PDL 243

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                        Articolo 10
                        Articolo 11
                        Articolo 12

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 243

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
FIANO, CANTINI, CARNEVALI, DAL MORO, D'ALESSANDRO, DE MENECH, ERMINI, FRAGOMELI, GRIBAUDO, LA MARCA, LEPRI, MORANI, MORGONI, NOJA, PAGANI, PEZZOPANE, SERRACCHIANI, VERINI, VISCOMI, ZARDINI

Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista

Presentata il 23 marzo 2018

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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge è frutto di un intenso e accurato lavoro, portato avanti per la prima volta nella scorsa legislatura e che ha consentito di raggiungere, su un tema estremamente delicato, un'ampia condivisione tra diverse sensibilità: l'audizione nelle Commissioni parlamentari durante la XVII legislatura di esperti qualificati, esponenti del Governo allora in carica, rappresentanti a vario titolo delle istituzioni e delle associazioni interessate, sotto la guida dell'onorevole Pollastrini, relatrice del provvedimento approvato in prima lettura alla Camera dei deputati il 18 luglio 2017, e successivamente incardinato al Senato come atto Senato n. 2883, ha permesso un approfondimento serio delle implicazioni sul terreno della libertà personale, religiosa e di opinione, nonché su quello della sicurezza del Paese, connesse all'introduzione di una nuova disciplina in questo settore.
Questa proposta di legge ha, infatti, un'ambizione per nulla banale, quella di aggiungere alle necessarie misure di intelligence e repressive, di cui il nostro ordinamento si è ampiamente dotato – basti pensare da ultimo al decreto-legge n. 7 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 43 del 2015, recante, tra le altre, norme di contrasto del terrorismo, anche internazionale, e di coordinamento delle indagini nei procedimenti per i delitti di terrorismo – un tassello diverso, ispirato alla necessità di svolgere un'attività di prevenzione: si vogliono infatti qui introdurre norme per sostenere il contrasto di quell'attrazione che, in nome di una lettura religiosa – negata peraltro della più grande parte degli islamici – possa portare al reclutamento di una manodopera ideologizzata e criminale.
Proprio l'ampio dibattito tenutosi nella scorsa legislatura ha permesso di superare talune semplificazioni ricorrenti nel dibattito politico-culturale: non si può ritenere infatti che nel mondo contemporaneo la radicalizzazione sia solo di matrice musulmana, così come non si può assolutamente ritenere che l'Islam sia solo radicalizzazione o – ancora più vero – va considerato che l'espressione jihad, letteralmente «sforzo ascetico», non deve determinare un automatismo tra il significato di quella parola e l'annientamento di quanto non sia appartenente all'Islam; è infatti proprio l'uso che è stato fatto di questa parola che dà il segno della frattura in questo secolo.
Tutto ciò, però, non può e non deve impedirci di vedere quello che è sotto gli occhi di tutto il mondo da molti drammatici anni: un deciso e frequente fenomeno di radicalizzazione interno al mondo musulmano ad ogni latitudine. Appare ricorrente infatti nel mondo musulmano un'interpretazione del proprio credo – totalmente errata peraltro secondo autorevolissime fonti teologiche islamiche – che, da un lato, conduce migliaia di fedeli musulmani a considerare coincidente con la propria fede una missione di violenza e di morte verso chiunque non condivida quel modello, a prescindere dal fatto che quel chiunque sia ebreo, cristiano, islamico, ateo, bianco, nero, occidentale od orientale, e che, dall'altro lato, impone – spesso con la violenza – regole di vita oppressive, o per lo meno contrastanti con i princìpi di libertà sedimentati da secoli nelle civiltà occidentali e che consideriamo intangibili, a partire da quei princìpi per noi inderogabili che riguardano la libertà della donna e del corpo femminile.
Obiettivo di questa proposta di legge non è però quello di discutere la correttezza teologica o costituzionale di taluni atteggiamenti, poiché le Assemblee parlamentari non sono né possono essere equiparate a un tribunale. Obiettivo di questa proposta di legge è invece quello di introdurre nel nostro ordinamento norme o istituti volti a facilitare un'attività di prevenzione del passaggio dalla fede radicalizzata al terrorismo di matrice islamica. Riteniamo infatti che quest'opera di prevenzione serva innanzitutto a incrementare il livello di sicurezza di tutti noi, a prescindere dalla nostra origine o credo religioso, nonché a preservare l'intangibile principio costituzionale della libertà di professione di fede, iscritto nell'articolo 19 della Carta costituzionale.
Del resto, la necessità di introdurre misure quali quelle previste dalla proposta di legge in esame muove anche dalla considerazione che dietro a ognuno dei terribili attentati che hanno insanguinato nel recente periodo l'Europa e non solo, da Charlie Hebdo al Bataclan, dall'aeroporto di Bruxelles al Museo del Bardo, a Nizza, a Berlino, a Londra – ma anche negli attentati che hanno colpito una vasta serie di Paesi arabi o islamici – c'erano da parte di coloro che hanno causato morte e terrore, un convincimento e un'adesione, non sempre formalizzabili in una partecipazione a un'organizzazione terroristica; più spesso abbiamo semplicemente riscontrato negli autori di stragi efferate un simpatizzare per una causa di fede la cui missione è la guerra perpetua, anche al costo del sacrificio personale, a un modello occidentale considerato sacrilego, anche perché portatore di simboli di civiltà come la libertà di stampa, di satira, di professione di fede o garante di libertà fondamentali come quella delle donne.
Per contrastare tali fenomeni l'Italia si è già dotata, in questi ultimi anni, di strumenti innovativi, sia legislativi che tecnici, atti a garantire il massimo livello possibile di efficienza nel contrasto a ogni forma di terrorismo. Il nostro Paese, inoltre, conta su un sistema di sicurezza di straordinaria efficienza e professionalità.
È arrivato però il momento di provare a compiere un passo ulteriore, dotando il nostro Paese anche di strumenti idonei a svolgere un'attività di prevenzione sotto il profilo culturale, sociale e civile, intervenendo prima che determinati comportamenti possano diventare il terreno fertile per preparare e realizzare azioni terroristiche, provando a sottrarre persone esposte all'ideologia della radicalizzazione, prestando attenzione specifica all'ambito sociale dell'integrazione, alle questioni sociali connesse a questo tema, lavorando a stretto contatto con il mondo della scuola, dell'università, del lavoro e soprattutto delle carceri, dove spesso il fenomeno della radicalizzazione parte e si sviluppa, e conducendo un'azione con tutti gli strumenti con i quali oggi si comunica, a partire naturalmente dalla rete internet.
Da questo punto di vista ha ragione chi sostiene che in questa guerra non basta vincere: bisogna soprattutto convincere, ovviamente sapendo differenziare tra radicalizzazione islamica prodromica a condotte terroristiche ed estremismo jihadista che sia già chiaramente attività terroristica, cosa che investirà le funzioni delle Forze dell'ordine e della magistratura.
Questa proposta di legge mira ambiziosamente a coniugare diritti e doveri, ad incrementare la sicurezza dei nostri cittadini, nel rispetto che portiamo a tutte le fedi religiose, salvaguardando i princìpi fondamentali del nostro ordinamento, cui non intendiamo assolutamente rinunciare.
Naturalmente essa vuole riprendere il testo approvato alla Camera dei deputati come punto di partenza, nella consapevolezza di rimettere ai colleghi della XVIII legislatura un lavoro molto accurato, ma pur sempre perfettibile, integrabile e migliorabile, che ci auguriamo possa condurre anche il nostro Paese all'adozione di una disciplina normativa all'avanguardia, su temi delicati, ma centrali, della nostra contemporaneità.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

1. La presente legge, in coerenza con i consolidati indirizzi in sede internazionale e sovranazionale, anche tenuto conto della risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2015 sulla prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento di cittadini europei da parte di organizzazioni terroristiche (2015/2063 (INI)), disciplina l'adozione di misure, interventi e programmi diretti a prevenire fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo violento di matrice jihadista nonché a favorire la deradicalizzazione, nell'ambito delle garanzie fondamentali in materia di libertà religiosa, e il recupero in termini di integrazione sociale, culturale e lavorativa dei soggetti coinvolti, cittadini italiani o stranieri residenti in Italia.
2. Ai fini della presente legge per radicalizzazione si intende il fenomeno delle persone che, anche se non sussiste alcuno stabile rapporto con gruppi terroristici, abbracciano ideologie di matrice jihadista, ispirate all'uso della violenza e del terrorismo, anche tramite l'uso del web e dei social network.

Art. 2.
(Centro nazionale sulla radicalizzazione).

1. Al fine di promuovere e sviluppare le misure, gli interventi e i programmi di cui all'articolo 1 è istituito presso il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno il Centro nazionale sulla radicalizzazione (CRAD). Con decreto del Ministro dell'interno, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinati la composizione e il funzionamento del CRAD, prevedendo la presenza di rappresentanti del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'interno, della giustizia, della difesa, del lavoro e delle politiche sociali, dell'istruzione, dell'università e della ricerca e della salute, nonché di qualificati esponenti di istituzioni, enti e associazioni operanti nel campo religioso, culturale, educativo e sociale e del Consiglio delle relazioni con l'Islam italiano, di cui al decreto del Ministro dell'interno 23 dicembre 2015. Ai componenti del CRAD non sono dovuti compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.
2. Il CRAD predispone annualmente il Piano strategico nazionale di prevenzione dei processi di radicalizzazione e di adesione all'estremismo violento di matrice jihadista e di recupero dei soggetti coinvolti nei fenomeni di radicalizzazione, il quale definisce i progetti, le azioni e le iniziative da realizzare per le finalità di cui all'articolo 1. Il Piano strategico nazionale è approvato dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, previa acquisizione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti e del Comitato parlamentare previsto all'articolo 4. Il CRAD, d'intesa con le amministrazioni competenti, individua le risorse disponibili a legislazione vigente nei bilanci delle stesse, nonché la quota dei fondi europei destinati al Radicalisation Awareness Network (RAN), da impiegare nelle attività previste dal Piano strategico nazionale. Ai fini dell'istituzione di un apposito numero verde è autorizzata la spesa di 250.000 euro per l'anno 2018 e di 500.000 euro annui a decorrere dall'anno 2019. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
3. Il CRAD, con il Piano strategico nazionale, promuove il dialogo interreligioso e interculturale, la condivisione dei princìpi di laicità dello Stato e di libertà religiosa e di tutti gli altri princìpi fondamentali della Costituzione nonché il contrasto di ogni forma di discriminazione razziale, etnica, religiosa, di genere e di orientamento sessuale e di pratiche che colpiscono l'integrità fisica, la dignità e i diritti delle persone.
4. Il CRAD, nello svolgimento delle proprie funzioni, si avvale dell'attività di monitoraggio dei fenomeni di cui all'articolo 1 svolta dal Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, sulla base delle informazioni fornite dalle prefetture-uffici territoriali del Governo di cui all'articolo 3.

Art. 3.
(Centri di coordinamento regionali sulla radicalizzazione).

1. Presso le prefetture-uffici territoriali del Governo dei capoluoghi di regione sono istituiti i Centri di coordinamento regionali sulla radicalizzazione (CCR), con il compito di dare attuazione al Piano strategico nazionale di cui all'articolo 2. I CCR presentano annualmente al CRAD una relazione sull'attuazione del Piano.
2. Il CCR è presieduto dal prefetto o da un suo delegato ed è composto da rappresentanti dei competenti uffici territoriali delle amministrazioni statali e degli enti locali e da qualificati esponenti di istituzioni, enti e associazioni operanti nel campo religioso, culturale, educativo e sociale in ambito regionale, delle associazioni e organizzazioni che operano nel campo dell'assistenza socio-sanitaria e dell'integrazione nonché delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori. Ai componenti del CCR non sono dovuti compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.
3. Il prefetto del capoluogo di regione, con proprio provvedimento, disciplina la composizione e le modalità di funzionamento del CCR, anche in relazione all'esigenza di assicurare un costante raccordo informativo con le altre prefetture-uffici territoriali del Governo della regione.
4. Il prefetto del capoluogo di regione adotta altresì tutte le iniziative volte a raccordare le attività finalizzate all'attuazione del Piano strategico nazionale di cui all'articolo 2 con le esigenze di tutela della sicurezza della Repubblica in coerenza con quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124.

Art. 4.
(Istituzione del Comitato parlamentare per il monitoraggio dei fenomeni della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista).

1. È istituito il Comitato parlamentare per il monitoraggio dei fenomeni della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista, di seguito denominato «Comitato», composto da cinque deputati e da cinque senatori, nominati entro venti giorni dall'inizio di ogni legislatura dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, garantendo comunque la rappresentanza paritaria della maggioranza e delle opposizioni e tenendo conto della specificità dei compiti del Comitato stesso.
2. L'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da un vicepresidente e da un segretario, è eletto dai componenti del Comitato a scrutinio segreto.
3. Il presidente è eletto con la maggioranza assoluta dei componenti. Se nessuno riporta tale maggioranza, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità dei voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.
4. Per l'elezione, rispettivamente, del vicepresidente e del segretario, ciascun componente scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede ai sensi del comma 3, terzo periodo.
5. Le spese per il funzionamento del Comitato, determinate in modo congruo rispetto ai compiti assegnati, sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.

Art. 5.
(Compiti del Comitato).

1. Il Comitato svolge attività conoscitiva sui fenomeni della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista. Il Comitato dedica particolare attenzione alla verifica del rispetto dei diritti e delle libertà, costituzionalmente garantiti, delle donne e dei minori. Il Comitato svolge la sua attività anche attraverso l'audizione di soggetti istituzionali, componenti della magistratura e delle Forze di polizia, direttori di dipartimento e rettori di università, dirigenti scolastici, direttori sanitari, direttori degli istituti penitenziari, ministri di culto, guide religiose, operatori sociali ed esperti, nonché attraverso l'esame di rapporti da essi redatti e lo svolgimento di missioni.
2. Il Comitato esamina altresì un rapporto sul funzionamento della rete internet, redatto anche in collaborazione con istituti specializzati, che svolgono le relative attività a titolo gratuito, contenente elementi informativi e dati statistici sulla diffusione nel web di idee estreme, tendenti al terrorismo violento di matrice jihadista, che la Polizia postale e delle comunicazioni deve inviare al Comitato medesimo al termine di ogni semestre a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Le amministrazioni pubbliche interessate svolgono le attività previste dal presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.

Art. 6.
(Relazioni sui fenomeni della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista).

1. Il Comitato presenta alle Camere una relazione annuale con cui riferisce sull'attività svolta e formula proposte o segnalazioni su questioni di propria competenza.
2. Il Comitato può altresì trasmettere alle Camere, nel corso dell'anno, informative o relazioni urgenti.
3. Entro il mese di febbraio di ogni anno il Governo trasmette alle Camere e al Comitato una relazione, riferita all'anno precedente, sulle politiche attuate in materia di prevenzione e contrasto dei fenomeni della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista, nonché sui risultati ottenuti.

Art. 7.
(Formazione specialistica).

1. Le attività di formazione, anche per la conoscenza delle lingue straniere, del personale delle Forze di polizia, delle Forze armate, dell'amministrazione penitenziaria, del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale e dei garanti territoriali, dei docenti e dirigenti delle scuole di ogni ordine e grado, delle università, degli operatori dei servizi sociali e socio-sanitari e del personale dei corpi di polizia locale possono prevedere, secondo modalità individuate dai rispettivi Ministeri e amministrazioni locali, in coerenza con il Piano strategico nazionale di cui all'articolo 2, programmi e corsi specialistici, diretti a fornire elementi di conoscenza anche in materia di dialogo interculturale e interreligioso al fine di prevenire fenomeni di radicalizzazione ed estremismo violento di matrice jihadista.
2. Per le attività di formazione specialistica del personale delle Forze di polizia, di cui al comma 1, è autorizzata la spesa di 1 milione di euro a decorrere dall'anno 2018, a favore del Ministero dell'interno. Agli oneri di cui al presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

Art. 8.
(Interventi preventivi in ambito scolastico).

1. L'Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e per l'intercultura, di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 718 del 5 settembre 2014, elabora, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, linee guida sul dialogo interculturale e interreligioso, finalizzate a promuovere la conoscenza approfondita della Costituzione, con particolare riferimento ai princìpi fondamentali e ai diritti e doveri dei cittadini, a promuovere la cultura della tolleranza e del pluralismo e il principio supremo della laicità dello Stato nonché a prevenire episodi di radicalizzazione in ambito scolastico. L'Osservatorio elabora le predette linee guida e definisce le azioni conseguenti in conformità al Piano strategico nazionale di cui all'articolo 2.
2. Le linee guida di cui al comma 1 sono adottate con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e sono comunicate agli uffici scolastici regionali e alle istituzioni scolastiche. Esse sono periodicamente aggiornate, anche sulla base delle risultanze delle attività svolte ai sensi del comma 3.
3. L'Osservatorio nazionale di cui al comma 1, svolge, con cadenza annuale, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un monitoraggio sulle iniziative avviate dalle istituzioni scolastiche.
4. Le reti tra istituzioni scolastiche, di cui all'articolo 1, comma 70, della legge 13 luglio 2015, n. 107, possono stipulare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, convenzioni con università, istituzioni, enti, associazioni o agenzie operanti sul territorio, per lo sviluppo di iniziative secondo linee guida definite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
5. A decorrere dall'anno scolastico 2018/2019, il Piano nazionale di formazione dei docenti di cui all'articolo 1, comma 124, della legge 13 luglio 2015, n. 107, prevede anche l'attività di formazione e di aggiornamento dei docenti e dei dirigenti delle istituzioni scolastiche statali e paritarie volta ad aumentare le conoscenze e le competenze di cittadinanza globale per l'integrazione scolastica e la didattica interculturale.
6. Con accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono individuate le modalità per l'attuazione di misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista nell'istruzione e formazione professionale.

Art. 9.
(Progetti di formazione universitaria e post-universitaria per la formazione di figure professionali specializzate).

1. Al fine di finanziare progetti per la formazione universitaria e post-universitaria di figure professionali specializzate nella prevenzione e nel contrasto della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista, nel dialogo interreligioso, nelle relazioni interculturali ed economiche e nello sviluppo dei Paesi di emigrazione, previsti e organizzati da accordi di cooperazione tra università italiane e quelle di Stati aderenti all'organizzazione della cooperazione islamica, con i quali l'Italia ha stipulato accordi di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica, è autorizzata la spesa di 2,5 milioni di euro per l'anno 2018 e di 5 milioni di euro per l'anno 2019, a favore del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Agli oneri di cui al presente articolo, pari a 2,5 milioni di euro per l'anno 2018 e a 5 milioni di euro per l'anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

Art. 10.
(Attività di comunicazione e informazione).

1. Al fine di favorire l'integrazione e il dialogo interculturale e interreligioso, nonché di contrastare la radicalizzazione e la diffusione dell'estremismo violento di matrice jihadista, il Piano strategico nazionale di cui all'articolo 2 può prevedere progetti per lo sviluppo di campagne informative, attraverso piattaforme multimediali che utilizzino anche lingue straniere nonché l'eventuale adesione ad analoghe campagne promosse dalle istituzioni internazionali di cui l'Italia fa parte.
2. Per le medesime finalità di cui al comma 1, la società RAI-Radiotelevisione italiana Spa, in qualità di concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, realizza una specifica piattaforma multimediale per la messa in onda di prodotti informativi e formativi in lingua italiana e araba, con modalità da definire sotto il profilo operativo nel contratto di servizio e nel limite delle risorse disponibili.
3. Per le medesime finalità di cui al comma 1, il Piano strategico nazionale di cui all'articolo 2 può promuovere attività di comunicazione svolte in collaborazione tra soggetti pubblici e privati nonché in sinergia tra i media nazionali, volte, in particolare, a diffondere la cultura del pluralismo e il dialogo interreligioso e interculturale, a promuovere il principio dell'eguaglianza di genere e il contrasto delle discriminazioni di origine religiosa, tra cui l'islamofobia, in coerenza con quanto già previsto dal decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205.

Art. 11.
(Piano nazionale per la deradicalizzazione e il recupero di soggetti italiani o stranieri detenuti).

1. Il Ministro della giustizia, con proprio decreto, da emanare con cadenza annuale entro il 1° dicembre di ogni anno, e per il primo anno entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentiti il CRAD e il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, previo parere espresso da parte delle competenti Commissioni parlamentari, adotta un piano nazionale per garantire ai soggetti italiani o stranieri detenuti un trattamento penitenziario che, ai sensi degli articoli 1 e 13 della legge 26 luglio 1975, n. 354, promuova la loro deradicalizzazione e il loro recupero, in coerenza con il Piano strategico nazionale di cui all'articolo 2 della presente legge.
2. Entro il 30 settembre di ogni anno il Ministro della giustizia presenta alle Camere una relazione sullo stato di attuazione del piano di cui al comma 1.
3. Con il decreto di cui al comma 1 del presente articolo, ai fini del reinserimento sociale dei soggetti di cui al medesimo comma 1 e della predisposizione di strumenti più efficaci di prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista, sono individuati i criteri per l'ammissione negli istituti penitenziari dei soggetti di cui all'articolo 17, secondo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, in possesso di specifiche conoscenze delle culture e delle pratiche religiose nonché dei fenomeni di proselitismo, radicalizzazione e potenziale deriva terroristica.

Art. 12.
(Clausola di invarianza finanziaria).

1. Dall'attuazione della presente legge, ad eccezione delle disposizioni di cui agli articoli 2, 7 e 9, non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

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