PDL 2343

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2343

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa della deputata CARFAGNA

Modifiche agli articoli 71 e 73 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per agevolare l'espressione della doppia preferenza per candidati di sesso diverso nell'elezione dei consigli comunali

Presentata il 20 gennaio 2020

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Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge ha l'obiettivo di rafforzare il sistema della doppia preferenza di genere nelle elezioni comunali.
Com'è noto, il voto con doppia preferenza di genere è un meccanismo previsto dalla legge 23 novembre 2012, n. 215, che ha introdotto varie disposizioni volte a promuovere il riequilibrio di genere delle rappresentanze nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali.
Per l'elezione dei consigli comunali, nei comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti la legge prevede una duplice misura volta ad assicurare il riequilibrio di genere:

1) la cosiddetta «quota di lista»: nelle liste dei candidati nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi (con arrotondamento all'unità superiore per il genere meno rappresentato qualora il numero dei relativi candidati contenga una cifra decimale inferiore a 50 centesimi);

2) la cosiddetta «doppia preferenza di genere», che consente all'elettore di esprimere due preferenze (anziché una, come previsto dalla normativa previgente) purché riguardanti candidati di sesso diverso, pena l'annullamento della seconda preferenza.

La legge n. 215 del 2012 nasceva da un'iniziativa del Governo Berlusconi, depositata nel giugno 2011 (atto Camera n. 4415 della XVI legislatura), che aveva il fine di colmare il divario esistente tra uomini e donne nella rappresentanza politica in seno agli organi rappresentativi degli enti territoriali. Il modello era quello seguito per la prima volta alle elezioni regionali della Campania nel 2010, che aveva riscosso un moderato successo, avendo determinato un aumento del numero dei consiglieri regionali donna dal 13 al 26 per cento.
Infatti, sebbene l'articolo 51 della Costituzione già allora riconoscesse a tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso il diritto di accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza e prevedesse che la Repubblica promuova con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini, le donne non erano entrate a fare parte delle istituzioni rappresentative in misura consistente.
Storicamente, in Italia la partecipazione delle donne in politica è sempre stata scarsa: per esempio, ancora otto anni fa, nel 2012, occupavano in media solo due posti su dieci nei consigli comunali. Dopo vari tentativi per incoraggiare la partecipazione femminile in politica, nel 2013 appunto si è offerta la possibilità agli elettori di indicare due preferenze per l'elezione dei consiglieri comunali, a condizione che la scelta ricada su due candidati di genere diverso.
Ciononostante, i dati disponibili suggeriscono che solo una minoranza di votanti fa uso del secondo voto. Uno studio pubblicato di recente su LaVoce.info (da parte di Manuel F. Bagues, Carolina Kansikas e Carolina Profeta) confronta l'uso del voto di preferenza nei comuni con appena più di 5.000 abitanti (massimo due voti di preferenza) con quello nei comuni appena al di sotto di tale soglia, dove si può esprimere un solo voto di preferenza. Il numero medio di voti di preferenza per votante nei comuni sopra la soglia è 0,9, mentre in quelli sotto la soglia solo sette votanti su dieci esprimono una preferenza. Se il numero di voti con una singola preferenza è rimasto stabile, un incremento dello 0,2 delle preferenze per votante significa che solo un quinto dei votanti ha utilizzato la seconda preferenza: in termini percentuali, significa che solo il 20 per cento circa dei votanti usa il secondo voto.
Non sono solo i votanti dei piccoli comuni che rinunciano al secondo voto. L'analisi dei dati relativi ai 36 principali capoluoghi italiani mostra che il numero di voti di preferenza per votante è salito da 0,58 a 0,77, confermando che solo una frazione degli elettori li utilizza entrambi.
Per comprendere meglio l'uso dei voti di preferenza, dopo le elezioni del 10 giugno 2018 è stata effettuata un'indagine (Nudging voters to choose women. Evidence from Italy, di Carolina Kansikas) che ha interessato 98 comuni con più di 5.000 abitanti. Dei 702 partecipanti, solo il 22 per cento ha utilizzato due preferenze, mentre il 50 per cento ne ha utilizzata soltanto una.
Lo scarso uso del secondo voto non sembra essere legato a questioni ideologiche: il 70 per cento dei partecipanti all'indagine dichiara di pensare che la parità di genere in consiglio sia importante o molto importante. Il motivo principale per cui non lo si usa è che gran parte degli elettori non sa di avere questa possibilità. Infatti, il 49 per cento dei partecipanti all'indagine pensa che si possa indicare una sola preferenza nel proprio comune.
Una delle possibili cause della confusione può essere la configurazione della scheda elettorale, che non è quasi cambiata rispetto a quella che si utilizzava prima del 2013. Nella maggior parte dei comuni, l'unica differenza tra la vecchia e la nuova scheda elettorale è stata l'inclusione di una seconda riga. Non sorprende quindi che molti votanti siano ancora confusi.
La presente proposta di legge prova a cogliere lo spunto interessante che scaturisce dallo studio effettuato: un modo semplice e potenzialmente efficace per far conoscere la possibilità di usare il secondo voto di preferenza potrebbe essere infatti quello di cambiare la configurazione della scheda elettorale.
Per queste ragioni, la proposta di legge prevede che all'interno della scheda elettorale siano aggiunte delle istruzioni sul metodo di voto – come si fa in altri Paesi (ad esempio, in Spagna) –, disponendo in particolare che in essa sia riportata, attraverso uno specifico riferimento, la seguente dicitura: «Nel caso di espressione di due preferenze, esse devono riguardare candidati di sesso diverso della stessa lista, pena l'annullamento della seconda preferenza».
Sebbene siano pochi, gli utilizzatori di entrambi i voti di preferenza hanno inciso molto sulla composizione di genere dei consigli. Nei comuni dove la nuova disciplina è stata introdotta, la rappresentanza femminile nei consigli è arrivata a una media del 36 per cento. Nei comuni con meno di 5.000 abitanti, dove i votanti hanno solo un voto di preferenza, la quota è rimasta al 29 per cento. Un incremento sostanziale, ma ancora lontano dalla parità che si otterrebbe se tutti i votanti utilizzassero i due voti di preferenza. La presente proposta di legge potrebbe quindi raggiungere l'obiettivo di favorire concretamente una più equilibrata composizione di genere dei consigli comunali, rendendo pienamente efficaci le disposizioni introdotte dalla legge n. 215 del 2012, che già molto hanno fatto, ma che, potenzialmente, potrebbero incidere ancora di più, e portare ulteriori miglioramenti in termini di rappresentanza delle donne nei consigli, ma anche di rappresentatività del voto espresso.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 71, comma 5, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nella scheda è riportata per esteso, attraverso uno specifico riferimento, la disposizione di cui al periodo precedente»;

b) all'articolo 73, comma 3, dopo il terzo periodo è inserito il seguente: «Nella scheda è riportata per esteso, attraverso uno specifico riferimento, la disposizione di cui al periodo precedente».

Art. 2.

1. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, con decreto del Ministero dell'interno, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono determinati i nuovi modelli delle schede elettorali per le elezioni comunali.

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