PDL 2327

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2327

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
LEPRI, MARTINA, ORLANDO, SERRACCHIANI, GRIBAUDO, CARLA CANTONE, CIAMPI, FASSINO, GAVINO MANCA, MURA, PEZZOPANE, SOVERINI, ZAN

Disposizioni per redistribuire il lavoro

Presentata l'8 gennaio 2020

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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge ha la finalità di ampliare il numero dei lavoratori a tempo indeterminato attraverso forme di redistribuzione delle ore di lavoro.
Quest'obiettivo non certo nuovo – basti ricordare lo slogan «lavorare meno, lavorare tutti» – viene riproposto tenendo conto dell'esigenza di ridurre le diseguaglianze nel mercato del lavoro, di garantire il mantenimento della competitività e di rispondere alle crescenti attese di vita buona.
Le numerose proposte in materia si sono finora arenate soprattutto perché è prevalsa la convinzione secondo la quale è preferibile una politica economica espansiva, orientata ad aumentare il numero complessivo dei lavoratori e delle ore lavorate. Tale prospettiva, pur condivisibile, non può però essere la sola, perché una strategia volta anche alla redistribuzione delle ore lavorate, se ben calibrata, non è in contraddizione, ma potrebbe invece rivelarsi il suo opportuno complemento. La presente proposta di legge non esprime, pertanto, il desiderio di una «decrescita felice», bensì è coerente con una politica orientata allo sviluppo economico, ma nell'ambito di una visione tesa a una maggiore equità.
Sono inoltre escluse soluzioni inefficaci, come quelle sperimentate in Francia: la legge sulle trentacinque ore settimanali a parità di salario fu infatti modificata dopo pochi anni, in quanto stava determinando un eccessivo aumento del costo orario del lavoro e quindi riducendo la competitività delle imprese. Vi sono, poi, numerosi studi ed esperienze che portano a ritenere come una riduzione obbligatoria dell'orario di lavoro per legge non determini automaticamente un effetto di sostituzione con persone disoccupate o lavoratori precari, poiché essi sconterebbero asimmetrie informative, limiti nelle attitudini professionali e nella disponibilità a una mobilità territoriale.
L'Italia non ha, dunque, sviluppato finora una vera politica per redistribuire le ore di lavoro.
Il lavoro part time non è mai decollato, soprattutto per l'assenza di veri vantaggi per le imprese e per i lavoratori. Oggi il lavoro a tempo parziale sembra una formula in crescita in Italia, ma è prevalentemente imposta al lavoratore e non da lui volontariamente scelta.
Il lavoro straordinario non è disincentivato, per cui il numero mensile pro capite di ore lavorate da chi lavora a tempo pieno risulta maggiore in Italia rispetto a quasi tutti gli altri Paesi europei. Inoltre, di norma, nel pubblico impiego si continua a lavorare a tempo pieno. Si prevedono, conseguentemente, quattro misure, contenute rispettivamente nei primi quattro articoli della presente proposta di legge.
Innanzitutto si prevede che il lavoro costi meno nel caso di un orario fino a trenta ore di lavoro settimanali, sia per i nuovi contratti a tempo indeterminato sia nel caso di passaggio dal tempo pieno al part time volontario. Sarà così preferibile per le imprese adottare o trasformare i contratti prevedendo un orario ridotto, senza peraltro impedire il tempo pieno. Agli articoli 1 e 2 è dunque previsto un abbattimento del cuneo fiscale limitatamente alle trenta ore settimanali, attraverso la diminuzione delle aliquote contributive, il cui valore viene trasferito, per un importo pari, ai datori di lavoro e ai lavoratori. Questi ultimi possono decidere se beneficiarne sul piano retributivo oppure in forma di versamenti contributivi. Nel caso di un nuovo rapporto di lavoro con orario settimanale superiore, l'abbattimento dell'aliquota contributiva riguarderebbe solo la parte relativa alle prime trenta ore di lavoro settimanali. Per fruire dei previsti vantaggi contributivi è anche prevista una soglia minima di ore, fissata in venti ore settimanali, al fine di evitare un'eccessiva parcellizzazione nell'uso della forza lavoro.
Le misure contenute negli articoli 1 e 2 riprendono e attualizzano indicazioni come quelle contenute nella risoluzione del Parlamento europeo del 18 settembre 1996 sulla riduzione e la riorganizzazione del tempo di lavoro, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee C 320 del 28 ottobre 1996 (relatore onorevole Michel Rocard). Con tale documento la Comunità europea si pronunciava a favore di una politica di riduzione dell'orario di lavoro, quale strumento indispensabile per combattere la disoccupazione, proprio attraverso la modulazione degli oneri sociali, sopra o sotto una soglia di ore di lavoro settimanali. Si tratterebbe, dunque, di incentivare le imprese e non vi sarebbe alcun obbligo o pressione. L'impresa che non modificasse né l'orario di lavoro né l'organico verserebbe, quindi, gli stessi oneri sociali già in vigore. L'incentivazione alle imprese, secondo la citata risoluzione, si sarebbe dovuta finanziare anche utilizzando le risorse stanziate per il sostegno alla disoccupazione. Nella presente proposta di legge la copertura finanziaria è, invece, assicurata attraverso il blocco delle misure di pensionamento anticipato (cosiddetta «quota cento»).
L'articolo 1, peraltro, non ha solo l'obiettivo di ampliare la base dei lavoratori, ma congiuntamente quello di incentivare il lavoro a tempo indeterminato, in coerenza con le proposte finalizzate a renderlo meno oneroso rispetto alle altre forme contrattuali.
Un ulteriore obiettivo, previsto dalle disposizioni di cui all'articolo 3, è quello di disincentivare il lavoro straordinario. Ci si ispira al modello tedesco, applicato con successo in questi anni, prevedendo che l'orario normale di lavoro sia fissato a trentotto ore e che non possano essere superate le dieci ore di lavoro al giorno e le quarantadue ore di media per ogni periodo di sette giorni, comprese le ore di lavoro straordinario. Tale media viene calcolata con riferimento a un periodo non superiore a sei mesi.
È quindi esteso l'istituto del riposo compensativo, prevedendo che il lavoro straordinario non sia di preferenza monetizzato ma dia luogo a recuperi di ore nei sei mesi successivi. Sul lavoro straordinario per il quale non viene utilizzato nel semestre il riposo compensativo è applicata una significativa maggiorazione contributiva. Si prevede che il maggior gettito derivante da tale maggiorazione contributiva finanzi i contratti di solidarietà sia espansivi che difensivi. Si chiarisce infine, senza ambiguità, l'inapplicabilità dell'imposta sostitutiva, prevista per i premi di produttività, alla retribuzione del lavoro straordinario.
Le misure contenute negli articoli 1, 2 e 3 sono evidentemente tra loro collegate e orientate non a obbligare, bensì a favorire l'impiego di un maggior numero di lavoratori. Gli eventuali maggiori oneri per le imprese – come il costo aggiuntivo per le procedure amministrative relative al maggior numero di occupati – sarebbero compensati con le previste riduzioni degli oneri previdenziali.
Per quanto riguarda, invece, i lavoratori già impiegati, essi potranno più facilmente ottenere il part time volontario. Si consideri che non pochi lavoratori desiderano oggi lavorare di meno, anche a parità di retribuzione oraria del lavoro. Tale desiderio sarebbe concretamente incentivato dagli sgravi previdenziali per i datori di lavoro, nonché dalla fruizione da parte del lavoratore della metà degli oneri fiscalizzati.
Con l'articolo 4 s'intende introdurre il principio secondo cui i contratti a tempo parziale debbano diventare la modalità ordinaria di assunzione all'interno della pubblica amministrazione. Nel pubblico impiego non si pone il problema della competizione globale, quindi si può ritenere che un orario ridotto progressivamente generalizzato possa allargare il numero di lavoratori e favorire incrementi di produttività, senza causare danni all'economia del Paese. Ciò a condizione che le pubbliche amministrazioni definiscano preventivamente e periodicamente il fabbisogno di nuovo personale calcolato in ore di lavoro, così da assicurare effettivamente un incremento della forza lavoro a parità di dotazioni economiche.
Si stabilisce, pertanto, che le nuove assunzioni nella pubblica amministrazione siano effettuate con contratti per un massimo di trenta ore settimanali, non aumentabili prima del decorso di dieci anni e a fronte di comprovate esigenze. Sono peraltro previsti regimi specifici, in particolari settori di attività, mansioni e professioni, sulla base di comprovate esigenze, da definire attraverso la contrattazione collettiva.
È poi prevista la possibilità di inserire, tra i criteri di valutazione degli affidamenti pubblici, un punteggio specifico laddove l'affidatario s'impegni a svolgere la commessa con personale assunto con un contratto di lavoro che preveda un orario non inferiore a venti né superiore a trenta ore settimanali. In questo modo si favorirebbe l'adozione di contratti a tempo parziale anche tra i fornitori delle pubbliche amministrazioni.
Il part time diventi prassi nel pubblico impiego; il lavoro costi di più oltre le trenta ore settimanali; si disincentivi il lavoro straordinario. In sintesi, la presente proposta di legge intende ridurre le diseguaglianze tra lavoratori, oggi misurabili nel diverso numero di ore lavoro settimanali loro richieste o nel diverso grado di stabilità del contratto di lavoro. L'obiettivo è, pertanto, quello di registrare, a parità di monte ore di lavoro complessivo in Italia, un maggior numero di lavoratori nonché un maggior numero di contratti con maggiori tutele, a tempo indeterminato o nel pubblico impiego.
Infine, ma non meno importante, c'è l'esigenza di conciliare i tempi di vita e di lavoro, di rispondere alle attese di un nuovo equilibrio tra impegno nell'economia formale e in quella informale, tra lavoro retribuito e azioni di reciprocità e di civismo: un nuovo equilibrio, dunque, più a misura d'uomo.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Riduzione degli oneri contributivi per i nuovi assunti, nel limite di trenta ore settimanali)

1. Ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, le aliquote di contribuzione al Fondo pensioni lavoratori dipendenti relative ai rapporti di lavoro a tempo indeterminato, pubblici e privati, instaurati dopo la data di entrata in vigore della presente legge sono ridotte nella misura di quattro punti percentuali.
2. La riduzione di cui al comma 1 si applica nel caso di un orario di lavoro non inferiore a venti ore e non superiore a trenta ore settimanali ovvero, nel caso di un orario di lavoro superiore, sulla quota di retribuzione corrispondente a trenta ore settimanali. Dalla riduzione sono esclusi il settore agricolo e i contratti di lavoro domestico.
3. L'importo della riduzione della contribuzione di cui al comma 1 è riconosciuto per metà al datore di lavoro e per metà al lavoratore, a titolo di elemento distinto della retribuzione. Il lavoratore decide se destinare tale importo alla retribuzione ovvero ai versamenti previdenziali.

Art. 2.
(Riduzione degli oneri contributivi per il lavoro a tempo parziale volontario, nel limite di trenta ore settimanali)

1. Ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, le aliquote di contribuzione al Fondo pensioni lavoratori dipendenti relative ai rapporti di lavoro a tempo indeterminato, pubblici e privati, per i quali è riconosciuto, dopo la data di entrata in vigore della presente legge, il passaggio dal tempo pieno al tempo parziale volontario sono ridotte nella misura di quattro punti percentuali.
2. La riduzione di cui al comma 1 si applica nel caso di un orario di lavoro non inferiore a venti ore e non superiore a trenta ore settimanali ovvero, nel caso di un orario di lavoro superiore, sulla quota di retribuzione corrispondente a trenta ore settimanali. Dalla riduzione sono esclusi il settore agricolo e i contratti di lavoro domestico.
3. L'importo della riduzione della contribuzione di cui al comma 1 è riconosciuto per metà al datore di lavoro e per metà al lavoratore, a titolo di elemento distinto della retribuzione. Il lavoratore decide se destinare tale importo alla retribuzione ovvero ai versamenti previdenziali.
4. La fruizione del beneficio di cui al presente articolo comporta il divieto della successiva trasformazione dei rapporti di lavoro di cui al comma 1 dal tempo parziale volontario al tempo pieno presso lo stesso datore di lavoro, ovvero presso società controllate o collegate, per un periodo non inferiore a cinque anni.

Art. 3.
(Limiti al lavoro straordinario)

1. Al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 3, comma 1, le parole: «è fissato in 40 ore settimanali» sono sostituite dalle seguenti: «è fissato in 38 ore settimanali»;

b) all'articolo 4:

1) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. La durata massima dell'orario di lavoro non può superare le dieci ore in una giornata o in un turno. Deve inoltre essere assicurato un periodo minimo di riposo giornaliero di undici ore ogni ventiquattro ore. La durata media dell'orario di lavoro non può superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantadue ore, comprese le ore di lavoro straordinario»;

2) al comma 3, le parole: «periodo non superiore a quattro mesi» sono sostituite dalle seguenti: «periodo non superiore a sei mesi»;

3) al comma 4, le parole: «fino a sei mesi ovvero» sono soppresse;

c) all'articolo 5:

1) al comma 5, il secondo periodo è soppresso;

2) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«5-bis. Le ore di lavoro straordinario che superano i limiti indicati al comma 1 dell'articolo 3 e ai commi 2 e 3 dell'articolo 4 sono fruite come riposo compensativo entro il periodo di calcolo semestrale oppure sono retribuite con un incremento del 50 per cento dell'aliquota ordinaria di contribuzione al Fondo pensioni lavoratori dipendenti a carico del datore di lavoro. I contratti collettivi definiscono le modalità con cui i lavoratori usufruiscono dei riposi compensativi».

2. Sono fatti salvi, fino alla loro scadenza, i contratti di lavoro nazionali, territoriali o aziendali che prevedono un orario normale di lavoro superiore al limite previsto dal comma 1 dell'articolo 3 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, come modificato dal presente articolo.
3. Il gettito contributivo derivante dall'attuazione delle disposizioni dell'articolo 5, comma 5-bis, del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, introdotto dal presente articolo, è destinato a incentivare l'applicazione di contratti di solidarietà espansivi e difensivi.
4. Alla retribuzione per lavoro straordinario si applica l'imposta ordinaria sui redditi e non si applica l'imposta sostitutiva di cui all'articolo 1, comma 182, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

Art. 4.
(Promozione dei contratti di lavoro a tempo parziale nella pubblica amministrazione)

1. I contratti di lavoro a tempo determinato o indeterminato stipulati dalla pubblica amministrazione a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge prevedono, sulla base del preventivo e periodico fabbisogno di nuovo personale calcolato in ore di lavoro, orari di lavoro non superiori a trenta ore settimanali.
2. Il numero di ore settimanali stabilito dai contratti di lavoro di cui al comma 1 non può essere aumentato prima del decorso di dieci anni dalla data di assunzione e a condizione che sussistano comprovate esigenze.
3. La contrattazione collettiva può stabilire regimi specifici di orario di lavoro in particolari settori di attività, mansioni e professioni, sulla base di comprovate esigenze.
4. All'articolo 95, comma 6, lettera c), del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, anche attraverso l'attribuzione di sistemi premiali nei criteri di aggiudicazione, qualora l'aggiudicatario impieghi, per la commessa acquisita, esclusivamente lavoratori con contratto a tempo indeterminato e con orari di lavoro non inferiori a venti ore e non superiori a trenta ore settimanali».

Art. 5.
(Copertura finanziaria)

1. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge, pari a 800 milioni di euro per l'anno 2021, a 1.600 milioni di euro per l'anno 2022, a 2.266 milioni di euro per l'anno 2023 e a 2.800 milioni di euro per l'anno 2024, si provvede mediante le risorse derivanti dalle disposizioni di cui al comma 2. L'Istituto nazionale della previdenza sociale provvede, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, al monitoraggio del numero di rapporti di lavoro attivati o trasformati ai sensi delle disposizioni di cui alla presente legge e delle conseguenti minori entrate contributive, inviando relazioni mensili al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze.
2. Il comma 10 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è sostituito dal seguente:

«10. In via sperimentale per l'anno 2020, gli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria e alle forme esclusive e sostitutive della medesima, gestite dall'INPS, nonché alla Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, possono conseguire il diritto alla pensione anticipata al raggiungimento di un'età anagrafica di almeno 62 anni e di un'anzianità contributiva minima di 38 anni, di seguito definita “pensione quota 100”. Al requisito di età anagrafica di cui al presente comma non si applicano gli adeguamenti agli incrementi della speranza di vita di cui all'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, né trovano applicazione i commi 12 e 13 del presente articolo».

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