PDL 2201

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2201

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato LONGO

Disposizioni per il contrasto della violenza di genere

Presentata il 22 ottobre 2019

torna su

Onorevoli Colleghi! – A oltre otto anni dall'adozione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, il raggiungimento degli obiettivi della Convenzione resta ancora molto lontano.
Non ci si poteva certo illudere che, con la sola ratifica ai sensi della legge 27 giugno 2013, n. 77, il problema della violenza sulle donne fosse risolto; la carenza delle strutture amministrative e di volontariato – in particolare dopo le segnalazioni relative ai cosiddetti «eventi sentinella» effettuate agli organi competenti dai soggetti in pericolo – dimostra con evidenza che il problema riguarda soprattutto l'applicazione delle norme.
L'integrità fisica o morale dei minori e dei soggetti deboli da tutelare è già oggetto di previsione normativa in ambito giudiziario: l'istanza volta a ottenere ordini di protezione contro gli abusi familiari, ai sensi dell'articolo 342-bis del codice civile; l'esposizione all'autorità di pubblica sicurezza dei fatti di stalking (legge 23 aprile 2009, n. 38) anche prima che sia proposta querela per gli atti persecutori di cui all'articolo 612-bis del codice penale. È però necessario attribuire un ruolo specifico anche ai servizi socio-assistenziali del territorio, nonché al sindaco competente per la proposta di trattamento sanitario obbligatorio, ove ne ricorrano i presupposti. Nello stesso tempo, sarebbe utile anche intervenire sul piano della prevenzione, ai sensi del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, consentendo al questore di ammonire oralmente il soggetto autore della minaccia e di proporre le misure previste dallo stesso codice (divieto di avvicinamento a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona in pericolo ovvero obbligo di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona in pericolo; obbligo di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona in pericolo o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o da tali persone; divieto di comunicare, attraverso qualsiasi mezzo, con le persone in pericolo).
Si tratta di prescrizioni assistite da procedure di controllo mutuate dall'applicazione dell'articolo 275-bis, comma 1, del codice di procedura penale e, in particolare, del cosiddetto «braccialetto elettronico», di cui al decreto del Ministro dell'interno 2 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 38 del 15 febbraio 2001.
Affinché tali prescrizioni (come previsto all'articolo 1 della presente proposta di legge) siano efficaci, occorre soprattutto incidere sulla coscienza collettiva: la cultura contro la violenza di genere deve essere diffusa mediante un'attenta opera educativa e formativa, mentre il diritto dovrebbe intervenire nelle situazioni patologiche con il consueto meccanismo deterrente e con quello, non meno importante, di affiancamento e supporto. La patologia deve essere prevenuta equiparando la discriminazione di genere alle altre discriminazioni già efficacemente sanzionate dalla cosiddetta «legge Mancino» (decreto-legge n. 122 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 205 del 1993), così come dispone l'articolo 2 della presente proposta di legge.
Per quanto concerne l'affiancamento, esso si realizza soprattutto non lasciando le vittime della violenza di genere abbandonate a se stesse, dinanzi a un finto agnosticismo nel quale spesso il sistema della giustizia si rifugia per ignorare le situazioni in cui il carattere fittizio dello strumento processuale è evidente. Sull'abuso del diritto nel processo penale la dottrina si è già interrogata e le previsioni dell'articolo 3 della presente proposta di legge rispondono a un'istanza più volte avanzata dalla società civile.
Chi ha adeguate possibilità economiche può intentare cause contro il soggetto od oggetto delle proprie persecuzioni con motivazioni inventate, promuovendo azioni legali inutili, con spese a carico dello Stato, che nascondono altri interessi personali, vendette, lotte tra coniugi o altro ancora, con un unico scopo: infastidire e arrecare danno. In questo tipo di reato accade che lo stalker si descriva falsamente come vittima e presenti denuncia contro la vera parte offesa, che è la sua vittima, accusandola dei più diversi reati nell'intento di arrecarle un danno psicologico, un danno di immagine e, tramite la denuncia, civile o penale, anche un danno giudiziario, sicuro di non correre rischi.
Ciò è inaccettabile giuridicamente, eticamente e socialmente: la soluzione è quella di prevedere un'apposita aggravante del reato di calunnia, perché utilizzando la legge per fini personali, attraverso lo «stalking giudiziario», si vuole solo soddisfare il proprio interesse personale di perseguitare la vittima, con reiterate azioni civili o penali riproposte nel tempo, dettate da odio, vendetta, rivalità, invidia o interessi economici, ovvero da una perversione mentale mirante a infastidire, ad arrecare danno a tutti i livelli e a molestare la vittima, al fine di modificare le sue abitudini e il suo tenore di vita, di farle perdere il lavoro, di provocare danni alla sua salute e di portarla a uno stato di esaurimento psicofisico, nella speranza che, magari, la vittima muoia o tenti il suicidio a causa dello stress provocato da tale situazione. Tutto ciò è realizzato attraverso l'azione giudiziaria per calunnia esperita contro la vittima, essendo spesso questo l'unico mezzo disponibile per il persecutore, che non è più nelle condizioni di esercitare, per esempio, la violenza fisica, a causa dell'allontanamento dalla vittima, o lo stalking vero e proprio.
Questa situazione determina un aggravio del carico processuale, rallentando l'attività degli organi giudiziari, che potrebbero invece utilizzare il loro tempo in maniera più proficua per i cittadini, e grava lo Stato di spese inutili per procedimenti privi di qualsiasi fondamento. Non ultimo, la vittima molestata continuamente è anche costretta a farsi carico delle inevitabili spese legali e processuali, subendo un ulteriore danno sul piano economico, sul piano psicologico e su quello dell'immagine personale e professionale. Pertanto, è necessario prevedere un adeguato risarcimento in favore della stessa vittima per i danni economici e biologici da essa subiti a causa di comportamenti persecutori che le hanno di fatto impedito di continuare normalmente la propria vita, sia sociale che lavorativa.
Il risarcimento economico dovrebbe essere così oneroso da scoraggiare chiunque dal tentare di utilizzare la giustizia a fini personali, perseguitando le vittime finanche nelle aule giudiziarie, rovinando loro la vita, la salute e l'attività lavorativa, poiché non si può permettere che gli autori di un'azione civile o, a maggior ragione, penale priva di fondamento e i falsi testimoni chiamati per renderla credibile siano esenti da gravi responsabilità. Dallo scoraggiamento di azioni processuali di questo tipo deriverebbe, tra l'altro, un alleggerimento del carico processuale che grava sui tribunali, a causa di motivi inesistenti e strumentali ad altri fini del tutto illegittimi, e sarebbero anche evitati tanti presumibili errori giudiziari che, poi, a distanza di tempo, si scoprono essere tali.
Con la presente proposta di legge, quindi, si intende prestare la dovuta attenzione al problema, poiché la giustizia deve applicare la legge secondo equità e deve essere impedito qualsiasi uso distorto e a fini personali illegittimi degli strumenti giudiziari.

torna su

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Ammonimento e misure di prevenzione)

1. La lettera c) del comma 1 dell'articolo 1 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, è sostituita dalla seguente:

«c) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, comprese le reiterate violazioni del foglio di via obbligatorio di cui all'articolo 2, nonché dei divieti di frequentazione di determinati luoghi previsti dalla vigente normativa, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo:

1) la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica;

2) l'integrità fisica o morale dei minorenni e dei soggetti tutelati dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, resa esecutiva dalla legge 27 giugno 2013, n. 77. Per i soggetti di cui al presente numero costituiscono elementi di pericolo:

2.1) l'istanza volta a ottenere ordini di protezione contro gli abusi familiari, ai sensi dell'articolo 342-bis del codice civile, anche se preannunciata direttamente all'autorità di pubblica sicurezza;

2.2) l'esposizione all'autorità di pubblica sicurezza dei fatti di cui all'articolo 8 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, anche prima che sia proposta querela per il reato di cui all'articolo 612-bis del codice penale».

2. Dopo l'articolo 2 del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, è inserito il seguente:

«Art. 2-bis. – (Ammonimento)1. Il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ammonisce oralmente il soggetto di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 2), invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata a chi ha richiesto l'ammonimento e al soggetto ammonito.
2. Il questore valuta l'eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni e delle altre misure di cui all'articolo 3, comma 4, anche in deroga agli ulteriori requisiti ivi previsti, nonché le seguenti misure, che sono immediatamente esecutive:

a) divieto di avvicinamento a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona in pericolo ovvero obbligo di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona in pericolo;

b) divieto di avvicinamento a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona in pericolo o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero obbligo di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o da tali persone;

c) divieto di comunicare, attraverso qualsiasi mezzo, con le persone di cui alle lettere a) e b).

3. Nel disporre le misure di cui alle lettere a) e b) del comma 2, il questore prescrive procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici consentiti dalla normativa vigente. Il prevenuto che, al fine di sottrarsi ai controlli prescritti, in qualsiasi modo altera il funzionamento dei mezzi elettronici o degli altri strumenti tecnici adottati nei suoi confronti, o comunque si sottrae fraudolentemente alla loro applicazione o al loro funzionamento, è sottoposto a custodia cautelare in carcere ed è punito con la reclusione da uno a tre anni. Quando la frequentazione dei luoghi di cui al comma 2 sia necessaria per motivi di lavoro ovvero per esigenze abitative, il questore prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni.
4. I provvedimenti di cui ai commi 2 e 3 sono comunicati al presidente del tribunale affinché, con decreto, ne convalidi l'esecutività entro quarantotto ore dalla loro imposizione. Nel caso in cui sussistano motivi di particolare gravità, il presidente del tribunale può altresì disporre, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, che alla persona ammonita ai sensi del comma 1 del presente articolo sia imposto, in via provvisoria, l'obbligo o il divieto di soggiorno fino a quando non sia divenuta esecutiva la misura di prevenzione proposta, ai sensi dell'articolo 7. I provvedimenti di cui ai commi 2 e 3 sono altresì comunicati alla parte in pericolo e ai servizi socio-assistenziali del territorio, nonché al sindaco eventualmente competente per la proposta di trattamento sanitario obbligatorio, ove ne ricorrano i presupposti».

3. La pena per il delitto di cui all'articolo 612-bis del codice penale è aumentata se il fatto è commesso da un soggetto ammonito ai sensi dell'articolo 2-bis del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, introdotto dal comma 2 del presente articolo.
4. Si procede d'ufficio per il delitto previsto dall'articolo 612-bis del codice penale se il fatto è commesso da un soggetto ammonito ai sensi dell'articolo 2-bis del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, introdotto dal comma 2 del presente articolo.

Art. 2.
(Discriminazione di genere)

1. Costituisce discriminazione di genere quella compiuta in violazione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2001, resa esecutiva dalla legge 27 giugno 2013, n. 77, e di ogni altro accordo sovranazionale e internazionale in materia sottoscritto dall'Italia, nonché della legislazione nazionale ispirata agli stessi princìpi e, in particolare, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119.
2. All'articolo 604-bis del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, lettere a) e b), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «o fondati sulla discriminazione di genere»;

b) al secondo comma, primo periodo, dopo le parole: «o religiosi» sono aggiunte le seguenti: «o fondati sulla discriminazione di genere»;

c) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all'odio o alla violenza, né le condotte conformi al diritto vigente ovvero, anche se assunte all'interno di organizzazioni che svolgano attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto, relative all'attuazione dei princìpi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni»;

d) alla rubrica sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «o fondati sulla discriminazione di genere».

3. Al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) alla rubrica dell'articolo 1 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «o fondati sulla discriminazione di genere»;

b) nel titolo, le parole: «e religiosa» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosa e di genere».

Art. 3.
(Misure per il contrasto dell'abuso del
processo)

1. Il secondo comma dell'articolo 368 del codice penale è sostituito dal seguente:

«La pena è aumentata:

a) se s'incolpa taluno di un reato per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o un'altra pena più grave;

b) se lo scopo della simulazione è di portare a ulteriori conseguenze il delitto di cui all'articolo 612-bis».

2. Al comma 3 dell'articolo 427 del codice di procedura penale sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Vi è sempre colpa grave quando è manifesta la condotta abusiva del querelante, che abbia fatto un uso distorto di strumenti giuridici idonei a ottenere un vantaggio indebito, ancorché tale condotta non sia in contrasto con alcuna specifica disposizione. È sempre indebito il vantaggio funzionale a portare a ulteriori conseguenze il delitto di cui all'articolo 612-bis del codice penale».
3. In deroga agli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile, il giudice, anche d'ufficio, può condannare la parte soccombente del giudizio civile al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata, comunque non superiore al doppio delle spese liquidate, in presenza di motivi manifestamente infondati e quando è al contempo manifesta la condotta abusiva del ricorrente. È sempre abusiva la condotta di chi:

a) abbia fatto un uso distorto di strumenti giuridici idonei a ottenere un vantaggio indebito, ancorché tale condotta non sia in contrasto con alcuna specifica disposizione;

b) compie il delitto di cui all'articolo 368, secondo comma, del codice penale, come modificato dal comma 1 del presente articolo.

torna su