PDL 225

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
          Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 225

PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa dei deputati
CECCANTI, QUARTAPELLE PROCOPIO

Modifica dell'articolo 39 della Costituzione, in materia di libertà e democraticità dell'organizzazione sindacale nonché di stipulazione di contratti collettivi

Presentata il 23 marzo 2018

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Onorevoli Colleghi! — A differenza di quasi tutti gli altri articoli della Costituzione, il testo dell'articolo 39 non risulta particolarmente chiaro ed efficace e questo ne spiega in larga parte la sua mancata attuazione. Le esigenze dominanti che guidarono i lavori dei costituenti furono con tutta evidenza quelle di affermare la libertà e il pluralismo sindacale, nonché di evitare un'eccessiva ingerenza statale, elementi che sono rispecchiati dal primo comma, e la democraticità interna, richiamata dal terzo.
Invece, nonostante le premesse teoriche abbastanza chiare del relatore (il comunista Di Vittorio) e del correlatore (il democristiano Rapelli), né la Terza sottocommissione né l'Assemblea riuscirono a risolvere i problemi della connessione tra questi sindacati liberi e l'efficacia collettiva dei contratti di lavoro.
Nella Terza sottocommissione, il 17 ottobre 1946, Di Vittorio aveva chiaramente affermato che «non tutti i sindacati hanno il diritto di stipulare il contratto di lavoro, ma solo quello maggioritario con rappresentanza sindacale dei sindacati di minoranza» e Rapelli aveva correttamente aggiunto che «il concetto del sindacato maggioritario non è permanente ed un sindacato, che in un dato momento è maggioritario, può divenire successivamente minoritario».
Tuttavia, pur essendo vero che i dettagli sarebbero stati affidati alla legge e che il testo doveva chiarificare solo alcuni princìpi, si finì per imporre un obbligo di registrazione come condizione per giungere a una rappresentanza unitaria in proporzione agli iscritti, legittimata a stipulare contratti obbligatori senza deroghe. Una soluzione che parte dalla libertà del primo comma e che arriva a modalità piuttosto organicistiche e costrittive nel quarto. Il dibattito in Assemblea, il 10 maggio 1947, evidenziò seriamente i problemi, anche se non li risolse, e si ha quasi l'impressione di un'approvazione nella consapevolezza comune che il testo non fosse ancora maturo. Il costituzionalista Mortati intervenne per chiarire che l'autonomia sindacale poteva essere compressa dall'organo abilitato a verificare i requisiti per la registrazione e tentò di indicare il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro come sede corretta, anche se non fu seguito da altri. Il repubblicano Mazzei si chiese puntualmente: «Come si può dare a questa rappresentanza unitaria di sindacati che siano separati gli uni dagli altri, che siano giuridicamente ognuno dotato di propria personalità giuridica, l'unità che essa non ha?» per cui «il concetto di rappresentanza unitaria (...) è assolutamente inconsistente».
Il dibattito fu ripreso dalla Commissione Bozzi, operativa tra il novembre 1983 e il gennaio 1985, in particolare con un intervento del socialista Giugni del 18 ottobre 1984 che colse i due punti chiave: la formula adottata nell'ultimo comma impone, «sulla base di modelli ideologici» senza «un modello di riferimento concreto», un'unità forzosa («una formula che, mentre permetteva il pluralismo, finiva per essere applicabile soltanto in condizioni di unità»); occorreva porsi il problema «più urgente e più drammatico (...) quello relativo all'efficacia dei contratti aziendali, con i quali si cerca di governare le operazioni più complesse e più difficili di ristrutturazione delle aziende, di mobilità dei lavoratori». Ne risultò la seguente proposta di riformulazione che tenne invariato il primo comma, mantenne in un secondo comma il vincolo della democraticità, ma sganciandola dalla registrazione e decostituzionalizzò il resto della disciplina, aprendo a una legge sulla rappresentanza e genericamente ad altri effetti giuridici diversi dai contratti collettivi:

«L'organizzazione sindacale è libera.

L'ordinamento interno e l'attività dell'organizzazione sindacale devono ispirarsi al metodo democratico.

La legge, ai fini del conferimento di efficacia obbligatoria generale ai contratti collettivi di lavoro e ai fini di produzione di altri effetti giuridici, determina i criteri per l'accertamento della rappresentanza dei sindacati».

Dal canto suo anche la relazione di minoranza del gruppo del Partito comunista italiano, pur nel clima di scontro relativo al decreto di San Valentino (decreto-legge 17 aprile 1984, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 giugno 1984, n. 219) conclusosi con il referendum di pochi mesi dopo, ammise che «l'esperienza ha dimostrato l'inutilizzabilità degli strumenti contenuti nel testo attuale», dichiarò di condividere i primi due commi e di avere presenti le questioni della «contrattazione decentrata e aziendale», ma ritenne il rinvio alla legge concretamente operato viziato da «eccessiva e ambigua genericità».

La presente proposta di legge costituzionale riproduce pertanto, con qualche variante minima di drafting (l'eliminazione del verbo servile diretto a sottolineare l'imperatività della norma), i primi due commi condivisi da tutti nella Commissione Bozzi e corregge il terzo comma, prevedendo che la legge intervenga per individuare criteri di rappresentatività nei casi in cui si deroghi al diritto comune dei contratti, con contratti collettivi ai vari livelli, coerentemente con il disegno di legge atto Senato n. 1872 dell'11 novembre 2009 della XVI legislatura.
Per i motivi esposti si auspica un esame in tempi rapidi della presente proposta di legge costituzionale, che riproduce l'atto Senato n. 2520 della XVI legislatura.

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

1. L'articolo 39 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 39. – L'organizzazione sindacale è libera.
L'ordinamento interno e l'attività dell'organizzazione sindacale si ispirano al metodo democratico.
I requisiti del contratto collettivo che produca effetti ulteriori rispetto a quelli previsti dal diritto comune dei contratti sono stabiliti con legge, che a tale fine determina i criteri per l'accertamento della rappresentatività delle associazioni sindacali».

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