PDL 194

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 194

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa della deputata FITZGERALD NISSOLI

Modifica dell'articolo 17 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di riacquisto della cittadinanza

Presentata il 23 marzo 2018

torna su

Onorevoli Colleghi! — La globalizzazione in corso e i movimenti umani da uno Stato all'altro, sempre più frequenti, mettono in discussione le dimensioni classiche della cittadinanza e pongono all'attenzione delle istituzioni l'esigenza di alcuni diritti fondamentali di cittadinanza che dovrebbero accompagnare la persona nei suoi spostamenti, oltre le comunità e i territori.
Oggi, com'è noto, per cittadinanza si intende la condizione di appartenenza di un individuo a uno Stato, con i diritti e i doveri che tale relazione comporta. Il concetto di cittadinanza si è evoluto nel corso del tempo, a partire dal mondo greco e dall'esperienza giuridica romana, in cui civilitas (cittadinanza) designava l'appartenenza alla civitas. La nozione moderna di cittadinanza va ricondotta alla Rivoluzione francese che sostituisce la figura del suddito con quella del citoyen, quale componente della nazione e depositario della sovranità (articolo 3 della Déclaration des droits de l'homme et du citoyen 1789; articoli 1 e 2, titolo III, della Costituzione francese del 1791). L'affermazione storica del suffragio universale ha segnato un ulteriore passaggio decisivo, equiparando tutti i cittadini quanto alla titolarità dell'esercizio dei diritti politici.
La Costituzione italiana, oltre a proclamare nella parte prima in capo ai cittadini la titolarità di alcuni diritti e di alcuni doveri, si occupa specificamente della cittadinanza solo all'articolo 22, stabilendo il principio per cui non si può essere privati di essa, così come del nome e della capacità giuridica, per motivi politici. Occorre, invece, fare riferimento alla legislazione ordinaria (legge n. 555 del 1912 e, successivamente, legge n. 91 del 1992), in particolare, per ciò che riguarda l'acquisto della cittadinanza italiana. Secondo il pensiero di Pasquale Stanislao Mancini, la cittadinanza riflette l'appartenenza dell'individuo alla comunità di persone che costituisce la base sociale dello Stato, ovvero, in sintesi, l'appartenenza dell'individuo a uno Stato, e si carica di intensi significati politici e ideologici, sia in relazione al modo in cui gli Stati europei regolavano nel secolo scorso l'attribuzione della propria cittadinanza, sia in relazione al fatto che solo ai cittadini era (ed è) concessa una piena partecipazione alla vita socio-politica della comunità statale.
Il concetto di cittadinanza richiama quindi il nucleo più centrale dei valori e del sentire di una comunità nazionale e l'essenza stessa di un'appartenenza non solo di esperienze e di tradizioni ma anche di tensioni e di aspettative verso il futuro. In questa prospettiva il concetto di cittadinanza è un concetto allo stesso tempo antico e nuovo e potremmo dire in divenire, oggetto di riletture e di interpretazioni evolutive alla luce dei cambiamenti che si registrano nel tessuto sociale e si riflettono negli ordinamenti giuridici. Così si è definito l'ambito della cittadinanza intesa come insieme di diritti che appartengono necessariamente alla persona e che trovano fondamento negli articoli 3 e 36 della Costituzione (con riferimento, in particolare, al cosiddetto reddito di cittadinanza).
L'intreccio fra politica e diritto appare evidente. Com'è stato osservato «i diritti diventano deboli se la politica li abbandona, ma la politica perde se stessa se in tempi difficili non si fa politica di tutti i diritti» (Rodotà), come dimensione fondamentale nella costruzione di un'identità positiva in sintonia con il proprio tempo e il proprio esserci. D'altra parte, il diritto non svolge la sua funzione se non opera una valutazione sistemica fra istanze soggettive e interesse generale commisurato al tempo in cui viviamo, con uno sguardo al passato e con la tensione verso il futuro, con criteri che spetta alla legge e ai giudici stabilire nel rispetto delle loro rispettive competenze.
Oggi l'Italia si trova nella condizione di essere un Paese caratterizzato sia da un consistente fenomeno immigratorio sia da un altro, altrettanto consistente, fenomeno emigratorio, tanto che possiamo contare un pari numero di cittadini italiani emigrati e immigrati. Due facce della stessa medaglia nel contesto globale dei movimenti umani al cui centro vi è la dimensione della cittadinanza come appartenenza, una cittadinanza che può essere anche plurale, ma mai slegata dalla dimensione umana che caratterizza ogni persona e la sua relazionalità nel contesto socio-culturale di appartenenza in cui definisce la propria identità anche nel rispetto delle proprie radici.
Oggi, quindi, ci troviamo di fronte all'opportunità di legare insieme due realtà che possono fare grande l'Italia: quella dei nuovi italiani e quella degli italiani all'estero. Un nuovo orizzonte di diritti per dare a ciascuna persona l'orgoglio di sentirsi italiana. Se di nuovi italiani e di cittadinanza si parla molto, però si discute circa la condizione di chi, cittadino italiano, recatosi all'estero, ha perso la cittadinanza perché ha contratto matrimonio o per conservare il posto di lavoro.
Con questa proposta di legge, che si compone di un solo articolo che novella l'articolo 17 della legge n. 91 del 1992, si intende venire incontro proprio alle aspettative di quegli italiani che vivono all'estero e che hanno perso la cittadinanza ma che vogliono riacquistarla in seguito a mutamenti avvenuti nei vari ordinamenti giuridici.
Infatti, il dispositivo per il riacquisto della cittadinanza contenuto nell'articolo 17 della legge n. 91 del 1992 ha esaurito la sua funzione e per riacquistare la cittadinanza si deve ricorrere al dettato dell'articolo 13 della stessa legge. Tuttavia, si crede che un debito di gratitudine nei confronti di chi, italiano all'estero privo di cittadinanza italiana, ha continuato a conservare nel cuore l'amore per l'Italia debba portarci a consentire il riacquisto della cittadinanza in difformità a quanto disposto dall'articolo 13 della legge n. 91 del 1992, cioè senza un anno di residenza legale nel territorio nazionale e senza l'iscrizione nel registro dell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero del consolato italiano territorialmente competente all'estero. Pertanto la proposta di legge prevede la possibilità di riacquisto della cittadinanza italiana per le donne che l'hanno perduta in seguito a matrimonio con cittadino straniero contratto prima del 1° gennaio 1948, nonché la possibilità per i loro figli di chiedere la cittadinanza italiana, con la stessa procedura, e che lo stesso possano fare i discendenti in linea retta di secondo grado di cittadini italiani.
Ciò significa riconoscere sul piano giuridico una situazione di fatto, cioè un'identità italiana che non è mai venuta meno, colmando una lacuna normativa per dare veste giuridica a una cittadinanza che è già viva nei cuori.

torna su

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. L'articolo 17 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è sostituito dal seguente:

«Art. 17. — 1. I cittadini italiani che, a seguito di espatrio, hanno perso la cittadinanza italiana in conseguenza di disposizioni legislative previgenti, la riacquistano facendone espressa richiesta all'ufficio consolare italiano che ha giurisdizione nel territorio di residenza estera, purché ciò non sia in contrasto con accordi internazionali in vigore.
2. Può chiedere il riacquisto della cittadinanza italiana con la medesima procedura di cui al comma 1, la donna italiana per nascita che ha perduto la cittadinanza a seguito di matrimonio con uno straniero contratto prima del 1° gennaio 1948.
3. Il figlio della donna di cui al comma 2, lo straniero o l'apolide, del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, può chiedere l'acquisto della cittadinanza italiana, secondo la procedura di cui al comma 1».

torna su