PDL 2233

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2233

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
POLLASTRINI, VERINI, BOLDRINI, BRUNO BOSSIO, INCERTI, CIAMPI,
LA MARCA, PEZZOPANE, SCHIRÒ, ZAN

Modifiche alla legge 24 marzo 1958, n. 195, in materia di equilibrio tra i sessi nella rappresentanza dei magistrati presso il Consiglio superiore della magistratura

Presentata il 31 ottobre 2019

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Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge riproduce, nell'identico testo, la proposta di legge a prima firma dell'allora presidente della II Commissione Giustizia della Camera dei deputati Donatella Ferranti (atto Camera n. 4512) presentata nel corso della XVII legislatura e sulla quale la stessa Commissione ha svolto un'indagine conoscitiva, in materia di equilibro tra i sessi nella rappresentanza dei magistrati presso il Consiglio superiore della magistratura (CSM).
Il principio della parità di genere è riconosciuto dall'articolo 3 della Costituzione ed è stato rafforzato, a completamento di un percorso politico e legislativo virtuoso, che ha favorito negli anni la promozione dell'eguaglianza di genere, in primis nell'accesso alle cariche elettive, dal legislatore costituzionale nel 2003. Con la legge costituzionale n. 1 del 2003 è stato infatti modificato l'articolo 51, primo comma, della Costituzione, prevedendo che «la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini». La riforma elettorale disposta con la legge n. 165 del 2017 ha introdotto, poi, varie disposizioni per il riequilibrio della rappresentanza dei sessi ed ulteriori norme in materia sono previste dalle leggi per l'elezione del Parlamento europeo, delle regioni e degli enti locali.
A livello nazionale, nella XVIII legislatura (2018), con l'entrata in vigore della citata legge n. 165 del 2017, la percentuale di donne elette in Parlamento ha raggiunto il 35 per cento. Al Parlamento europeo, nel 2004, con l'introduzione delle quote di lista, la presenza femminile è aumentata sensibilmente, fin quasi a raddoppiare nel 2014, con l'introduzione della doppia o tripla preferenza di genere. Con 29 donne su 73 eletti, pari al 39,7 per cento, l'Italia ha superato la media del Parlamento europeo (37 per cento). A livello regionale, l'obbligo delle quote di lista e l'introduzione della preferenza di genere hanno prodotto effetti significativi sul riequilibrio di genere negli organi elettivi. Resta tuttavia molto scarsa la presenza femminile a capo degli esecutivi. Per i comuni la legge statale ha disciplinato l'applicazione del principio di riequilibrio di genere nella composizione degli organi sia elettivi sia nominativi. Il fatto che, dopo la tornata di elezioni amministrative del 2018, la percentuale dei sindaci risulti ancora fortemente sbilanciata a favore degli uomini (86,92 per cento contro il 13,08 per cento di donne) conferma, tuttavia, la persistente tendenza a una marginalizzazione di tipo verticale: le cariche di maggior rilievo politico paiono continuare a essere appannaggio prevalente degli uomini (fonte: Parità vo cercando 1948-2018. Settanta anni di elezioni in Italia: a che punto siamo con il potere delle donne? – Ufficio valutazione impatto. Senato della Repubblica)
Nel mondo giudiziario bisogna attendere il 1965 per vedere le prime donne nella magistratura: erano solo 27, il 6 per cento dei vincitori del concorso. Nel 1987, per la prima volta avvenne il sorpasso: tra i nuovi 300 magistrati, le donne furono 156. Il divario si allarga poi a partire dal 2007 e nell'ultimo concorso le donne hanno rappresentato il 65 per cento dei vincitori. È però solo dal 2015 che il numero totale di donne presenti nella magistratura ha superato quello degli uomini (fonte: CSM – Ufficio statistico – Distribuzione per genere del personale di magistratura, marzo 2019).
Sembrerebbe, quindi, che la vera soglia di sbarramento alla partecipazione paritaria delle donne, sia in sede rappresentativa, sia in sede lavorativa, si stia spostando sempre più dall'accesso allo sviluppo della carriera. Più chiaramente: non potendo, ormai, più arginare la presenza femminile nelle professioni, come attestano le statistiche, la «trincea sessista» si sta riposizionando attorno alle figure apicali, ai ruoli direttivi, organizzativi e decisionali. Ed anche in questo caso, i dati forniti dal CSM confermano lo squilibrio laddove, su 447 magistrati con incarichi direttivi, 3 magistrati su 4 (72 per cento) sono uomini.
Nonostante, quindi, siano una schiacciante maggioranza, le donne magistrato non hanno ancora ottenuto il giusto riconoscimento nelle sedi rappresentative: l'attuale sistema elettorale previsto per il CSM ai sensi della legge n. 195 del 1958 appare, soprattutto alla luce delle evidenze, scarsamente compatibile con le pari opportunità nella rappresentanza di genere, come dimostrato, prima ancora che da qualsiasi altro argomento, dai risultati: una sola donna togata nella consiliatura 2002-2006, quattro in quella 2006-2010, due in quella 2010-2014, una in quella 2014-2018 e cinque nell'attuale. Come spesso è stato osservato questo è un sistema che, lungi dal favorire l'emersione delle figure più rappresentative a livello nazionale dell'intera magistratura, incrementa e accresce localismi e micro corporativismi e rende sempre più difficile far emergere la questione della rappresentanza femminile.
Si tratta, infatti (articoli da 21 a 29 della legge n. 195 del 1958), di un sistema (maggioritario, senza voto di lista) articolato su tre collegi unici nazionali a base uninominale, che di fatto penalizza le donne magistrato, consegnando un potere determinante al peso delle «correnti» e consentendo di limitare i candidati a un numero corrispondente (o di poco superiore) a quello degli eleggibili in forza di «intese» preventive attuate dai gruppi associativi.
Occorre, quindi, in attesa di una più ampia riforma del sistema elettorale del CSM, introdurre nella legge n. 195 del 1958 misure di riequilibrio di genere e contro le discriminazioni che, nel rispetto della volontà degli elettori, diano più spazio alla rappresentanza femminile. Si tratta in particolare di ribadire il principio di eguaglianza e di introdurre il meccanismo della doppia preferenza di genere, già sperimentato nelle elezioni politiche con un giudizio positivo della Corte costituzionale espresso nella sentenza n. 4 del 2010.
D'altronde, l'analisi del dibattito sulle misure di riequilibrio di genere porta a concludere che non vi è, al momento, un'altra strada. Ma non si veda in ciò una debolezza della donna; si tratta invece di una deficienza del sistema che nulla o quasi riconosce all'impegno profuso fuori dall'ambito domestico, alla capacità organizzativa dimostrata nel saper armonizzare la vita di studio e di lavoro con l'aspirazione e la vita privata. Ovviamente, tale intervento normativo dovrà essere accompagnato da un cambio di passo sul piano culturale per mettere grandi professionalità dell'universo femminile al servizio della magistratura anche in ruoli più rappresentativi. La presenza sempre maggiore delle donne nella magistratura ha, infatti, rivoluzionato il sistema giudiziario in termini di efficienza, versatilità e sensibilità, offrendo un approccio diverso rispetto sia all'analisi della questione giuridica sia all'organizzazione degli uffici, ai rapporti con le parti, con gli imputati, con i testimoni e con il personale giudiziario; e ciò, contrariamente a quanto si è pensato per anni, non solo in materia di diritto di famiglia o di tutela dei minori, ma in tutti i diversi campi del diritto.
La presente proposta di legge non pretende di garantire direttamente il risultato della presenza paritaria fra donne e uomini nella componente togata del CSM, ma intende assicurare un incremento della presenza femminile attraverso l'introduzione di una norma di principio generale (articolo 23, comma 1) e del meccanismo della doppia preferenza di genere (articolo 25, commi 3 e 5, e articolo 26), già previsto e sperimentato nell'ambito della rappresentanza politica e anche valutato positivamente dalla Corte costituzionale nella citata sentenza n. 4 del 2010. Non si tratta, dunque, di «quote di risultato», ma di una seria misura di riequilibrio, nel rispetto della volontà degli elettori.
Nel dettaglio, la presente proposta di legge, composta da un solo articolo, prevede modifiche agli articoli 23, 25, 26 e 27 della legge n. 195 del 1958. In particolare, la lettera a) del comma 1 dell'unico articolo interviene sull'articolo 23, comma 1, ai sensi del quale l'elezione dei componenti togati avviene con voto personale, diretto e segreto: viene specificato che il sistema di elezione deve favorire un'equilibrata rappresentanza di donne e di uomini. La lettera b) modifica l'articolo 25, che disciplina il procedimento elettorale, per consentire ai magistrati che presentano candidature di indicare anche due magistrati in ciascun collegio, in luogo dell'attuale candidatura unica, purché sia rispettata l'alternanza dei sessi. Conseguentemente, nell'elenco dei candidati, che sarà pubblicato e inviato a tutti gli elettori, i nominativi dovranno essere riportati seguendo un ordine alternato per sesso e, per ciascun sesso, l'ordine alfabetico. La lettera c) modifica l'articolo 26, relativo alle votazioni, per consentire a ciascun magistrato di esprimere – in ciascuno dei tre collegi unici nazionali – fino a due voti, al posto dell'attuale preferenza unica. Il doppio voto è consentito a condizione che il secondo voto sia espresso per un candidato di sesso diverso dal primo; se i due candidati votati appartengono allo stesso sesso, il secondo voto è nullo mentre il primo è valido. Per consentire questa opzione ed eventualmente procedere all'annullamento del secondo dei voti, l'articolo 26, al nuovo comma 3-bis, specifica che la scheda elettorale dovrà prevedere linee orizzontali numerate a stampa sulle quali l'elettore potrà scrivere i nominativi prescelti. La lettera d), infine, modifica l'articolo 27, intervenendo sullo scrutinio e sull'assegnazione dei seggi.
La riforma proposta non incide sulla disposizione in base alla quale sono dichiarati eletti i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti, fino all'assegnazione dei seggi spettanti a ciascun collegio. Non si tratta, infatti, di «quote di risultato» bensì di «una misura di riequilibrio, nel rispetto della volontà degli elettori». La modifica stabilisce invece, solo nel caso di parità tra i voti riportati da più candidati di sesso diverso, che il seggio sia assegnato al «candidato del sesso meno rappresentato nel precedente Consiglio» e dunque, almeno per la prossima consiliatura, al candidato di sesso femminile. Ulteriori criteri da applicare in caso di ex aequo sono quelli dell'anzianità di iscrizione in ruolo e, in subordine, dell'anzianità anagrafica.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Alla legge 24 marzo 1958, n. 195, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 23, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il sistema di elezione favorisce un'equilibrata rappresentanza di donne e uomini»;

b) all'articolo 25:

1) al comma 3, dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «Essi possono presentare due candidature in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell'articolo 23 solo nel caso in cui sia rispettata l'alternanza dei sessi» e, al terzo periodo, dopo le parole: «, sotto la responsabilità del candidato» sono inserite le seguenti: «o dei candidati»;

2) al comma 4, le parole: «il candidato» sono sostituite dalle seguenti: «ciascun candidato»;

3) al comma 5, dopo le parole: «di cui all'articolo 23, comma 2,» sono inserite le seguenti: «segue un ordine alternato per sesso e, per ciascun sesso, l'ordine alfabetico. A cura della segreteria del Consiglio superiore della magistratura l'elenco»;

c) all'articolo 26:

1) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Ogni elettore esprime uno o due voti su ciascuna scheda elettorale. Nel caso in cui esprima due voti, il secondo voto deve essere espresso per un candidato di sesso diverso dal primo. È nullo il secondo voto nel caso sia attribuito a un candidato dello stesso sesso di quello per cui è stato espresso il primo voto»;

2) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. L'elettore esprime il voto, o i voti, scrivendo il nominativo del candidato prescelto, o quelli dei candidati prescelti, sulle apposite linee orizzontali numerate a stampa, recanti i numeri 1 e 2 al fine di contraddistinguere l'ordine dei voti ai fini di quanto previsto dal comma 3»;

3) al comma 6, dopo le parole: «È nullo» è inserita la seguente: «solo»;

d) all'articolo 27:

1) al comma 1, dopo le parole: «secondo la preferenza espressa» sono inserite le seguenti: «o le preferenze espresse»;

2) al comma 2, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «In caso di parità di voti tra candidati di sesso diverso, prevale il candidato del sesso meno rappresentato nel precedente Consiglio, altrimenti prevale il candidato più anziano nel ruolo».

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