PDL 2136

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2136

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
RUGGIERO, APRILE, CANCELLERI, CARINELLI, CASO, DE GIROLAMO, DE LORENZIS, FICARA, GIULIODORI, GRIMALDI, GRIPPA, MARINO, MARTINCIGLIO, RADUZZI, RAFFA, SCAGLIUSI, TERMINI, TRANO, ZANICHELLI

Disposizioni concernenti l'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto ai corrispettivi per le prestazioni didattiche destinate al conseguimento delle patenti di guida

Presentata il 2 ottobre 2019

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Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge è finalizzata ad adeguare l'ordinamento interno a quello dell'Unione europea a seguito della recente sentenza del 14 marzo 2019 (C-449/2017), con la quale la Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) ha stabilito i criteri in base ai quali gli Stati possono esentare dall'imposta sul valore aggiunto (IVA) le prestazioni didattiche, ai sensi dell'articolo 132, paragrafo 1, lettere i) e j), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006.
La CGUE ha affermato, in particolare, che il novero delle prestazioni esenti non comprende l'insegnamento della guida automobilistica impartito da una scuola guida, ai fini dell'ottenimento delle patenti di guida per i veicoli delle categorie B e C1, di cui all'articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2006/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, concernente la patente di guida, in quanto si tratta di un insegnamento che, pur avendo ad oggetto varie conoscenze di ordine pratico e teorico, resta comunque di tipo specialistico, non equivalente, di per sé stesso, alla trasmissione di conoscenze e di competenze aventi ad oggetto un insieme ampio e diversificato di materie, nonché al loro approfondimento e al loro sviluppo, caratterizzanti l'insegnamento scolastico o universitario.
Preme precisare, tuttavia, che la citata sentenza muove da una premessa del tutto errata, in quanto, ad esclusione della disciplina europea in materia di concorrenza e di aiuti di Stato, l'ambito applicativo oggetto del giudizio e ora del provvedimento in esame appare estraneo al regime della libera circolazione nell'Unione europea e, conseguentemente, il regime nazionale italiano di esenzione dall'IVA non comporta alcuna violazione del principio di concorrenza. Il codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, invero, all'articolo 118-bis prevede che, per ottenere la patente in Italia, i cittadini siano obbligatoriamente residenti nello Stato.
L'obbligatorietà del requisito della residenza in Italia, pertanto, esclude la possibilità che una diversa applicazione dell'esenzione dall'IVA possa dare vita a una migliore attrattività commerciale delle imprese italiane, a svantaggio degli altri operatori economici europei.
La sentenza, inoltre, ignora la natura delle prestazioni rese dalle autoscuole italiane, sostanzialmente differente rispetto a quella resa dalle autoscuole che operano in altri Stati europei, in quanto comporta un maggiore coinvolgimento e una più estesa responsabilità in ordine all'aspetto formativo e alla professionalizzazione dell'utente.
La CGUE, infatti, si è occupata della questione nell'ambito di una controversia che non coinvolgeva lo Stato italiano (e quindi le norme fiscali e quelle di settore italiane) ma l'amministrazione finanziaria tedesca, per cui non sono state prese in considerazione le seguenti peculiarità del nostro ordinamento:

in Italia l'attività delle autoscuole è soggetta ad autorizzazioni e a controlli delle province e degli uffici della motorizzazione civile;

l'articolo 123 del citato codice della strada definisce testualmente le autoscuole «scuole per l'educazione stradale, l'istruzione e la formazione dei conducenti» attribuendo loro un esplicito connotato scolastico-educativo;

l'articolo 230 del medesimo codice stabilisce che l'educazione stradale, che comprende molte nozioni e materie incluse nella formazione necessaria per il conseguimento delle patenti di guida delle categorie B e C1, è materia di insegnamento scolastico per espressa previsione di legge;

la formazione per alcuni tipi di patenti di guida ha un connotato di formazione per fini professionali.

Pertanto, sebbene il regime di fiscalità rientri nella competenza dell'Unione europea, è bene ricordare che i regimi fiscali sono differenziati nei vari Paesi e che la sentenza della CGUE non prende in considerazione altre misure di tipo fiscale che indirettamente introducono effetti complessivi tali da non rendere comparabili le tariffe per il conseguimento delle abilitazioni alla guida nei diversi Paesi.
Questi elementi, se tenuti in debita considerazione, avrebbero probabilmente indotto la CGUE ad esprimersi in modo diverso, ma senza dubbio una corretta interpretazione degli elementi di fatto e di diritto avrebbe dovuto determinare una diversa riflessione da parte dell'Agenzia delle entrate.
A seguito del pronunciamento della CGUE, invero, l'Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 79/E del 2 settembre 2019, ha stabilito, pronunciandosi su un interpello ai sensi dell'articolo 11, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, che le prestazioni didattiche finalizzate al conseguimento delle patenti di guida – fino ad oggi pacificamente esenti dall'IVA ai sensi dell'articolo 10, primo comma, numero 20), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 – sono da ritenere, invece, operazioni soggette all'imposta.
Preme notare che del tutto inopinatamente l'Agenzia delle entrate, con la risoluzione citata, ha addirittura proceduto a un'estensione penalizzante per il contribuente: laddove i giudici unionali hanno fatto riferimento alla non applicabilità dell'esenzione per «l'insegnamento della guida automobilistica impartito da una scuola guida, (..), ai fini dell'ottenimento delle patenti di guida per i veicoli delle categorie B e C1», nel testo della risoluzione l'Agenzia ha esteso l'imponibilità, in forma generica, «all'attività resa dall'autoscuola» tout court.
Inoltre, l'Agenzia ha affermato l'efficacia diretta ed ex tunc della sentenza della CGUE e, di conseguenza, ha ritenuto applicabile il regime di imponibilità anche sulle prestazioni di servizi già concluse, di fatto applicando il mutato regime fiscale in via retroattiva ed estendendo così ulteriormente la portata della sentenza, che non fa alcun riferimento alle prestazioni passate, in palese violazione dei princìpi di legittimo affidamento e di certezza del diritto, aventi valenza generale, e di particolare rilevanza se riferiti al contribuente, considerato che la stessa Agenzia riconosce che, a seguito delle sue reiterate risoluzioni mai smentite, tale affidamento si sia ingenerato ed essa stessa, sulla base dell'articolo 10 del cosiddetto «statuto del contribuente» (legge n. 212 del 2000), esclude che possano essere addebitati sanzioni o interessi.
Per l'esenzione, invero, si sono espresse in modo conforme nel corso degli anni sia la giurisprudenza di legittimità, sia la stessa Agenzia a far data indicativamente dagli anni duemila. Anzi, la medesima Agenzia, fin dalla risoluzione n. 430379 del 17 gennaio 1992, aveva chiarito, in relazione all'attività didattica finalizzata al conseguimento dell'abilitazione alla guida, che il controllo e la vigilanza esercitati dalla pubblica amministrazione conferiscono alle autoscuole il requisito del riconoscimento richiesto dal citato articolo 10, primo comma, numero 20), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 ai fini dell'esenzione dall'IVA.
Questo trattamento fiscale ai fini dell'IVA è stato espressamente confermato in diverse circolari e risoluzioni della stessa Agenzia delle entrate (risoluzione n. 134/E del 26 settembre 2005; risoluzione n. 65/E del 17 marzo 2003; risoluzione n. 129/E del 18 settembre 2001; risoluzione n. 100 del 17 giugno 1999; risoluzione n. 430379 del 17 gennaio 1992) che – variamente collocate nel tempo – hanno più volte ribadito e motivato il riconoscimento, nelle prestazioni di insegnamento rese dalle scuole guida, delle caratteristiche didattiche individuate nel decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 per poter beneficiare dell'esenzione dall'IVA.
Del resto, è un principio saldo del nostro ordinamento e della stessa giurisprudenza unionale (ex pluris, sentenza del 15 aprile 2008, Impact, C-268/06, punto 100) che «l'obbligo per il giudice nazionale di fare riferimento al contenuto di una direttiva nell'interpretazione e nell'applicazione delle norme pertinenti del suo diritto nazionale trova i suoi limiti nei principi generali del diritto, in particolare in quelli di certezza del diritto e di non retroattività, e non può servire da fondamento ad un'interpretazione contra legem del diritto nazionale»: ne deriva che non è possibile far prevalere direttamente le disposizioni unionali su quelle interne ad esse contrarie se non per attribuire ai privati diritti e facoltà che sarebbero altrimenti loro negati (e non per porre a loro carico oneri od obbligazioni che il diritto interno non contempla), dovendosi, per contro, passare necessariamente per una modifica o un'abrogazione della disciplina nazionale, e nel caso in esame è indubbio il nocumento per il contribuente oltre che per le imprese di settore.
A ulteriore conferma della correttezza di quanto affermato, si osservi che il citato principio di certezza del diritto interno è stato richiamato dalla CGUE (sentenze C-326/15 del 21 settembre 2017 DNB – Banka, C-605/15 del 21 settembre 2017 – Aviva e C-616/15 del 21 settembre 2017 – Commissione c. Germania) proprio in alcuni casi analoghi a quello in esame, nei quali il giudice unionale ha ritenuto che le norme che riconoscono l'esenzione dall'IVA ai consorzi fra imprese che svolgano un'attività esente non hanno portata generale, ma sono applicabili solo ai consorzi fra alcune delle imprese che operano in regime di esenzione (in pratica solo alle imprese la cui attività esente ha un rilevante valore sociale come quella sanitaria).
Nel caso delle scuole guida si tratta, concettualmente, di situazione analoga: a) nel caso delle scuole guida, la norma nazionale riconosce l'esenzione a tutte le attività didattiche e, come tale, è in contrasto con la norma europea che prevede il regime agevolato solo per alcune attività didattiche; b) nel caso dei consorzi, la norma nazionale riconosce l'esenzione a tutti i consorzi fra imprese con un alto pro-rata di indetraibilità ed è, quindi, in contrasto con la norma europea che riconosce l'esenzione solo ai consorzi fra imprese con un elevato pro-rata di indetraibilità che operino in determinati settori. In tale seconda ipotesi, a differenza di quanto avvenuto per le autoscuole, non è mai stato posto in dubbio che, fino alla modifica dell'articolo 10, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, questo avrebbe continuato a trovare applicazione anche rispetto ai consorzi fra soggetti diversi rispetto a quelli cui la disciplina unionale riserva tale regime.
Sono quindi evidenti l'inadeguatezza, l'inapplicabilità e il pregiudizio che ne conseguono per gli utenti delle prestazioni didattiche in esame e per gli operatori del settore, anche in ordine all'oggettiva impossibilità di attivare il percorso di rivalsa alla base della corretta applicazione dell'IVA.
Una prima stima dei costi che le imprese di settore dovrebbero sostenere se dovessero versare a proprio esclusivo carico gli importi per le prestazioni già erogate si aggira intorno a 120.000 euro per ciascuna autoscuola, con il conseguente fallimento di circa l'80 per cento degli operatori, atteso che le attività esenti costituiscono attualmente il 70-90 per cento del totale delle prestazioni svolte.
Gli effetti a livello occupazionale sarebbero gravissimi se si considera che si tratta di 5.000-7.000 attività, micro o piccole, che impiegano da un minimo di tre ad un massimo di cinquanta dipendenti, con la conseguenza che, laddove chiudesse la metà di tali attività (2.500) con solo tre dipendenti, ci sarebbero ben 7.500 posti di lavoro in meno.
Pertanto, la presente proposta di legge dispone che il mutato regime di imponibilità ai fini dell'IVA sia applicabile limitatamente ed esclusivamente alle prestazioni didattiche destinate al conseguimento delle patenti di guida e delle abilitazioni professionali di cui alle categorie B e C1 previste dall'articolo 116 del codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992. Inoltre, tenuto conto di quanto illustrato, si dispone che tale regime decorra dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge, escludendo con chiarezza l'applicabilità retroattiva.
Si provvede, inoltre, a chiarire che, in conformità al disposto della citata sentenza del 2019 della CGUE, tutte le altre prestazioni didattiche destinate al conseguimento delle patenti di guida delle altre categorie previste dal menzionato articolo 116 del codice della strada continuano ad essere esenti dal nuovo regime dell'IVA.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Le prestazioni didattiche destinate al conseguimento delle patenti di guida delle categorie B e C1 previste dall'articolo 116 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono assoggettate all'imposta sul valore aggiunto. Il regime di cui al primo periodo decorre dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Restano esenti dall'imposta sul valore aggiunto le prestazioni didattiche destinate al conseguimento dell'abilitazione alla guida effettuate fino all'ultimo giorno del mese in corso alla data di entrata in vigore della presente legge. Sono altresì esenti dall'imposta sul valore aggiunto le prestazioni didattiche destinate al conseguimento delle patenti di guida delle categorie previste dall'articolo 116 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, diverse da quelle indicate al comma 1 del presente articolo.

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