PDL 2153

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2153

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
CARFAGNA, BAGNASCO, BIANCOFIORE, CAPPELLACCI, CASINO, CASSINELLI, DALL'OSSO, FASANO, FERRAIOLI, FITZGERALD NISSOLI, GIACOMETTO, LABRIOLA, MARIN, MAZZETTI, MILANATO, MUGNAI, NAPOLI, NOVELLI, PETTARIN, PITTALIS, POLIDORI, RIPANI, ROTONDI, RUFFINO, PAOLO RUSSO, SACCANI JOTTI, SARRO, SCOMA, SPENA, ZANGRILLO

Modifica all'articolo 380 del codice di procedura penale, in materia di arresto obbligatorio in flagranza per il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare o del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di cui all'articolo 387-bis del codice penale

Presentata il 9 ottobre 2019

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Onorevoli Colleghi! — La legge 19 luglio 2019, n. 69, licenziata con il costruttivo apporto di tutte le forze politiche e il conseguente loro voto favorevole, rappresenta soltanto la più recente risposta che il Parlamento ha offerto per dare concreti strumenti di tutela alle vittime della violenza domestica e di genere.
Del resto, il nostro Paese, da tempo, ha aderito a una lunga e complessa battaglia culturale e sociale, prima ancora che normativa, mostrando una speciale attenzione a questa gravissima piaga.
Grazie all'autorizzazione accordata con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia è stata fra i primi Paesi europei a ratificare la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, nota come «Convenzione di Istanbul». Essa costituisce il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza: per la prima volta la violenza contro le donne viene espressamente riconosciuta quale vera e propria violazione dei diritti umani, oltre che come forma di discriminazione (articolo 3 della Convenzione).
Nella medesima direzione, il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, ha rappresentato una fondamentale tappa nel percorso che il legislatore nazionale ha intrapreso per porre un argine al susseguirsi di eventi di gravissima efferatezza in danno delle donne, strutturando un sistema finalizzato non solo alla repressione, ma anche alla prevenzione quale forma di effettiva tutela delle vittime di violenza di genere e domestica.
La legge n. 69 del 2019, dunque, è il più recente approdo del legislatore, ma non, purtroppo, l'ultimo. I proponenti l'hanno definita «codice rosso» per evidenziare la corsia preferenziale che si intendeva dare alla tutela delle donne maltrattate. Tra le numerose disposizioni introdotte, si evidenzia il nuovo articolo 387-bis del codice penale.
La nuova fattispecie delittuosa punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni chiunque viola le misure cautelari dell'obbligo di allontanamento dalla casa familiare, del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa ovvero dell'ordine di allontanamento d'urgenza.
Tuttavia, la realtà ha evidenziato forti criticità, che comprimono sostanzialmente l'effettiva protezione che lo Stato è chiamato a offrire in simili situazioni. Infatti, la pena della reclusione da sei mesi a tre anni, comminata dal richiamato articolo, impedisce l'arresto in flagranza di chi si stia avvicinando alla vittima in violazione dei divieti o degli obblighi imposti dall'autorità giudiziaria, né la fattispecie delittuosa introdotta dall'articolo 387-bis figura nell'elenco dei reati che, parimenti, consentono agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria di procedere in tal senso.
L'arresto in flagranza di reato, nel diritto processuale penale italiano, è un provvedimento provvisorio limitativo della libertà personale, facente parte delle misure pre-cautelari, la cui disciplina si rinviene nel titolo VI del libro V del codice di procedura penale. Esso non avviene per iniziativa del pubblico ministero, bensì degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria, che procedono all'arresto in via provvisoria, mentre il reato è in corso, dovendo poi adempiere a precisi obblighi di comunicazione al giudice e alla richiesta di convalida entro 48 ore.
La compressione della libertà personale attuata tramite l'arresto costituisce una eccezione nel nostro ordinamento (non vi è, in tal caso, alcun provvedimento preventivo dell'autorità giudiziaria) e, pertanto, il sistema processuale penalistico la consente, in via generale, per delitti la cui pena edittale sia quella dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni (articolo 380 del codice di procedura penale, che disciplina l'arresto obbligatorio), ovvero della reclusione superiore nel massimo a tre anni per i delitti non colposi (articolo 381 del codice di procedura penale, in materia di arresto facoltativo).
Il sistema, tuttavia, prevede una possibilità di deroga in presenza di una serie di reati tassativamente elencati dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale ovvero previsti espressamente dalla legge, come nel caso dell'evasione (articolo 3 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203).
Il delitto introdotto con il nuovo articolo 387-bis del codice penale non rientra in alcuna delle fattispecie nelle quali è consentito alla polizia giudiziaria di intervenire tempestivamente a salvaguardia della vittima. In altre parole, a differenza di chi violi le disposizioni relative all'arresto domiciliare, il destinatario delle misure cautelari dell'obbligo di allontanamento dalla casa familiare o del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa che violi il relativo ordine giudiziario può tranquillamente avvicinarsi alla donna, senza che sia possibile fermarlo immediatamente tramite l'arresto.
È questo vuoto normativo che si intende colmare con la presente proposta di legge, che aggiunge al comma 2 dell'articolo 380 del codice di procedura penale la lettera l-quater), contenente il riferimento al reato di cui all'articolo 387-bis del codice penale.
La nuova disposizione renderà concreta la tutela delle donne vittime di violenza di genere o domestica, impedendo che si verifichino ulteriori ed evitabili episodi violenti in danno di vittime vulnerabili, non costituendo una mera operazione di «pink washing» (letteralmente, una «verniciatura di rosa»), poiché la nostra attenzione deve continuare ad essere, così come è sempre stata, seria, quotidiana e costruttiva.
In assenza di tale previsione, infatti, l'unica strada percorribile continuerebbe ad essere quella dell'aggravamento della misura cautelare violata in misura detentiva, richiesta dal pubblico ministero al giudice per le indagini preliminari, con i connessi e troppo lunghi tempi a ciò necessari: comunicazione scritta da parte della polizia giudiziaria della notizia di reato al pubblico ministero; ricezione, iscrizione (ex articoli 335 del codice di procedura penale e 109 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale) e trasmissione del fascicolo al pubblico ministero titolare dell'indagine nel quale era stata disposta la misura cautelare violata; valutazione e richiesta di quest'ultimo di aggravamento in misura cautelare detentiva; trasmissione al giudice per le indagini preliminari, vaglio da parte di quest'ultimo, eventuale adozione della misura custodiale e successiva trasmissione alle forze di polizia per l'esecuzione della medesima. Tutto ciò, nella routine degli uffici giudiziari, può richiedere sino a quindici giorni di tempo: troppo, per chi ritiene che non sia normale consentire al carnefice di avvicinarsi e di arrivare sino al gesto estremo dell'uccisione di una donna già maltratta e oggetto di stalking o di violenza.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Al comma 2 dell'articolo 380 del codice di procedura penale, dopo la lettera l-ter) è inserita la seguente:

«l-quater) delitto di violazione degli obblighi o dei divieti derivanti dai provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare o dal divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di cui all'articolo 387-bis del codice penale».

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