PDL 2369

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2369

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
ZIELLO, BELLACHIOMA, BIANCHI, BILLI, BISA, BITONCI, BONIARDI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, DARA, DI MURO, DONINA, DURIGON, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FURGIUELE, GERARDI, GOLINELLI, GRIMOLDI, LEGNAIOLI, LOLINI, PRETTO, RACCHELLA, RIBOLLA, SUTTO, VALBUSA, ZICCHIERI, ZOFFILI

Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035, in materia di assegnazione in locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e di cause di decadenza

Presentata il 5 febbraio 2020

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Onorevoli Colleghi! – Se è vero che il fenomeno migratorio è ovunque accompagnato da incertezze sulla equa distribuzione dei servizi tra immigrati e popolazione locale, lo è altrettanto nel nostro Paese.
Uno dei problemi più sentiti riguarda l'assegnazione delle case popolari, sia per l'elevato impatto sociale di questo tema a livello locale, sia perché il patrimonio immobiliare pubblico del nostro Paese non è quantitativamente adeguato all'elevato fabbisogno abitativo.
Nelle città medio-grandi e nelle città metropolitane la presenza degli stranieri nelle case popolari si concentra in alcuni fabbricati ubicati principalmente in aree periferiche, dando luogo, molto spesso, a contenziosi condominiali legati anche alla convivenza forzata tra culture diverse. La presenza degli immigrati nelle case popolari spesso penalizza le fasce più povere della popolazione italiana, determinando il formarsi di elevate concentrazioni di stranieri in alcuni condomìni, fino a dar vita anche ad interi quartieri dove è alta la percentuale di persone provenienti da altri Paesi e dove la convivenza diventa sempre più difficile.
In molte regioni e comuni si sono introdotti nuovi requisiti, nell'ambito dei criteri di assegnazione degli alloggi, proprio per riequilibrare i meccanismi di accesso all'edilizia residenziale pubblica.
Si tenga conto che a Milano, ad esempio, nel 2012, su 1.190 case popolari, quasi la metà, ovvero 455, sono state assegnate a cittadini stranieri. Stessa situazione l'anno dopo, nel 2013, quando ai cittadini extracomunitari fu destinato oltre il 40 per cento delle 800 case popolari assegnate dal comune. Un dato sproporzionato, visto che, all'epoca, la popolazione straniera, in una città di quasi un milione e mezzo di abitanti, era di circa 250.000 persone. Per questo, nel 2015, la giunta regionale guidata da Roberto Maroni propose di innalzare a dieci gli anni di residenza nel territorio della regione Lombardia necessari per l'assegnazione delle case popolari; il requisito poi fu abbassato a cinque anni nella legge di riforma dell'erogazione del servizio abitativo, approvata nel 2015 dalla regione. Ora, secondo gli ultimi dati diffusi dall'Azienda lombarda edilizia residenziale (ALER), gli inquilini stranieri delle case popolari di Milano sono il 34 per cento.
A Bologna, come riporta Il Resto del Carlino, nel 2014 il 51 per cento degli alloggi dell'Azienda casa Emilia-Romagna (ACER) è stato assegnato a cittadini stranieri. Infatti, più della metà degli appartamenti assegnati dall'ACER, 169 su 330, è stata destinata ad extracomunitari. Gli stranieri risultano primi anche quanto a numero di domande per gli alloggi di edilizia popolare: come riporta sempre Il Resto del Carlino, citando i dati dell'ACER, nel 2014 sono state presentate 3.686 richieste da parte di cittadini stranieri non appartenenti ai Paesi dell'Unione europea e 3.189 richieste da parte di cittadini italiani.
E a Torino, nel luglio 2016 La Repubblica riportava come in dieci anni il numero di case popolari assegnate agli extracomunitari fosse triplicato. Nel 2004, infatti, secondo i dati citati dal quotidiano, le case assegnate agli stranieri furono 64 su 646, mentre nel 2014 sono state il 40 per cento. Anche qui, a pesare, sono i requisiti per la formazione della graduatoria: hanno priorità, infatti, le famiglie con più figli, che oggi sono per la maggior parte straniere. I numeri delle assegnazioni di conseguenza risultano sproporzionati rispetto alla percentuale della popolazione straniera presente in città, che pesa per il 14-15 per cento e vede assegnarsi il 40 per cento degli alloggi.
Anche a Firenze la situazione non è molto diversa. Gli stranieri che presentano domanda per ottenere un alloggio popolare nel capoluogo toscano sono circa il 43 per cento, con una percentuale di assegnazione di circa il 10 per cento.
Questa fotografia, che riporta a titolo esemplificativo i dati riferiti ad alcune grandi città, può rendere l'idea di come la predominanza di abitazioni assegnate a persone provenienti da altri Paesi, spesso non appartenenti all'Unione europea, stia diventando un fenomeno oggettivamente diffuso, che scatena risentimenti nella popolazione residente da tempo nel territorio nazionale. Questa situazione, particolarmente accentuata negli ultimi anni, caratterizzati da forti flussi migratori, rischia fortemente di compromettere il processo di integrazione tra i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti nel nostro territorio, che lavorano e osservano le leggi nazionali, e quelli italiani, nel rispetto reciproco tra culture diverse. È corretto quindi mettere stranieri ed italiani sullo stesso piano nell'accesso alle case popolari.
Per evitare che regolamenti regionali e ordinanze comunali possano trovare applicazioni diverse e difformi nel territorio nazionale, la presente proposta di legge modifica il decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035, affinché tutti i cittadini, italiani e stranieri, osservino le stesse regole.
Si vuole cogliere questa esigenza introducendo a livello nazionale, per dare uniformità alle normative locali, il divieto di avere proprietà immobiliari in altri Stati e l'obbligo del possesso della residenza per almeno dieci anni nel territorio regionale quali elementi determinanti ai fini dell'aggiudicazione dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica. In particolare, al requisito della residenza è attribuita una priorità ai fini dell'assegnazione, per sottolineare che coloro i quali da anni vivono e lavorano in un determinato territorio devono poter usufruire per primi anche delle agevolazioni disciplinate e consentite per legge.
Naturalmente, affinché tali norme siano efficaci è indispensabile il controllo delle dichiarazioni degli aspiranti locatari.
Inoltre, la presente proposta di legge prevede la decadenza dall'assegnazione dell'alloggio qualora gli assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica:
risultino condannati con sentenza definitiva per i reati di grave allarme sociale previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale (tra cui associazione di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico di droga e al contrabbando di tabacchi, terrorismo, strage, omicidio, rapina aggravata);
siano condannati per uno dei reati che comportano il diniego della protezione internazionale e ricorrano i presupposti di pericolosità che legittimano il ricorso alla misura del trattenimento;
siano stati colti in flagranza di reato per uno dei predetti reati.
La decadenza opera anche in caso di condanna di chi a qualunque titolo coabita con l'assegnatario dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica.
Le norme della presente proposta nascono dall'esigenza di evitare l'insorgere di malumori e di tensioni sociali, originati spesso da situazioni di estrema indigenza, dove famiglie italiane poverissime si vedono scavalcate dagli stranieri nelle graduatorie per l'assegnazione delle case popolari. Gli stranieri sono infatti spesso ai primi posti di tali elenchi e dichiarando redditi molto inferiori o addirittura assenti, con nuclei familiari numerosi, cosicché usufruiscono di servizi e «agevolazioni» economiche e patrimoniali a discapito di famiglie italiane che versano comunque in situazioni di estrema indigenza.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035)

1. Al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2:

1) al primo comma, dopo la lettera c) è inserita la seguente:

«c-bis) chi non sia titolare del diritto di proprietà, di usufrutto, di uso o di abitazione su un immobile a uso residenziale in Italia o in uno stato estero. Tale requisito è riferito a tutti i componenti del nucleo familiare»;

2) dopo il primo comma è inserito il seguente:

«Ai fini dell'applicazione del requisito di cui alla lettera b) del primo comma, le regioni prevedono, quale condizione per la partecipazione ai bandi per l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, il requisito della residenza per almeno dieci anni nel territorio regionale. È rimessa alle regioni la specificazione del requisito della continuità residenziale ai fini della determinazione delle condizioni per la partecipazione ai bandi»;

b) all'articolo 7 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Le regioni devono prevedere criteri di assegnazione dei punteggi in forma progressiva sulla base del numero di anni di residenza del richiedente nel territorio regionale»;

c) dopo l'articolo 26 è aggiunto il seguente:

«Art. 26-bis. – 1. Gli assegnatari degli alloggi di edilizia residenziale pubblica decadono dall'assegnazione dell'alloggio qualora essi stessi, o chi con essi coabita a qualunque titolo:

a) siano condannati con sentenza passata in giudicato per alcuno dei reati previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri 2), 6) e 7-bis), del codice di procedura penale;

b) siano condannati con sentenza passata in giudicato per alcuno dei reati di cui agli articoli 12, comma 1, lettera c), e 16, comma 1, lettera d-bis), del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, e ricorrano le condizioni di cui all'articolo 6, comma 2, lettere a), b) e c), del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142;

c) siano colti in flagranza di reato per alcuno dei reati di cui alle lettere a) e b)».

Art. 2.
(Adeguamento delle norme delle regioni)

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano le proprie leggi e i propri regolamenti alle disposizioni di cui alla presente legge entro novanta giorni dalla data della sua entrata in vigore.

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