PDL 1979

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1979

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
MANDELLI, GELMINI, BRUNETTA, D'ATTIS, CATTANEO, PRESTIGIACOMO, D'ETTORE, PELLA, PORCHIETTO, MULÈ, CASSINELLI, FATUZZO, CANNATELLI, MILANATO, PALMIERI, ANNA LISA BARONI, COSTA, BAGNASCO, BATTILOCCHIO, ROSSO, ZANGRILLO, ROTONDI, MAZZETTI, MARIA TRIPODI, PITTALIS, NAPOLI, GIACOMETTO, CASINO, PETTARIN, DALL'OSSO, RUFFINO, CAPPELLACCI, SACCANI JOTTI, ZANETTIN, SOZZANI, TARTAGLIONE, SCOMA, FIORINI, MARIN, ROSSELLO, FERRAIOLI

Disposizioni in materia di equo compenso degli avvocati e degli altri esercenti libere professioni e attività di lavoro autonomo

Presentata il 12 luglio 2019

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Onorevoli Colleghi! — Con la presente proposta di legge si intende porre rimedio ad alcune criticità relative alla disciplina dell'equo compenso.
L'introduzione della disciplina in materia di equo compenso degli avvocati ha avuto il merito di riportare il tema della remunerazione dei professionisti nella cornice costituzionale che gli compete, che è quella della protezione del lavoro, ai sensi dell'articolo 36 della Costituzione, nel quadro dell'impegno della Repubblica per la tutela del contraente debole e la promozione della coesione sociale.
Ciononostante, i primi mesi di vigenza della nuova disciplina hanno fatto registrare alcune criticità:

a) la tendenza dei contraenti forti a sfruttare i richiami testuali alle «convenzioni» per restringere il campo di applicazione tramite il ricorso a moduli procedimentali diversi da convenzioni in senso stretto (incarichi singoli e ad hoc, scambi di lettere e altro);

b) la limitazione del campo soggettivo di applicazione della disciplina alle imprese di una certa dimensione: con l'attuale richiamo al quadro giuridico europeo, restano fuori le cosiddette «piccole imprese» (che occupano meno di 50 persone e realizzano un fatturato o un totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di euro) e le cosiddette «microimprese» (che occupano meno di 10 persone e realizzano un fatturato o un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro);

c) alcune pubbliche amministrazioni continuano a pubblicare bandi «a zero compensi». Il caso più clamoroso è quello del bando del Ministero dell'economia e delle finanze in data 27 febbraio 2019, che è rivolto espressamente a destinatari con «esperienza accademica/professionale non rinvenibile all'interno della struttura». Non convince il comunicato stampa dell'8 marzo 2019 dello stesso Ministero che, nel tentativo di ridimensionare la portata del bando, precisa che si tratta di un invito rivolto a personalità del settore accademico, per l'instaurazione di rapporti di collaborazione gratuita rispetto ai quali esulerebbe del tutto «il tema dell'equo compenso che si riferisce a rapporti professionali di lavoro nell'ambito del settore privato». Il Ministero sembra ignorare che la disciplina dell'equo compenso non è affatto limitata al settore privato e che anche le pubbliche amministrazioni sono tenute a garantire il principio dell'equo compenso (articolo 19-quaterdecies, comma 3, del decreto-legge n. 148 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 172 del 2017, come modificato dall'articolo 1, comma 488, della legge n. 205 del 2017);

d) sono sorti dubbi in ordine all'efficacia temporale della disciplina dell'equo compenso, con particolare riferimento ai rapporti pregressi o comunque instaurati precedentemente all'intervento normativo;

e) il regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 20 luglio 2012, n. 140, adottato all'indomani dell'abrogazione delle tariffe professionali, contiene disposizioni per la determinazione dei parametri per la liquidazione, da parte di un organo giurisdizionale, dei compensi per le professioni regolarmente vigilate dal Ministero della giustizia. In particolare, il regolamento individua dei criteri generali riferibili a tutte le professioni interessate dal provvedimento e dispone dei parametri specifici per le singole professioni; è, infine, disposta l'applicazione analogica delle disposizioni del regolamento ai casi non espressamente previsti. La scelta di adottare un unico provvedimento per l'individuazione dei parametri nei confronti di diverse categorie professionali presenta delle limitazioni intrinseche: la molteplicità e la varietà delle professioni destinatarie delle disposizioni e, in particolare, l'eterogeneità delle attività a queste ascrivibili, hanno comportato l'inevitabile emersione di dubbi interpretativi nonché di lacune della disciplina non rimediabili neppure con l'applicazione in via analogica delle disposizioni stesse.

Appare, dunque, necessario procedere a un intervento correttivo che agisca sui vari profili di criticità evidenziati.
La presente proposta di legge si compone di sei articoli.

L'articolo 1 fornisce una definizione univoca di equo compenso.
L'articolo 2 chiarisce che l'equo compenso si riferisce a qualsiasi rapporto professionale avente ad oggetto le prestazioni di un avvocato e di qualsiasi altro professionista, a prescindere dall'utilizzo di vere e proprie convenzioni, predisposte unilateralmente o no, e amplia la platea dei soggetti tenuti al rispetto della normativa riferendosi a tutti coloro che, ai sensi del vigente codice del consumo, di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005, non possono essere classificati come «consumatori». Inoltre, ribadisce l'integrale soggezione alla disciplina anche da parte della pubblica amministrazione, non limitandola ai soli princìpi, escludendo solo gli agenti della riscossione. Infine, dispone che la disciplina in materia di equo compenso si applichi anche ai rapporti instaurati prima dell'entrata in vigore della normativa, purché ancora in corso di esecuzione.
L'articolo 3 fornisce la legittimazione dei Consigli nazionali delle professioni all'azione collettiva per inibire le violazioni della normativa in materia di equo compenso.
L'articolo 4 stabilisce che il Ministro della giustizia adotti appositi decreti per ognuna delle professioni vigilate che tengano conto di parametri specifici di ogni professione per la liquidazione dei compensi da parte di un organo giurisdizionale ovvero, in caso di mancato accordo, da parte dei soggetti interessati.
L'articolo 5 prevede l'applicazione, per quanto compatibile, dell'articolo 13-bis della legge n. 247 del 2012, in materia di equo compenso e di clausole vessatorie.
L'articolo 6 reca la clausola di invarianza finanziaria.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Definizione)

1. Ai fini della presente legge per equo compenso si intende la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti rispettivamente:

a) per gli avvocati dal decreto del Ministro della giustizia emanato ai sensi dell'articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247;

b) per i professionisti di cui all'articolo 1 della legge 22 maggio 2017, n. 81, anche iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.

Art. 2.
(Ambito di applicazione)

1. L'equo compenso si riferisce a qualsiasi rapporto professionale avente ad oggetto le prestazioni di un avvocato e di qualsiasi altro professionista, a prescindere dall'utilizzo di vere e proprie convenzioni, predisposte unilateralmente o no.
2. La presente legge tutela l'equità del compenso degli avvocati iscritti all'albo, nonché dei professionisti di cui all'articolo 1 della legge 22 maggio 2017, n. 81, anche iscritti agli ordini e collegi, in tutti i rapporti contrattuali con soggetti diversi dai consumatori o dagli utenti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, di natura pubblica o privata, fatti salvi i rapporti di cui al comma 4-bis dell'articolo 19-quaterdecies del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172.
3. La disciplina dell'equo compenso si applica anche ai rapporti professionali svolti sulla base di convenzioni stipulate prima della data di entrata in vigore della presente legge, conferiti dopo tale data ovvero conferiti anteriormente e in corso di esecuzione alla stessa data.

Art. 3.
(Azione collettiva)

1. I Consigli nazionali delle professioni sono legittimati ad adire l'autorità giudiziaria competente qualora ravvisino violazioni alle disposizioni vigenti in materia di equo compenso da parte dei soggetti di cui al comma 1 dell'articolo 13-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247, al fine di richiedere al giudice competente l'inibizione della violazione o dell'uso di clausole vessatorie di cui al comma 5 del medesimo articolo 13-bis.

Art. 4.
(Regolamenti di attuazione)

1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della giustizia, sentiti gli Ordini professionali rappresentativi delle professioni vigilate, provvede ad adottare con proprio decreto, per ogni professione, un regolamento che stabilisce parametri specifici per l'applicazione dell'equo compenso da parte del giudice ai fini della liquidazione giudiziale dei compensi o, in mancanza di accordo, da parte dei soggetti interessati.

Art. 5.
(Norma di coordinamento)

1. Ai rapporti di cui all'articolo 2 della presente legge si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 13-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247.

Art. 6.
(Clausola di invarianza finanziaria)

1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tale fine, le amministrazioni competenti provvedono agli adempimenti previsti dalla presente legge avvalendosi delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

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