PDL 2454

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2454

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa della deputata CARFAGNA

Disposizioni per favorire la partecipazione delle donne alla vita economica, sociale e politica del Paese

Presentata il 1° aprile 2020

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Onorevoli Colleghi! – Abbiamo compiuto grandi passi in avanti negli ultimi decenni, eppure la partecipazione delle donne alla vita attiva del Paese incontra ancora ostacoli e inciampi. L'occupazione femminile (in particolare al Sud) è più bassa degli standard europei, i salari sono mediamente inferiori a quelli maschili (soprattutto per le figure dirigenziali), interi settori professionali e taluni incarichi di vertice rimangono appannaggio quasi esclusivo degli uomini, mentre sulle donne grava in modo insostenibile il peso di un welfare debole e insufficiente.
Da un punto di vista culturale e sociale, ogni giorno le donne subiscono piccoli e grandi pregiudizi, oltre ad atti di violenza fisica e psicologica che colpiscono una cittadina su tre. Sono barriere che le frenano sia nella vita privata che in quella pubblica, limitandone la libertà. Dare oggi voce alle donne, che sono la maggioranza della popolazione, non significa solo affermare i diritti sanciti dalla Costituzione e dalla legge, ma liberare le loro potenzialità: un enorme giacimento di energie, valore e competenze che consentirebbe all'Italia di crescere, innovarsi e aumentare il benessere di tutti.
Vogliamo dare voce alle donne per tutto l'arco della loro vita, affiancandole nei momenti più delicati e nelle fasi cruciali, quelle che determinano il loro futuro.

Liberare il genio delle donne

Lo squilibrio alla base dei percorsi professionali genera gap di carriera e di reddito difficilmente sanabili. L'accesso delle donne alle lauree nelle discipline cosiddette «STEM» (Science, Technology, Engineering and Mathematics) è ancora troppo limitato, nonostante si tratti di scelte accademiche che assicurano importanti chance di lavoro e di crescita, a livello nazionale e internazionale.
Di recente è stato calcolato che una formazione specifica nelle discipline STEM consentirebbe a circa 1,2 milioni di donne in più di trovare lavoro entro il 2050 in Europa, generando anche una crescita del PIL di 820 miliardi di euro. Le donne sono in media più istruite degli uomini, hanno titoli di studio più alti e voti migliori. Sono il 32 per cento le nostre ragazze con un titolo di studio elevato, i ragazzi il 20 per cento. Ma dopo la laurea quasi il 65 per cento degli uomini lavora, mentre troppe donne mettono la laurea nel cassetto: meno del 60 per cento lavora.
Appare, quindi, evidente, alla luce di quanto esposto, la necessità di predisporre e attuare azioni positive e concrete e di sostenere con atti tangibili la possibilità di accesso delle studentesse allo studio delle materie STEM e al conseguente accesso alle relative professioni.
Per questo, la presente proposta di legge, all'articolo 1, prevede, per le studentesse che hanno frequentato percorsi di studio a indirizzo scientifico-tecnologico nella scuola secondaria di secondo grado e dimostrato una particolare attitudine nei confronti dello studio di materie scientifiche nei due anni precedenti all'esame di Stato, la possibilità di accedere a un contributo a totale copertura delle tasse previste per la frequenza universitaria in caso di iscrizione a corsi di laurea nelle discipline STEM.

Una donna fa la differenza

In Italia lavora appena una donna su due, nel Mezzogiorno una su tre. Servono misure straordinarie che promuovano l'occupazione femminile, che vincano le inaccettabili resistenze culturali all'assunzione stabile di donne «a rischio di diventare mamme», che diano un messaggio esplicito di favore per quegli imprenditori che scommettono sul lavoro femminile anche nei settori considerati impropriamente appannaggio maschile. Il lavoro delle donne ci può far uscire dalla crisi economica e dalla trappola demografica. Un Paese come il nostro, che deve tornare a crescere, non può farlo senza la forza lavoro femminile. Un'Italia che ha bisogno di fare più figli deve garantire sicurezza, stabilità e indipendenza economica alle donne.
Più donne occupate significa, in sostanza, più crescita. Se il tasso di occupazione femminile italiano salisse al 60 per cento, ossia alla media europea, la ricchezza per abitante aumenterebbe di circa un punto percentuale all'anno: un contributo importante per un'economia come la nostra, la cui crescita è la metà della media europea.
Come ha scritto l'economista Veronica De Romanis, l'unico modo per sanare una situazione «molto distorta» è probabilmente quello di introdurre una «distorsione» temporanea di segno opposto. Per usare un termine più accattivante rispetto a «distorsione», potremmo parlare di «incentivi positivi», «pungolo», «scossa».
Un primo esempio in tal senso può essere rappresentato dall'introduzione di una misura denominata «una donna fa la differenza», in forza della quale, per ogni assunzione di una donna a tempo pieno o parziale, con contratto almeno annuale, aggiuntiva rispetto al numero dei contratti dell'anno precedente, l'impresa riceve un credito fiscale pari all'imposta sul reddito delle persone fisiche calcolata sulla retribuzione delle lavoratrici aggiuntive.
Per evitare di incorrere in obiezioni di natura costituzionale in relazione al principio di eguaglianza, la misura che si prevede di introdurre con questa proposta di legge non è riferita espressamente alle donne, ma al riequilibrio dei tassi di occupazione maschile e femminile a livello territoriale e di impresa, incentivando le assunzioni di lavoratori appartenenti al sesso per cui si registra il più basso tasso di occupazione nella regione in cui ha sede l'impresa.
Pertanto, l'articolo 2 della presente proposta di legge prevede che ai soggetti titolari di reddito d'impresa i quali, dal 1° gennaio 2020 fino al 31 dicembre 2021, effettuano nuove assunzioni di personale appartenente al sesso con il più basso tasso di occupazione nella regione in cui ha sede l'azienda, con contratto a tempo indeterminato o a tempo determinato, è attribuito un credito d'imposta di importo pari all'imposta sul reddito, calcolata sul valore della retribuzione erogata, per ciascuna unità lavorativa aggiuntiva del sesso indicato, risultante dalla differenza tra il numero dei lavoratori di tale sesso rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori del medesimo sesso occupati nei dodici mesi precedenti alla data di assunzione. Il criterio è identico per le assunzioni con contratto di lavoro sia a tempo pieno, sia a tempo parziale, essendo diversa soltanto la base retributiva su cui sono calcolati l'imposta e il corrispondente ammontare del beneficio.

Lo stipendio è uguale per tutti

La presente proposta di legge si propone altresì di rendere obbligatoria per le aziende private la pubblicazione dei dati relativi alla parità retributiva e alla percentuale di donne occupate.
L'articolo 3 si pone come finalità principale quella di far emergere e di rendere visibile il fenomeno del divario retributivo di genere al fine di favorire una crescente sensibilizzazione dei datori di lavoro, dei lavoratori, delle lavoratrici e delle istituzioni, propedeutica a un suo definitivo superamento.
L'intervento normativo prevede, dunque, che tutti i datori di lavoro con più di quindici dipendenti inviino, con cadenza annuale, all'Ispettorato nazionale del lavoro una serie di dati riguardanti il proprio personale relativi al numero di occupati di sesso maschile e di sesso femminile, alle eventuali nuove assunzioni effettuate nel corso dell'anno, sempre distinte per sesso, all'inquadramento contrattuale e alla retribuzione. Ovviamente, per ragioni di tutela della riservatezza, tra i dati non dovrà essere compresa l'identità dei singoli lavoratori. Una volta ricevuti i dati trasmessi, l'Ispettorato nazionale del lavoro provvederà alla loro pubblicazione in un'apposita sezione del proprio sito internet istituzionale. Per sollecitare l'adempimento della trasmissione dei dati richiesti si prevede, inoltre, l'impossibilità per i datori di lavoro inadempienti di accedere a forme di vantaggio fiscale o ad altri incentivi economici stabiliti da disposizioni legislative adottate successivamente all'entrata in vigore della legge.
Le disposizioni dell'articolo 3 sono volte a rendere effettiva la parità salariale, soprattutto nel settore privato, in cui il gap salariale è intorno al 20 per cento e dove aumenta via via che il ruolo ricoperto cresce in termini di importanza. Le donne in Italia sono capaci quanto gli uomini, anzi spesso più degli uomini, e devono guadagnare come loro.

Quota mamma. Anche i figli valgono per la pensione

L'articolo 4 della proposta di legge prevede uno «sconto» sull'età pensionabile delle donne per ogni figlio. Se una donna ha avuto due figli potrà andare in pensione due anni prima rispetto all'età minima prevista per legge. È una misura di equità sociale. La cura della famiglia, infatti, grava prevalentemente sulle donne ed è giusto che questo impegno venga riconosciuto loro, che qualcosa torni loro indietro.
Il legislatore, in particolare nel corso della XVII legislatura, ha provato ad adottare misure sperimentali, comunque limitate nel tempo, volte a garantire alle donne lavoratrici la possibilità di accedere anticipatamente alla pensione, come la cosiddetta «opzione donna» o l'anticipo pensionistico sociale (APE). Misure che, però, hanno una ricaduta limitata in termini quantitativi e si sono dimostrate spesso farraginose, a tutto danno delle potenziali beneficiarie.
Le donne, madri e lavoratrici, rappresentano la spina dorsale della nostra società, dato che solitamente si sobbarcano non solo gli impegni dell'occupazione reddituale, ma anche e soprattutto quelli di cura e gestione del proprio nucleo familiare, in primo luogo dei figli. Molto spesso una donna, proprio perché madre, ha una carriera discontinua e incontra più difficoltà a raggiungere gli anni di contributi che le consentono di andare in pensione. Lo Stato deve riconoscere il valore sociale della maternità e l'ammontare del lavoro di cura che ricade quasi completamente sulle spalle delle donne.
Si ravvisa, pertanto, la necessità di introdurre, in attesa che si determinino le condizioni per una riforma complessiva e organica del sistema pensionistico, una misura strutturale che permetta alle donne madri e lavoratrici di andare in pensione con netto anticipo rispetto alla normativa vigente, senza riduzioni sul trattamento, ma percependo quanto dovuto secondo il calcolo contributivo con riguardo ai periodi effettivamente lavorati.
In tal senso, con la presente proposta di legge, all'articolo 4, si intende introdurre, in deroga alle disposizioni vigenti, inclusa quella che prevede l'adeguamento all'aspettativa di vita di cui all'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, per le sole donne che hanno compiuto almeno 64 anni di età, uno sconto sul requisito contributivo per la maturazione del diritto alla pensione, pari a un anno per ciascun figlio, fino a un massimo di tre anni. La riduzione dei periodi contributivi è applicata anche alle madri adottive ai sensi dei titoli II e III della legge n. 184 del 1983.

Rinforzare il «codice rosso»

La violenza sulle donne continua a essere una piaga enorme e un grave problema di sicurezza nella nostra società. La legge n. 69 del 2019, nota come «codice rosso», ha irrobustito il già ottimo quadro normativo italiano, ma, come tutte le leggi, è perfettibile. Essa, dunque, è il più recente approdo del legislatore, ma non, purtroppo, l'ultimo. I proponenti l'hanno definita «codice rosso» per evidenziare la corsia preferenziale che si intendeva dare alla tutela delle donne maltrattate. Tra le numerose disposizioni introdotte, si evidenzia il nuovo articolo 387-bis del codice penale.
La nuova fattispecie delittuosa punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni chiunque viola le misure cautelari dell'obbligo di allontanamento dalla casa familiare, del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa ovvero dell'ordine di allontanamento d'urgenza.
Tuttavia, la realtà ha evidenziato forti criticità, che comprimono sostanzialmente l'effettiva protezione che lo Stato è chiamato a offrire in simili situazioni. Infatti, la pena della reclusione da sei mesi a tre anni, comminata dal richiamato articolo, impedisce l'arresto in flagranza di chi si stia avvicinando alla vittima in violazione dei divieti o degli obblighi imposti dall'autorità giudiziaria, né la fattispecie delittuosa introdotta dall'articolo 387-bis figura nell'elenco dei reati che, parimenti, consentono agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria di procedere in tal senso.
Il delitto introdotto con il nuovo articolo 387-bis del codice penale non rientra, infatti, in alcuna delle fattispecie nelle quali è consentito alla polizia giudiziaria di intervenire tempestivamente a salvaguardia della vittima. In altre parole, a differenza di chi violi le disposizioni relative all'arresto domiciliare, il destinatario delle misure cautelari dell'obbligo di allontanamento dalla casa familiare o del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa che violi il relativo ordine giudiziario può tranquillamente avvicinarsi alla donna, senza che sia possibile fermarlo immediatamente tramite l'arresto.
È questo vuoto normativo che si intende colmare con l'articolo 5 della presente proposta di legge, che aggiunge al comma 2 dell'articolo 380 del codice di procedura penale la lettera l-quater), contenente il riferimento al reato di cui all'articolo 387-bis del codice penale. La nuova disposizione renderà concreta la tutela delle donne vittime di violenza di genere o domestica, impedendo che si verifichino ulteriori ed evitabili episodi violenti in danno di vittime vulnerabili, non costituendo una mera operazione di «pink washing» (letteralmente, una «verniciatura di rosa»), poiché la nostra attenzione deve continuare ad essere, così come è sempre stata, seria, quotidiana e costruttiva.
In assenza di tale previsione, infatti, l'unica strada percorribile continuerebbe a essere quella dell'aggravamento della misura cautelare violata in misura detentiva, richiesta dal pubblico ministero al giudice per le indagini preliminari, con i connessi e troppo lunghi tempi a ciò necessari: comunicazione scritta da parte della polizia giudiziaria della notizia di reato al pubblico ministero; ricezione, iscrizione (ex articoli 335 del codice di procedura penale e 109 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale) e trasmissione del fascicolo al pubblico ministero titolare dell'indagine nella quale era stata disposta la misura cautelare violata; valutazione e richiesta di quest'ultimo di aggravamento in misura cautelare detentiva; trasmissione al giudice per le indagini preliminari, vaglio da parte di quest'ultimo, eventuale adozione della misura custodiale e successiva trasmissione alle Forze di polizia per l'esecuzione della medesima. Tutto ciò, nella routine degli uffici giudiziari, può richiedere sino a quindici giorni di tempo: troppo, per chi ritiene che non sia normale consentire al carnefice di avvicinarsi e di arrivare sino al gesto estremo dell'uccisione di una donna già maltratta e oggetto di stalking o di violenza.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Disposizioni per favorire l'iscrizione delle studentesse a corsi di laurea nelle discipline scientifiche, tecnologiche, di ingegneria e di matematica)

1. Per promuovere le iscrizioni delle studentesse ai corsi di laurea nelle discipline scientifiche, tecnologiche, di ingegneria e di matematica (STEM) e l'accesso delle donne laureate alle carriere professionali nell'ambito delle medesime discipline, è istituito presso il Ministero dell'università e della ricerca un fondo speciale, denominato «Fondo STEM», ripartito annualmente, ai sensi del comma 7, tra le università statali sulla base del numero di studentesse iscritte ai corsi di laurea triennale, magistrale e magistrale a ciclo unico nelle citate discipline.
2. Il Fondo STEM è destinato a finanziare l'esonero totale dalle tasse e dai contributi dovuti dalle studentesse che si iscrivono ai corsi di laurea triennale, magistrale e magistrale a ciclo unico nelle discipline STEM.
3. Per accedere al finanziamento del Fondo STEM sono necessari i seguenti requisiti:

a) aver frequentato percorsi di studio a indirizzo scientifico-tecnologico nella scuola secondaria di secondo grado;

b) aver conseguito negli ultimi due anni precedenti all'esame di Stato della scuola secondaria di secondo grado una media dei voti non inferiore a 8 decimi nelle materie scientifiche;

c) aver conseguito all'esame di Stato della scuola secondaria di secondo grado un voto non inferiore a 91 centesimi.

4. Il finanziamento del Fondo STEM è confermato per tutta la durata del corso di laurea per le studentesse che, per ciascun anno di corso, abbiano acquisito almeno 40 crediti formativi universitari e concludano regolarmente il corso di studi.
5. Il finanziamento di cui al comma 2 non è cumulabile con alcun tipo di borsa di studio di natura pubblica.
6. Il Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, adotta, con proprio decreto, un regolamento recante i criteri e le modalità di attuazione del presente articolo.
7. Il Ministro dell'università e della ricerca, con proprio decreto di natura non regolamentare, disciplina annualmente le modalità di ripartizione tra le università statali delle risorse del Fondo STEM.
8. Gli oneri di gestione e le spese di funzionamento degli interventi relativi al Fondo STEM sono posti a carico delle risorse finanziarie del Fondo stesso.
9. Il Fondo STEM, gestito dal Ministero dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, può essere alimentato anche da versamenti effettuati a titolo spontaneo e solidale da privati, società, enti e fondazioni.
10. All'articolo 10, comma 1, lettera l-quater), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di oneri deducibili, dopo le parole: «Fondo per il merito degli studenti universitari e di istituzioni universitarie pubbliche,» sono inserite le seguenti: «del Fondo STEM,».
11. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo si provvede ai sensi dell'articolo 6 entro il limite di spesa di 100 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020.

Art. 2.
(Credito d'imposta in favore delle imprese per il riequilibrio dei tassi di occupazione maschile e femminile)

1. Ai soggetti titolari di reddito d'impresa che, dal 1° gennaio 2020 fino al 31 dicembre 2021, effettuano nuove assunzioni, con un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato, di personale appartenente al sesso con il più basso tasso di occupazione nella regione in cui ha sede l'azienda è attribuito un credito d'imposta di importo pari all'imposta sul reddito delle persone fisiche calcolata sul valore della retribuzione erogata per ciascuna unità lavorativa aggiuntiva del sesso indicato, risultante dalla differenza tra il numero dei lavoratori di tale sesso rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori del medesimo sesso occupati nei dodici mesi precedenti la data di assunzione.
2. Il credito d'imposta di cui al comma 1 si applica alle imprese in attività alla data di entrata in vigore della presente legge. Per le imprese costituite successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, il credito d'imposta si applica avendo riguardo al numero complessivo delle assunzioni aggiuntive di personale del sesso determinato ai sensi del comma 1 realizzate in ciascun periodo d'imposta rispetto al precedente.
3. Il credito d'imposta di cui al comma 1 è ripartito e utilizzato in quote annuali di pari importo. Esso è indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale è riconosciuto e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d'imposta successivi nei quali è utilizzato. Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito agli effetti delle imposte sui redditi né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. La prima quota annuale è utilizzabile a decorrere dal 1° gennaio del periodo d'imposta successivo a quello in cui è stata effettuata l'assunzione. I fondi occorrenti per la regolazione contabile delle compensazioni esercitate ai sensi del quarto periodo del presente comma sono stanziati in apposito capitolo di spesa nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per il successivo trasferimento alla contabilità speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate – Fondi di bilancio».
4. Il credito d'imposta di cui al comma 1 è revocato:

a) in caso di riduzione del numero annuo dei lavoratori del sesso determinato ai sensi del comma 1 impiegati nell'azienda con contratto di lavoro a tempo indeterminato;

b) se i nuovi contratti di lavoro a tempo determinato hanno durata inferiore a un anno.

5. Nei casi di cui al comma 4, il credito d'imposta indebitamente utilizzato è restituito mediante versamento da eseguire entro il termine per il versamento a saldo dell'imposta sui redditi dovuta per il periodo d'imposta in cui si verifica una delle ipotesi indicate.
6. Qualora, a seguito dei controlli, sia accertata l'indebita fruizione, anche parziale, del credito d'imposta di cui al comma 1 per il mancato rispetto di alcuna delle condizioni richieste dal presente articolo, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero del relativo importo, maggiorato degli interessi e delle sanzioni.
7. Possono beneficiare del credito d'imposta di cui al presente articolo soltanto le imprese operanti in almeno una delle otto regioni italiane in cui è più basso il tasso di occupazione del sesso meno rappresentato, secondo quanto annualmente rilevato dall'Istituto nazionale di statistica.
8. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, si provvede ai sensi dell'articolo 6.

Art. 3.
(Disposizioni in materia di pubblicità dei dati relativi al numero, all'inquadramento e alla retribuzione dei lavoratori dipendenti, al fine di superare il divario retributivo tra i sessi)

1. Al fine di favorire la parità retributiva dei lavoratori senza differenza di sesso, tutti i datori di lavoro privati con più di quindici dipendenti comunicano in forma digitale all'Ispettorato nazionale del lavoro, con cadenza annuale, i seguenti dati relativi ai propri dipendenti:

a) numero dei lavoratori occupati di sesso femminile;

b) numero dei lavoratori occupati di sesso maschile;

c) numero degli eventuali lavoratori di sesso femminile assunti nel corso dell'anno;

d) numero degli eventuali lavoratori di sesso maschile assunti nel corso dell'anno;

e) inquadramento contrattuale e funzione svolta da ciascun lavoratore occupato;

f) importo della retribuzione complessiva corrisposta, delle eventuali componenti accessorie del salario, delle indennità, anche collegate al risultato, e di ogni altro beneficio eventualmente riconosciuto a ciascun lavoratore.

2. I dati di cui alle lettere e) e f) del comma 1 non devono indicare l'identità del lavoratore, del quale deve essere specificato solo il sesso. I medesimi dati, sempre specificando il sesso dei lavoratori, possono altresì essere raggruppati per aree omogenee.
3. I dati di cui al comma 1 sono pubblicati in un'apposita sezione del sito internet istituzionale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, con modalità che ne consentano la consultazione sia per singolo datore di lavoro sia in forma aggregata.
4. L'Ispettorato nazionale del lavoro invia in modalità digitale a ciascun datore di lavoro una comunicazione che attesta l'adempimento dell'obbligo di cui al comma 1, entro trenta giorni dalla ricezione dei dati previsti dal medesimo comma 1.
5. I datori di lavoro che non adempiono all'obbligo di cui al comma 1 non possono accedere a forme di vantaggio fiscale né ad altri incentivi o vantaggi di natura economica previsti da disposizioni entrate in vigore successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.
6. Agli oneri derivanti dal comma 3, valutati in 700.000 euro annui a decorrere dall'anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
7. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 4.
(Modifiche ai requisiti contributivi delle lavoratrici madri per l'accesso anticipato al pensionamento)

1. A decorrere dal 1° gennaio 2020, in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e all'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, alle lavoratrici iscritte all'assicurazione generale obbligatoria, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che hanno compiuto almeno 64 anni di età sono riconosciuti, ai fini della maturazione del requisito contributivo per l'accesso alla pensione, dodici mesi per ogni figlio, nel limite massimo di trentasei mesi.
2. Per le donne di cui al comma 1, il requisito contributivo pensionistico si intende rispettato ove la somma tra l'anzianità contributiva e il periodo riconosciuto in funzione di ogni figlio sia almeno pari a 36.
3. Ai fini del computo del trattamento pensionistico, i periodi contributivi riconosciuti ai sensi del comma 1 non sono coperti da contribuzione figurativa.
4. Il riconoscimento del periodo contributivo ai sensi del comma 1 si applica anche in caso di figli adottivi.
5. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo si provvede, nel limite di 1.500 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, ai sensi dell'articolo 6.

Art. 5.
(Modifica all'articolo 380 del codice di procedura penale, in materia di arresto obbligatorio in flagranza per il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare o del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di cui all'articolo 387-bis del codice penale)

1. Al comma 2 dell'articolo 380 del codice di procedura penale, dopo la lettera l-ter) è inserita la seguente:

«l-quater) delitto di violazione degli obblighi o dei divieti derivanti dai provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare o dal divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di cui all'articolo 387-bis del codice penale».

Art. 6.
(Copertura finanziaria)

1. Agli oneri derivanti dagli articoli 1, 2 e 4, pari a 1.630 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 e a 1.600 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022, si provvede mediante utilizzo delle risorse del Fondo per il reddito di cittadinanza, di cui all'articolo 12 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, rimaste inutilizzate, che sono versate all'entrata del bilancio dello Stato.

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