PDL 2249

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2249

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
LOCATELLI, PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, SUTTO, TIRAMANI, ZIELLO, BITONCI, DI MURO

Delega al Governo per il riordino e il potenziamento delle misure a sostegno della natalità e della famiglia

Presentata l'11 novembre 2019

torna su

Onorevoli Colleghi! – È nota a tutti la situazione di grave crisi demografica che sta attraversando il nostro Paese.
Il primo e più rilevante problema al quale occorre porre rimedio è sicuramente il calo della natalità, al quale assistiamo incessantemente dal 2008, quando le nascite furono 576.659. Da quel momento in poi il segno negativo è stata una costante: siamo scesi a 561.000 nascite nel 2010, a 485.000 nel 2015, e così via fino alle 439.000 nascite dello scorso anno, nuovo minimo storico dall'unità d'Italia. Di questo passo, il «Futuro demografico del Paese» – è questo il titolo del rapporto ufficiale pubblicato dall'ISTAT – sarà messo a dura prova, con gli scenari attuali che prevedono un declino della popolazione residente a circa 59 milioni nel 2045 (-1,6 milioni rispetto al 2017).
Il calo delle nascite produrrà ricadute negative anche da un punto di vista economico. Un Paese senza ricambio generazionale, infatti, è destinato a spendere sempre di più per la previdenza, l'assistenza e la sanità e, allo stesso tempo, è costretto a confrontarsi con una riduzione della popolazione attiva, cioè di quella parte della popolazione di età compresa tra i 20 e i 65 anni che, di fatto, produce la ricchezza necessaria per sostenere l'erogazione di tali prestazioni. Il rischio, dunque, è che nel prossimo futuro si possano compromettere gli equilibri del nostro sistema di welfare, già duramente provati dalla crisi economica.
Per fronteggiare questa situazione occorre riportare la famiglia al centro delle politiche nazionali, nel rispetto dei princìpi affermati dalla Costituzione. La famiglia è e deve tornare a essere l'istituzione centrale sulla quale si fonda la tenuta sociale ed economica del Paese, che lo Stato ha il dovere di tutelare e sostenere con misure economiche e altre provvidenze.
Un primo impegno in questo senso è stato assunto dalla Camera dei deputati l'11 aprile 2019, con l'approvazione della mozione Panizzut, Mammì ed altri n. 1-00167, nella quale si è evidenziata la necessità di promuovere, innanzitutto, «un progetto di riforma strutturale del welfare familiare, finalizzato a razionalizzare i diversi istituti vigenti a sostegno della natalità e della genitorialità, con l'obiettivo di pervenire ad un sistema organico più semplice e coordinato delle diverse misure di sostegno di natura assistenziale e fiscale».
La disciplina vigente in materia, infatti, risulta estremamente frastagliata al punto che per gli stessi beneficiari risulta difficile individuare in che misura e attraverso quale tipologia di sussidio si ha eventualmente diritto alle agevolazioni.
Non solo. Si riscontrano gravi disparità di trattamento nell'applicazione degli strumenti, riconoscendo, ad esempio, gli assegni familiari solamente ai lavoratori dipendenti e ai pensionati ed escludendo i disoccupati e quasi tutti gli altri lavoratori, che costituiscono una parte assolutamente rilevante della popolazione. Anche le detrazioni previste dalla normativa vigente non possiedono una connotazione universale, penalizzando in maniera paradossale i soggetti più vulnerabili e meno abbienti.
È evidente, pertanto, la necessità di intervenire al fine di potenziare e riunificare gli strumenti attualmente in vigore attraverso la previsione di un assegno familiare unico, affermando altresì il principio dell'universalità del beneficio in questione, a prescindere dallo stato occupazionale dei genitori e dal relativo reddito familiare. Serve un cambiamento radicale nella prospettiva che fino ad oggi abbiamo impresso agli strumenti di sostegno alla natalità e alla genitorialità: essi vanno reinterpretati in termini di investimento per il futuro e definitivamente affrancati dalle logiche di mero assistenzialismo e di contrasto della povertà, che ne hanno svilito il ruolo e circoscritto oltremodo l'ambito applicativo, tagliando completamente fuori il ceto medio e contribuendo a determinare la stagione di «inverno demografico» di cui si è dato conto.
L'esigenza di procedere in questo senso è stata ribadita nell'ambito del flash mob recentemente organizzato dal Forum nazionale delle associazioni familiari in piazza Montecitorio a Roma: si è rimarcata la necessità di separare le politiche di contrasto della povertà da quelle di sostegno alla famiglia, coerentemente con la loro differente funzione, nell'ottica di una svolta culturale che veda finalmente in ogni bambino che nasce un investimento pubblico per il futuro del nostro Paese.
La presente proposta di legge si fa carico di queste richieste e, all'articolo 1, reca la delega al Governo per l'adozione di un decreto legislativo volto a riordinare e potenziare, anche in base a questa rinnovata visione, le misure di sostegno per la famiglia e per i figli a carico.
L'articolo 2 detta i princìpi e criteri direttivi ai quali il Governo deve attenersi nell'esercizio della delega, prevedendo l'istituzione di un assegno unico universale per ciascun figlio minorenne a carico. Si stabilisce l'erogazione di un importo mensile pari a 200 euro per il primo anno di applicazione della misura, aumentato stabilmente a 250 euro a decorrere dal secondo anno, a prescindere dalle condizioni reddituali e occupazionali dei genitori, con maggiorazioni in caso di disabilità accertata ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
In aggiunta, la medesima disposizione prevede un contributo per i figli maggiorenni fino al ventiquattresimo anno di età, il cui importo (fino a un massimo di 80 euro mensili) è parametrato al reddito dei genitori.
L'articolo 3 reca i princìpi e criteri direttivi per l'istituzione di una dote unica, utilizzabile per il pagamento dei servizi per l'infanzia, fino all'importo massimo di 400 euro mensili.
Un fattore che ha inciso indubbiamente sul calo delle nascite, infatti, è legato alla non accessibilità dei servizi a sostegno della genitorialità che mette troppo spesso le giovani coppie e, in particolare, le donne di fronte all'alternativa tra la prosecuzione della propria carriera lavorativa e la maternità. Nel quadro attuale, gli asili nido sono un lusso piuttosto che un servizio essenziale, perché le strutture sono poche, i posti disponibili insufficienti e i costi estremamente elevati.
È, quindi, necessario prevedere uno strumento flessibile, come la dote unica, che possa essere utilizzato dalle famiglie per l'asilo nido e per le forme alternative ad esso che si stanno sviluppando nelle diverse regioni. Il modello tagesmutter (asilo familiare), ad esempio, viene preferito da molte giovani coppie non solo per la convenienza economica, ma anche per la capacità di garantire unitamente professionalità e cura del bambino in un ambiente familiare e confortevole.
Con la dote unica, quindi, si vuole consentire ai genitori di scegliere liberamente il modello confacente alle proprie esigenze, ottenendo un sostegno da parte dello Stato a fronte delle spese sostenute e documentate per il pagamento dei servizi in questione.
L'articolo 4 stabilisce i princìpi e criteri direttivi per la razionalizzazione e il coordinamento degli istituti vigenti in materia, assai frammentati e disomogenei, e si occupa dei risparmi che dovranno essere individuati e destinati a copertura delle misure di cui agli articoli 2 e 3.
Al fine di evitare penalizzazioni con il passaggio alla nuova normativa, inoltre, si demanda al Governo l'individuazione di meccanismi di integrazione dell'assegno universale unico nel caso in cui il suo importo dovesse risultare inferiore a quello percepito attraverso gli strumenti e le agevolazioni in procinto di riordino.
L'articolo 5 stabilisce il procedimento per l'approvazione del decreto legislativo (comma 1), nonché per l'eventuale adozione di disposizioni integrative e correttive (comma 2).

torna su

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Oggetto della delega)

1. Allo scopo di agevolare la formazione della famiglia, di incentivare la natalità e di sostenere l'esercizio delle funzioni genitoriali, il Governo è delegato ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo volto a riordinare e a potenziare le misure di sostegno per i figli a carico e le misure finalizzate a garantire l'accessibilità dei servizi per l'infanzia.

Art. 2.
(Assegno mensile unico per i figli a carico)

1. Con riferimento alle misure di sostegno per i figli a carico, il decreto legislativo di cui all'articolo 1 è adottato nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) riconoscimento di un assegno universale unico per ciascun figlio minorenne a carico, per un importo mensile pari a 200 euro per il primo anno di applicazione della misura, aumentato a 250 euro mensili a decorrere dal tredicesimo mese di erogazione; si considera figlio a carico anche il nascituro dal settimo mese di gravidanza;

b) riconoscimento di un assegno unico per ciascun figlio maggiorenne a carico di età non superiore a ventiquattro anni, per un importo mensile massimo di 80 euro;

c) maggiorazione degli assegni di cui alle lettere a) e b) del presente comma per ciascun figlio con disabilità riconosciuta ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104;

d) erogazione dell'assegno di cui alla lettera a) in base al principio di universalità, a prescindere dal reddito e dalle condizioni occupazionali dei genitori;

e) erogazione dell'assegno di cui alla lettera b) in rapporto al genitore con il reddito più elevato e in misura inversamente proporzionale, fino all'azzeramento in caso di reddito superiore a 95.000 euro annui lordi.

Art. 3.
(Dote unica)

1. Con riferimento alle misure volte a garantire l'accessibilità dei servizi per l'infanzia, il decreto legislativo di cui all'articolo 1 è adottato nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) istituzione di una dote unica per ogni figlio a carico di età inferiore a tre anni, per un importo mensile massimo di 400 euro, utilizzabile per il pagamento di servizi per l'infanzia erogati da personale direttamente incaricato dalla famiglia, da asili nido, ovvero nell'ambito di modelli alternativi all'asilo nido, compresi, tra gli altri, micronidi, servizi di custodia oraria e asili familiari;

b) riconoscimento di una dote unica, con un massimale ridotto rispetto a quello di cui alla lettera a), per i figli a carico a partire dal compimento del terzo anno di età e sino al compimento del sesto anno di età;

c) riconoscimento di una dote unica maggiorata per ciascun figlio con disabilità ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104;

d) riconoscimento dei benefìci di cui alle lettere a) e b) in base all'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE);

e) possesso da parte del beneficiario di documentazione fiscale idonea, rilasciata dal soggetto erogatore del servizio.

Art. 4.
(Princìpi e criteri direttivi di coordinamento)

1. Il decreto legislativo di cui all'articolo 1 è adottato, realizzando il necessario coordinamento con le disposizioni vigenti, nel rispetto dei seguenti ulteriori princìpi e criteri direttivi:

a) individuazione delle modalità di erogazione e di ripartizione tra i genitori dei benefìci di cui agli articoli 2 e 3;

b) individuazione degli strumenti di informazione idonei a garantire la conoscibilità dei benefìci di cui agli articoli 2 e 3;

c) riconoscimento dei benefìci di cui agli articoli 2 e 3 limitatamente ai cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea o ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, in possesso del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo previsto dall'articolo 9 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, residenti in Italia e in possesso delle altre condizioni richieste;

d) i benefìci di cui agli articoli 2 e 3 non sono computati ai fini della determinazione del reddito complessivo e del calcolo dell'indicatore della situazione economica equivalente;

e) mantenimento delle misure e degli importi in vigore per il coniuge a carico e per gli altri familiari a carico diversi da quelli di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a) e b);

f) coordinamento dei benefìci di cui agli articoli 2 e 3 della presente legge con le disposizioni del comma 1-bis dell'articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e dei commi 13 e 15 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, assicurando l'equilibrio e l'integrazione nell'applicazione tra le misure;

g) eliminazione delle detrazioni fiscali per minori a carico previste dall'articolo 12, commi 1, lettera c), e 1-bis, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

h) eliminazione delle detrazioni previste dall'articolo 15, comma 1, lettera e- bis), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, limitatamente alle spese per la frequenza delle scuole dell'infanzia;

i) eliminazione dell'assegno per il nucleo familiare previsto dall'articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, e degli assegni familiari previsti dal testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797;

l) eliminazione dell'assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori di cui all'articolo 65 della legge 23 dicembre 1998, n. 448;

m) eliminazione dell'assegno di cui all'articolo 1, comma 125, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e all'articolo 1, comma 248, della legge 27 dicembre 2017, n. 205;

n) soppressione del Fondo di sostegno alla natalità di cui all'articolo 1, commi 348 e 349, della legge 11 dicembre 2016, n. 232;

o) eliminazione del premio alla nascita di cui all'articolo 1, comma 353, della legge 11 dicembre 2016, n. 232;

p) eliminazione del buono per il pagamento delle rette relative alla frequenza di asili nido e altri servizi per l'infanzia di cui all'articolo 1, comma 355, della legge 11 dicembre 2016, n. 232;

q) eliminazione dei voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting e per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi di cui all'articolo 4, comma 24, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92, e all'articolo 1, commi 356 e 357, della legge 11 dicembre 2016, n. 232;

r) adozione di un meccanismo di compensazione integrale degli assegni di cui all'articolo 2 nei confronti dei nuclei familiari che, sulla base dei benefìci vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, avrebbero percepito importi complessivi superiori a quello degli assegni medesimi;

s) tutela delle autonomie regionali e locali e cumulabilità delle misure di sostegno da queste eventualmente previste con i benefìci di cui agli articoli 2 e 3;

t) destinazione dei risparmi di spesa conseguenti all'applicazione del presente articolo a copertura degli interventi previsti dagli articoli 2 e 3;

u) individuazione di risparmi di spesa pubblica per un ammontare non inferiore a 3,4 miliardi di euro per il primo anno successivo a quello della data di entrata in vigore della presente legge, a 6,5 miliardi di euro per il secondo anno successivo a quello della data di entrata in vigore della presente legge e a 9 miliardi di euro a decorrere dal terzo anno successivo a quello della data di entrata in vigore della presente legge, da destinare all'incremento delle dotazioni per gli interventi di cui agli articoli 2 e 3;

v) istituzione di un tavolo tecnico con le associazioni per la tutela della famiglia e gli altri soggetti istituzionali competenti in materia, al fine di mantenere un contatto diretto con la platea di beneficiari e di verificare lo stato di attuazione e l'impatto degli interventi di cui agli articoli 2 e 3.

Art. 5.
(Procedimento)

1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, lo schema del decreto legislativo di cui all'articolo 1, corredato di relazione tecnica, è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione. Le Commissioni possono chiedere al Presidente della rispettiva Camera di prorogare di venti giorni il termine per l'espressione del parere, qualora ciò si renda necessario per la complessità della materia. Decorso il termine previsto per l'espressione dei pareri o quello eventualmente prorogato, il decreto legislativo può essere comunque adottato. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente il testo alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e di motivazione, perché su di esso sia espresso il parere delle competenti Commissioni parlamentari entro venti giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, il decreto legislativo può comunque essere adottato in via definitiva.
2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui all'articolo 1, il Governo può adottare, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui alla presente legge e con la procedura di cui al comma 1 del presente articolo, disposizioni integrative e correttive del medesimo decreto legislativo.

torna su