PDL 2361

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2361

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
FERRO, MONTARULI, RIZZETTO, GALANTINO, OSNATO, LUCASELLI, MANTOVANI, BELLUCCI, VARCHI, ROTELLI, BUTTI, CIABURRO

Modifiche all'articolo 12 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, in materia di compensazione dei crediti maturati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione

Presentata il 31 gennaio 2020

torna su

Onorevoli Colleghi! – Il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, ha previsto, per il solo anno 2014, a favore delle imprese titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, per somministrazione, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della pubblica amministrazione, la possibilità di utilizzare in compensazione tali crediti per il pagamento di cartelle esattoriali (articolo 12, comma 7-bis).
I crediti in oggetto devono essere debitamente certificati (decreti del Ministro dell'economia e delle finanze 22 maggio 2012 e 25 giugno 2012 pubblicati, rispettivamente, nella Gazzetta Ufficiale n. 143 del 21 giugno 2012 e nella Gazzetta Ufficiale n. 152 del 2 luglio 2012) e, inoltre, è necessario che la somma iscritta a ruolo sia inferiore o pari al credito vantato nei confronti della pubblica amministrazione.
L'applicabilità di tale normativa è stata estesa al 2015 dall'articolo 1, comma 19, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014), al 2016 dall'articolo 1, comma 129, della legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015), al 2017 dall'articolo 9-quater del decreto-legge n. 50 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2017, al 2018, con riferimento ai carichi affidati entro il 31 dicembre 2017, dall'articolo 12-bis del decreto-legge n. 87 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2018. Come chiarito dall'Agenzia delle entrate-riscossione, diversamente dalle precedenti norme di estensione temporale della compensazione di cui al richiamato articolo 12, comma 7-bis, quella prevista dall'articolo 12-bis del decreto-legge n. 87 del 2018 è stata immediatamente operativa, in quanto non ha rinviato a un decreto ministeriale di attuazione, prevedendo che l'istituto si applicasse con le modalità indicate nel decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 24 settembre 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 236 del 10 ottobre 2014.
Da ultimo, l'articolo 37, comma 1-bis, del decreto-legge n. 124 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 157 del 2019, ha esteso al 2019 e al 2020 l'applicazione delle disposizioni in materia di compensazione, con riferimento ai carichi affidati agli agenti della riscossione entro il 31 ottobre 2019, rinviando anch'esso al decreto ministeriale 24 settembre 2014.
Dal punto di vista applicativo, il citato decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 24 settembre 2014 reca le modalità di individuazione degli aventi diritto, nonché di trasmissione dei relativi elenchi all'agente della riscossione.
Con il successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 13 luglio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 176 del 31 luglio 2015, sono state definite le modalità di compensazione, per l'anno 2015, delle cartelle esattoriali in favore di imprese e professionisti titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, nei confronti della pubblica amministrazione. Il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 27 giugno 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 161 del 12 luglio 2016, ha riproposto la disciplina secondaria degli anni precedenti anche per le compensazioni relative all'anno 2016, così come ha fatto il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 9 agosto 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 194 del 21 agosto 2017, con riferimento all'anno 2017.
Per eseguire la compensazione è necessario che il credito vantato nei confronti della pubblica amministrazione sia certificato dall'amministrazione interessata, cioè quella a favore della quale sono stati effettuati i lavori (somministrazione, forniture, appalti e servizi, anche professionali).
Ottenuta la certificazione, si deve presentare all'Agenzia delle entrate-riscossione l'istanza di compensazione, che può essere effettuata tra:
crediti certificati non prescritti, certi, liquidi ed esigibili vantati verso lo Stato, le regioni e le province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale;
debiti tributari, previdenziali e assistenziali, riferiti ai carichi affidati agli agenti della riscossione entro il 31 dicembre 2017;
carichi compresi nei piani di definizione agevolata di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 119 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136 del 2018 (cosiddetta «rottamazione-ter»);
carichi compresi nei piani di cui all'articolo 1, commi da 184 a 198, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (cosiddetto «saldo e stralcio»).
L'Agenzia delle entrate-riscossione verifica la conformità della certificazione e, in caso di esito positivo, procede alla compensazione e al rilascio dell'attestazione di pagamento.
Nella prassi, però, tali modalità operative portano all'assurda situazione per cui il credito di una società, non in regola con le imposte o con i contributi previdenziali, non viene mai soddisfatto dalla pubblica amministrazione proprio perché essa è tenuta per legge a verificarne preventivamente la regolarità ai sensi dell'articolo 48-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, secondo cui «le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a cinquemila euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempiente all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all'agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell'esercizio dell'attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo».
Con l'entrata in vigore del codice della crisi di impresa e dell'insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, inoltre, la pubblica amministrazione è diventata soggetto attivo nella segnalazione dei mancati pagamenti di imposte da parte delle società, con il rischio di generare un pericoloso fenomeno di «arrotolamento», secondo cui una società che non incassa il credito ad essa spettante da parte della pubblica amministrazione potrebbe non avere la liquidità sufficiente per pagare le imposte e sarà segnalata all'organismo di composizione della crisi d'impresa quale soggetto potenzialmente in crisi e «fallibile».
In sintesi, si determina una situazione in cui lo Stato non paga le fatture, le aziende si indebitano e il rischio di fallimento è costante.
Sono storie ordinarie di paradossi che sembrano osteggiare l'attività imprenditoriale anziché favorirla e che accomunano tutte le società private che svolgono un servizio pubblico (la raccolta dei rifiuti, l'erogazione dell'acqua) o che hanno vinto appalti indetti dalla pubblica amministrazione.
Spesso si tratta di commesse del valore di molti milioni di euro, in grado, anche da sole, di garantire l'attività di un'impresa, ma che rischiano di avere effetti devastanti quando i pagamenti tardano ad essere saldati. Questo ritardo, purtroppo, non è un evento raro: come dimostrano i dati dell'anno 2018, diffusi dal Ministero dell'economia e delle finanze, i tempi di liquidazione delle fatture da parte degli enti locali sono estremamente variabili e l'analisi a livello geografico mostra una situazione drammatica, con moltissimi casi limite, soprattutto nel Mezzogiorno. Il comune di Napoli, ad esempio, paga mediamente i propri fornitori con 320 giorni di ritardo (indicatore di tempestività dei pagamenti riferito al 2018), l'azienda sanitaria locale Napoli 1 paga con 167 giorni di ritardo (dato riferito al primo trimestre del 2019) e l'azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria paga con 163 giorni di ritardo (dato medio del 2018).
La pubblica amministrazione italiana continua a liquidare le fatture dei creditori – privati cittadini, professionisti e imprese – in tempi non comparabili con quelli degli altri Paesi europei e ciò si ripercuote negativamente soprattutto sulle piccole e medie imprese, costrette ad accettare termini di pagamento troppo dilazionati e spesso imposti dalle imprese più grandi. Il dato del 2018 ci colloca al terzultimo posto in Europa, dopo la Grecia (115 giorni) e il Portogallo (75 giorni).
In ballo non c'è solo l'efficienza dello Stato: lo stock di debito resta enorme, lo Stato deve alle imprese 53 miliardi di euro e questo ritardo sistematico è costato loro ben 3,7 miliardi di euro, una cifra generata dagli interessi passivi dovuti per anticipare il credito necessario a pagare i propri dipendenti e per onorare gli impegni presi.
Senza una riduzione dei tempi di pagamento, il debito commerciale accumulato dallo Stato non arriverà mai ai livelli europei e le imprese continueranno a pagare un costo improprio.
La conseguenza è che poi diventa arduo, da un lato, rimanere sul mercato continuando a erogare i servizi promessi e, da un altro lato, versare le tasse all'erario. Basti pensare che negli anni della crisi sono fallite 100.000 imprese a causa dei ritardi di pagamento della pubblica amministrazione.
L'incapacità dello Stato di onorare i propri debiti condanna all'estinzione il tessuto sano dell'imprenditoria italiana: tra i fallimenti verificatisi nel 2018, uno su quattro è stato determinato dai mancati pagamenti della pubblica amministrazione.
Per porre un rimedio a questo paradosso è stato introdotto, appunto, il meccanismo di compensazione dei tributi, ma il primo problema è che la procedura non è automatica: ogni anno, infatti, spetta al Governo prorogarla attraverso un apposito decreto (in base alle disponibilità finanziarie correnti).
Il secondo problema è che le società possono ricorrervi solo quando sono già in ritardo con il pagamento delle imposte, cioè quando hanno già ricevuto le temute cartelle esattoriali. Così, alle somme già dovute al fisco si aggiungono sanzioni e interessi che ammontano a una media del 40 per cento.
Tutte le imprese che hanno rapporti con la pubblica amministrazione denunciano il problema, anche perché le conseguenze sono pesanti: purtroppo può accadere, ed è accaduto, che un'impresa fallisca per eccesso di crediti vantati. Un paradosso, questo, che diventa insostenibile per le imprese italiane, soprattutto al sud, già costrette a lavorare in un contesto di estremo ritardo socio-economico.
Non è accettabile, in uno Stato di diritto, che le imprese fornitrici della pubblica amministrazione falliscano per colpa di uno Stato approfittatore, che gioca ad armi impari.
Con la presente proposta di legge si intende, pertanto, apportare un correttivo a tale iniqua situazione rendendo il meccanismo della compensazione strutturale, senza dover ricorrere ogni anno a una proroga che, se dovesse tardare ad arrivare, costringerebbe le imprese a ricorrere alla rateizzazione del debito.
Si ritiene inoltre necessario, perché rispondente a un principio di equità, anticipare la possibilità di compensazione dei debiti e dei crediti nei confronti della pubblica amministrazione alla fase precedente all'iscrizione a ruolo, prima, cioè, che maturino sanzioni e interessi nei confronti delle imprese.

torna su

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Al comma 7-bis dell'articolo 12 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole «, nell'anno 2014,» sono soppresse;

b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le disposizioni del presente comma si applicano in fase di liquidazione dell'imposta dovuta in base alla dichiarazione dei redditi».

torna su