PDL 2171

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2171

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
PERANTONI, SARLI, ADELIZZI, DAVIDE AIELLO, PIERA AIELLO, ALAIMO, ALEMANNO, AMITRANO, ARESTA, BATTELLI, BERTI, BILOTTI, BOLOGNA, BRUNO, CADEDDU, CAPPELLANI, CARBONARO, CARINELLI, CASA, CASSESE, MAURIZIO CATTOI, CHIAZZESE, CILLIS, CIMINO, CORDA, CORNELI, DAGA, D'ARRANDO, DE GIORGI, DEIANA, DEL GROSSO, DEL MONACO, DEL SESTO, DI LAURO, DI STASIO, DORI, D'UVA, EHM, EMILIOZZI, FARO, FEDERICO, FICARA, FLATI, ILARIA FONTANA, FRUSONE, GAGNARLI, GALIZIA, GIARRIZZO, GRIMALDI, GRIPPA, IORIO, IOVINO, LAPIA, LOMBARDO, LOREFICE, LOVECCHIO, MAGLIONE, ALBERTO MANCA, MANZO, MARAIA, MARINO, MASI, MICILLO, MIGLIORINO, MISITI, NAPPI, OLGIATI, PALLINI, PALMISANO, PAPIRO, PENNA, PERCONTI, PROVENZA, RICCIARDI, ROMANIELLO, SALAFIA, SCAGLIUSI, SCANU, SCERRA, SCUTELLÀ, SERRITELLA, FRANCESCO SILVESTRI, SODANO, SPORTIELLO, SURIANO, TERMINI, TERZONI, TESTAMENTO, TORTO, TRIPIEDI, TROIANO, VIANELLO, VILLANI

Modifiche agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale e altre disposizioni in materia di contrasto della violenza e della discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere, nonché istituzione di centri antiviolenza e della Giornata nazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia

Presentata il 14 ottobre 2019

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Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge mira a introdurre una specifica tutela giuridica delle vittime di violenza e discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere volta a colmare l'attuale vuoto normativo italiano rispetto agli altri Paesi dell'Unione europea.
Il 17 maggio 1990, l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha eliminato l'omosessualità dalla lista delle malattie mentali. Nonostante siano passati quasi trent'anni, nel nostro Paese gli episodi di discriminazione fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere (omotransfobia) rimangono numerosi.
In un'indagine dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), riferita all'anno 2011 e pubblicata il 17 maggio 2012, purtroppo mai più ripetuta, circa un milione di persone si è dichiarato omosessuale o bisessuale, mentre altri due milioni circa hanno dichiarato di avere sperimentato nella propria vita l'innamoramento o l'attrazione fisica per persone dello stesso sesso. Il 15,6 per cento degli intervistati non ha risposto al quesito sul proprio orientamento sessuale, mentre il 5 per cento ha scelto la modalità «altro», senza altra specificazione. Infatti, trattandosi di un quesito delicato e sensibile, i dati raccolti, ha precisato l'ISTAT nella ricerca, non sono indicativi dell'effettiva consistenza della popolazione omosessuale nel nostro Paese, ma devono considerarsi approssimati per difetto, riguardando solo le persone che hanno deciso di dichiararsi.
In base a quanto emerge da una ricerca effettuata da Euromedia Research nel gennaio 2018, il 12,8 per cento della popolazione italiana si dichiara lesbica, gay, bisessuale e transgender (LGBT). Nonostante questi numeri, ancora notevoli sono le difficoltà incontrate dalle persone appartenenti alla comunità LGBT sia in famiglia che nella vita sociale e professionale. Secondo la citata indagine dell'ISTAT, infatti, solo il 20 per cento dei genitori è a conoscenza del fatto che i propri figli sono omosessuali, mentre la percentuale sale al 45,9 per cento per i fratelli e le sorelle, al 55,7 per cento per i colleghi e al 77,4 per cento per gli amici.
Secondo i dati del servizio di supporto telefonico per persone LGBT Gay Help Line, nel 2017 sono stati circa 20.000 i contatti per denunciare discriminazioni, aggressioni o casi di allontanamento dalla casa familiare da parte dei genitori. In particolare, il 20 per cento delle richieste ricevute attraverso il numero verde si riferisce a un intervento di natura legale rispetto a casi di violenze e abusi, perpetrati a volte anche all'interno del nucleo familiare di provenienza. Le persone giovani denunciano le violenze o le discriminazioni alle Forze dell'ordine solo in un caso su venti, mentre gli adulti in un caso su dieci. Tra le vittime di discriminazioni omotransfobiche figurano anche donne e bambini, a scuola come in casa o al lavoro.
In base ai dati rilevati attraverso gli organi di stampa, ogni anno sono un centinaio le persone che denunciano pubblicamente di avere subìto abusi a causa dell'orientamento sessuale o dell'identità di genere (nel 2016 gli episodi riscontrati furono ben 196): tali dati confermano che, rispetto al fenomeno rilevato, solo una esigua parte denuncia, in quanto le vittime non trovano un supporto efficace da parte delle istituzioni.
È stato, inoltre, riscontrato negli ultimi anni un aumento del numero dei minori che subiscono violenze in famiglia a causa del loro orientamento sessuale o dell'identità di genere. Alcuni minori vengono allontanati da casa, segregati senza poter avere contatti con l'esterno o autorizzati ad uscire solo per andare a scuola.
Le discriminazioni e le violenze nei confronti delle persone LGBT si concretizzano soprattutto in discorsi d'odio, lesioni, violenze private, atti di bullismo, stalking, omicidi.
Il Consiglio d'Europa è più volte intervenuto per promuovere azioni tese a realizzare il rispetto e il pieno godimento dei diritti umani da parte delle persone LGBT (raccomandazioni dell'Assemblea parlamentare n. 924/1981, n. 1470/2000, n. 1635/2003 e n. 1915/2010; risoluzione n. 1728/2010; raccomandazione del Comitato dei ministri n. 5/2010).
Il Parlamento europeo è intervenuto chiedendo agli Stati membri di legiferare in materia, con risoluzioni che sottolineavano la necessità di adottare provvedimenti legislativi antidiscriminatori, inclusa la discriminazione determinata dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere.
La direttiva 2000/78/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2000, che vieta le discriminazioni sulla base dell'orientamento sessuale nell'ambito del lavoro, è stata recepita nell'ordinamento italiano con il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216.
Il 17 giugno 2011, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha adottato, per la prima volta, una risoluzione sui diritti umani delle persone LGBT (risoluzione del Consiglio dei diritti umani A/HRC/17/19), condannando le discriminazioni e le violenze subite a causa dell'orientamento sessuale o dell'identità di genere. Lo stesso Consiglio per i diritti umani ha approvato successivamente altre risoluzioni dello stesso tenore nel 2014 (risoluzione A/HRC/RES/27/32) e nel 2016 (risoluzione A/HRC/RES/32/2).
Nonostante queste prese di posizione a livello sovranazionale, la normativa nazionale in materia di diritti e garanzie riconosciuti alle persone omosessuali e transessuali non si conforma ancora pienamente a quanto stabilito dai princìpi della nostra Costituzione, dall'ONU, dai Trattati dell'Unione europea, dal Consiglio d'Europa e dalle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo. Pertanto appare necessario che il Parlamento intervenga legislativamente per rimuovere anche in questo settore quegli ostacoli di ordine sociale «che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana» (articolo 3 della Costituzione), non consentendo di realizzare «la pari dignità sociale», minando la garanzia dei diritti inviolabili, in particolare il bene giuridico della dignità umana, e mortificando il canone della solidarietà sociale.
Atteggiamenti concretamente ostili, discriminazioni e violenze nei confronti di persone non eterosessuali producono danni alle persone e rafforzano stigma e pregiudizi. Come evidenziato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della XIII Giornata mondiale contro l'omofobia, essi «violano la dignità umana, ledono il principio di eguaglianza e comprimono la libertà e gli affetti delle persone. A nessuno può sfuggire che qualunque forma di persecuzione in base all'orientamento sessuale costituisca, sempre e ovunque abbia luogo, una violazione inaccettabile dei diritti umani universali».
Si sottolinea, inoltre, che gli atti di intolleranza e di discriminazione hanno inaccettabili ripercussioni non solo sui singoli soggetti vittime di tali atti, ma anche sull'intera società, che risulta indebolita nei suoi valori fondamentali di convivenza.
Ne consegue che il pieno riconoscimento del diritto al rispetto del proprio orientamento sessuale e della propria identità di genere, senza che da essi derivi una ingiustificata emarginazione sociale o una lesione della propria libertà, sicurezza e integrità fisica, appare davvero necessario e non ulteriormente rinviabile.
Inoltre, l'omofobia e la transfobia costituiscono un problema sociale, evidenziando una volta di più l'esigenza di una tutela penale per contrastare le aggressioni fisiche e l'incitamento alla discriminazione o alla violenza a danno di persone che siano o appaiano essere omosessuali o transessuali. La tutela penale va ad affiancarsi agli interventi realizzati, ma tanti restano ancora da realizzare, in altri ambiti, a partire dalla necessità di garantire una positiva educazione alla conoscenza e all'incontro con l'altro, a prescindere dalle differenze personali di qualunque tipo.
L'articolo 1 della presente proposta di legge inserisce l'orientamento sessuale e l'identità di genere tra i moventi dei reati annoverati dall'articolo 604-bis del codice penale, diretto a tutelare il rispetto della dignità umana e del principio di uguaglianza sostanziale, mediante la punizione di qualsiasi condotta di istigazione o commissione di discriminazione o violenza per motivi etnici, razziali o religiosi. Pertanto, chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere è punito con la reclusione fino a un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro, così come già previsto per le altre fattispecie considerate dalla disposizione. Chi istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. L'articolo interviene anche a integrare la disposizione che vieta ogni forma di organizzazione, associazione, movimento o gruppo aventi tra i propri scopi la discriminazione o la violenza fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere, nonché sull'articolo 604-ter, in materia di circostanze aggravanti.
L'articolo 2 include i reati summenzionati tra quelli che danno diritto all'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
L'articolo 3 modifica l'articolo 90-quater del codice di procedura penale, prevedendo che la valutazione della condizione di particolare vulnerabilità della persona offesa sia determinata anche dall'avere subìto reati motivati dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere.
L'articolo 4 istituisce la Giornata nazionale contro le discriminazioni determinate dall'orientamento omosessuale, bisessuale o dall'identità di genere, nella stessa data in cui tale ricorrenza è celebrata a livello internazionale. Il 17 maggio, infatti, assume un particolare significato simbolico per tutti coloro che combattono le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere, in quanto si tratta del giorno in cui, nel 1990, l'Organizzazione mondiale della sanità ha eliminato l'omosessualità dall'elenco delle malattie mentali.
L'articolo 5 prevede l'istituzione di centri antiviolenza per le vittime di omofobia, bifobia o transfobia, prevedendo a tal fine un incremento delle risorse del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, la loro integrazione con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, le figure professionali che vi possono operare e la presentazione di una relazione alle Camere, entro il 30 giugno di ogni anno, da parte dell'autorità delegata alle pari opportunità.
L'articolo 6 interviene per superare uno dei problemi da sempre rilevato a livello nazionale e dell'Unione europea, quello relativo alla scarsa o nulla rilevazione da parte degli istituti nazionali di statistica dei dati relativi alla discriminazione e alla violenza nei confronti delle persone omosessuali, bisessuali e transessuali. Si stabilisce che tali rilevazioni statistiche siano svolte dall'ISTAT con cadenza almeno triennale.
L'articolo 7 reca la copertura finanziaria.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale)

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 604-bis, le parole: «o religiosi», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere»;

b) all'articolo 604-ter, primo comma, le parole: «o religioso» sono sostituite dalle seguenti: «, religioso o fondato sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere».

Art. 2.
(Modifica all'articolo 76 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115)

1. Al comma 4-ter dell'articolo 76 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, dopo la parola: «583-bis,» è inserita la seguente: «604-bis,».

Art. 3.
(Modifica all'articolo 90-quater del codice di procedura penale)

1. Al comma 1 dell'articolo 90-quater del codice di procedura penale, dopo le parole: «odio razziale» sono inserite le seguenti: «o fondato sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere».

Art. 4.
(Istituzione della Giornata nazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia)

1. La Repubblica riconosce il 17 maggio quale «Giornata nazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia».
2. La Giornata di cui al comma 1 non determina riduzioni dell'orario di lavoro degli uffici pubblici né, qualora cada in un giorno feriale, costituisce giorno di vacanza o comporta la riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado, ai sensi degli articoli 2 e 3 della legge 5 marzo 1977, n. 54.
3. Le amministrazioni pubbliche, in occasione della Giornata di cui al comma 1, sono invitate a organizzare cerimonie commemorative o celebrative e a favorire, in particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, la promozione e l'organizzazione di studi, di convegni e di momenti comuni di narrazione e di riflessione sulle tematiche relative alla medesima Giornata.
4. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Art. 5.
(Istituzione dei centri per il sostegno delle vittime di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere)

1. Il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, di cui all'articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è incrementato di 4 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, al fine di istituire in tutto il territorio nazionale centri antiviolenza per le vittime dei reati di cui al primo comma dell'articolo 604-bis del codice penale, come modificato dall'articolo 1 della presente legge, commessi per motivi fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere della vittima.
2. L'autorità delegata per le pari opportunità o, in mancanza, il Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvede annualmente a ripartire tra le regioni le risorse di cui al comma 1, tenendo conto:

a) della programmazione regionale e degli interventi già operativi per contrastare la violenza fondata sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere;

b) del numero dei centri antiviolenza pubblici e privati esistenti in ogni regione.

3. I centri antiviolenza di cui al presente articolo svolgono la loro attività garantendo l'anonimato delle vittime. La loro istituzione è promossa:

a) dagli enti locali, in forma singola o associata;

b) da associazioni e organizzazioni operanti nel settore del sostegno e dell'aiuto alle vittime dei reati di cui al comma 1, che abbiano maturato esperienze e competenze sul tema, con personale specificamente formato;

c) dai soggetti di cui alle lettere a) e b) d'intesa tra loro o in forma consorziata.

4. I centri antiviolenza di cui al presente articolo operano in maniera integrata, anche con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, tenendo conto delle necessità fondamentali per la protezione delle persone che subiscono violenza.
5. Indipendentemente dalle metodologie di intervento adottate e dagli specifici profili professionali degli operatori coinvolti, la formazione delle figure professionali dei centri antiviolenza di cui al presente articolo si basa su un approccio integrato alle fenomenologie della violenza, al fine di garantire il riconoscimento delle diverse dimensioni della violenza subita dalle persone, a livello relazionale, fisico, psicologico, sociale, culturale ed economico. Fa altresì parte della formazione degli operatori dei centri antiviolenza il riconoscimento del rilievo sociale della violenza riconducibile alle diseguaglianze di genere.
6. Le regioni destinatarie delle risorse di cui ai commi 1 e 2 presentano all'autorità delegata per le pari opportunità o, in mancanza, al Presidente del Consiglio dei ministri, entro il 30 marzo di ogni anno, una relazione concernente le iniziative adottate nell'anno precedente a valere sulle risorse medesime.
7. Sulla base delle informazioni fornite dalle regioni, l'autorità delegata per le pari opportunità o, in mancanza, il Presidente del Consiglio dei ministri, presenta alle Camere, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione sullo stato di utilizzo delle risorse stanziate ai sensi del presente articolo.
8. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell'autorità delegata per le pari opportunità, ove nominata, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i requisiti strutturali e organizzativi dei centri antiviolenza di cui al presente articolo, le tipologie degli stessi, le categorie professionali che vi possono operare e le modalità di erogazione dei servizi assistenziali.

Art. 6.
(Statistiche sulla discriminazione e la violenza in ragione dell'orientamento sessuale o dell'identità di genere)

1. Al fine di monitorare il fenomeno e di fornire alle autorità competenti strumenti conoscitivi utili a progettare e realizzare politiche di prevenzione e di contrasto, l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), nell'ambito delle proprie risorse, assicura lo svolgimento, con cadenza almeno triennale, di una rilevazione statistica sulle discriminazioni e sulla violenza in ragione dell'orientamento sessuale, dell'identità di genere o del ruolo di genere della vittima che ne misuri le caratteristiche fondamentali e individui i soggetti più a rischio.

Art. 7.
(Copertura finanziaria)

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 2, valutati in 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
2. Agli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 5, comma 1, pari a 4 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, si provvede, per gli anni 2020 e 2021, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per i medesimi anni, del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

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