PDL 208

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 208

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa della deputata FREGOLENT

Modifica dell'articolo 22 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, concernente l'equiparazione degli assegni di ricerca a contratti di lavoro subordinato a tempo determinato

Presentata il 23 marzo 2018

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Onorevoli Colleghi! — La legge 30 dicembre 2010, n. 240, di riforma del sistema universitario ha contribuito ad alimentare la precarietà di molte figure presenti nel mondo accademico e nel comparto della ricerca in Italia. Si tratta, in primo luogo, di contratti di lavoro parasubordinato che lasciano tutele limitate ai lavoratori soprattutto nei periodi di disoccupazione e alimentano, al tempo stesso, la presenza prolungata di precari all'interno dello stesso ateneo senza che tali figure vengano poi stabilizzate concretamente. Diritti dei lavoratori e crescita professionale sono quindi fortemente penalizzati dall'attuale quadro normativo. La maggior parte di tale situazione è da additarsi alla tipologia contrattuale definita dall'articolo 22 della legge n. 240 del 2010 che disciplina gli assegni di ricerca. In base a tale norma l'assegno di ricerca, attribuito tramite un bando pubblico per un importo minimo stabilito per decreto ministeriale, consiste in una collaborazione di carattere continuativo ma temporalmente definita e in rapporto di coordinamento rispetto alla complessiva attività dei responsabili della ricerca. Si tratta di un'attività, in stretto legame con la realizzazione di un programma di ricerca, che ha una durata minima di un anno e non superiore a tre e che può essere rinnovata entro un limite massimo di quattro anni (portato a sei per i contratti in essere dal decreto-legge n. 192 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 11 del 2015). Gli assegni di ricerca sono inoltre esenti dall'imposta locale sui redditi (oggi abrogata) e da quella sul reddito delle persone fisiche (IRPEF). Gli assegnisti di ricerca in Italia sono quasi un terzo di coloro che effettuano attività di ricerca e didattica nelle università o negli enti preposti. Secondo gli ultimi dati disponibili dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) sono circa 16.000 gli assegnisti attuali. È evidente quindi la necessità di stabilizzare tali rapporti di lavoro trasformandoli in contratti subordinati per dare maggiori tutele e diritti ai lavoratori, impedendo al tempo stesso che l'assegno di ricerca possa fossilizzarsi con lo stesso ateneo e possa conseguentemente assicurare una maggiore crescita professionale e di competenze ai ricercatori interessati.
Altra motivazione per individuare modalità di contratti che superino la forma attuale viene anche dalle norme dell'Unione europea vigenti. Sussistono infatti, ad oggi, problemi interpretativi per far rientrare gli assegni di ricerca tra le tipologie retributive da poter rendicontare nei progetti finanziati dall'Unione.
La proposta di legge si compone di due articoli: l'articolo 1 contiene le modifiche all'articolo 22 della legge n. 240 del 2010. La lettera a) sopprime le attuali modalità di durata dell'assegno di ricerca mentre la lettera b) dispone che la tipologia contrattuale a oggi in vigore cessi il 31 dicembre 2018. La lettera c) sancisce conseguentemente che dal 2019 gli assegni di ricerca vengano equiparati ai contratti di lavoro subordinato a tempo determinato. Per promuovere questa stabilizzazione, ed evitare al tempo stesso che le università possano avere problemi sui bilanci e sulla continuità didattica, viene previsto l'esonero, da parte dei datori di lavoro, dei contributi previdenziali per i nuovi assunti (per un massimo di 8.060 euro annui). Tale agevolazione è fissata per un massimo di quattro anni (legata comunque al progetto di ricerca coerentemente con le disposizioni del comma 3 dell'articolo 23 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81) ed è prorogabile per altri quattro anni soltanto nel caso in cui il dipendente cambi università e quindi datore di lavoro. Tale norma, come abbiamo avuto modo di sottolineare, è dettata anche dalla necessità di disincentivare che questi rapporti di lavoro vengano prorogati con lo stesso ateneo per troppo tempo, impedendo di fatto al ricercatore di ampliare e diversificare la propria esperienza formativa, professionale e didattica. Questa disposizione fissa inoltre in otto anni la durata complessiva degli assegni di ricerca rispondendo anche alle richieste pervenute, in tal senso, da vasti settori del mondo accademico e in particolare da studenti e ricercatori. La lettera d) stabilisce poi, per rispettare la gerarchia dei ruoli accademici comunque vigente, che il trattamento lordo onnicomprensivo degli assegnisti di ricerca, stabilito con decreto dal Ministero competente, non sia superiore all'80 per cento di quello spettante ai contratti di ricercatore di tipo A (normati dalla lettera a) del comma 3 dell'articolo 24 della legge n. 240 del 2010). La lettera e) uniforma, infine, proprio in relazione alla nuova tempistica dei contratti per gli assegni di ricerca, la durata massima dei rapporti che si possono complessivamente instaurare (comprendendo anche i contratti di ricercatore a tempo determinato) con le università. L'articolo 2 dispone la copertura finanziaria. In questo contesto è rilevante segnalare come la cancellazione dei precari dal sistema universitario abbia un costo sostenibile per la finanza pubblica. Se la spesa per lo Stato è infatti stabilita per un massimo di 8.060 euro annui per assegnista va evidenziato come tre quarti dell'intera cifra ritorni all'erario sotto forma di imposta sul reddito delle persone fisiche. Considerando l'importo minimo annuale degli assegni di ricerca, oggi pari a 19.367 euro (come disposto dal decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 9 marzo 2011, n. 102) e considerando che tale cifra debba essere innalzata a 2.000 euro lordi, sempre tramite apposito decreto e alla luce del suo trasferimento in contratto subordinato, si evince che il dipendente non sarà più esente da IRPEF e verserà all'erario circa il 24 per cento del totale per un importo stimabile di circa 6.500 euro. La differenza tra agevolazioni statali (esenzione dei versamenti all'Istituto nazionale della previdenza sociale da parte del datore di lavoro) e imposte pagate dai lavoratori con la nuova tipologia contrattuale è infatti di circa 3.000 euro annui e stimabile complessivamente per una platea di circa 16.000 attuali assegnisti in 48 milioni di euro.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche all'articolo 22 della legge 30 dicembre 2010, n. 240).

1. All'articolo 22 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3, il primo e il secondo periodo sono soppressi;

b) al comma 6, dopo la parola: «2011» sono inserite le seguenti: «e fino all'anno 2019»;

c) dopo il comma 6 sono inseriti i seguenti:

«6-bis. A decorrere dall'anno 2018 gli assegni di ricerca di cui al presente articolo vengono equiparati ai contratti di lavoro subordinato a tempo determinato.
6-ter. A decorrere dall'anno 2018 agli assegni di ricerca di cui al presente articolo viene riconosciuto, per un periodo massimo di quattro anni, ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, l'esonero dal versamento del 100 per cento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL, nel limite massimo di un importo di esonero pari a 8.060 euro su base annua.
6-quater. L'esonero del versamento di cui al comma 6-ter può essere concesso per un periodo massimo di otto anni, qualora il datore di lavoro sia il medesimo per un massimo di quattro anni»;

d) al comma 7 è aggiunto, infine, il seguente periodo: «Il trattamento annuo lordo onnicomprensivo non può comunque essere superiore all'80 per cento di quello spettante ai titolari dei contratti di cui alla lettera a) del comma 3 dell'articolo 24»;

e) al comma 9, le parole: «dodici anni» sono sostituite dalle seguenti: «quattordici anni».

Art. 2.
(Copertura finanziaria).

1. Per le finalità di cui alla presente legge è autorizzata la spesa di 48 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione delle previsioni per i medesimi anni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

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