PDL 2264

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2264

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
LOCATELLI, MOLINARI, TATEO, BISA, TURRI, BADOLE, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BITONCI, BONIARDI, BORDONALI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAVANDOLI, CECCHETTI, COMENCINI, COVOLO, DARA, DI MURO, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FOSCOLO, GASTALDI, GERARDI, GIACOMETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LOLINI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PATASSINI, PATELLI, PRETTO, RACCHELLA, RIBOLLA, SUTTO, TOMBOLATO, TONELLI, VALBUSA, VALLOTTO, ZICCHIERI, ZORDAN

Modifiche al codice civile e al codice penale in materia di tutela della famiglia e dei minori, alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di affidamento dei minori, e al regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, in materia di incompatibilità dei componenti privati del tribunale per i minorenni, nonché istituzione dell'Osservatorio nazionale sulle comunità di tipo familiare

Presentata il 21 novembre 2019

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Onorevoli Colleghi! – Mai più business sulla pelle dei bambini! Sono oramai davvero tante le inchieste giudiziarie per abusi ai danni di minori dati in affidamento.
Il sistema degli affidamenti dei minori necessita, quindi, di una riforma.
I gravi fatti di cronaca confermano l'esigenza di una revisione dell'attuale sistema senza arrivare al paradossale effetto di snaturare e depotenziare strumenti importanti per l'interesse del minore, interesse che è e deve rimanere il perno della nostra azione.
Sebbene previsto per sopperire alle situazioni in cui il minore si trovi temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, l'affidamento familiare inserisce il minore in una famiglia che deve assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui ha bisogno (articolo 2, comma 1, della legge n. 184 del 1983). Gli enti e le strutture giuridiche non sono in grado di assolvere questi compiti e soprattutto non sono in grado di garantire la cura affettiva che può essere prestata solo attraverso uno stabile rapporto personale. Di questa cura il minore ha un essenziale bisogno per la sua crescita armoniosa. Si ritiene, inoltre, che la concreta applicazione dell'istituto non sia adeguata rispetto a quanto è previsto dalle norme di diritto internazionale e interno dirette alla tutela dei minori. Ci si riferisce, in particolare, a quanto sancito dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 a New York e ratificata dall'Italia ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, che prescrive la protezione dell'unità familiare, imponendo, tra l'altro, agli Stati parti di rispettare il diritto del fanciullo separato dai propri genitori a intrattenere rapporti regolari e personali con essi, salvo che ciò non sia in contrasto con l'interesse preminente del fanciullo stesso.
La presente proposta di legge si prefigge, in attesa che la magistratura e l'inchiesta parlamentare completino le proprie rispettive attività di indagine, di mettere mano a una riforma organica della materia. Si tratta di una riforma volta a dare piena attuazione ai princìpi sanciti nella Carta costituzionale e nella Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo. Il diritto del minore a crescere nella propria famiglia d'origine deve recuperare la dovuta centralità. Le condizioni di indigenza non possono giustificare la sottrazione di un minore e il suo inserimento nel circuito degli affidamenti. Sebbene tale divieto sia già contemplato dalla legge n. 184 del 1983, nella prassi non sono infrequenti situazioni nelle quali, a fronte di una richiesta di aiuto per difficoltà economiche, le famiglie si sono viste togliere i figli dai servizi sociali. Questa è una delle tante – e oltremodo note – criticità del sistema vigente.
La presente proposta di legge ha lo scopo di intervenire per porre rimedio a tali gravi criticità, nella consapevolezza che l'affidamento familiare ha e deve conservare, come già ribadito, una presenza centrale nelle forme di intervento a favore dei minori, ma garantendone l'applicazione in modo conforme alla sua funzione. È pertanto opportuno che il minore sia dato in affidamento ai servizi sociali o ad altri enti solo nei casi di urgenza e comunque in via del tutto provvisoria.
Più nel dettaglio, passando alla descrizione dell'articolato, la proposta di legge si compone di sei articoli.
L'articolo 1 apporta una serie di modifiche alla legge n. 184 del 1983. La disposizione, intervenendo sull'articolo 2 della legge, prevede che, nel caso in cui non sia più possibile la permanenza del minore presso la famiglia d'origine, questi possa essere dato in affidamento prioritariamente a parenti entro il quarto grado o a un'altra famiglia, possibilmente con figli minori, o a una persona singola preferibilmente entro il quarto grado di parentela, o a una comunità di tipo familiare, al fine di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno.
L'articolo interviene, poi, sull'affidamento d'urgenza imponendo che esso sia disposto previa acquisizione del parere vincolante del pubblico ministero e confermato con decisione motivata. Infine, tenuto conto dell'importante ruolo che i servizi sociali locali svolgono nei procedimenti di affidamento dei minori, la proposta di legge impone che i compiti ad essi riconosciuti siano svolti in concreto da soggetti adeguatamente formati e con comprovata competenza.
Di indubbio rilievo sono, ancora, le modifiche apportate all'articolo 4 della legge n. 184 del 1983, volte, da un lato, ad assicurare che anche nell'affidamento familiare cosiddetto «consensuale», disposto dal servizio sociale previo consenso dei genitori, sia necessario che, nell'interesse del minore, siano specificati i compiti della struttura o dell'affidatario e quelli che spettano ai genitori e, dall'altro, a garantire il rispetto di un criterio di rotazione e di equa distribuzione nell'assegnazione agli avvocati degli incarichi di curatore speciale. All'articolo 4-bis si stabilisce che l'ascolto e la valutazione del minore, ai fini dell'eventuale affidamento familiare, devono essere effettuati in conformità a determinati criteri e princìpi, che sono stati individuati in base alle Linee guida per l'esame del minore approvate con la Carta di Noto IV del 14 ottobre 2017.
All'articolo 5-bis si istituisce, presso il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia, il Registro nazionale delle comunità di tipo familiare, degli istituti di assistenza pubblici e privati e delle famiglie affidatarie.
L'articolo 2 della proposta di legge apporta modifiche al codice civile. Si sostituisce l'articolo 354 in materia di «Esclusione dall'ufficio di tutore» e si prevede che i legali rappresentanti delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o privati nonché coloro che prestano, anche gratuitamente, la propria attività in favore delle comunità e degli istituti non possano esercitare la carica di tutore anche quando i minori non hanno nel luogo del loro domicilio parenti conosciuti o capaci di esercitare l'ufficio di tutore.
L'articolo 3 della proposta di legge interviene sul codice penale, introducendo una specifica aggravante nel caso di maltrattamenti ai danni di minori in affidamento familiare o collocati in comunità di tipo familiare e prevedendo nuove fattispecie di reato volte a punire non solo le false dichiarazioni, ma anche ogni altra forma di arbitrio da parte degli operatori dei servizi sociali, nei procedimenti per l'affidamento o l'adozione di minori.
Come ricordato, l'articolo 1 della legge n. 184 del 1983 prevede espressamente che le condizioni di indigenza dei genitori non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. Con il nuovo articolo 380-bis del codice penale si sanziona espressamente l'operatore dei servizi sociali che disponga l'affidamento del minore a fronte di situazioni di indigenza della famiglia d'origine.
Per superare le criticità del sistema degli affidamenti nelle comunità di tipo familiare e garantire una maggiore efficienza e trasparenza del sistema, l'articolo 4 della proposta di legge prevede l'istituzione di un Osservatorio ad hoc, chiamato a svolgere un importante ruolo di controllo e di promozione in materia di comunità di tipo familiare e di famiglie affidatarie. A tale Osservatorio è, peraltro, demandata l'elaborazione di un tariffario nazionale dei costi per il mantenimento dei minori e per il funzionamento delle strutture di accoglienza.
Si prevede, inoltre, l'istituzione di un registro degli affidamenti, attraverso il quale si vuole assicurare un controllo in tempo reale della condizione di ogni bambino o adolescente allontanato dal proprio nucleo familiare.
L'articolo 5 della proposta di legge interviene in materia di giustizia minorile, rispettivamente modificando la composizione dei tribunali per i minorenni, attraverso un ridimensionamento del peso della componente non togata, e intervenendo sulle incompatibilità dei magistrati non togati minorili. Una delle più note criticità del sistema è rappresentata dall'esistenza di innegabili rapporti di cointeressenza tra i magistrati onorari minorili e le comunità di tipo familiare nelle quali sono collocati i minori. Proprio per ovviare a questa situazione, l'articolo 5 riconosce in via legislativa le cause di incompatibilità già individuate dal Consiglio superiore della magistratura nella circolare sulla nomina e conferma dei giudici onorari minorili per il triennio 2020-2022, di cui alla delibera dell'11 luglio 2018, estendendo, inoltre, le incompatibilità anche ai casi in cui la situazione di cointeressenza con la comunità di tipo familiare riguardi prossimi congiunti del magistrato onorario.
L'articolo 6, poi, al fine di assicurare il rispetto dei doverosi criteri di imparzialità e di terzietà anche dei garanti regionali dell'infanzia e dell'adolescenza, demanda a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l'individuazione delle modalità per estendere la disciplina in materia di incompatibilità dei giudici onorari minorili anche agli esercenti le suddette funzioni di garanzia.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184)

1. Alla legge 4 maggio 1983, n. 184, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 1, comma 5, dopo le parole: «princìpi fondamentali dell'ordinamento» sono aggiunte le seguenti: «e delle convenzioni e dei trattati internazionali»;

b) all'articolo 2:

1) al comma 1, le parole da: «è affidato» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «è affidato prioritariamente a parenti entro il quarto grado, o a un'altra famiglia, possibilmente con figli minori, o a una persona singola, preferibilmente entro il quarto grado di parentela, o a una comunità di tipo familiare, al fine di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno»;

2) i commi 1-bis e 1-ter sono abrogati;

3) al comma 3, le parole: «In caso di necessità e urgenza» sono sostituite dalle seguenti: «Nei casi di necessità e urgenza di cui all'articolo 403 del codice civile,»;

4) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. Il provvedimento di cui al comma 3 deve essere trasmesso dal servizio sociale locale entro le ventiquattro ore successive alla sua emissione al presidente del tribunale per i minorenni del luogo di residenza del minore. Il presidente, entro cinque giorni dal ricevimento del provvedimento, fissa con decreto l'udienza di conferma, modifica o revoca del provvedimento innanzi a sé o a un giudice non onorario; le parti sono tenute a comparire personalmente all'udienza. Il decreto di cui al secondo periodo deve contenere: la nomina di un curatore speciale del minore, individuato nella persona di un avvocato; la convocazione dei genitori o dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale ai fini della loro audizione e la nomina di un loro difensore d'ufficio, con l'avvertimento che hanno facoltà di nominare un difensore di fiducia; la convocazione, per l'ascolto, del minore che abbia compiuto gli anni dodici o che sia comunque dotato di sufficiente capacità di discernimento; la trasmissione degli atti al pubblico ministero con richiesta del relativo parere. Il decreto può disporre l'audizione dei parenti del minore entro il quarto grado. Il provvedimento di cui al comma 3, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato a tutte le parti, al difensore d'ufficio e al curatore speciale del minore a cura della cancelleria entro cinque giorni dalla data di emissione del decreto. Il tribunale per i minorenni provvede con ordinanza motivata entro trenta giorni dalla data di emissione del provvedimento, a pena di inefficacia dello stesso. L'ordinanza deve contenere, a pena di nullità: le motivazioni specifiche; le modalità di allontanamento del minore dalla sua famiglia e i soggetti preposti alla sua attuazione; l'indicazione del curatore speciale nominato per il minore; la determinazione dei diritti e dei compiti degli affidatari e dei corrispondenti limiti nell'esercizio della responsabilità genitoriale da parte dei genitori o del tutore provvisorio, se nominato; le modalità attraverso le quali i genitori e gli altri componenti del nucleo familiare mantengono un rapporto continuativo con il minore; le modalità attraverso le quali il minore può frequentare le persone diverse dai familiari con cui ha stabilito rapporti affettivi prima dell'allontanamento dai genitori; l'indicazione del servizio sociale locale al quale sono attribuite la responsabilità del programma di assistenza e la vigilanza durante l'affidamento, con l'obbligo di tenere costantemente informato il giudice che ha emesso il provvedimento. Contro l'ordinanza con la quale è confermato, modificato o revocato il provvedimento di cui al comma 3 è ammesso reclamo da parte dei genitori, del curatore speciale del minore, del pubblico ministero e dei parenti entro il quarto grado del minore nel termine perentorio di dieci giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione, se anteriore. Sul reclamo è competente la corte di appello, che decide con decreto motivato entro quindici giorni dal deposito dello stesso. Si applicano gli articoli 737 e 738 del codice di procedura civile. Avverso il provvedimento con cui la corte di appello decide sul reclamo, i soggetti legittimati a proporre il reclamo possono proporre ricorso per cassazione entro trenta giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione, se anteriore; la Corte di cassazione decide con sentenza entro trenta giorni dal deposito del ricorso»;

5) dopo il comma 5 è aggiunto il seguente:

«5-bis. Le funzioni e i compiti attribuiti dalla presente legge ai servizi sociali locali devono essere svolti solo da operatori dei servizi sociali iscritti all'albo professionale degli assistenti sociali, istituito dalla legge 23 marzo 1993, n. 84»;

c) all'articolo 3:

1) al comma 1, le parole da: «I legali rappresentanti» fino a: «esercitano» sono sostituite dalle seguenti: «Il curatore speciale esercita»;

2) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Nei casi previsti dal comma 1, il curatore speciale deve proporre istanza per la nomina del tutore entro trenta giorni dall'accoglienza del minore nella comunità di tipo familiare o nell'istituto di assistenza pubblico o privato; nei casi previsti dall'articolo 2, comma 3, l'istanza deve essere depositata entro trenta giorni dal provvedimento definitivo. I legali rappresentanti delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o privati che prestano, anche gratuitamente, la propria attività in favore delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o privati non possono essere nominati tutori»;

3) al comma 3, le parole da: «le comunità» fino a: «chiedono» sono sostituite dalle seguenti: «il tutore chiede»;

d) l'articolo 4 è sostituito dal seguente:

«Art. 4. – 1. L'affidamento familiare è disposto dal servizio sociale locale, previo consenso manifestato, alla presenza di un avvocato, dai genitori o dal genitore esercente la responsabilità genitoriale ovvero dal tutore, sentito il minore che abbia compiuto gli anni dodici o che sia comunque dotato di sufficiente capacità di discernimento.
2. Il provvedimento di cui al comma 1 deve essere trasmesso dal servizio sociale locale, entro le quarantotto ore successive alla sua emissione, al presidente del tribunale per i minorenni competente ai sensi dell'articolo 18 del codice di procedura civile.
3. Il presidente del tribunale per i minorenni, entro cinque giorni dal ricevimento del provvedimento di cui al comma 1, fissa con decreto l'udienza di conferma, modifica o revoca del provvedimento innanzi a sé o a un giudice non onorario; le parti sono tenute a comparire personalmente all'udienza. Il decreto di cui al primo periodo deve contenere: la nomina di un curatore speciale del minore; la convocazione dei genitori o dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale ai fini della loro audizione e la nomina di un loro difensore d'ufficio, con l'avvertimento che hanno facoltà di nominare un difensore di fiducia; la convocazione, per l'ascolto, del minore che abbia compiuto gli anni dodici o che sia comunque dotato di sufficiente capacità di discernimento; la trasmissione degli atti al pubblico ministero con richiesta del relativo parere. Il decreto può disporre l'audizione dei parenti del minore entro il quarto grado. Il provvedimento di cui al comma 1, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato a tutte le parti, al difensore d'ufficio e al curatore speciale del minore a cura della cancelleria entro dieci giorni dalla data di emissione del decreto. Il tribunale per i minorenni, all'udienza fissata per la prima comparizione delle parti, provvede con ordinanza alla nomina di un consulente tecnico d'ufficio ai sensi dell'articolo 61 del codice di procedura civile, formula i quesiti e fissa l'udienza nella quale il consulente deve comparire. Possono essere nominati più consulenti solo in caso di grave necessità. Il giudice fissa una nuova udienza ai sensi dell'articolo 193 del codice di procedura civile; nella stessa udienza le parti possono nominare un consulente tecnico di parte, al quale si applica l'articolo 201 del medesimo codice, in quanto compatibile. Per l'esercizio dell'incarico di consulente tecnico d'ufficio si applicano gli articoli da 194 a 197 del codice di procedura civile. Nello stesso processo l'intervallo tra le udienze non può essere superiore a trenta giorni, tranne che tra le udienze dedicate al giuramento del consulente tecnico d'ufficio e all'esame della perizia. Il tribunale per i minorenni provvede con ordinanza motivata entro trenta giorni dall'udienza di esame della consulenza tecnica d'ufficio. L'ordinanza deve contenere, a pena di nullità: le motivazioni specifiche; le modalità di allontanamento del minore dalla sua famiglia e i soggetti preposti alla sua attuazione; l'indicazione del curatore speciale nominato per il minore; la determinazione dei diritti e dei compiti degli affidatari e dei corrispondenti limiti nell'esercizio della responsabilità genitoriale da parte dei genitori o del tutore provvisorio, se nominato; le modalità attraverso le quali i genitori e gli altri componenti del nucleo familiare mantengono un rapporto continuativo con il minore; le modalità attraverso le quali il minore può frequentare le persone diverse dai familiari con cui ha stabilito rapporti affettivi prima dell'allontanamento dai genitori; il servizio sociale locale al quale sono attribuite la responsabilità del programma di assistenza e la vigilanza durante l'affidamento, con l'obbligo di tenere costantemente informato il giudice che ha confermato il provvedimento di affidamento familiare. Contro l'ordinanza con la quale è confermato, modificato o revocato il provvedimento di cui al comma 1 è ammesso reclamo da parte dei genitori, del curatore speciale del minore, del pubblico ministero e dei parenti entro il quarto grado del minore nel termine perentorio di dieci giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione, se anteriore. Sul reclamo è competente la corte di appello, che decide con decreto motivato entro quindici giorni dal deposito dello stesso. Si applicano gli articoli 737 e 738 del codice di procedura civile. Avverso il provvedimento con cui la corte di appello decide sul reclamo, i soggetti legittimati a proporre il reclamo possono proporre ricorso per cassazione entro trenta giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione, se anteriore; la Corte di cassazione decide con sentenza entro trenta giorni dal deposito del ricorso.
4. Ove manchi l'assenso dei genitori o dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale o del tutore, provvede il tribunale per i minorenni, ai sensi del comma 3.
5. Nei provvedimenti di cui al comma 3 dell'articolo 2 e al comma 1 del presente articolo devono inoltre essere indicati il periodo di presumibile durata dell'affidamento e il progetto degli interventi volti al recupero del rapporto con la famiglia d'origine e al sostegno del minore. Il periodo di affidamento familiare non può superare la durata di dodici mesi ed è prorogabile una sola volta per ulteriori sei mesi, dal tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell'affidamento rechi pregiudizio al minore, che è ascoltato al riguardo se ha capacità di discernimento. Per la proroga si applicano le disposizioni dell'articolo 2, comma 3-bis, e dei commi 2 e 3 del presente articolo. Il servizio sociale locale al quale sono attribuite la responsabilità del programma di assistenza e la vigilanza durante l'affidamento o il tutore del minore riferiscono senza indugio ogni evento di particolare rilevanza al giudice che ha confermato il provvedimento. Il servizio sociale locale presenta una relazione semestrale sull'andamento del programma di assistenza, sulla situazione del minore, sugli interventi realizzati ai fini del recupero del rapporto con i genitori e del loro rapporto con i figli e sull'evoluzione delle condizioni di difficoltà del nucleo familiare di provenienza.
6. L'affidamento familiare cessa di diritto decorso il termine di cui al comma 5 oppure, con provvedimento del giudice che lo ha disposto, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia d'origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore. Si applicano, ove compatibili, le disposizioni del comma 1. Il servizio sociale locale a cui era attribuita l'assistenza sociale richiesta ha l'obbligo di predisporre un programma d'intesa con i genitori e con il minore al fine del reinserimento del minore stesso nella famiglia d'origine.
7. Qualora, durante un prolungato periodo di affidamento, il minore sia dichiarato adottabile ai sensi delle disposizioni del capo II del titolo II e qualora, sussistendo i requisiti previsti dall'articolo 6, la famiglia affidataria chieda di poterlo adottare, il tribunale per i minorenni, nel decidere sull'adozione, tiene conto dei legami affettivi significativi e del rapporto stabile e duraturo consolidatosi tra il minore e la famiglia affidataria.
8. Qualora, a seguito di un periodo di affidamento, il minore faccia ritorno nella famiglia d'origine o sia dato in affidamento a un'altra famiglia o sia adottato da un'altra famiglia, è comunque tutelata, se rispondente all'interesse del minore, la continuità delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi durante l'affidamento.
9. Il giudice, ai fini delle decisioni di cui ai commi 7 e 8, tiene conto anche delle valutazioni documentate dei servizi sociali locali, ascoltato il minore che ha compiuto gli anni dodici o anche di età inferiore, se capace di discernimento.
10. Nel caso di minore rimasto privo di un ambiente familiare idoneo a causa della morte o dell'invalidità del genitore, tale da impedirgli di occuparsi del minore stesso, cagionata volontariamente dal coniuge, anche legalmente separato o divorziato, dall'altra parte dell'unione civile, anche se l'unione civile è cessata, dal convivente o da persona legata al genitore stesso, anche in passato, da relazione affettiva, il tribunale per i minorenni competente, eseguiti i necessari accertamenti, provvede privilegiando la continuità delle relazioni affettive consolidatesi tra il minore stesso e i parenti fino al quarto grado. Nel caso in cui vi siano fratelli o sorelle, il tribunale provvede assicurando la continuità delle relazioni affettive tra gli stessi.
11. Su segnalazione del tribunale per i minorenni competente, i servizi sociali locali assicurano ai minori di cui al comma 10 un adeguato sostegno psicologico e l'accesso alle misure di sostegno volte a garantire il diritto allo studio e l'inserimento nell'attività lavorativa.
12. Il tribunale per i minorenni, trascorso il periodo previsto ai sensi del comma 5, ovvero intervenute le circostanze di cui al comma 6, sentiti il servizio sociale locale interessato, il tutore e il minore che ha compiuto gli anni dodici o anche di età inferiore, se capace di discernimento, dispone l'adozione di ulteriori provvedimenti nell'interesse del minore.
13. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nel caso di minori collocati presso comunità di tipo familiare o istituti di assistenza pubblici o privati.
14. I colloqui previsti dalle disposizioni del presente titolo, compresi gli atti di accertamento e di indagine effettuati dal servizio sociale locale con il minore per la predisposizione della relazione sul provvedimento di affidamento, devono essere videoregistrati. I relativi supporti sono messi a disposizione delle parti in tempo utile per l'esercizio del diritto di difesa.
15. Nel caso di segnalazioni relative ai procedimenti di affidamento presentate al servizio sociale locale ovvero all'autorità giudiziaria, l'identità del segnalante non può essere rivelata. Nell'ambito dell'eventuale procedimento penale l'identità del segnalante è coperta dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall'articolo 329 del codice di procedura penale»;

e) dopo l'articolo 4 è inserito il seguente:

«Art. 4-bis. – 1. Ai fini della decisione relativa all'affidamento familiare, l'ascolto e la valutazione del minore devono essere effettuati in conformità ai seguenti criteri e princìpi:

a) il minore deve essere sentito in contraddittorio il prima possibile. Le sue dichiarazioni devono essere assunte utilizzando protocolli d'intervista o metodi basati sulle indicazioni della letteratura scientifica accreditata, tenendo conto che l'audizione potrebbe causare modificazioni e alterazioni del ricordo. Le audizioni effettuate o ripetute a una considerevole distanza di tempo devono essere valutate con attenzione a causa della condizione psicologica mutata rispetto all'epoca dei fatti e dei potenziali fattori di alterazione del ricordo;

b) l'attività di assistenza psicologica o psicoterapeutica del minore, fatti salvi casi di particolare urgenza e gravità, deve avvenire dopo che questi ha reso testimonianza in sede di incidente probatorio;

c) la funzione di esperto incaricato di effettuare l'audizione o una valutazione a fini giudiziari deve essere distinta dall'attività finalizzata al sostegno e al trattamento del minore e deve essere affidata a soggetti diversi. La medesima distinzione deve essere rispettata anche nel caso in cui tali funzioni e attività siano attribuite ai servizi socio-sanitari pubblici. In ogni caso, i dati ottenuti nel corso delle attività di sostegno e di trattamento del minore non possono essere considerati influenti ai fini dell'accertamento dei fatti;

d) gli esperti devono avere competenza specifica e documentabile. È diritto delle parti processuali, in occasione del conferimento di ogni incarico di consulente tecnico da parte del giudice, interloquire sull'effettiva competenza dell'esperto e sul contenuto dei quesiti;

e) le procedure di audizione devono essere adeguate allo sviluppo cognitivo ed emotivo del minore. L'audizione del minore deve essere effettuata avvalendosi di un esperto ausiliario con funzioni di facilitazione comunicativa, il cui contributo non ha finalità cliniche o di mera assistenza psicologica, ma è finalizzato alla raccolta di elementi utili a chiarire il fatto oggetto di indagine, mitigando il rischio di effetti psicologici negativi derivanti dalle modalità di svolgimento della procedura;

f) l'esperto che coadiuva il magistrato nella raccolta della testimonianza del minore deve essere diverso dall'esperto incaricato della verifica dell'idoneità a testimoniare dello stesso minore;

g) la raccolta delle dichiarazioni del minore è effettuata attraverso il minor numero possibile di audizioni. Il minore deve essere avvertito della finalità della sua audizione e della facoltà di dichiarare che non ricorda o che non sa. Le interviste devono essere audio-videoregistrate in forme tali da documentare anche le modalità dell'interazione dell'esperto con il minore. L'interrogante deve evitare che la formulazione delle domande riveli determinate aspettative circa la risposta ovvero sottintenda o presupponga fatti che sono oggetto di indagine. L'audizione deve avvenire in orari, tempi, luoghi e modi tali da assicurare, per quanto possibile, la serenità del minore, evitando ogni contatto con altri soggetti. La durata e le modalità dell'audizione devono essere adeguate all'età e alle condizioni emotive del minore. Durante l'audizione si deve verificare se il minore abbia riferito in precedenza i presunti fatti ad altre persone e con quali modalità;

h) l'incidente probatorio è la sede privilegiata di acquisizione delle dichiarazioni del minore nel corso del procedimento. Al fine di limitare il rischio di effetti psicologici negativi derivanti dalle modalità di svolgimento della procedura e di rielaborazione o contaminazione del ricordo degli eventi vissuti, è opportuno procedere all'audizione in sede di sommarie informazioni testimoniali solo in caso di necessità o quando gli elementi probatori non siano sufficienti per proseguire l'azione penale;

i) per soggetti di età inferiore a dodici anni, il giudice, fatti salvi casi di eccezionali e comprovate ragioni di tutela del minore, dispone una perizia al fine di verificarne l'idoneità a testimoniare sui fatti oggetto d'indagine;

l) nella valutazione del minore gli esperti devono utilizzare metodi e procedure fondati sulla prova scientifica, aventi caratteristiche di ripetibilità e di accuratezza e riconosciuti affidabili dalla comunità scientifica;

m) per l'accertamento dell'idoneità a testimoniare, le parti e gli esperti si assicurano che i quesiti siano formulati in modo da non implicare giudizi, definizioni o altri profili di competenza del giudice;

n) l'esperto non deve utilizzare espressioni potenzialmente fuorvianti relative alla veridicità o all'attendibilità del minore ovvero alla compatibilità di quanto da esso riferito; il quesito posto all'esperto deve riguardare, per quanto possibile, profili rientranti nell'ambito delle conoscenze della comunità scientifica; ove il quesito esuli da tale ambito, l'esperto deve segnalarlo al giudice;

o) l'esperto è chiamato a esprimersi sull'idoneità a rendere testimonianza relativamente alle capacità generiche e specifiche. Le capacità generiche riguardano funzioni cognitive del minore, quali la memoria, l'attenzione, le capacità di comprensione e di espressione linguistica, la capacità di individuare la fonte delle informazioni, la capacità di discriminare realtà e fantasia e il verosimile dal non verosimile, nonché il livello di suggestionabilità e di maturità psico-affettiva. Le capacità specifiche riguardano l'abilità del minore di organizzare e di riferire il ricordo in relazione alla complessità esperienziale di quello che si suppone essere avvenuto e l'eventuale presenza di influenze suggestive, interne o esterne, derivanti dall'interazione con adulti o con coetanei, che possono interferire con la testimonianza;

p) all'esperto non può essere demandato il compito di accertare la veridicità e la sussistenza dei fatti riferiti dal minore, in quanto l'idoneità a testimoniare non implica la veridicità e la credibilità della narrazione;

q) l'accertamento sull'idoneità a testimoniare deve precedere, di norma, l'audizione del minore e, in ogni caso, tale idoneità non può essere desunta dalla qualità della testimonianza resa. Qualora l'indagine riguardi ipotesi di abuso nell'ambito familiare, le valutazioni devono essere estese ai familiari, ove possibile, e, qualora necessario, al contesto sociale del minore;

r) la presenza o l'assenza di sintomatologia psicologica, emotiva o comportamentale nel quadro clinico del minore non può essere assunta come elemento di prova per l'accertamento o l'esclusione di un abuso in danno di esso;

s) la sussistenza di un fatto che ne costituisca la causa non può essere dedotta dalla presenza di sintomi di disturbo post-traumatico da stress o di disturbo dell'adattamento;

t) l'esperto deve valutare con particolare cautela le situazioni specifiche idonee a influire sulle dichiarazioni dei minori, quali, ad esempio, la separazione dei genitori caratterizzata da grave conflittualità; stati di allarme generati solo dopo l'emergere di un'ipotesi di abuso; fenomeni di suggestione e scambi di informazioni atti a formare o modificare le convinzioni del soggetto in modo non corrispondente alla realtà dei fatti»;

f) al titolo I-bis, dopo l'articolo 5 è aggiunto il seguente:

«Art. 5-bis. – 1. Presso il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia è istituito il Registro nazionale delle comunità di tipo familiare, degli istituti di assistenza pubblici e privati e delle famiglie affidatarie, di seguito denominato “Registro nazionale”.
2. Nel Registro nazionale sono inseriti i dati relativi alle comunità di tipo familiare, agli istituti di assistenza pubblici e privati e alle famiglie che sono disponibili all'affidamento di minori, nonché ai minori affidati, con l'indicazione del termine previsto per l'affidamento.
3. Con regolamento adottato mediante decreto del Ministro della giustizia, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le modalità di attuazione del presente articolo, comprese le modalità di comunicazione dei dati da parte dei tribunali per i minorenni. Con il medesimo regolamento sono, inoltre, individuati il personale e le risorse necessari alla realizzazione e alla tenuta del Registro nazionale.
4. All'attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

Art. 2.
(Modifiche al codice civile)

1. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 336 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Le norme del presente articolo si applicano nei casi in cui la legge non disponga diversamente»;

b) all'articolo 343, primo comma, dopo le parole: «responsabilità genitoriale,» sono inserite le seguenti: «ovvero se i minori non hanno nel luogo del loro domicilio parenti conosciuti o capaci di esercitare l'ufficio del tutore,»;

c) l'articolo 354 è sostituito dal seguente:

«Art. 354. – (Esclusione dall'ufficio di tutore) – I legali rappresentanti delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o privati nonché coloro che prestano, anche gratuitamente, la propria attività in favore di tali comunità o istituti non possono essere nominati tutori, neanche quando i minori non hanno nel luogo del loro domicilio parenti conosciuti o capaci di esercitare tale ufficio».

Art. 3.
(Modifiche al codice penale)

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 368, dopo il secondo comma è inserito il seguente:

«La pena è altresì aumentata se s'incolpa taluno del reato di cui all'articolo 572»;

b) dopo l'articolo 373 è inserito il seguente:

«Art. 373-bis. – (False dichiarazioni dell'operatore dei servizi sociali) – L'operatore dei servizi sociali che, nell'ambito di procedimenti per l'affidamento o l'adozione di minori, dà pareri mendaci o afferma fatti non conformi al vero è punito con la reclusione da due a sei anni. La condanna comporta l'interdizione temporanea dalla professione»;

c) dopo l'articolo 380 è inserito il seguente:

«Art. 380-bis. – (Infedeltà dell'operatore dei servizi sociali) – L'operatore dei servizi sociali che, nell'ambito di procedimenti per l'affidamento o l'adozione di minori, viola i suoi doveri professionali, disponendo l'affidamento del minore nel caso in cui i genitori o il genitore esercente la responsabilità genitoriale versino in condizioni di indigenza, ovvero ne dispone l'affidamento esclusivamente per interessi personali o patrimoniali propri o per favorire terzi, è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa non inferiore a 516 euro»;

d) all'articolo 572, dopo il secondo comma è inserito il seguente:

«Si applica la pena della reclusione da quattro a nove anni se il fatto è commesso in danno di minore in stato di affidamento familiare o collocato presso una comunità di tipo familiare o un istituto di assistenza pubblico o privato».

Art. 4.
(Istituzione dell'Osservatorio nazionale sulle comunità di tipo familiare)

1. Presso il Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri è istituito l'Osservatorio nazionale sulle comunità di tipo familiare, di seguito denominato «Osservatorio».
2. L'Osservatorio ha i seguenti compiti:

a) effettuare ispezioni o sopralluoghi nelle comunità di tipo familiare presenti nel territorio nazionale al fine di verificare che siano assicurati adeguati servizi di assistenza ai minori collocati presso di esse;

b) effettuare segnalazioni alle autorità competenti in ordine allo stato delle comunità di tipo familiare e alle condizioni del soggiorno dei minori presso di esse;

c) proporre gli interventi ritenuti opportuni agli enti competenti;

d) predisporre ogni anno una relazione sulle condizioni delle comunità di tipo familiare presenti nel territorio nazionale;

e) gestire il Registro nazionale delle comunità di tipo familiare, degli istituti di assistenza pubblici e privati e delle famiglie affidatarie, di cui all'articolo 5-bis della legge 4 maggio 1983, n. 184, introdotto dall'articolo 1 della presente legge;

f) predisporre linee guida per la definizione dei requisiti minimi dei servizi di assistenza che devono essere forniti dalle comunità di tipo familiare che accolgono minori e per l'esercizio delle relative funzioni di verifica e di controllo;

g) elaborare un tariffario nazionale relativo ai costi per il collocamento dei minori nelle comunità di tipo familiare e ai costi di gestione delle stesse comunità;

h) realizzare, di concerto con le regioni e con le province autonome di Trento e di Bolzano, la mappa, aggiornata annualmente, delle comunità di tipo familiare;

i) promuovere l'istituzione, in ciascuna regione, di osservatori sulle comunità di tipo familiare nelle quali sono collocati minori e il coordinamento dell'attività delle stesse comunità;

l) qualora ne venga a conoscenza nello svolgimento della propria attività, denunciare senza ritardo all'autorità giudiziaria gli eventuali reati perseguibili d'ufficio commessi ai danni di minori e, comunque, informare la stessa delle altre condotte illecite riscontrate;

m) presentare al Presidente del Consiglio dei ministri, per la trasmissione alle Camere, una relazione annuale sui risultati della propria attività, formulando eventuali osservazioni e proposte sugli effetti, sui limiti e sulla necessità di adeguamento della legislazione vigente, anche per assicurarne la conformità alla normativa dell'Unione europea.

3. L'organizzazione dell'Osservatorio è definita con regolamento da emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
4. Le linee guida di cui al comma 1, lettera f), e il tariffario nazionale di cui al comma 1, lettera g), sono approvati, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, di concerto con il Ministro della giustizia, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
5. All'attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 5.
(Disposizioni in materia di incompatibilità dei giudici onorari minorili)

1. Dopo l'articolo 6 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, è inserito il seguente:

«Art. 6-bis. – (Disposizioni in materia di incompatibilità dei componenti privati)1. Non possono essere nominati giudice del tribunale per i minorenni o consigliere della sezione di Corte d'appello per i minorenni coloro che rivestono o hanno rivestito, nei tre anni precedenti la nomina, cariche rappresentative in comunità di tipo familiare nelle quali sono collocati minori da parte dell'autorità giudiziaria, né coloro che partecipano alla gestione complessiva delle stesse comunità o che prestano a favore di esse attività professionale, anche a titolo gratuito, o che fanno parte degli organi sociali di società che le gestiscono, né coloro che sono congiunti da matrimonio, unione civile, relazione di parentela fino al quarto grado, convivenza o frequentazione abituale con chi riveste cariche rappresentative nelle predette comunità. Non possono altresì essere nominati coloro che siano congiunti da matrimonio, unione civile, convivenza o relazione di parentela entro il secondo grado con soggetti titolari di interessi nelle medesime comunità. All'atto della nomina i componenti privati devono impegnarsi per tutta la durata dell'incarico, a pena di decadenza, a non assumere i ruoli o le cariche e a non svolgere le attività di cui al primo periodo nonché a comunicare immediatamente al presidente del tribunale per i minorenni qualunque fatto sopravvenuto che determini incompatibilità ai sensi del presente articolo».

Art. 6.
(Disposizioni volte ad assicurare l'autonomia e l'indipendenza dei garanti regionali dell'infanzia e dell'adolescenza)

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità per estendere la disciplina in materia di incompatibilità dei giudici onorari minorili ai soggetti che esercitano le funzioni di garante regionale dell'infanzia e dell'adolescenza.
2. Dall'attuazione del comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

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