PDL 2192

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2192

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
MORRONE, MOLINARI, BISA, CAVANDOLI , ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BONIARDI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, VANESSA CATTOI, CECCHETTI, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, DARA, DE ANGELIS, DI MURO, DONINA, DURIGON, FERRARI, FOGLIANI, FOSCOLO, FURGIUELE, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LOLINI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, PANIZZUT, PATELLI, PICCOLO, PRETTO, RACCHELLA, RIBOLLA, SUTTO, TATEO, TIRAMANI, TOMBOLATO, TONELLI, VALBUSA, VALLOTTO, ZICCHIERI, ZORDAN

Disposizioni in materia di equo compenso e di clausole vessatorie nelle convenzioni relative allo svolgimento di attività professionali in favore delle banche, delle assicurazioni e delle imprese di maggiori dimensioni

Presentata il 18 ottobre 2019

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Onorevoli Colleghi! – Le professioni intellettuali, a partire dalla seconda metà degli anni novanta, hanno vissuto un contesto di grande instabilità causata dalla continua opera del legislatore europeo che, con frequenti e penetranti modifiche normative e procedurali operate per il tramite di direttive recepite dallo Stato italiano, ha progressivamente contribuito in maniera determinante al declino delle libere professioni. A tale proposito, già nel 1997, in relazione agli aspetti economici del rapporto professionale, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato sottolineava che una tariffa predeterminata non garantiva un servizio legale di qualità che avrebbe, viceversa, dovuto essere assicurato intervenendo sull'accesso alle professioni e sulla responsabilità professionale. Con il cosiddetto «decreto Bersani» (decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248) si iniziò quel preciso disegno di scardinamento del compenso dignitoso e decoroso, oggi diremmo equo, spettante al professionista. Infatti, avviando un processo di cosiddetta «liberalizzazione» si eliminarono i minimi tariffari, rafforzando l'articolo 2233 del codice civile in cui è contenuta una puntuale gerarchia tra le fonti per la determinazione del compenso professionale, ovvero l'accordo tra le parti, le tariffe (oggi parametri) e gli usi. Invero, già prima dell'entrata in vigore del decreto Bersani le tariffe erano applicabili in mancanza di accordo. Però l'articolo 24 della legge 13 giugno 1942, n. 794, stabiliva che: «Gli onorari e i diritti stabiliti per le prestazioni dei procuratori e gli onorari minimi stabiliti per le prestazioni degli avvocati sono inderogabili. Ogni convenzione contraria è nulla». Quindi ben si potevano pattuire compensi superiori ai massimi tariffari (Cassazione civile, sezione II, sentenza n. 7051 del 5 luglio 1990), ma non si potevano, a pena di nullità, pattuire compensi inferiori ai minimi, a tutela del decoro della professione (Cassazione civile, sezione II, sentenza n. 1519 del 12 febbraio 1988). L'effetto del decreto Bersani fu, quindi, quello di far deflagrare un ordigno nel mondo delle professioni, con il plauso incondizionato di quelli che oggi identifichiamo come i cosiddetti «contraenti forti», ovvero banche, assicurazioni e altri. Successivamente, il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, istituzionalizzava la pattuizione per iscritto del conferimento dell'incarico, avendo come mero riferimento le tariffe professionali, con ampia possibilità di deroga, fermo restando che in caso di mancata determinazione del compenso soccorrevano le tariffe stesse. Successivamente, veniva istituzionalizzato anche il dovere di informazione del cliente sul livello di complessità dell'incarico, con la necessità di fornire tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento sino alla conclusione dell'incarico. Il decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 (cosiddetto «decreto Monti»), all'articolo 9, ha esplicitato l'abrogazione di tutte le tariffe previste per le professioni regolamentate, anche quella forense, stabilendo contestualmente l'implicita abrogazione delle norme che rinviano ai sistemi tariffari per la determinazione del compenso. Pertanto, l'unico criterio per la determinazione del compenso professionale è diventato l'accordo tra le parti, in assenza del quale si fa ricorso ai ben noti parametri ministeriali, ma in sede giudiziale. Da ultimo, con la legge 4 agosto 2017, n. 124, che ha modificato il citato articolo 9, è stato introdotto l'obbligo per gli avvocati di fornire a tutti i clienti un preventivo relativo alla prestazione richiesta, con il dettaglio dei costi per ogni voce di spesa e sempre in forma scritta, indipendentemente dalla richiesta del cliente. Sostanzialmente, a fronte di sempre maggiori e puntuali oneri informativi in capo al professionista nei confronti del cliente, su ogni aspetto del rapporto professionale, del tutto contraddittoriamente la determinazione del compenso è divenuta sempre più aleatoria. Questo stato di cose ha avuto come unica conseguenza un generalizzato peggioramento delle prestazioni professionali rese, determinando parallelamente il crollo dei redditi dei professionisti. Al fine di porre rimedio a questa situazione, in seguito ad un serrato dibattito politico, in data 6 dicembre 2017 è entrata in vigore la legge 4 dicembre 2017, n. 172, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Con questo provvedimento, all'articolo 19-quaterdecies, comma 1, è stato introdotto l'articolo 13-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247, in materia di equo compenso per le prestazioni professionali degli avvocati. Successivamente, al momento della conversione in legge, l'ambito di applicazione di detta disposizione è stato esteso a tutti i professionisti, anche a quelli iscritti ad ordini e collegi (comma 2 dell'articolo 19-quaterdecies) ed è stato chiarito che «La pubblica amministrazione, in attuazione dei princìpi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell'equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» (comma 3 dell'articolo 19-quaterdecies). Tuttavia, nonostante la disciplina normativa dell'equo compenso sia stata salutata come un passo decisivo per invertire il trend negativo determinatosi a seguito di una indiscriminata accettazione delle regole europee in materia di libera concorrenza, l'impatto pratico, ad oggi, non ha determinato gli effetti sperati. Infatti, sebbene il richiamato principio dell'equo compenso sia stato sancito anche nei rapporti con la pubblica amministrazione, questo non ha impedito il verificarsi di situazioni paradossali nelle quali si è giunti a ipotizzare, con l'iniziale avallo della giurisprudenza amministrativa (tribunali amministrativi regionali e Consiglio di Stato), che il lavoro possa essere retribuito in base a un prezzo simbolico, consistente in un compenso minimo aberrante e, da ultimo, nei giorni scorsi, che la collaborazione del professionista possa essere prestata a titolo gratuito. Il giudice di legittimità si è più volte pronunciato a difesa della tutela del decoro professionale e contro lo svilimento a livello economico della prestazione resa dai liberi professionisti, che in definitiva nuoce al sistema Paese il quale, certamente, ha sempre individuato nel lavoro autonomo il motore dell'economia. Inoltre, nel caso degli avvocati, non può ulteriormente sottacersi che la prestazione professionale è resa a tutela di interessi costituzionalmente garantiti in un ambito, la giustizia, cruciale in qualsiasi democrazia occidentale e che in tal senso un compenso minimo garantito non può che garantire a sua volta il cliente da prestazioni professionali di bassa qualità. Pertanto, non sembra poter essere più rinviabile una riforma che consenta alle libere professioni di recuperare la centralità che spetta loro nel sistema Paese e che certamente non può prescindere dall'assicurare loro un compenso minimo garantito. Questo obiettivo non contrasta con il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, come chiarito dalla stessa giurisprudenza europea, la quale ha più volte pacificamente affermato che nel caso in cui la tariffa sia stabilita con legge dello Stato o comunque sia adottata da un ente statale non si verifica alcuna violazione dell'articolo 101, paragrafo 1, del Trattato stesso, non sussistendo in tal caso alcuna violazione delle norme in materia di concorrenza. Nel caso italiano, quindi, le tariffe non violavano il Trattato e furono abrogate dal citato decreto Monti per una precisa scelta di politica economica. Peraltro, la determinazione di un compenso minimo garantito risulta pienamente conforme alla Costituzione per quanto concerne il concetto della dignità del lavoro, tutelando il diritto del professionista ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro, così come statuito dall'articolo 36 della Carta costituzionale. Al fine di individuare il compenso minimo garantito, si sottolinea che già le norme in materia di equo compenso per la professione forense richiamano il decreto ministeriale sui cosiddetti «parametri» (regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia n. 55 del 2014), i cui importi possono quindi assurgere, come prefigurato nella presente proposta di legge, ad elemento costitutivo per la determinazione del compenso professionale garantito, considerando non equo il compenso inferiore ai minimi stabiliti dai suddetti parametri.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Ambito di applicazione)

1. La presente legge disciplina i rapporti professionali regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali svolte in favore di imprese bancarie e assicurative, nonché delle imprese che nel triennio precedente al conferimento dell'incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di sessanta lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro.
2. Le disposizioni della presente legge si applicano a ogni tipo di accordo preparatorio o definitivo, purché vincolante per il professionista, le cui clausole sono unilateralmente predisposte o comunque utilizzate dalle imprese di cui al comma 1.

Art. 2.
(Disciplina dell'equo compenso e delle clausole vessatorie per le prestazioni dei professionisti)

1. Ai fini della presente legge si considera equo il compenso determinato nelle convenzioni di cui all'articolo 1 quando, in relazione alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale nonché all'eventuale ripetitività delle prestazioni richieste, il compenso risulta conforme ai parametri definiti dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.
2. Gli accordi preparatori o definitivi, purché vincolanti per il professionista, conclusi tra i professionisti e le imprese di cui all'articolo 1 si presumono unilateralmente predisposti dalle imprese stesse, salva prova contraria.
3. Ai fini della presente legge si considerano vessatorie le clausole contenute nelle convenzioni di cui all'articolo 1 che determinano, in ragione della non equità del compenso pattuito o delle altre previsioni in esse contenute, un significativo squilibrio contrattuale a carico del professionista.
4. In particolare, si considerano vessatorie le clausole che consistono:

a) nella riserva al cliente della facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto;

b) nell'attribuzione al cliente della facoltà di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto;

c) nell'attribuzione al cliente della facoltà di pretendere prestazioni aggiuntive che il professionista deve eseguire a titolo gratuito;

d) nell'anticipazione delle spese a carico del professionista;

e) nella previsione di clausole che impongono al professionista la rinuncia al rimborso delle spese direttamente connesse alla prestazione dell'attività professionale oggetto della convenzione;

f) nella previsione di termini di pagamento superiori a sessanta giorni dalla data di ricevimento da parte del cliente della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente;

g) nel caso di un incarico conferito a un avvocato, nella previsione che, in ipotesi di liquidazione delle spese di lite in favore del cliente, all'avvocato sia riconosciuto solo il minore importo previsto nella convenzione, anche nel caso in cui le spese liquidate siano state interamente o parzialmente corrisposte o recuperate dalla parte;

h) nella previsione che, in ipotesi di un nuovo accordo sostitutivo di un altro precedentemente stipulato con il medesimo cliente, la nuova disciplina in materia di compensi si applichi, se comporta compensi inferiori a quelli previsti nel precedente accordo, anche agli incarichi pendenti o, comunque, non ancora definiti o fatturati;

i) nella previsione che il compenso pattuito per l'assistenza e la consulenza in materia contrattuale spetti soltanto in caso di sottoscrizione del contratto.

5. Non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che riproducono disposizioni o attuano princìpi contenuti in convenzioni internazionali delle quali siano parti contraenti tutti gli Stati membri dell'Unione europea o l'Unione europea.
6. Le clausole di cui al comma 4 si presumono vessatorie in via assoluta, anche se oggetto di trattativa.
7. Non costituiscono prova della specifica trattativa e approvazione le dichiarazioni contenute nelle convenzioni di cui all'articolo 1 che attestano genericamente l'avvenuto svolgimento delle trattative, senza la specifica indicazione delle modalità con le quali le medesime sono state svolte.
8. Le clausole considerate vessatorie ai sensi dei commi 3, 4 e 6 sono nulle, mentre il contratto rimane valido per il resto. La nullità opera soltanto a vantaggio del professionista ed è rilevabile d'ufficio, salva rinuncia espressa e irrevocabile da parte del professionista nel cui interesse essa è prevista.
9. Il giudice, accertata la non equità del compenso del professionista, ne determina il compenso applicando i parametri previsti dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. Il giudice, altresì, accertato il carattere vessatorio di una clausola ai sensi dei commi 3, 4, e 6 del presente articolo, dichiara la nullità della stessa.
10. La prescrizione del diritto del professionista al pagamento dell'onorario di cui all'articolo 2946 del codice civile decorre dal momento in cui, per qualsiasi causa, cessa il rapporto con l'impresa. In caso di una pluralità di prestazioni prestate a seguito di un unico incarico e non aventi carattere periodico, la prescrizione decorre dall'ultima prestazione.
11. Per quanto non previsto dal presente articolo, alle convenzioni di cui all'articolo 1 si applicano le disposizioni del codice civile.

Art. 3.
(Disciplina dell'equo compenso e delle clausole vessatorie per le prestazioni dei professionisti a favore della pubblica amministrazione e degli agenti della riscossione)

1. La pubblica amministrazione e gli agenti della riscossione applicano, in relazione alle prestazioni rese dai professionisti, le disposizioni in materia di equo compenso stabilite dall'articolo 2, prevedendo che i compensi siano ridotti della metà. Trovano integrale applicazione le disposizioni dell'articolo 2 in materia di clausole vessatorie.

Art. 4.
(Azione di classe)

1. I diritti individuali omogenei dei professionisti possono essere tutelati anche attraverso l'azione di classe, ai sensi dell'articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 12 aprile 2019, n. 31, ai sensi del titolo VIII-bis del libro quarto del codice di procedura civile. Ai fini di cui al periodo precedente, ferma restando la legittimazione di ciascun professionista, l'azione di classe può essere proposta esclusivamente dal Consiglio nazionale dell'ordine al quale sono iscritti i professionisti interessati.

Art. 5.
(Osservatorio nazionale sull'equo compenso)

1. Al fine di vigilare sull'osservanza delle disposizioni previste dalla presente legge in materia di equo compenso è istituito, presso il Ministero della giustizia, l'Osservatorio nazionale sull'equo compenso, di seguito denominato «Osservatorio».
2. L'Osservatorio è composto da un rappresentante per ciascuno dei Consigli nazionali degli ordini professionali ed è presieduto dal Ministro della giustizia o da un suo delegato.
3. È compito dell'Osservatorio:

a) esprimere pareri, ove richiesto, sugli schemi di atti normativi che riguardano i criteri di determinazione dell'equo compenso e la disciplina delle convenzioni di cui all'articolo 1;

b) formulare proposte nelle materie di cui alla lettera a);

c) segnalare al Ministro della giustizia eventuali condotte o prassi applicative o interpretative in contrasto con le disposizioni in materia di equo compenso e di tutela dei professionisti dalle clausole vessatorie.

4. L'Osservatorio è nominato con decreto del Ministro della giustizia e dura in carica tre anni.
5. Ai componenti dell'Osservatorio non spetta alcun compenso, gettone di presenza o altro emolumento comunque denominato e a qualsiasi titolo dovuto.

Art. 6.
(Abrogazioni)

1. L'articolo 13-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247, e l'articolo 19-quaterdecies del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, sono abrogati.

Art. 7.
(Disposizioni transitorie)

1. Le disposizioni della presente legge si applicano agli incarichi professionali conferiti dopo la sua entrata in vigore.

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