari al quadruplo di quelli necessari, i cui nominativi saranno inseriti in un elenco numerato progressivamente secondo l'ordine di estrazione. I magistrati estratti a sorte saranno candidati nel collegio, ove non manifestino la loro indisponibilità (nel termine di quarantotto ore dalla pubblicazione dell'esito dell'estrazione), seguendo l'ordine di estrazione.
Allo stesso modo, per consentire un'effettiva possibilità di equilibrata composizione di sesso dell'organo di autogoverno, si è altresì previsto che le candidature debbano rispettare un rapporto percentuale fra i sessi per cui il sesso meno rappresentato abbia sempre una percentuale di candidati pari ad almeno il 40 per cento. Anche per questo aspetto si è previsto che ove le candidature volontarie non garantiscano questo risultato, si procederà all'individuazione, tramite estrazione, di un numero di magistrati del sesso meno rappresentato pari al 40 per cento dei candidati del sesso maggiormente rappresentato. In modo identico, il numero dei magistrati estratti sarà pari al quadruplo di quelli mancanti, dovendo garantire ai singoli la possibilità di non accettare la candidatura.
Il comma 9 disciplina la formula elettorale in base alla quale viene eletto al primo turno di votazione il candidato che ha ottenuto nel collegio almeno il 65 per cento dei voti validamente espressi, ad eccezione, come detto, per il collegio di legittimità. Se nessun candidato ha ottenuto al primo turno la citata maggioranza, il secondo giorno successivo si procede al secondo turno di votazioni tra i quattro candidati che al primo turno hanno ottenuto il maggior numero di voti nel collegio; ai fini del computo della maggioranza necessaria per l'accesso al secondo turno, ai voti espressi nel primo turno di votazione per i candidati indicati al secondo posto sulla scheda si applica un coefficiente pari a 0,90; a quelli indicati al terzo posto si applica un coefficiente pari a 0,80; a quelli indicati al quarto posto si applica un coefficiente pari a 0,70.
Al secondo turno di votazione ogni elettore potrà ancora esprimere sino a due preferenze, con l'onere, ove l'elettore esprima più di una preferenza, di doverle indicare per candidati di sesso diverso. Anche in questo caso i voti di preferenza ai fini della proclamazione del candidato che al secondo turno di votazione ha ottenuto più voti sono computati applicando al voto di preferenza indicato al secondo posto sulla scheda un coefficiente di riduzione pari a 0,80.
Nel collegio di legittimità, parimenti, al secondo turno di votazione accederanno i quattro magistrati che al primo turno di votazione hanno ottenuto più voti, computati nello stesso modo indicato per gli altri collegi, e al secondo turno saranno eletti i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. Anche in questo caso al secondo turno di votazione, che si deve sempre svolgere il secondo giorno successivo al completamento delle operazioni di spoglio, ciascun elettore può esprimere sino a due preferenze progressivamente ordinate e numerate sulla scheda, con la precisazione che se l'elettore intende esprime più di una preferenza, le stesse dovranno essere espresse per candidati di sesso diverso. Parimenti agli altri collegi, i voti di preferenza ai fini della proclamazione dei due candidati che al secondo turno di votazione hanno ottenuto più voti sono computati applicando al voto di preferenza indicato al secondo posto sulla scheda un coefficiente di riduzione pari a 0,80.
L'articolo 30 reca modifiche all'articolo 24 della legge n. 195 del 1958 in materia di elettorato passivo, introducendo ulteriori ipotesi di ineleggibilità per i magistrati che fanno parte del comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura o ne abbiano fatto parte nel quadriennio precedente alla data di convocazione delle elezioni per il rinnovo del CSM.
L'articolo 31 sostituisce l'articolo 25 della legge n. 195 del 1958 che riguarda la convocazione delle elezioni, la costituzione degli uffici elettorali e la verifica delle candidature. Sono apportate, rispetto al testo vigente, modifiche volte a coordinare la disposizione con le innovazioni del sistema elettorale, definendo con stringenti cadenze temporali (ma di durata più ampia) le attività volte alla verifica delle candidature e alla loro eventuale integrazione tramite la procedura del sorteggio, nonché alla pubblicazione degli elenchi dei candidati.
Lo stesso può dirsi, quanto alla conservazione dell'impianto originario e al mero adeguamento al nuovo sistema elettorale, per l'articolo 32, che sostituisce l'articolo 26 della legge n. 195 del 1958 sulle operazioni di voto, con l'aggiunta di rilievo per cui in caso di violazione del criterio di cui all'articolo 23, comma 7, secondo periodo (che impone il voto alternato per sesso), sono altresì nulli il voto che rispetto a quello precedente viola il criterio dell'alternanza e i voti successivi ad esso. In caso di violazione dei criteri di cui all'articolo 23, commi 9, quinto periodo, e all'articolo 10, quarto periodo, è altresì nullo il secondo voto di preferenza che non sia dato a un candidato di sesso diverso.
Interamente innovato è anche l'articolo 27 della legge n. 195 del 1958 sulle operazioni di voto (scrutinio e dichiarazione degli eletti) ad opera dell'articolo 33. Al riguardo, è previsto, coerentemente con il nuovo sistema, che la commissione centrale elettorale provvede allo scrutinio separatamente per ciascun collegio e determina il totale dei voti validi e il totale dei voti per ciascun candidato.
Nel collegio di cui all'articolo 23, comma 2 (di legittimità), della stessa legge n. 195 del 1958 sono dichiarati eletti al secondo turno i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti validi. Negli altri collegi è dichiarato eletto al primo turno il candidato che ha ottenuto almeno il 65 per cento dei voti di preferenza validamente espressi al primo posto sulla scheda. Ove nessuno raggiunga la maggioranza necessaria al primo turno (e in ogni caso nel collegio di legittimità cui all'articolo 23, comma 2), la commissione centrale elettorale indica i magistrati ammessi al secondo turno.
In esito al secondo turno è dichiarato eletto in ciascun collegio il magistrato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi.
In caso di parità di voti, al fine dell'accesso al secondo turno prevale il candidato del genere che risulta meno rappresentato nel singolo collegio, mentre ai fini dell'elezione prevale il candidato che appartiene al genere meno rappresentato a livello nazionale. In caso di ulteriore parità, prevale il candidato più anziano nel ruolo e, ove si registri ancora parità di voti, il candidato più anziano per età.
La commissione provvede alle operazioni di cui ai commi precedenti entro due giorni dalla ricezione delle schede.
Il comma 6 dell'articolo 27 della legge n. 195 del 1958, come sostituito dall'articolo 33 in esame, regolamenta il caso in cui il numero dei candidati dichiarati eletti sia inferiore a quello dei seggi, prevedendo che entro un mese vengono indette elezioni suppletive, per l'assegnazione dei seggi ancora vacanti. Questa norma si è mantenuta per ogni evenienza, malgrado il nuovo meccanismo (che garantisce sempre la presenza di almeno dieci candidati) dovrebbe evitare quel rischio. Inoltre, la norma stabilisce che lo svolgimento dei compiti e delle funzioni del CSM è assicurato dalla presenza dei componenti in numero non inferiore a ventuno, dei quali dodici eletti dai magistrati, sette eletti dal Parlamento e due membri di diritto; mentre, ove ciò non sia possibile, si applicheranno le disposizioni dell'articolo 30, secondo comma, con prorogatio del precedente Consiglio. In tal modo la disposizione è coordinata con quella prevista dall'art. 5 che consente al Consiglio di deliberare se vi è un numero di componenti non inferiore a ventuno, compresi i due membri di diritto.
In collegamento con la previsione di cui al medesimo comma 6, l'articolo 34 stabilisce espressamente che il CSM debba essere sciolto quando il numero complessivo dei componenti eletti del Consiglio o il numero dei membri eletti dai magistrati o dal Parlamento divenga inferiore a quanto previsto dall'articolo 5, primo comma, della legge n. 195 del 1958, ossia allorché diviene impossibile adottare deliberazioni.
L'articolo 35 sostituisce l'articolo 39 della legge n. 195 del 1958 in materia di sostituzione dei componenti eletti dai magistrati, stabilendo che il componente eletto dai magistrati che cessa dalla carica per qualsiasi ragione prima della scadenza del CSM è sostituito dal magistrato che lo segue per numero di voti al secondo turno nello stesso collegio oppure, ove il secondo turno non si sia svolto, dal magistrato che lo segue nell'ambito dello stesso collegio, ma in relazione al numero di voti computati ai sensi dell'articolo 23, comma 9, terzo periodo (ossia valorizzando anche le preferenze successive alla prima). Le stesse regole si applicano in caso di cessazione dalla carica del magistrato subentrato. Esaurita la possibilità di subentro ai sensi del primo e del secondo periodo, entro un mese vengono indette elezioni suppletive, con le modalità previste dagli articoli da 23 a 27, per l'assegnazione del seggio o dei seggi divenuti vacanti.
L'articolo 36 contiene modifiche alla disciplina in materia di assegni e indennità ai componenti del CSM di cui all'articolo 40 della legge n. 195 del 1958. Si prevede, nel rispetto dell'autonomia finanziaria del Consiglio, che i criteri stabiliti nel regolamento di amministrazione e contabilità del CSM per la determinazione delle indennità spettanti ai componenti anche di diritto del Consiglio siano adeguati ai princìpi e ai limiti di massimale stabiliti per le retribuzioni di incarichi presso pubbliche amministrazioni, enti pubblici economici e autorità indipendenti. In particolare, il CSM, in attuazione della disposizione introdotta, provvederà – con gli strumenti normativi di autoregolazione di cui dispone (regolamento di amministrazione e contabilità) – a modulare gli importi delle indennità previste dall'articolo 40 della legge n. 195 del 1958 e di ogni altro emolumento in modo che siano compresi nel massimale onnicomprensivo di euro 240.000 di cui all'articolo 13 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89.
L'articolo 37 reca modifiche in materia di ricollocamento in ruolo dei magistrati componenti del CSM, di cui all'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916. È previsto, ripristinando un vincolo già esistente (sia pure con diversa declinazione), che prima che siano trascorsi quattro anni dal giorno in cui il magistrato ha cessato di far parte del CSM, egli non possa proporre domanda per un ufficio direttivo o semidirettivo, salvo il caso in cui l'incarico direttivo o semidirettivo sia stato ricoperto in precedenza, e che, prima che siano trascorsi due anni dal giorno della cessazione, non possa essere nuovamente collocato fuori del ruolo organico per lo svolgimento di funzioni diverse da quelle giudiziarie ordinarie. Resta salvo il caso in cui il collocamento fuori del ruolo organico sia disposto per consentire lo svolgimento di funzioni elettive. L'articolo 38 contiene disposizioni per l'attuazione e il coordinamento del nuovo sistema elettorale del CSM, da introdurre mediante regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

Capo V.

Il capo V del presente disegno di legge contiene la delega per interventi sul codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, di seguito «COM», in materia di ordinamento giudiziario militare.
L'ordinamento giudiziario militare è disciplinato dagli articoli 52 e seguenti del COM.
In sede di coordinamento formale e sostanziale delle norme previgenti, il legislatore delegato del 2010 riordinò la materia fissando alcuni punti fondamentali e rinviando per tutto il resto – in materia di stato giuridico, garanzie di indipendenza, avanzamento, trattamento economico, disciplina, norme di funzionamento dell'organo di autogoverno (Consiglio della magistratura militare – CMM) e ordinamento penitenziario – alle norme vigenti per i magistrati ordinari, a quelle relative al CSM e a quelle dell'ordinamento penitenziario comune.
Nel rispetto del principio costituzionale di cui all'articolo 103 della Costituzione e delle indicate previsioni normative, la prassi consiliare del CMM ha riconosciuto l'applicabilità di molte norme comuni, con i dovuti adattamenti derivanti dalla specificità del comparto, dalla dipendenza dal Ministro della difesa e non da quello della giustizia, dall'esiguità del numero di magistrati in servizio e del rispettivo ruolo, dalla particolare geografia giudiziaria, come ridisegnata dopo la riforma del 2007, dalla riduzione a un solo carcere militare nell'intero territorio nazionale, dalla particolare composizione dell'organo di autogoverno, nonché dalla particolarità della materia di competenza e dei soggetti sottoposti alla giurisdizione militare, per i quali – stante l'interdipendenza fra procedimento penale e disciplinare e la necessaria celerità ai fini della progressione di carriera – è stata da sempre ritenuta necessaria la «giurisdizione militare».
Nel contesto del presente disegno di legge delega – che si propone di riformare l'ordinamento giudiziario, la disciplina di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati candidati in competizioni politiche, amministrative, eccetera, la costituzione e il funzionamento del CSM – risulta indispensabile l'adeguamento delle citate norme del COM alle nuove disposizioni che saranno introdotte con i decreti legislativi delegati, al fine di assicurare il necessario coordinamento fra le due discipline e di permettere l'ordinario funzionamento del sistema della giustizia militare, altrimenti gravemente compromesso.
Da un lato, infatti, l'attuale sistema prevede una disciplina essenziale ma calibrata totalmente sulle vecchie norme dell'ordinamento giudiziario; dall'altra parte, sempre il COM rinvia alle norme dell'ordinamento giudiziario per tutto quanto non espressamente previsto, nei limiti di compatibilità.
Pertanto, in assenza della delega che si illustra, si determinerebbero gravi discrasie applicative, oltre al pericolo di disfunzioni in materia ordinamentale, con certo nocumento al sistema della giustizia militare.
Per l'esercizio della delega sono fissati sintetici ed essenziali principi e criteri direttivi, evitando, da un lato, un'irragionevole disparità di trattamento fra le due categorie magistratuali e, dall'altro lato, di lasciare, nei fatti, all'interpretazione del CMM una materia che, invece, a garanzia della terzietà e dell'indipendenza del giudice, deve essere disciplinata con legge.
L'introduzione della delega ad hoc è necessaria in virtù delle competenze del Ministro della difesa in materia di giustizia militare, nonché dell'esigenza di esercitare tale delega solo dopo l'adozione della riforma (delegata) dell'ordinamento giudiziario. Da ciò discendono: il termine per l'esercizio della delega previsto in dodici mesi dall'entrata in vigore dei decreti legislativi delegati previsti dal presente disegno di legge; l'iniziativa del Ministro della difesa, di concerto con i Ministri della giustizia e dell'economia e delle finanze; la procedura di approvazione pressoché identica a quella prevista per l'adozione degli altri decreti legislativi delegati.
Con l'articolo 39 (composto da cinque commi) è prevista, al comma 1, la delega volta all'adeguamento delle disposizioni degli articoli 52 e seguenti del COM ai princìpi stabiliti dagli articoli. 4 e da 7 a 37 (in quanto compatibili) e al coordinamento formale e sostanziale di queste ultime con quelle degli altri decreti legislativi delegati.
Il comma 2 prevede che la delega venga esercitata nel rispetto di una serie di criteri direttivi secondo cui occorre adeguare a quella prevista per la magistratura ordinaria la disciplina in materia di accesso alla magistratura militare, di stato giuridico, compreso quello del procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione, di conferimento delle funzioni e di requisiti per la nomina, nonché di progressione nelle valutazioni di professionalità. Gli ulteriori criteri direttivi prevedono l'adeguamento delle circoscrizioni territoriali dei tribunali militari e delle rispettive procure militari, nel rispetto del numero massimo di tre e delle sedi fissate in Roma, Verona e Napoli. Ciò in quanto, diversamente – in base al sistema introdotto dalla presente riforma – si porrebbero seri problemi di esercizio del diritto costituzionalmente garantito di elettorato passivo, risultando pressoché impossibile ricollocare in ruolo un magistrato militare non eletto (le circoscrizioni di tribunale militare sono sovraregionali e inserendo anche il divieto per il ricollocamento nei territori limitrofi di fatto il deficit sarebbe insanabile). È previsto, inoltre, a seguito della riforma che sarà introdotta per il CSM, che al CMM si applichino le disposizioni previste per il CSM, in quanto compatibili anche con l'esigenza di garantire l'invarianza finanziaria di cui all'articolo 41, e che sia mantenuta l'equiparazione dei magistrati militari ai corrispondenti magistrati ordinari, in quanto applicabili.
È inoltre previsto che le circoscrizioni dei tribunali militari di Roma, Verona e Napoli siano riorganizzate in funzione dei carichi pendenti anche nell'ottica di un migliore coordinamento rispetto alla dislocazione di enti e reparti militari nel territorio nazionale. È prevista, infine, la salvaguardia del principio di completa equiparazione fra i magistrati militari e quelli ordinari di ogni ordine e grado.
Il comma 3 prevede l'acquisizione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari sugli schemi dei decreti legislativi entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricezione e che, decorso il predetto termine, anche in assenza dei pareri parlamentari, i decreti legislativi sono adottati, sentito il CMM, che si esprime nel termine di trenta giorni dalla ricezione degli schemi.
Il comma 4 prevede che il Governo possa adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega, con la medesima procedura di cui al comma 4, entro due anni dalla scadenza dei termini per l'esercizio della delega e nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi previsti dalla stessa.
Il comma 5 reca disposizioni volte a garantire il raccordo con altre disposizioni vigenti prevedendo che i decreti legislativi attuativi della delega assicurino in ogni caso il coordinamento con altre disposizioni vigenti anche modificando la formulazione e la collocazione delle norme già in vigore in materia di ordinamento giudiziario militare, prevedendo eventualmente rinvii espliciti alle norme dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto n. 12 del 1941, ai decreti legislativi n. 106, n. 109 e n. 160 del 2006, nonché alle norme contenute in leggi speciali non direttamente investite dai princìpi e criteri direttivi di delega, in modo da renderle a essi conformi, operando le necessarie abrogazioni e adottando le opportune disposizioni transitorie.

Capo VI.

L'articolo 40 del presente disegno di legge prevede che, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il CSM adegui alle disposizioni dei capi II, III e IV il proprio regolamento interno di cui all'articolo 20, numero 7), della legge n. 195 del 1958 e il regolamento di amministrazione e contabilità adottato ai sensi della medesima legge.
Si è peraltro previsto che ove il regolamento di amministrazione e contabilità non sia adeguato nel termine previsto alle disposizioni di cui all'articolo 36, il massimale onnicomprensivo di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2014, troverà in ogni caso applicazione.
L'articolo 41 reca, infine, le disposizioni finanziarie.

torna su

RELAZIONE TECNICA
(Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196).

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

torna su

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

torna su

DISEGNO DI LEGGE

Capo I
DELEGA AL GOVERNO PER LA RIFORMA ORDINAMENTALE DELLA MAGISTRATURA

Art. 1.
(Oggetto e procedimento)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni finalizzate alla trasparenza e all'efficienza dell'ordinamento giudiziario, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi previsti dal presente capo, in relazione:

a) alla revisione dell'assetto ordinamentale della magistratura, con specifico riferimento alla necessità di rimodulare, secondo princìpi di trasparenza e di valorizzazione del merito, i criteri di assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi e di ridefinire, sulla base dei medesimi princìpi, i criteri di accesso alle funzioni di consigliere di cassazione e di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione, nonché alla riforma del procedimento di approvazione delle tabelle organizzative degli uffici giudicanti e alla necessità di garantire un contenuto minimo nella formazione del progetto organizzativo dell'ufficio del pubblico ministero;

b) alla razionalizzazione del funzionamento del consiglio giudiziario, con riferimento alla necessità di assicurare la semplificazione, la trasparenza e il rigore nelle valutazioni di professionalità;

c) alla modifica dei presupposti per l'accesso in magistratura dei laureati in giurisprudenza.

2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'università e della ricerca. I medesimi schemi sono trasmessi alle Camere affinché su di essi sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari entro il termine di trenta giorni dalla data della trasmissione. Decorso il predetto termine, i decreti legislativi possono essere adottati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti alla scadenza del termine previsto per l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo è prorogato di novanta giorni.
3. Il Governo, con la procedura indicata al comma 2, entro due anni dalla scadenza del termine per l'esercizio della delega di cui al comma 1 e nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dal presente capo, può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi adottati.
4. Il Governo, entro tre anni dalla scadenza del termine per l'esercizio della delega di cui al comma 1 del presente articolo, provvede alla raccolta delle disposizioni vigenti in materia di ordinamento giudiziario ai sensi dell'articolo 17-bis della legge 23 agosto 1988, n. 400.

Art. 2.
(Revisione dell'assetto ordinamentale della magistratura: criteri di assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi; organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero; procedure di approvazione delle tabelle di organizzazione previste dall'articolo 7-bis dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12; criteri di accesso alle funzioni di consigliere di cassazione e di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione)

1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, il decreto o i decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina delle funzioni direttive e semidirettive sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere espressamente l'applicazione dei princìpi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto compatibili, ai procedimenti per la copertura dei posti direttivi e semidirettivi e prevedere, altresì, che i medesimi procedimenti siano avviati e istruiti secondo l'ordine temporale con cui i posti si sono resi vacanti, fatta eccezione per i procedimenti relativi alla copertura dei posti di primo presidente della Corte di cassazione e di procuratore generale presso la Corte di cassazione; prevedere che tutti gli atti dei procedimenti siano pubblicati nel sito internet istituzionale del Consiglio superiore della magistratura;

b) prevedere che nei procedimenti per la copertura dei posti direttivi il Consiglio superiore della magistratura proceda all'audizione dei candidati quando almeno tre componenti della commissione competente lo richiedano; stabilisca in ogni caso modalità idonee a sentire i rappresentanti dell'avvocatura, nonché i magistrati e i dirigenti amministrativi assegnati all'ufficio giudiziario di provenienza dei candidati; valuti specificamente gli esiti di tali audizioni e interlocuzioni ai fini della comparazione dei profili dei candidati;

c) modificare i requisiti per il conferimento delle funzioni direttive di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, prevedendo, che:

1) per il conferimento delle funzioni di cui al comma 10 del citato articolo 10 è richiesto il conseguimento almeno della quarta valutazione di professionalità;

2) per il conferimento delle funzioni di cui al comma 11 del citato articolo 10 è richiesto il conseguimento almeno della quinta valutazione di professionalità;

3) per il conferimento delle funzioni di cui ai commi 12, 13 e 14 del citato articolo 10 è richiesto il conseguimento almeno della sesta valutazione di professionalità;

4) per il conferimento delle funzioni di cui al comma 15 del citato articolo 10 è richiesto il conseguimento della settima valutazione di professionalità;

d) prevedere, nell'ambito delle ordinarie risorse finanziarie della Scuola superiore della magistratura, che la partecipazione alle procedure per la copertura di posti direttivi sia subordinata alla frequentazione presso la medesima Scuola di specifici corsi, della durata di almeno tre settimane, nonché allo svolgimento di una prova finale, il cui esito deve costituire oggetto di specifica valutazione da parte del Consiglio superiore della magistratura; che i corsi siano mirati allo studio dei criteri di gestione delle organizzazioni complesse e all'acquisizione delle competenze manageriali, riguardanti in particolare la conoscenza, l'applicazione e la gestione dei sistemi informatici, informativi e di gestione delle risorse umane e materiali utilizzati dal Ministero della giustizia per il funzionamento dei propri uffici e servizi nonché allo studio e alla conoscenza della materia ordinamentale;

e) individuare, ai fini della nomina alle funzioni direttive e semidirettive, puntuali parametri e indicatori delle attitudini, questi ultimi suddivisi in generali e specifici e distinti per tipologia di ufficio, da valutare sulla base di criteri ponderali; individuare, in relazione alle diverse tipologie di ufficio, gli indicatori specifici ai quali assegnare preminente rilievo a parità di attitudini generali;

f) prevedere che tra gli indicatori generali siano compresi in ogni caso i seguenti: le funzioni direttive o semidirettive in atto o pregresse; le esperienze maturate nel lavoro giudiziario e nel lavoro non giudiziario a seguito del collocamento fuori del ruolo della magistratura; le attività di collaborazione e direzione nella gestione degli uffici, compresi quelli non giudiziari ricoperti a seguito del collocamento fuori del ruolo della magistratura e le esperienze negli organi di governo della magistratura; i risultati conseguiti in termini qualitativi e quantitativi nello svolgimento dell'attività giudiziaria e nell'esercizio di funzioni direttive, semidirettive o di collaborazione alla gestione dell'ufficio in atto o pregresse, anche se svolte al di fuori dell'attività giudiziaria; le competenze ordinamentali; le capacità relazionali dimostrate dall'aspirante all'interno dell'ufficio;

g) prevedere che, ai fini, della valutazione dell'attitudine organizzativa maturata attraverso esperienze professionali fuori del ruolo organico, si tenga conto anche della natura e delle competenze dell'amministrazione o dell'ente che conferisce l'incarico, dell'attinenza dello stesso incarico alla funzione giudiziaria e della sua idoneità a favorire l'acquisizione di competenze coerenti con la funzione giudiziaria;

h) prevedere che, tra gli indicatori specifici, siano compresi in ogni caso i seguenti: le esperienze maturate nel lavoro giudiziario, tenuto conto della pluralità dei settori e delle materie trattate, in relazione alla specificità dell'ufficio in cui si colloca il posto da conferire; le esperienze maturate e gli obiettivi raggiunti nella pregressa attività direttiva o semidirettiva, tenuto conto della specificità dell'ufficio in cui si colloca il posto da conferire; le pregresse esperienze direttive o semidirettive in uffici analoghi a quello dell'ufficio da conferire, tenendo conto anche della loro durata; la capacità di coinvolgimento dei magistrati nell'attività organizzativa;

i) conservare il criterio dell'anzianità come criterio residuale a parità di valutazione risultante dagli indicatori del merito e delle attitudini;

l) prevedere che il Consiglio superiore della magistratura, nella valutazione ai fini della conferma di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, tenga conto anche dei pareri espressi dai magistrati dell'ufficio, acquisiti con le modalità definite dallo stesso Consiglio, e delle osservazioni del consiglio dell'ordine degli avvocati;

m) prevedere un procedimento per la valutazione dell'attività svolta nell'esercizio di un incarico direttivo o semidirettivo anche in caso di mancata richiesta di conferma; prevedere, altresì, che l'esito della predetta valutazione sia considerato in caso di partecipazione a successivi concorsi per il conferimento di altri incarichi direttivi o semidirettivi;

n) stabilire che il magistrato titolare di funzioni direttive o semidirettive, anche quando non chiede la conferma, non può partecipare a concorsi per il conferimento di un ulteriore incarico direttivo o semidirettivo prima di cinque anni dall'assunzione delle predette funzioni, fermo restando quanto previsto dagli articoli 45, comma 1, e 46, comma 1, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, in caso di valutazione negativa;

o) prevedere che la reiterata mancata approvazione da parte del Consiglio superiore della magistratura dei provvedimenti organizzativi adottati nell'esercizio delle funzioni direttive possa costituire causa ostativa alla conferma di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160.

2. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1 della presente legge, il decreto o i decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina dell'organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero e alle procedure di approvazione delle tabelle di organizzazione degli uffici previste dall'articolo 7-bis dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che il Consiglio superiore della magistratura stabilisca i princìpi generali per la formazione del progetto organizzativo con cui il procuratore della Repubblica determina i criteri di cui all'articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106;

b) prevedere che il progetto organizzativo contenga in ogni caso:

1) la costituzione dei gruppi di lavoro, ove possibile, nel rispetto della disciplina della permanenza temporanea nelle funzioni e i criteri di designazione dei procuratori aggiunti ai gruppi di lavoro e di assegnazione dei sostituti procuratori ai gruppi medesimi, secondo procedure trasparenti che valorizzino le specifiche attitudini dei magistrati;

2) i criteri di assegnazione e di coassegnazione dei procedimenti e le tipologie di reati per i quali i meccanismi di assegnazione del procedimento siano di natura automatica;

3) i criteri di priorità nella trattazione degli affari;

4) i compiti di coordinamento e direzione dei procuratori aggiunti;

5) i compiti e le attività delegate dei vice procuratori onorari;

6) il procedimento di esercizio delle funzioni di assenso sulle misure cautelari;

7) le ipotesi e il procedimento di revoca dell'assegnazione;

8) per le sole procure distrettuali, l'indicazione dei criteri per il funzionamento e l'assegnazione dei procedimenti della direzione distrettuale antimafia e delle sezioni antiterrorismo;

9) l'individuazione del procuratore aggiunto o comunque del magistrato designato come vicario, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, con la specificazione dei criteri che ne hanno determinato la scelta;

10) i criteri ai quali i procuratori aggiunti e i magistrati dell'ufficio devono attenersi nell'esercizio delle funzioni vicarie o di coordinamento o comunque loro delegate dal capo dell'ufficio;

c) prevedere che il progetto organizzativo sia adottato con periodicità non inferiore a quattro anni, salvo che il capo dell'ufficio ritenga di confermare, con provvedimento motivato, il progetto organizzativo previgente;

d) prevedere che per la formazione e l'approvazione del progetto organizzativo e delle sue modifiche si applichi la procedura prevista dall'articolo 7-bis dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e che la capacità di dare piena e compiuta attuazione a quanto indicato nel progetto organizzativo sia valutata ai fini di quanto previsto dall'articolo 12, commi 10 e 11, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160;

e) semplificare le procedure di approvazione delle tabelle di organizzazione degli uffici previste dall'articolo 7-bis dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e dei progetti organizzativi dell'ufficio del pubblico ministero, prevedendo:

1) che le proposte delle tabelle di organizzazione degli uffici e dei progetti organizzativi dell'ufficio del pubblico ministero, nonché delle relative modifiche, qualora ricevano il parere favorevole all'unanimità del consiglio giudiziario, si intendano approvate, fatta salva la facoltà dei magistrati che hanno proposto osservazioni di attivare presso il Consiglio superiore della magistratura una procedura di rivalutazione;

2) che le proposte delle tabelle di organizzazione degli uffici e dei progetti organizzativi dell'ufficio del pubblico ministero e delle relative modifiche, ove ricevano il parere favorevole non unanime del consiglio giudiziario, si intendano approvate, ove il Consiglio superiore della magistratura non si esprima in senso contrario entro un termine stabilito in base alla data di invio del parere del consiglio giudiziario, al quale devono essere allegati le osservazioni eventualmente proposte dai magistrati dell'ufficio e l'eventuale parere contrario espresso a sostegno del voto di minoranza.

3. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, il decreto o i decreti legislativi recanti la ridefinizione dei criteri per il conferimento delle funzioni giudicanti e requirenti di legittimità sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere quale condizione preliminare per l'accesso l'effettivo esercizio delle funzioni giudicanti o requirenti di primo o di secondo grado per almeno quattordici anni; prevedere che l'esercizio di funzioni a seguito del collocamento fuori del ruolo della magistratura non possa in alcun caso essere equiparato all'esercizio delle funzioni di merito;

b) prevedere, ai fini della valutazione delle attitudini, del merito e dell'anzianità, l'adozione di criteri per l'attribuzione di un punteggio per ciascuno dei suddetti parametri, assicurando, nella valutazione del criterio dell'anzianità, un sistema di punteggi per effetto del quale ad ogni valutazione di professionalità corrisponda un punteggio;

c) prevedere che, nella valutazione delle attitudini, siano considerate anche le esperienze maturate nel lavoro giudiziario, in relazione allo specifico ambito di competenza, penale o civile, in cui si colloca il posto da conferire e che sia attribuita preminenza alla capacità scientifica e di analisi delle norme, da valutare anche tenendo conto dell'esito degli affari nelle successive fasi e nei gradi del procedimento e del giudizio, nonché al pregresso esercizio di funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado e di addetto all'ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione;

d) introdurre i criteri per la formulazione del parere della commissione di cui all'articolo 12, comma 13, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, prevedendo che la valutazione espressa sia articolata nei seguenti giudizi: inidoneo, discreto, buono ed elevato;

e) prevedere che il parere di cui alla lettera d) sia fondato sull'esame di provvedimenti estratti a campione nelle ultime tre valutazioni di professionalità e su provvedimenti o pubblicazioni liberamente prodotti dai candidati;

f) prevedere che, nella valutazione della capacità scientifica e di analisi delle norme, il parere della commissione di cui all'articolo 12, comma 13, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, abbia valore preminente e che possa essere disatteso dal Consiglio superiore della magistratura solo in base a prevalenti valutazioni relative al medesimo parametro preso in considerazione;

g) prevedere che, ai fini del giudizio sulle attitudini, le attività esercitate fuori del ruolo organico della magistratura siano valutate nei soli casi nei quali l'incarico abbia a oggetto attività assimilabili a quelle giudiziarie o che presuppongano particolare attitudine allo studio e alla ricerca giuridica, con esclusione di qualsiasi automatismo con riferimento a categorie particolari di attività o incarichi fuori ruolo;

h) escludere la possibilità di accesso alle funzioni giudicanti e requirenti di legittimità prevista dall'articolo 12, comma 14, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160;

i) prevedere espressamente l'applicazione dei princìpi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto compatibili, ai procedimenti per il conferimento delle funzioni giudicanti e requirenti di legittimità e che tutti gli atti dei procedimenti siano pubblicati nel sito internet istituzionale del Consiglio superiore della magistratura.

Art. 3.
(Modifiche del sistema di funzionamento del consiglio giudiziario e delle valutazioni di professionalità)

1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, il decreto o i decreti legislativi recanti modifiche al sistema di funzionamento dei consigli giudiziari e delle valutazioni di professionalità sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) introdurre la facoltà per i componenti avvocati e professori universitari di partecipare alle discussioni e di assistere alle deliberazioni relative all'esercizio delle competenze del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari di cui, rispettivamente, agli articoli 7, comma 1, lettera b), e 15, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25;

b) prevedere che, al fine di consentire al consiglio giudiziario l'acquisizione e la valutazione delle segnalazioni del consiglio dell'ordine degli avvocati, ai sensi dell'articolo 11, comma 4, lettera f), del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, il Consiglio superiore della magistratura ogni anno individui i nominativi dei magistrati per i quali nell'anno successivo maturi uno dei sette quadrienni utili ai fini delle valutazioni di professionalità e ne dia comunicazione al consiglio dell'ordine degli avvocati;

c) semplificare la procedura di valutazione di professionalità con esito positivo, prevedendo:

1) che la relazione di cui all'articolo 11, comma 4, lettera b), del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, contenga esclusivamente i dati conoscitivi sull'attività giudiziaria svolta dal magistrato, indispensabili alla valutazione di professionalità, e che sia redatta secondo le modalità e i criteri definiti dal Consiglio superiore della magistratura;

2) che, quando i capi degli uffici ritengano di confermare il contenuto della relazione del magistrato di cui all'articolo 11, comma 4, lettera b), del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, il rapporto esprima tale valutazione di conferma, senza un'ulteriore motivazione, e sia limitato all'espressione del giudizio positivo con riferimento ai requisiti di indipendenza, imparzialità ed equilibrio e ai parametri della capacità, laboriosità, diligenza e impegno;

3) che il consiglio giudiziario formuli il parere di cui all'articolo 11, comma 6, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, utilizzando il rapporto del capo dell'ufficio, la relazione del magistrato, le statistiche comparate, i provvedimenti estratti a campione e quelli spontaneamente prodotti dall'interessato, con motivazione semplificata qualora ritenga di confermare il giudizio positivo reso nel rapporto;

4) che il Consiglio superiore della magistratura, quando, esaminati il rapporto del capo dell'ufficio, la relazione del magistrato, le statistiche comparate e i provvedimenti estratti a campione o spontaneamente prodotti dall'interessato, ritenga di recepire il parere del consiglio giudiziario contenente la valutazione positiva, esprima il giudizio di cui all'articolo 11, comma 15, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, con provvedimento che richiama il suddetto parere, senza un'ulteriore motivazione;

5) che i fatti accertati in sede di giudizio disciplinare siano oggetto di valutazione ai fini del conseguimento della successiva valutazione di professionalità.

Art. 4.
(Riduzione dei tempi per l'accesso in magistratura)

1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, il decreto o i decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina dell'accesso in magistratura sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che i laureati che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni possano essere immediatamente ammessi a partecipare al concorso per magistrato ordinario;

b) fermo restando quanto previsto dalla lettera a) del presente comma, prevedere la facoltà di iniziare il tirocinio formativo di cui all'articolo 73 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, a seguito del superamento dell'ultimo esame previsto dal corso di laurea;

c) fermo restando quanto previsto dalla lettera a) del presente comma, prevedere che la Scuola superiore della magistratura possa organizzare, anche in sede decentrata, corsi di preparazione al concorso per magistrato ordinario per laureati, in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 73 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, che abbiano in corso o abbiano svolto il tirocinio formativo di cui alla lettera b) del presente comma, stabilendo che i costi di organizzazione gravino sui partecipanti in una misura che tenga conto delle condizioni reddituali dei singoli e dei loro nuclei familiari;

d) prevedere una riduzione delle materie oggetto della prova orale del concorso per magistrato ordinario, mantenendo almeno le seguenti: diritto civile, diritto penale, diritto processuale civile, diritto processuale penale, diritto amministrativo, diritto costituzionale, diritto dell'Unione europea, diritto del lavoro e ordinamento giudiziario, fermo restando il colloquio in una lingua straniera, previsto dall'articolo 1, comma 4, lettera m), del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160.

Art. 5.
(Coordinamento con le disposizioni vigenti)

1. Il decreto o i decreti legislativi attuativi della delega di cui all'articolo 1 della presente legge provvedono al coordinamento delle disposizioni vigenti con le disposizioni introdotte in attuazione della medesima delega, anche modificando la formulazione e la collocazione delle disposizioni dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, nonché delle disposizioni contenute in leggi speciali non direttamente investite dai princìpi e criteri direttivi di delega, e operando le necessarie abrogazioni nonché prevedendo le opportune disposizioni transitorie.

Capo II
MODIFICHE ALLE DISPOSIZIONI DELL'ORDINAMENTO GIUDIZIARIO

Art. 6.
(Modifiche alla pianta organica e alle competenze dell'ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione)

1. L'articolo 115 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, è sostituito dal seguente:

«Art. 115. – (Magistrati destinati all'ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione) – 1. Della pianta organica della Corte di cassazione fanno parte trentasette magistrati destinati all'ufficio del massimario e del ruolo; al predetto ufficio possono essere designati magistrati che hanno conseguito almeno la terza valutazione di professionalità e con almeno dieci anni di effettivo esercizio delle funzioni giudicanti o requirenti di primo o di secondo grado.
2. L'esercizio di funzioni a seguito del collocamento fuori del ruolo della magistratura non può in alcun caso essere equiparato all'esercizio delle funzioni giudicanti o requirenti di primo o di secondo grado».

2. Fino a quando il numero di magistrati assegnati all'ufficio del massimario e del ruolo è superiore alla dotazione della pianta organica come rideterminata ai sensi delle disposizioni di cui al comma 1, non possono essere pubblicati nuovi avvisi di posti vacanti per l'assegnazione al medesimo ufficio. Con decreto del Ministro della giustizia si procede annualmente alla ricognizione dell'effettiva consistenza della pianta organica dei magistrati componenti dell'ufficio del massimario e del ruolo.
3. Le disposizioni dell'articolo 115, secondo, terzo e quarto comma, dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge, si applicano sino a quando il numero dei magistrati addetti all'ufficio del massimario e del ruolo è superiore alla dotazione organica stabilita dalle medesime disposizioni di cui al comma 1 e limitatamente a un numero di magistrati corrispondente alle unità in esubero. Nei limiti di cui al primo periodo del presente comma, resta fermo quanto previsto dall'articolo 1, comma 980, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.

Art. 7.
(Ulteriori modifiche all'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12)

1. All'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 7-bis, comma 1, la parola: «triennio», ovunque ricorre, è sostituita dalla seguente: «quadriennio»;

b) all'articolo 7-ter, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

«2-bis. Il dirigente dell'ufficio deve verificare che la distribuzione dei ruoli e dei carichi di lavoro garantisca obiettivi di funzionalità e di efficienza dell'ufficio e assicuri costantemente l'equità tra tutti i magistrati dell'ufficio, delle sezioni e dei collegi»;

c) all'articolo 194:

1) dopo le parole: «altre funzioni» sono inserite le seguenti: «, ad esclusione di quelle di primo presidente della Corte di cassazione e di procuratore generale presso la Corte di cassazione,»;

2) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Per i magistrati che esercitano le funzioni presso la sede di prima assegnazione il termine di cui al primo comma è di tre anni»;

d) l'articolo 195 è abrogato.

Art. 8.
(Modifiche al regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, in materia di aspettativa per infermità)

1. All'articolo 3, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il magistrato può essere collocato in aspettativa fino alla conclusione del procedimento anche qualora nel corso dell'istruttoria diretta all'accertamento di una condizione di infermità permanente emerga che lo stato di infermità, per come già accertato, è incompatibile con il conveniente ed efficace svolgimento delle funzioni giudiziarie».

Art. 9.
(Modifiche al decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, in materia di illeciti disciplinari)

1. Al decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2, comma 1:

1) dopo la lettera q) è inserita la seguente:

«q-bis) l'omessa collaborazione del magistrato nell'attuazione delle misure di cui all'articolo 37, comma 5-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, nonché la reiterazione, all'esito dell'adozione di tali misure, delle condotte che le hanno imposte, se attribuibili al magistrato;»;

2) dopo la lettera ee) sono inserite le seguenti:

«ee-bis) l'omessa adozione da parte del capo dell'ufficio delle iniziative di cui all'articolo 37, commi 5-bis e 5-ter, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;

ee-ter) l'omissione, da parte del capo dell'ufficio o del presidente di una sezione, della comunicazione, rispettivamente, al consiglio giudiziario e al consiglio direttivo della Corte di cassazione o al capo dell'ufficio, delle condotte del magistrato dell'ufficio che non collabori nell'attuazione delle misure di cui all'articolo 37, comma 5-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;»;

b) all'articolo 12:

1) al comma 1, dopo la lettera g) è inserita la seguente:

«g-bis) i comportamenti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera q-bis);»;

2) al comma 3 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché per la reiterata violazione dei doveri di cui all'articolo 37, commi 5-bis, 5-ter e 5-quater, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111»;

c) al capo II, dopo l'articolo 25 è aggiunto il seguente:

«Art. 25-bis. – (Condizioni per la riabilitazione) – 1. La riabilitazione può essere richiesta quando siano trascorsi almeno tre anni dal giorno in cui le sanzioni disciplinari dell'ammonimento e della censura sono state applicate e può essere concessa a condizione che:

a) nel caso di applicazione della sanzione dell'ammonimento, il magistrato abbia conseguito la valutazione di professionalità successiva a quella posseduta nel momento in cui l'illecito è stato commesso o, nel caso in cui in quel momento fosse già in possesso dell'ultima valutazione di professionalità, siano decorsi quattro anni dal conseguimento di detta valutazione e in tale periodo sia provata continuativamente la positiva sussistenza nei suoi confronti dei presupposti di capacità, laboriosità, diligenza e impegno;

b) nel caso di applicazione della sanzione della censura, il magistrato abbia conseguito le due valutazioni di professionalità successive a quella posseduta nel momento di commissione dell'illecito o abbia conseguito, dopo la commissione dell'illecito, l'ultima valutazione di professionalità purché, in tal caso, siano decorsi quattro anni dal conseguimento di detta valutazione e in tale periodo sia provata continuativamente la positiva sussistenza nei suoi confronti dei presupposti di capacità, laboriosità, diligenza e impegno o, infine, sia provata la positiva sussistenza dei presupposti di capacità, laboriosità, diligenza e impegno per il periodo di otto anni dal conseguimento dell'ultima valutazione di professionalità già posseduta dal magistrato al momento di commissione dell'illecito.

2. La riabilitazione non può essere concessa nel caso in cui il magistrato abbia subìto una precedente sanzione disciplinare per la quale non abbia ottenuto la riabilitazione o abbia subìto una nuova sanzione disciplinare o sia sottoposto a un procedimento per l'irrogazione di una sanzione disciplinare, nonché nel caso in cui il magistrato sia cessato dalle funzioni.
3. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle sanzioni già irrogate prima della sua entrata in vigore».

Art. 10.
(Modifiche al decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160)

1. Al decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 12, dopo il comma 12 sono inseriti i seguenti:

«12-bis. Nei procedimenti per l'assegnazione delle funzioni direttive e semidirettive, fatto salvo quanto previsto dal comma 12-ter, non sono valutati gli aspiranti che, rispetto al più anziano tra i legittimati che non abbia revocato la domanda e che sia stato ritenuto idoneo, presentino:

a) un'anzianità di servizio inferiore di oltre sette anni per le funzioni semidirettive indicate dall'articolo 10;

b) un'anzianità di servizio inferiore di oltre cinque anni per le funzioni direttive indicate dall'articolo 10.

12-ter. In deroga a quanto previsto dal comma 12-bis:

a) per le funzioni direttive di cui all'articolo 10, comma 13, del presente decreto, di presidente del tribunale per i minorenni, di procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni e di presidente del tribunale di sorveglianza, nonché per le funzioni di presidente delle sezioni indicate dall'articolo 47-ter, comma 2, lettera b), dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e dall'articolo 1 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, sono valutati anche gli aspiranti che abbiano esercitato per almeno cinque anni le funzioni presso gli uffici o le sezioni corrispondenti a quelli il cui posto direttivo o semidirettivo è oggetto del concorso;

b) in ogni caso, con espressa motivazione che deve tenere conto di specifiche esperienze maturate nell'ambito degli uffici o delle sezioni corrispondenti a quelli il cui posto direttivo o semidirettivo è oggetto del concorso oppure di altre specifiche e rilevanti esperienze professionali, può essere valutato anche l'aspirante che presenti titoli e indicatori attitudinali di spiccato ed eccezionale rilievo, in relazione alle concrete esigenze dell'ufficio o della sezione il cui posto direttivo o semidirettivo è oggetto del concorso»;

b) all'articolo 13, comma 3, secondo periodo, la parola: «quattro» è sostituita dalla seguente: «due»;

c) all'articolo 35, comma 1, al primo periodo, le parole: «da 10 a 13» sono sostituite dalle seguenti: «da 10 a 15» e, al secondo periodo, la parola: «14» è sostituita dalla seguente: «16» e la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «due».

2. I magistrati che prima della data di entrata in vigore della disposizione di cui al comma 1, lettera b), hanno effettuato almeno un passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti, o viceversa, possono effettuare un solo ulteriore mutamento delle medesime funzioni a condizione che non abbiano già effettuato quattro mutamenti di funzione.

Art. 11.
(Modifiche all'articolo 37 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111)

1. All'articolo 37 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1:

1) all'alinea, la parola: «sentiti,» è sostituita dalle seguenti: «, sentiti, per il settore penale, il procuratore della Repubblica presso il tribunale e, in ogni caso,» e dopo la parola: «civili,» è inserita la seguente: «penali,»;

2) dopo la lettera b) è aggiunta la seguente:

«b-bis) i criteri di priorità per il settore penale, nel rispetto delle disposizioni di legge e sulla base delle direttive elaborate dal Consiglio superiore della magistratura»;

b) dopo il comma 5 sono inseriti i seguenti:

«5-bis. Il capo dell'ufficio, al verificarsi di gravi e reiterati ritardi da parte di uno o più magistrati dell'ufficio, deve accertarne le cause e adottare ogni iniziativa idonea a consentirne l'eliminazione, con la predisposizione di piani mirati di smaltimento, anche prevedendo, ove necessario, la sospensione totale o parziale delle assegnazioni e la redistribuzione dei ruoli e dei carichi di lavoro. La concreta funzionalità del piano è sottoposta a verifica ogni tre mesi. Il piano mirato di smaltimento, anche quando non comporta modifiche tabellari, nonché la documentazione relativa all'esito delle verifiche periodiche sono trasmessi al consiglio giudiziario o, nel caso riguardi magistrati in servizio presso la Corte di cassazione, al relativo Consiglio direttivo, i quali possono indicare interventi diversi da quelli adottati.
5-ter. Il capo dell'ufficio, al verificarsi di un aumento delle pendenze dell'ufficio o di una sezione in misura superiore al 10 per cento rispetto all'anno precedente, deve accertarne le cause e adottare ogni intervento idoneo a consentire l'eliminazione delle eventuali carenze organizzative. La concreta funzionalità degli interventi è sottoposta a verifica ogni sei mesi. Gli interventi adottati, anche quando non comportano modifiche tabellari, nonché la documentazione relativa alle verifiche periodiche sono trasmessi al consiglio giudiziario o, nel caso riguardino sezioni della Corte di cassazione, al relativo Consiglio direttivo, i quali possono indicare interventi o soluzioni organizzative diversi da quelli adottati.
5-quater. Il presidente di sezione segnala immediatamente al capo dell'ufficio:

a) la presenza di gravi e reiterati ritardi da parte di uno o più magistrati della sezione, indicandone le cause e trasmettendo la segnalazione al magistrato interessato, il quale deve parimenti indicarne le cause;

b) il verificarsi di un serio aumento delle pendenze della sezione, indicandone le cause e trasmettendo la segnalazione a tutti i magistrati della sezione, i quali possono parimenti indicarne le cause».

2. In sede di prima applicazione della presente legge, per il settore penale, il programma di cui all'articolo 37, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come modificato dal presente articolo, è adottato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e sono indicati gli obiettivi di riduzione della durata dei procedimenti concretamente raggiungibili entro il 31 dicembre dell'anno successivo, anche in assenza della determinazione dei carichi di lavoro.

Capo III
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ELEGGIBILITÀ E RICOLLOCAMENTO DEI MAGISTRATI IN OCCASIONE DI ELEZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE NONCHÉ DI ASSUNZIONE DI INCARICHI DI GOVERNO NAZIONALE, REGIONALE O LOCALE

Art. 12.
(Eleggibilità dei magistrati)

1. I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, compresi quelli collocati fuori del ruolo organico ed esclusi quelli in servizio da almeno due anni presso le giurisdizioni superiori o presso gli uffici giudiziari con competenza territoriale a carattere nazionale, non sono eleggibili alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia, di senatore o di deputato o a quella di presidente della giunta regionale, di consigliere regionale, di presidente delle province autonome di Trento e di Bolzano o di consigliere provinciale nelle medesime province autonome se prestano servizio, o lo hanno prestato nei due anni precedenti la data di accettazione della candidatura, presso sedi o uffici giudiziari con competenza ricadente, in tutto o in parte, nella circoscrizione elettorale. I medesimi magistrati non sono, altresì, eleggibili alla carica di sindaco in comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti se prestano servizio, o lo hanno prestato nei due anni precedenti la data di accettazione della candidatura, presso sedi o uffici giudiziari con competenza ricadente, in tutto o in parte, nel territorio della provincia in cui è compreso il comune. Le disposizioni del secondo periodo si applicano anche per l'assunzione dell'incarico di assessore e di sottosegretario regionale e di assessore di comuni capoluogo di regione, avendo riguardo a sedi o uffici giudiziari con competenza ricadente in tutto o in parte nel territorio della regione.
2. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, non sono in ogni caso eleggibili i magistrati che, all'atto dell'accettazione della candidatura, non siano in aspettativa senza assegni da almeno due mesi. In caso di scioglimento anticipato delle Camere o di elezioni suppletive, nonché nel caso di scioglimento anticipato del consiglio regionale o comunale dei comuni di cui al comma 1, non sono eleggibili i magistrati che non siano in aspettativa senza assegni all'atto dell'accettazione della candidatura.
3. Le disposizioni del comma 1 non si applicano in tutti i casi in cui i magistrati interessati hanno cessato di appartenere ai rispettivi ordini giudiziari.

Art. 13.
(Aspettativa per incarichi di governo nazionale, regionale o locale)

1. I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari non possono assumere l'incarico di Presidente del Consiglio dei ministri, di Vicepresidente del Consiglio dei ministri, di Ministro, di Viceministro, di Sottosegretario di Stato, di sottosegretario regionale e di assessore regionale o comunale se, all'atto dell'assunzione dell'incarico, non sono collocati in aspettativa senza assegni.

Art. 14.
(Status dei magistrati in costanza di mandato o di incarico di governo nazionale, regionale o locale)

1. L'aspettativa è obbligatoria per l'intero periodo di svolgimento del mandato o dell'incarico di governo sia nazionale che regionale o locale e comporta il collocamento fuori ruolo del magistrato, fermo restando quanto disposto dall'articolo 58, secondo comma, del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3. I magistrati in aspettativa conservano il trattamento economico in godimento, senza possibilità di cumulo con l'indennità corrisposta in ragione della carica. È comunque fatta salva la possibilità di optare per la corresponsione della sola indennità di carica. Restano fermi i limiti di cui all'articolo 1 della legge 9 novembre 1999, n. 418, e all'articolo 3, comma 1-bis, secondo periodo, del decreto-legge 21 maggio 2013, n. 54, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 luglio 2013, n. 85. Il periodo trascorso in aspettativa è computato a tutti gli effetti ai fini pensionistici e dell'anzianità di servizio.

Art. 15.
(Ricollocamento in ruolo dei magistrati candidati e non eletti)

1. I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari in aspettativa, esclusi quelli in servizio presso le giurisdizioni superiori o presso gli uffici giudiziari con competenza territoriale a carattere nazionale, candidatisi ma non eletti alla carica di parlamentare nazionale o europeo, di consigliere regionale o provinciale nelle province autonome di Trento e di Bolzano, di sindaco in comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, successivamente alla proclamazione degli eletti alle medesime cariche, non possono essere ricollocati in ruolo con assegnazione a un ufficio avente competenza in tutto o in parte sul territorio di una regione compresa in tutto o in parte nella circoscrizione elettorale in cui hanno presentato la candidatura, né possono essere ricollocati in ruolo con assegnazione a un ufficio del distretto nel quale esercitavano le funzioni al momento della candidatura.
2. Il ricollocamento in ruolo ai sensi del comma 1 è disposto con divieto di esercizio delle funzioni di giudice per le indagini preliminari e dell'udienza preliminare o di pubblico ministero e con divieto di ricoprire incarichi direttivi e semidirettivi o di conseguire qualifiche direttive.
3. I limiti e i divieti di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo hanno una durata di tre anni, fermo restando, per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, quanto previsto dall'articolo 8, secondo comma, del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.

Art. 16.
(Ricollocamento dei magistrati a seguito della cessazione di mandati elettivi e incarichi di governo)

1. Per il ricollocamento dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari che per un periodo superiore a un anno hanno ricoperto la carica di parlamentare nazionale o europeo, di componente del Governo, di consigliere regionale o provinciale nelle province autonome di Trento e di Bolzano, di presidente o di assessore nelle giunte delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano, di sindaco in comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, si applicano le disposizioni previste dal presente articolo e dal regolamento di cui all'articolo 17.
2. Al termine del mandato, qualora non abbiano già maturato l'età per il pensionamento obbligatorio, i magistrati di cui al comma 1 del presente articolo sono inquadrati in un ruolo autonomo del Ministero della giustizia, di un altro Ministero o della Presidenza del Consiglio dei ministri, secondo quanto previsto dal regolamento di cui all'articolo 17 e non si considerano appartenenti ai ruoli della magistratura. L'inquadramento di cui al primo periodo determina la riduzione temporanea della dotazione organica della magistratura, fino alla cessazione dall'impiego, mediante il congelamento di un numero di posti equivalente dal punto di vista finanziario.
3. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle cariche di cui al comma 1 assunte dopo la data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 17.
(Inquadramento dei magistrati ricollocati)

1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo provvede a disciplinare l'inquadramento dei magistrati ricollocati nei ruoli di cui all'articolo 16, comma 2, della presente legge. Il regolamento disciplina le modalità del predetto inquadramento, prevedendo la collocazione funzionale dei magistrati all'interno dell'amministrazione in cui sono ricollocati e il relativo trattamento economico.
2. L'inquadramento giuridico ed economico dei magistrati ricollocati prevede l'assegnazione nei ruoli amministrativi dirigenziali non generali delle amministrazioni di destinazione e, se superiore a quello previsto dal nuovo inquadramento, la conservazione, senza soluzione di continuità, del trattamento economico annuo lordo in godimento all'atto del collocamento in aspettativa. Il predetto trattamento economico è determinato limitatamente alle voci fisse e continuative, con esclusione delle voci correlate allo svolgimento della funzione magistratuale, mediante il riconoscimento di un assegno ad personam, riassorbibile con gli eventuali miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti.

Art. 18.
(Aspettativa obbligatoria per incarichi elettivi o di governo nei comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti)

1. Il magistrato ordinario, amministrativo, contabile o militare che ricopra cariche elettive o di governo in enti territoriali diversi da quelli di cui all'articolo 12, comma 1, con esclusione della carica di sindaco o componente di consigli o giunte di comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, è collocato in aspettativa obbligatoria senza assegni per l'intera durata del mandato. L'aspettativa comporta il collocamento fuori ruolo del magistrato.
2. Alla scadenza del periodo di cui al comma 1, il magistrato ordinario è ricollocato in ruolo presso un ufficio appartenente a un distretto diverso da quello nel quale ha esercitato il mandato amministrativo, al quale può essere successivamente assegnato trascorso un numero di anni non inferiore a tre.
3. Il comma 2 si applica ai magistrati appartenenti alle magistrature speciali tenendo conto delle rispettive circoscrizioni regionali o sovraregionali.
4. Le disposizioni dei commi 2 e 3 non si applicano al magistrato appartenente alle giurisdizioni superiori o proveniente da uffici giudiziari con competenza sull'intero territorio nazionale.
5. Le disposizioni dei commi 2 e 3 si applicano alle cariche di cui al comma 1 assunte dopo la data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 19.
(Ricollocamento in ruolo a seguito dell'assunzione di incarichi apicali)

1. I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari collocati fuori ruolo per l'assunzione di incarichi di capo e di vicecapo di un ufficio di diretta collaborazione, di Segretario generale della Presidenza dei Consiglio dei ministri e dei Ministeri, di capo e di vicecapo di dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e i Ministeri, nonché presso i consigli e le giunte regionali non possono fare domanda per accedere a incarichi direttivi o a qualifiche direttive per un periodo di due anni decorrente dal giorno di cessazione dell'incarico, fatto salvo il caso in cui in precedenza l'incarico direttivo sia stato ricoperto o la qualifica già posseduta.
2. Le disposizioni del comma 1 si applicano agli incarichi ivi previsti assunti dopo la data di entrata in vigore della presente legge.

Capo IV
DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA COSTITUZIONE E IL FUNZIONAMENTO DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA

Art. 20.
(Modifica del numero dei componenti del Consiglio superiore della magistratura)

1. All'articolo 1, primo comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195, la parola: «sedici» è sostituita dalla seguente: «venti» e la parola: «otto» è sostituita dalla seguente: «dieci».

Art. 21.
(Modifiche concernenti la composizione delle Commissioni)

1. All'articolo 3 della legge 24 marzo 1958, n. 195, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

«Delle Commissioni competenti per il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi e per il conferimento delle funzioni di consigliere e di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione, per le valutazioni della professionalità nonché in materia di incompatibilità nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e di applicazione dell'articolo 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, non fanno parte i componenti effettivi della sezione disciplinare nominati ai sensi dell'articolo 4, quarto comma, della presente legge.
I componenti delle singole Commissioni sono individuati annualmente tramite sorteggio».

Art. 22.
(Modifica del numero dei componenti della sezione disciplinare)

1. All'articolo 4 della legge 24 marzo 1958, n. 195, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, la parola: «quattro» è sostituita dalla seguente: «cinque»;

b) il secondo comma è sostituito dal seguente:

«I componenti effettivi sono: il vicepresidente del Consiglio superiore, che presiede la sezione, per l'intera durata della consiliatura; un componente eletto dal Parlamento, che presiede il collegio di cui al quinto comma in sostituzione del vicepresidente del Consiglio superiore; un magistrato di Corte di cassazione con esercizio effettivo delle funzioni di legittimità; tre magistrati tra coloro che esercitano le funzioni di giudice presso gli uffici di merito ovvero che sono destinati all'ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione o che esercitano le funzioni di pubblico ministero presso gli uffici di merito o presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo»;

c) il terzo comma è sostituito dal seguente:

«I componenti supplenti sono: un componente eletto dal Parlamento; un magistrato di Corte di cassazione con esercizio effettivo delle funzioni di legittimità; tre magistrati tra coloro che esercitano le funzioni di giudice presso gli uffici di merito ovvero che sono destinati all'ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione o che esercitano le funzioni di pubblico ministero presso gli uffici di merito o presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. Dopo due anni dall'insediamento i componenti supplenti diventano effettivi e i componenti originariamente individuati come effettivi diventano componenti supplenti»;

d) il quarto comma è sostituito dal seguente:

«Il vicepresidente del Consiglio superiore è componente di diritto; gli altri componenti della sezione, effettivi e supplenti, sono individuati tramite sorteggio»;

e) dopo il quarto comma è inserito il seguente:

«La sezione delibera mediante collegi composti da tre membri, dei quali uno eletto dal Parlamento e due eletti dai magistrati. I collegi giudicanti sono formati dal presidente della sezione. I collegi sono presieduti dal componente eletto dal Parlamento».

Art. 23.
(Modifiche in materia di validità delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura)

1. All'articolo 5, primo comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195, la parola: «dieci» è sostituita dalla seguente: «quattordici» e la parola: «cinque» è sostituita dalla seguente: «sette».

Art. 24.
(Selezione dei magistrati addetti alla segreteria)

1. All'articolo 7 della legge 24 marzo 1958, n. 195, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «, da quattordici dirigenti di segreteria di livello equiparato a quello di magistrato di tribunale» sono soppresse;

b) al comma 2:

1) al primo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, previo concorso aperto a tutti i magistrati indetto dal medesimo Consiglio»;

2) il quarto periodo è soppresso;

c) il comma 3 è abrogato;

d) dopo il comma 7 è aggiunto il seguente:

«7-bis. Il Consiglio superiore della magistratura può assegnare alla segreteria, con funzioni di supporto alle attività del Consiglio e delle Commissioni, unità di personale amministrativo nei limiti del ruolo organico della segreteria e dell'ufficio studi e documentazione, nonché un numero non superiore a quindici magistrati, individuati mediante procedura selettiva con prova scritta aperta a tutti i magistrati, i quali sono posti fuori del ruolo organico della magistratura».

Art. 25.
(Modifiche in materia di ufficio studi e documentazione)

1. All'articolo 7-bis della legge 24 marzo 1958, n. 195, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. Il Consiglio superiore della magistratura può assegnare all'ufficio studi e documentazione unità di personale amministrativo nei limiti del ruolo organico della segreteria e dell'ufficio studi e documentazione, nonché un numero non superiore a otto addetti esterni, individuati, nei limiti delle proprie risorse finanziarie, mediante procedura selettiva con prova scritta aperta ai professori universitari di ruolo di prima e di seconda fascia, agli avvocati iscritti all'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori e a tutti i magistrati ordinari, i quali sono posti fuori del ruolo organico della magistratura. I professori universitari sono collocati in aspettativa obbligatoria ai sensi dell'articolo 7 della legge 30 dicembre 2010, n. 240».

Art. 26.
(Modifiche in materia di formazione delle tabelle degli uffici giudiziari)

1. Ai commi primo e terzo dell'articolo 10-bis della legge 24 marzo 1958, n. 195, la parola: «biennio», ovunque ricorre, è sostituita dalla seguente: «quadriennio».

Art. 27.
(Modifiche al funzionamento del Consiglio superiore della magistratura)

1. All'articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al terzo comma, le parole: «eletti dai magistrati e due eletti dal Parlamento» sono sostituite dalle seguenti: «individuati tramite sorteggio tra i componenti eletti dai magistrati e due individuati tramite sorteggio tra i componenti eletti dal Parlamento»;

b) dopo il quarto comma è aggiunto il seguente:

«All'interno del Consiglio non possono essere costituiti gruppi tra i suoi componenti e ogni membro esercita le proprie funzioni in piena indipendenza e imparzialità».

Art. 28.
(Eleggibilità dei componenti eletti dal Parlamento)

1. Il quarto comma dell'articolo 22 della legge 24 marzo 1958, n. 195, è sostituito dal seguente:

«I componenti da eleggere dal Parlamento, previamente auditi dalle competenti Commissioni parlamentari, sono scelti tra i professori ordinari di università in materie giuridiche e tra gli avvocati dopo quindici anni di esercizio professionale, purché non siano componenti del Governo e non lo siano stati negli ultimi due anni e non siano componenti delle giunte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e non lo siano stati negli ultimi due anni».

Art. 29.
(Modifiche in materia di componenti eletti dai magistrati)

1. L'articolo 23 della legge 24 marzo 1958, n. 195, è sostituito dal seguente:

«Art. 23. – (Componenti eletti dai magistrati)1. L'elezione da parte dei magistrati ordinari dei venti componenti del Consiglio superiore della magistratura avviene con voto personale, diretto e segreto in diciannove collegi.
2. Uno dei diciannove collegi è costituito dai magistrati della Corte suprema di cassazione con funzioni di legittimità, della Procura generale presso la stessa Corte e del Tribunale superiore delle acque pubbliche.
3. Un ulteriore collegio è costituito dai magistrati collocati fuori ruolo, dai magistrati dell'ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione, dai magistrati della corte d'appello di Roma e della procura generale presso la medesima corte e dai magistrati della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.
4. I collegi diversi da quelli di cui ai commi 2 e 3 sono formati in modo che ciascuno comprenda un numero di elettori tendenzialmente pari a un diciassettesimo del corpo elettorale, con esclusione dei magistrati appartenenti ai collegi di cui ai predetti commi. I medesimi collegi sono composti da uno o più distretti di corte d'appello, ai quali, ove necessario, sono sottratti o aggregati i magistrati appartenenti a uffici di uno o più circondari, in modo che sia rispettato, ove possibile, il principio di continuità territoriale.
5. I collegi sono individuati con decreto del Ministro della giustizia almeno tre mesi prima del giorno fissato per le elezioni.
6. Il procedimento elettorale si svolge in due turni di votazione nell'ambito del medesimo collegio.
7. Nel primo turno di votazione, in ciascuno dei collegi, l'elettore esprime fino a quattro preferenze progressivamente ordinate e numerate sulla scheda. Se l'elettore ne esprime più di una, le stesse devono essere espresse sulla scheda alternando candidati di genere diverso.
8. I magistrati eleggibili possono candidarsi nel collegio dove esercitano le funzioni giudiziarie; i magistrati appartenenti agli uffici di cui ai commi 2 e 3 possono candidarsi nei relativi collegi. La candidatura è corredata della firma di almeno dieci e non più di venti magistrati in servizio nel medesimo collegio. Ciascun magistrato può apporre la firma per la presentazione di una sola candidatura. Il magistrato presentatore non può essere candidato. Le firme dei candidati e dei presentatori sono autenticate dal capo dell'ufficio giudiziario o dal magistrato da lui delegato. Ogni collegio deve esprimere un numero minimo di dieci candidature e assicurare che ciascun genere sia rappresentato in una percentuale non inferiore al 40 per cento. Il medesimo rapporto percentuale deve essere assicurato anche nel caso in cui il collegio esprima un numero superiore di candidature. Quando le candidature sono in numero inferiore a dieci oppure non rispettano il predetto rapporto percentuale tra i generi, l'ufficio elettorale centrale procede, in seduta pubblica, a estrazione a sorte delle candidature mancanti tra i magistrati che sono eleggibili ai sensi dell'articolo 24, comma 2, in modo tale che, tramite estrazione da elenchi separati per genere, sia raggiunto il numero minimo di candidature e sia rispettato il predetto rapporto tra i generi. Ai fini di cui al periodo precedente, i magistrati eleggibili sono estratti a sorte in numero pari al quadruplo di quelli necessari per raggiungere, procedendo nel rispetto del predetto rapporto percentuale tra i generi, il numero minimo di dieci o, nel caso in cui tale numero sia stato rispettato, per assicurare comunque l'indicato rapporto tra i generi nelle candidature espresse. I magistrati estratti a sorte sono inseriti in un elenco numerato progressivamente, differenziato per genere, formato secondo l'ordine di estrazione, e sono candidati, in assenza di dichiarazione di indisponibilità, nel collegio seguendo l'ordine di estrazione nel numero necessario per integrare, secondo i criteri di cui al sesto periodo, le candidature espresse. Ciascuno dei magistrati estratti può comunicare la propria indisponibilità alla candidatura entro il termine di quarantotto ore dalla pubblicazione dell'esito dell'estrazione. Nel caso in cui non sia raggiunto il numero minimo di candidature e non sia rispettato il rapporto percentuale tra i generi si procede a una nuova estrazione secondo le modalità previste dal presente comma fino al raggiungimento delle candidature stabilite.
9. Nei collegi di cui ai commi 3 e 4, è eletto al primo turno di votazione il candidato che ha ottenuto almeno il 65 per cento dei voti di preferenza validamente espressi al primo posto sulla scheda. Se nessun candidato ha ottenuto al primo turno la maggioranza di cui al primo periodo, il secondo giorno successivo al completamento delle operazioni di cui all'articolo 27, comma 5, si procede a un secondo turno di votazione al quale accedono i quattro candidati che al primo turno hanno ottenuto il maggior numero di voti di preferenza nel collegio. I voti di preferenza ai fini dell'accesso al secondo turno di votazione sono computati applicando per i candidati indicati al secondo, al terzo e al quarto posto sulla scheda un coefficiente di riduzione pari, rispettivamente, a 0,90, a 0,80 e a 0,70. Al secondo turno di votazione ciascun elettore può esprimere fino a due preferenze progressivamente ordinate e numerate sulla scheda. Se l'elettore esprime più di una preferenza, le stesse devono essere espresse per candidati di genere diverso. I voti di preferenza ai fini della proclamazione del candidato che al secondo turno di votazione ha ottenuto più voti sono computati applicando al voto di preferenza indicato al secondo posto sulla scheda un coefficiente di riduzione pari a 0,80.
10. Nel collegio di cui al comma 2 sono eletti i due candidati che al secondo turno di votazione hanno ottenuto il maggior numero di voti. Al secondo turno di votazione accedono i quattro magistrati che al primo turno di votazione hanno ottenuto più voti, espressi secondo le modalità di cui al comma 9, quarto periodo, e computati ai sensi del comma 9, terzo periodo. Al secondo turno di votazione, che si svolge il secondo giorno successivo al completamento delle operazioni di cui all'articolo 27, comma 5, ciascun elettore può esprimere fino a due preferenze progressivamente ordinate e numerate sulla scheda. Se l'elettore esprime più di una preferenza, le stesse devono essere espresse per candidati di genere diverso. I voti di preferenza ai fini della proclamazione dei due candidati che al secondo turno di votazione hanno ottenuto più voti sono computati applicando al voto di preferenza indicato al secondo posto sulla scheda un coefficiente di riduzione pari a 0,80».

Art. 30.
(Modifiche in materia di elettorato passivo)

1. Al comma 2 dell'articolo 24 della legge 24 marzo 1958, n. 195, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la lettera b) è sostituita dalla seguente:

«b) i magistrati che al tempo della convocazione delle elezioni non abbiano conseguito la terza valutazione di professionalità»;

b) alla lettera d), dopo la parola: «servizio» sono inserite le seguenti: «per un periodo superiore a sei mesi»;

c) dopo la lettera e) è aggiunta la seguente:

«e-bis) i magistrati che fanno parte del comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura o che ne hanno fatto parte nel quadriennio precedente alla data di convocazione delle elezioni per la rinnovazione del Consiglio superiore della magistratura».

Art. 31.
(Modifiche in materia di convocazione delle elezioni)

1. L'articolo 25 della legge 24 marzo 1958, n. 195, è sostituito dal seguente:

«Art. 25. – (Convocazione delle elezioni, uffici elettorali e verifica delle candidature) 1. La convocazione delle elezioni è fatta dal Consiglio superiore della magistratura almeno novanta giorni prima della data stabilita per l'inizio della votazione.
2. Nei cinque giorni successivi al provvedimento di convocazione delle elezioni, il Consiglio superiore della magistratura nomina l'ufficio elettorale centrale presso la Corte suprema di cassazione costituito da sei magistrati effettivi e da sei supplenti in servizio presso la stessa Corte che non hanno subìto sanzioni disciplinari più gravi dell'ammonimento; l'ufficio è presieduto dal più elevato in grado o da colui che vanta maggiore anzianità di servizio o dal più anziano di età. L'ufficio elettorale centrale svolge le sue funzioni in relazione a entrambe le fasi del procedimento elettorale.
3. Entro venti giorni dal provvedimento di convocazione delle elezioni, le candidature sono depositate presso l'ufficio elettorale centrale mediante apposita dichiarazione con firma autenticata dal capo dell'ufficio giudiziario o dal magistrato da lui delegato unitamente alle firme dei presentatori di cui all'articolo 23, comma 8. Il deposito può avvenire anche con modalità telematiche definite con decreto del Ministro della giustizia. Dalla predetta dichiarazione deve risultare anche, sotto la responsabilità del candidato, che non sussiste alcuna delle cause di ineleggibilità di cui all'articolo 24, comma 2.
4. Scaduto il termine di cui al comma 3 del presente articolo, nei cinque giorni successivi l'ufficio elettorale centrale verifica che le candidature rispettino i requisiti richiesti dall'articolo 23, comma 8, ed esclude le candidature non presentate dal prescritto numero di sottoscrittori e quelle relative a magistrati ineleggibili. Trasmette immediatamente alla segreteria generale del Consiglio superiore della magistratura l'elenco dei candidati ammessi. Contro il provvedimento di esclusione, che deve essere sempre motivato, è ammesso ricorso alla Corte di cassazione nei due giorni successivi alla comunicazione al soggetto interessato. La Corte si pronuncia entro i successivi tre giorni dal ricevimento del ricorso.
5. Entro i successivi venti giorni, l'ufficio centrale elettorale procede ai sensi dell'articolo 23, comma 8. Gli elenchi dei candidati, distinti per singolo collegio, sono immediatamente pubblicati nel notiziario del Consiglio superiore della magistratura, sono inviati, almeno sette giorni prima della data della votazione, a tutti i magistrati presso i rispettivi uffici e sono affissi, entro lo stesso termine, a cura del presidente della corte d'appello di ogni distretto, presso tutte le sedi giudiziarie.
6. Entro il ventesimo giorno antecedente a quello delle votazioni, il Consiglio superiore della magistratura nomina una commissione centrale elettorale composta da cinque magistrati effettivi e da due supplenti in servizio presso la Corte di cassazione che non hanno subìto sanzioni disciplinari più gravi dell'ammonimento, presieduta dal più elevato in grado o da colui che vanta maggiore anzianità di servizio o dal più anziano.
7. I consigli giudiziari provvedono alla costituzione, presso ciascun tribunale del distretto, di un seggio elettorale composto da cinque magistrati che prestano servizio nel circondario e che non hanno subìto sanzioni disciplinari più gravi dell'ammonimento; il seggio è presieduto dal magistrato più elevato in grado o da chi vanta maggiore anzianità di servizio o dal più anziano. Sono nominati anche tre supplenti, i quali sostituiscono i componenti effettivi in caso di loro assenza o impedimento.
8. I magistrati in servizio presso i tribunali, le procure della Repubblica presso i tribunali, le corti d'appello, le procure generali presso le corti d'appello, i tribunali per i minorenni e le relative procure, nonché presso i tribunali di sorveglianza votano nel seggio del tribunale del luogo nel quale ha sede l'ufficio di appartenenza.
9. I magistrati collocati fuori ruolo, i magistrati dell'ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione e i magistrati della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo votano presso il seggio del tribunale di Roma.
10. I magistrati della Corte di cassazione e della Procura generale presso la stessa Corte, nonché i magistrati del Tribunale superiore delle acque pubbliche votano presso l'ufficio centrale elettorale costituito presso la Corte di cassazione».

Art. 32.
(Modifiche in materia di votazioni)

1. L'articolo 26 della legge 24 marzo 1958, n. 195, è sostituito dal seguente:

«Art. 26. – (Votazioni)1. Alle operazioni di voto è dedicato un tempo complessivo effettivo non inferiore a diciotto ore.
2. Ogni elettore riceve una scheda ed esprime il proprio voto in conformità alle disposizioni dell'articolo 23.
3. Sono bianche le schede prive di voto.
4. Sono nulle le schede nelle quali vi sono segni che rendono il voto riconoscibile.
5. È nullo il voto espresso per magistrati eleggibili in collegi diversi da quello in cui è espresso il voto, nonché il voto espresso in eccedenza rispetto al numero massimo di preferenze.
6. In caso di violazione del criterio di cui all'articolo 23, comma 7, secondo periodo, sono nulli il voto non alternato rispetto al precedente e quelli successivi. In caso di violazione del criterio di cui all'articolo 23, commi 9, quinto periodo, e 10, quarto periodo, è nullo il voto espresso con la seconda preferenza.
7. I seggi elettorali e l'ufficio centrale elettorale costituito presso la Corte di cassazione presiedono alle operazioni di voto, all'esito delle quali trasmettono le schede alla commissione centrale elettorale di cui all'articolo 25, comma 6, che provvede allo scrutinio.
8. Ciascun candidato può assistere alle operazioni di voto nel collegio di appartenenza e alle successive operazioni di scrutinio presso la commissione centrale elettorale».

Art. 33.
(Modifiche in materia di scrutinio e dichiarazione degli eletti)

1. L'articolo 27 della legge 24 marzo 1958, n. 195, è sostituito dal seguente:

«Art. 27. – (Scrutinio e dichiarazione degli eletti)1. Per ciascun turno di votazione, la commissione centrale elettorale provvede allo scrutinio separatamente per ciascun collegio. Determina il totale dei voti validi e il totale dei voti per ciascun candidato ai fini della determinazione delle maggioranze di cui all'articolo 23, commi 9 e 10.
2. Nel collegio di cui all'articolo 23, comma 2, la commissione centrale elettorale indica i quattro magistrati ammessi al secondo turno e dichiara eletti i due candidati che, all'esito del secondo turno di votazione, hanno ottenuto il maggior numero di voti validi computati ai sensi dell'articolo 23, comma 10, quinto periodo.
3. Negli altri collegi la commissione centrale elettorale dichiara eletto al primo turno il candidato che ha ottenuto almeno il 65 per cento dei voti di preferenza validamente espressi al primo posto sulla scheda oppure indica i quattro magistrati ammessi al secondo turno. Quando si procede al secondo turno di votazione dichiara eletto in ciascun collegio il magistrato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi computati ai sensi dell'articolo 23, comma 9, sesto periodo.
4. In caso di parità di voti prevale il candidato del genere che risulta, al fine dell'accesso al secondo turno, meno rappresentato nel singolo collegio o che risulta, ai fini dell'elezione, meno rappresentato a livello nazionale. In caso di ulteriore parità prevale il candidato più anziano nel ruolo.
5. La commissione centrale elettorale provvede alle operazioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 entro due giorni dalla ricezione delle schede.
6. Nel caso in cui il numero dei candidati dichiarati eletti sia inferiore a quello dei seggi, entro un mese sono indette elezioni suppletive per l'assegnazione dei seggi ancora vacanti. Fino all'assegnazione di tutti i seggi, lo svolgimento dei compiti e delle funzioni del Consiglio superiore della magistratura è assicurato dalla presenza di componenti in numero non inferiore a ventuno, dei quali dodici eletti dai magistrati, sette eletti dal Parlamento e due membri di diritto. In caso diverso si applicano le disposizioni dell'articolo 30, secondo comma».

Art. 34.
(Modifiche in materia di scioglimento del Consiglio superiore della magistratura)

1. All'articolo 31 della legge 24 marzo 1958, n. 195, dopo il secondo comma è aggiunto il seguente:

«Si applica la disposizione del primo comma anche quando il numero complessivo dei componenti eletti del Consiglio superiore della magistratura o il numero dei membri eletti dai magistrati o dal Parlamento diviene inferiore a quello previsto dall'articolo 5, primo comma».

Art. 35.
(Modifiche in materia di sostituzione dei componenti eletti dai magistrati)

1. L'articolo 39 della legge 24 marzo 1958, n. 195, è sostituito dal seguente:

«Art. 39. – (Sostituzione dei componenti eletti dai magistrati)1. Il componente eletto dai magistrati che cessa dalla carica per qualsiasi ragione prima della scadenza del Consiglio superiore della magistratura è sostituito dal magistrato non eletto che, nell'ambito dello stesso collegio, lo segue per numero di voti nel secondo turno di votazione oppure, ove il secondo turno non si sia svolto, dal magistrato che lo segue nell'ambito dello stesso collegio per numero di voti computati ai sensi dell'articolo 23, comma 9, terzo periodo. Le stesse regole si applicano in caso di cessazione dalla carica del magistrato subentrato. Esaurita la possibilità di subentro ai sensi del primo periodo, entro un mese sono indette elezioni suppletive, con le modalità previste dagli articoli da 23 a 27, per l'assegnazione del seggio o dei seggi divenuti vacanti».

Art. 36.
(Modifiche in materia di indennità dei componenti del Consiglio superiore della magistratura)

1. Il quarto comma dell'articolo 40 della legge 24 marzo 1958, n. 195, è sostituito dal seguente:

«Ai componenti è attribuita un'indennità per ogni seduta e, inoltre, a coloro che risiedono fuori Roma, l'indennità di missione per i giorni di viaggio e di permanenza a Roma. La misura dell'indennità per le sedute e il numero massimo giornaliero delle sedute che danno diritto a indennità, nonché la misura dell'indennità di missione e qualunque altro emolumento comunque denominato sono determinati dal Consiglio superiore, secondo criteri stabiliti nel regolamento di amministrazione e contabilità e, in ogni caso, nel rispetto del limite massimo retributivo onnicomprensivo di cui all'articolo 13 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89».

Art. 37.
(Modifiche in materia di ricollocamento in ruolo dei magistrati componenti del Consiglio superiore della magistratura)

1. Al secondo comma dell'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Prima che siano trascorsi quattro anni dal giorno in cui ha cessato di far parte del Consiglio superiore della magistratura, il magistrato non può proporre domanda per un ufficio direttivo o semidirettivo, fatto salvo il caso in cui l'incarico direttivo o semidirettivo sia stato ricoperto in precedenza. Prima che siano trascorsi due anni dal giorno in cui ha cessato di far parte del Consiglio superiore della magistratura, il magistrato non può essere collocato fuori del ruolo organico per lo svolgimento di funzioni diverse da quelle giudiziarie ordinarie. Le disposizioni del presente comma non si applicano quando il collocamento fuori del ruolo organico è disposto per consentire lo svolgimento di funzioni elettive».
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai magistrati eletti al Consiglio superiore della magistratura dopo la data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 38.
(Disposizioni per l'attuazione e il coordinamento del nuovo sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura)

1. Il Governo adotta, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, le disposizioni per l'attuazione e il coordinamento della disciplina di cui al presente capo, eventualmente necessarie, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Qualora le prime elezioni del Consiglio superiore della magistratura successive alla data di entrata in vigore della presente legge debbano effettuarsi, ai sensi dell'articolo 21 della legge 24 marzo 1958, n. 195, prima della scadenza del termine di cui al comma 1 del presente articolo, il termine di cui al predetto articolo 21, primo comma, è prorogato di non oltre sessanta giorni.

Capo V
DELEGA AL GOVERNO IN MATERIA DI ORDINAMENTO GIUDIZIARIO MILITARE

Art. 39.
(Oggetto, princìpi e criteri direttivi, procedimento)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla scadenza del termine per l'esercizio della delega di cui all'articolo 1 della presente legge, uno o più decreti legislativi, su proposta del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro della giustizia e con il Ministro dell'economia e delle finanze, in materia di ordinamento giudiziario militare e per il riassetto della disciplina recata dagli articoli da 52 a 75 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, anche attraverso il coordinamento formale e sostanziale di tali disposizioni con le previsioni dell'ordinamento giudiziario ordinario, come riordinate e riformate nei decreti legislativi attuativi di cui agli articoli 1, 2 e 3, nonché con le modifiche introdotte dagli articoli 4 e da 7 a 37 della presente legge, in quanto compatibili.
2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1 il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) adeguare la disciplina in materia di accesso alla magistratura militare, di stato giuridico, compreso quello del procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione, di conferimento delle funzioni e di requisiti per la nomina, nonché di progressione nelle valutazioni di professionalità, a quella dei magistrati ordinari nei gradi corrispondenti, in quanto applicabili;

b) adeguare le circoscrizioni territoriali dei tribunali militari e delle rispettive procure militari, fermi restando il numero di tre e la rispettiva sede fissata in Roma, Verona e Napoli;

c) prevedere che le circoscrizioni dei tribunali militari di Roma, Verona e Napoli siano riorganizzate in funzione dei carichi pendenti e di un migliore coordinamento rispetto alla dislocazione di enti e reparti militari nel territorio nazionale;

d) prevedere che al Consiglio della magistratura militare si applichino le disposizioni previste per il Consiglio superiore della magistratura, in quanto compatibili anche con l'esigenza di garantire l'invarianza finanziaria di cui all'articolo 41;

e) mantenere, per quanto compatibile, l'equiparazione dei magistrati militari ai corrispondenti magistrati ordinari.

3. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alle Camere affinché su di essi sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, entro il termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione. Decorso il predetto termine, anche in assenza dei prescritti pareri parlamentari, i decreti legislativi possono essere adottati, sentito il Consiglio della magistratura militare, che si esprime nel termine di trenta giorni dalla trasmissione degli schemi. Qualora il termine per il rilascio del parere parlamentare scada nei trenta giorni antecedenti alla scadenza del termine previsto per l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo è prorogato di novanta giorni.
4. Il Governo, con la medesima procedura di cui al comma 3, entro due anni dalla scadenza del termine per l'esercizio della delega di cui al comma 1 e nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi previsti dal comma 2, può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi adottati.
5. I decreti legislativi attuativi della delega di cui al comma 1 del presente articolo provvedono in ogni caso al coordinamento delle disposizioni vigenti con le disposizioni introdotte in attuazione della medesima delega, anche modificando la formulazione e la collocazione delle disposizioni vigenti in materia di ordinamento giudiziario militare, prevedendo eventualmente rinvii espliciti ai decreti legislativi di cui agli articoli 1, 2 e 3 della presente legge, alle disposizioni dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, dei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n. 106, 23 febbraio 2006, n. 109, e 5 aprile 2006, n. 160, nonché alle norme contenute in leggi speciali non direttamente investite dai princìpi e criteri direttivi di cui al comma 2 del presente articolo, in modo da renderle a essi conformi, operando le necessarie abrogazioni e adottando le opportune disposizioni transitorie.

Capo VI
DISPOSIZIONI FINANZIARIE E FINALI

Art. 40.
(Disposizioni finali)

1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Consiglio superiore della magistratura adegua alle disposizioni dei capi II, III e IV della medesima legge il regolamento interno di cui all'articolo 20, numero 7), della legge 24 marzo 1958, n. 195, e il regolamento di amministrazione e contabilità adottato ai sensi della medesima legge n. 195 del 1958.
2. Decorso il termine di cui al comma 1 del presente articolo, qualora il regolamento di amministrazione e contabilità non sia stato adeguato alle disposizioni di cui all'articolo 36 della presente legge, il limite massimo retributivo onnicomprensivo di cui all'articolo 13 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, trova in ogni caso applicazione.

Art. 41.
(Disposizioni finanziarie)

1. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge e dei decreti legislativi da essa previsti non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
2. In conformità all'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, i medesimi decreti legislativi sono adottati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti risorse finanziarie.

torna su