PDL 1906

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1906

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
MAMMÌ, DAVIDE AIELLO, ALAIMO, BOLOGNA, CATALDI, D'ARRANDO, DEIANA, GALIZIA, GIULIODORI, IANARO, LAPIA, LOMBARDO, NAPPI, NESCI, OLGIATI, PIGNATONE, ROBERTO ROSSINI, SARLI, SCERRA, SEGNERI, SIRAGUSA, SPORTIELLO, TERMINI, ELISA TRIPODI, VILLANI, VIZZINI, LEDA VOLPI

Disposizioni in materia di procreazione medicalmente assistita e di prevenzione, diagnosi e cura dell'infertilità femminile e maschile

Presentata l'11 giugno 2019

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Onorevoli Colleghi! — Il tema dell'infertilità e della procreazione medicalmente assistita (PMA), affrontato nella presente proposta di legge, è un tema sensibile che ha provocato non di rado vere e proprie guerre ideologiche. Le sovrastrutture ideologiche spesso rafforzano convinzioni valide e talvolta sono utili a sostenere princìpi condivisibili. Non di rado, però, le sovrastrutture ideologiche non consentono al buon senso di prevalere nella giusta e doverosa misura, portando assai spesso a risultati o esiti incongruenti o irrazionali. La legge n. 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita è purtroppo l'esito incongruente ed emblematico di una guerra ideologica. Si sottolinea che l'esito incongruente di una legge lo vivono e lo subiscono in primis i cittadini che si troveranno a doverla applicare o rispettare. Nel caso della legge n. 40 del 2004 l'incongruenza si è trasformata in un vero e proprio calvario per le coppie che devono affrontare il problema dell'infertilità.
L'incongruenza della legge n. 40 del 2004 è testimoniata non dai proponenti della presente proposta di legge ma dalle centinaia di pagine delle ormai numerose sentenze della Corte costituzionale e dei diversi tribunali ai quali le coppie sono state costrette, non di rado, a rivolgersi per vedere garantito il diritto all'assistenza all'infertilità e all'accesso a tecniche di PMA, un diritto che è riconosciuto in modo diverso non solo negli altri Paesi dell'Unione europea ma anche nelle regioni del nostro territorio nazionale.
L'articolo 4, comma 3, della legge n. 40 del 2004 prevedeva un divieto assoluto di ricorso alla donazione di gameti sia femminili sia maschili esterni alla coppia che accede alle tecniche di procreazione assistita (divieto di ricorrere a tecniche di PMA di tipo eterologo). La Corte costituzionale, con la sentenza n. 162 del 2014, ha ritenuto tale divieto incostituzionale, in quanto lesivo del diritto all'autodeterminazione delle coppie sterili e infertili in relazione alle loro scelte procreative e, più in generale, familiari; discriminatorio rispetto alle coppie che presentavano un grado di sterilità e di infertilità minore e che potevano aver accesso alle tecniche di tipo omologo; lesivo del diritto fondamentale alla salute; idoneo a determinare un'ulteriore disparità di trattamento, di tipo economico, tra le coppie sterili o infertili che dispongono di risorse finanziarie sufficienti per sottoporsi ai trattamenti all'estero e quelle che, viceversa, ne risultano sprovviste.
A seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma che prevedeva il divieto di ricorrere a tecniche di PMA di tipo eterologo, l'articolo 1, comma 298, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, ha istituito il Registro nazionale dei donatori di cellule riproduttive a scopi di PMA di tipo eterologo, al fine di garantire la tracciabilità completa delle donazioni dal donatore al nato e viceversa. Attualmente, la disciplina del Registro è ancora in fase di definizione e sono passati quasi cinque anni.
Inoltre, non è stata ancora data attuazione alla direttiva 2012/39/UE della Commissione, del 26 novembre 2012, che modifica la direttiva 2006/17/CE per quanto riguarda determinate prescrizioni tecniche relative agli esami effettuati su tessuti e cellule umani, compresa la regolamentazione della selezione del donatore di cellule riproduttive da un donatore diverso dal partner, cioè la regolamentazione della donazione di gameti per fecondazione eterologa. L'approvazione di tale regolamento, secondo quanto riferito dal Ministero della salute, è necessaria anche per avviare campagne per promuovere la donazione dei gameti. Nonostante sia stato predisposto uno schema di decreto attuativo della direttiva citata (atto Governo n. 90), sul quale si sono espresse favorevolmente, fin dall'anno 2015, tutte le amministrazioni coinvolte, la direttiva risulta ancora inattuata.
Il 17 maggio 2018 la Commissione europea ha deferito l'Italia alla Corte di giustizia dell'Unione europea per la mancata notifica delle misure di recepimento della citata direttiva 2012/39/UE. Tali misure sono essenziali per tutti i soggetti coinvolti e in particolare per i donatori e per le loro famiglie nel quadro della definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, l'esame, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani. Finora l'Italia non ha notificato alla Commissione le misure di recepimento della direttiva nel suo ordinamento nazionale, nonostante l'obbligo di provvedervi entro il 17 giugno 2014.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM) 12 gennaio 2017, di definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA), ha finalmente inserito, per la prima volta, le diverse tecniche di fecondazione assistita, omologa ed eterologa, nel nomenclatore dell'assistenza specialistica ambulatoriale. L'allegato 4 annesso al decreto individua le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale comprese nei LEA ed erogabili a carico del Servizio sanitario nazionale (SSN), con partecipazione alla spesa sanitaria da parte dell'assistito; tra queste vi sono tutte le prestazioni che compongono il percorso della PMA, sia omologa sia eterologa. L'allegato però entrerà in vigore solo al momento della definizione delle tariffe e le coppie che si sottoporranno alle procedure di PMA potranno usufruire delle prestazioni dietro pagamento dell'ordinaria quota di partecipazione. Anche in questo caso si registra la mancata definizione delle tariffe. Infatti, il 6 novembre 2017 è stata inoltrata alle regioni e alle province autonome la circolare del Ministero della salute riguardante «Prime indicazioni per l'applicazione del DPCM 2017» da cui si evince che «l'erogazione delle prestazioni di PMA incluse nel nomenclatore dell'assistenza specialistica ambulatoriale è subordinata all'approvazione del decreto di fissazione delle relative tariffe. Fino a quella data, dunque, restano in vigore le disposizioni approvate dalle singole Regioni».
Inoltre, l'articolo 49, comma 1, del citato DPCM 12 gennaio 2017, relativamente alla donazione dei gameti, specifica che «Le coppie che si sottopongono alle procedure di procreazione medico assistita eterologa contribuiscono ai costi delle attività, nella misura fissata dalle regioni e dalle province autonome». Demandare alle regioni e alle province autonome la determinazione dei costi connessi alla PMA eterologa può non garantire a tutti i cittadini questa procedura, tenuto conto che le strutture pubbliche che garantiscono tale procedura sono pochissime, con liste di attesa di fatto inaccessibili e, in taluni casi, anche i costi imposti dalle regioni e dalle province autonome sono inaccessibili. Appare evidente che si rischia di reiterare un distinguo implicito tra procreazione omologa e procreazione eterologa, già censurato dalla Consulta.
Tutto questo continua a creare una diversificazione delle tariffe tra le regioni e tra nord e sud. In Sicilia, la fecondazione eterologa con seme da donatore con inseminazione intrauterina prevede una tariffa di 555 euro, la fecondazione eterologa con seme da donatore in vitro 1.296 euro, mentre la fecondazione eterologa con ovociti da donatrice 1.481 euro; in Lombardia, invece, le tariffe variano da 1.500 euro per la fecondazione eterologa con seme da donatore con inseminazione intrauterina, a 3.500 euro per la fecondazione eterologa con seme da donatore in vitro e a 4.000 euro per la fecondazione eterologa con ovociti da donatrice. Nella stessa Lombardia, ogni tariffa comprende anche 500 euro di farmaci.
Per le tecniche di PMA eterologa, la Conferenza delle regioni e delle province autonome il 4 settembre 2014, al fine di rendere omogeneo a livello nazionale l'accesso alle procedure, ha concordato indirizzi operativi, che dovevano essere recepiti con delibera della giunta regionale o con specifico provvedimento regionale. Ad oggi risultano diverse regioni non in linea con quanto richiesto.
L'inerzia del legislatore sulla fecondazione eterologa e sulla donazione dei gameti, unitamente all'inerzia delle regioni, affida il calvario delle coppie che decidono di sottoporsi alla PMA alle decisioni di quanti hanno deciso di lucrare sul problema dell'infertilità. Per questo la donazione di cellule riproduttive deve essere volontaria, anonima e gratuita e l'importazione e l'esportazione di gameti devono essere consentite, rispettivamente, solo da e verso istituti di tessuti accreditati e operanti senza scopo di lucro. Bisogna interrompere quanto prima ogni forma di commercializzazione di gameti e lo sfruttamento economico dei donatori o delle donatrici ed è altresì necessario garantire quanto prima la tracciabilità del percorso delle cellule riproduttive attraverso l'immediata operatività del Registro nazionale dei donatori di cellule riproduttive a scopi di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, nel quale sono registrati tutti i soggetti ammessi alla donazione, mediante l'attribuzione a ogni donatore di un codice identificativo univoco.
La legge n. 40 del 2004 non disciplina esplicitamente la diagnosi genetica preimpianto e se, da un lato, l'articolo 13 vieta qualsiasi sperimentazione sugli embrioni e consente la ricerca clinica e sperimentale su di essi, laddove si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate, volte alla tutela della salute e allo sviluppo degli embrioni e quando non vi siano altre metodologie, dall'altro lato, l'articolo 14 prevede che la coppia possa chiedere di essere informata sullo stato di salute degli embrioni prodotti e da trasferire nell'utero. I tribunali sono stati spesso aditi proprio per risolvere tale incongruenza. Così, alcuni giudici hanno riconosciuto la possibilità di effettuare la diagnosi genetica preimpianto.
La Corte europea dei diritti dell'uomo, nel caso Costa e Pavan c. Italia, con la sentenza 28 agosto 2012 (ricorso n. 54270/ 10) ha rilevato un profilo di incoerenza fra il divieto di diagnosi genetica preimpianto per le coppie né sterili né infertili, ma portatrici di gravi malattie genetiche e la legge n. 194 del 1978 che in presenza di determinate patologie consente l'interruzione volontaria di gravidanza. Al riguardo è intervenuta, nel 2015, anche la Corte costituzionale con la sentenza n. 96, consentendo l'accesso alle tecniche di PMA per coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili e auspicando l'intervento del legislatore per la definizione dell'elenco delle malattie su cui effettuare la diagnosi genetica preimpianto che, al momento, tuttavia, non è ancora avvenuto.
L'articolo 2 della legge n. 40 del 2004 prevede che il Ministro della salute può promuovere ricerche sulle cause patologiche, psicologiche, ambientali e sociali dei fenomeni della sterilità e della infertilità e favorire gli interventi necessari per rimuoverle, Inoltre, al fine di ridurre l'incidenza delle cause di sterilità e di infertilità, può incentivare gli studi e le ricerche sulle tecniche di crioconservazione dei gameti e può altresì promuovere campagne di informazione e di prevenzione dei fenomeni della sterilità e dell'infertilità.
Anche per quanto concerne il citato articolo 2 si registra l'incongruenza di contemplare come mera possibilità un'attività di prevenzione che invece richiede di essere programmata in maniera puntuale anche al fine di ridurre i costi connessi alla cura delle patologie. In un'ottica di prevenzione, peraltro, il Ministero della salute aveva promosso, nel 2015, un piano nazionale per la fertilità, volto a favorire la natalità, con precisi scopi informativi e di assistenza sanitaria qualificata per la cura e la prevenzione di malattie dell'apparato riproduttivo, anche attraverso il supporto di un tavolo consultivo in materia di tutela e conoscenza della fertilità e prevenzione delle cause di infertilità. Purtroppo sui risultati del piano ha negativamente influito la memorabile e scoraggiante campagna comunicativa del fertility day, che ha finito solo per diffondere una visione offensiva e retrograda della donna e dei problemi correlati alla fertilità.
Sulla prevenzione e sull'informazione riguardo alle principali cause di infertilità occorrono un intervento serio da parte di personale specializzato e un programma di prevenzione che comprenda sia la fertilità maschile che femminile. È necessario introdurre, in analogia agli screening oncologici, uno screening finalizzato a prevenire l'infertilità, rivolto ai giovani adulti, in un'ottica di prevenzione secondaria. Gli esami di screening basilari dovrebbero includere lo spermiogramma (esame del liquido seminale) per analizzare la fertilità maschile e il tampone vaginale, per verificare l'esistenza di infezioni che possano essere causa di infertilità femminile.
Le alterazioni della fertilità e della sessualità possono essere segnali importanti, come causa o effetto, di situazioni cliniche che, se interpretate correttamente nei loro meccanismi patogenetici e nelle conseguenze che ne derivano, sono il primo segno di patologie di grande rilievo che interessano peraltro anche il metabolismo, il sistema cardiovascolare, il sistema scheletrico, eccetera.
Occorre porre maggiore attenzione all'aspetto andrologico sia nel campo delle procedure di prevenzione e di diagnosi che nel trattamento delle affezioni responsabili di infertilità. Negli ultimi anni, in Italia, la diagnosi precoce in ambito andrologico si è molto ridotta. Ciò è accaduto, in particolare, dopo la scomparsa della «visita di leva» che, di fatto, ha eliminato l'unica forma di screening su vasta scala delle maggiori patologie andrologiche della popolazione giovanile.
Ciò ha comportato un aumento di malattie andrologiche non diagnosticate che rimangono tali fino all'età adulta, quando diventano incurabili o la cui cura diventa complessa per il paziente e costosa per il SSN. Molte di queste malattie sarebbero facili da prevenire e da curare se venissero diagnosticate precocemente.
La presente proposta di legge, nell'auspicio di non collocarsi nel guado di rinnovate guerre ideologiche, ha l'obiettivo di intervenire «chirurgicamente» sulle principali incongruenze derivanti dalla legge n. 40 del 2004 sulla PMA, già rilevate da numerose sentenze, che di fatto continuano a limitare l'uguaglianza dei cittadini nel ricevere un'appropriata prevenzione e cura delle cause di infertilità, garantendo la tutela della salute riproduttiva e anche il diritto di autodeterminarsi rispetto al desiderio di avere un figlio.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Disposizioni in materia di procreazione medicalmente assistita)

1. Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita di cui alla legge 19 febbraio 2004, n. 40, è consentito anche alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili, rispondenti ai criteri di gravità stabiliti dall'articolo 6, lettera b), della legge 22 maggio 1978, n. 194, accertate da apposite strutture pubbliche, nonché qualora sia stata accertata una condizione di rischio per la salute della donna che sia causa impeditiva della procreazione.
2. Alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili è altresì consentita la diagnosi genetica preimpianto degli embrioni e la loro eventuale selezione al fine di evitare l'impianto, nell'utero della donna, di embrioni affetti da malattie genetiche trasmissibili rispondenti ai criteri di gravità stabiliti dall'articolo 6, lettera b), della legge 22 maggio 1978, n. 194, e accertate da apposite strutture pubbliche.
3. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della salute, sentito il Consiglio superiore di sanità, definisce con proprio decreto l'elenco delle malattie genetiche trasmissibili su cui effettuare la diagnosi genetica preimpianto.
4. Le regioni, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, individuano nel territorio di competenza e nell'ambito di ciascun distretto sanitario le strutture sanitarie pubbliche o private accreditate presso le quali garantire l'effettuazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita nonché il prelievo e il trattamento delle cellule riproduttive.
5. Nell'ambito della procedura di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza di cui all'articolo 1, commi 554, 558 e 559, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, il Governo provvede a modificare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017, al fine di garantire nei livelli essenziali di assistenza le prestazioni attinenti alla procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, comprese quelle concernenti il prelievo, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione dei gameti.
6. Fino all'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza di cui al comma 5 del presente articolo, per le attività previste dal medesimo comma è autorizzata, per l'anno 2020, la spesa di 10.203.541 euro, a valere sulle risorse complessivamente finalizzate all'attuazione dell'articolo 1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, a tal fine vincolate. Al riparto delle predette risorse tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano si provvede con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
3. Ai lavoratori che ricorrono alle tecniche di procreazione medicalmente assistita di cui alla legge 19 febbraio 2004, n. 40, si applica, per le assenze dal lavoro, la disciplina relativa ai congedi, ai riposi e ai permessi nonché quella relativa ai figli naturali, adottivi e in affidamento prevista dal testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.

Art. 2.
(Disposizioni in materia di procreazione medicalmente assistita eterologa)

1. La donazione di cellule riproduttive da utilizzare nell'ambito delle tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo è volontaria, anonima e gratuita.
2. L'importazione e l'esportazione di gameti sono consentite, rispettivamente, solo da e verso istituti di tessuti accreditati ai sensi della normativa dell'Unione europea vigente in materia e operanti senza scopo di lucro. È vietata l'importazione di gameti da istituzioni estere che prevedano sotto qualunque forma la retribuzione dei soggetti donatori.
3. Sono vietati la commercializzazione di gameti e lo sfruttamento economico dei donatori o delle donatrici. Gli atti o i contratti onerosi sono nulli.
4. La tracciabilità del percorso delle cellule riproduttive è garantita in conformità alle disposizioni del decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 16, in materia di donazione, di approvvigionamento, di controllo, di lavorazione, di conservazione, di stoccaggio e di distribuzione di tessuti e cellule umane.
5. I dati personali relativi al donatore o alla donatrice e alla donazione sono riservati e anonimi, fatta salva la possibilità di accesso, esclusivamente da parte del personale sanitario abilitato e autorizzato, alle sole informazioni di carattere sanitario e per ragioni strettamente sanitarie, nel rispetto della legislazione vigente italiana e dell'Unione europea in materia di donazioni e di tutela della riservatezza.
6. Lo Stato garantisce e promuove la donazione di gameti anche attraverso campagne di sensibilizzazione e di informazione. Il Ministro della salute, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, in collaborazione con gli enti locali, con le organizzazioni di volontariato e con quelle di interesse collettivo, con le società scientifiche, con le aziende sanitarie locali, con i medici di medicina generale e con le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, promuove, nel rispetto di una libera e consapevole scelta, iniziative di informazione dirette a diffondere tra i cittadini la conoscenza delle disposizioni della presente legge.
7. Le iniziative di informazione e di comunicazione di cui al comma 7 sono promosse nel territorio, a livello locale e regionale, attraverso gli organi di informazione nazionali e locali e attraverso messaggi televisivi e radiofonici, volti a diffondere e promuovere la cultura della donazione dei gameti, recanti informazioni sulle modalità della donazione e sulle strutture presso le quali è possibile effettuarla.

Art. 3.
(Programma di prevenzione in materia di infertilità femminile e maschile)

1. Al fine di eliminare gli squilibri sanitari e sociali connessi alla disomogenea situazione registrata nelle diverse regioni in materia di prevenzione secondaria dell'infertilità femminile e maschile e di realizzare uno screening sull'infertilità nei giovani adulti mediante l'effettuazione del tampone vaginale nelle donne e dello spermiogramma negli uomini, lo Stato promuove un programma di prevenzione, per il triennio 2019-2021, realizzato in collegamento con l'assistenza sanitaria di base, anche attraverso la realizzazione ricerche biomediche e di interventi in grado di incrementare le potenzialità diagnostiche e terapeutiche nel campo dell'infertilità.
2. Le modalità e i criteri per l'attuazione del programma di cui al comma 1, nonché per la ripartizione delle risorse di cui al comma 3 sono adottati, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
3. Per l'attuazione del programma di cui al comma 1 è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2019, di 20 milioni di euro per l'anno 2020 e di 21 milioni di euro per l'anno 2021.
4. Agli oneri di cui al comma 3 del presente articolo si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
5. Al fine di assicurare un'efficace prevenzione e una corretta informazione sulle cause dell'infertilità femminile e maschile, le regioni e le province di Trento e di Bolzano assicurano altresì, attraverso la rete dei consultori familiari, i pediatri di libera scelta, i medici di medicina generale e i professionisti specializzati, l'adozione di stili di vita salutari, l'effettuazione di diagnosi tempestive e la prescrizione di terapie appropriate, nonché una capillare e corretta informazione alla popolazione sui percorsi praticabili per accedere alle prestazioni preventive, diagnostiche e terapeutiche.

Art. 4.
(Disposizioni in materia di prevenzione, diagnosi e cura delle patologie e delle disfunzioni andrologiche)

1. Al fine di garantire la tutela della salute riproduttiva e sessuale attraverso la prevenzione, la diagnosi e la cura delle patologie e delle disfunzioni andrologiche, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definiscono, con intesa da sancire entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un piano di screening e di prevenzione delle patologie e delle disfunzioni andrologiche in età pediatrica e dei giovani adulti e stabiliscono percorsi diagnostici e terapeutici delle medesime patologie e disfunzioni, promuovendo il ruolo dei consultori familiari e la loro l'integrazione con i medici di medicina generale, con i pediatri di libera scelta e con i servizi specialistici distrettuali di andrologia.
2. Nell'ambito del piano di cui al comma 1 sono individuate le prestazioni specialistiche e di diagnostica escluse dalla partecipazione al costo ed erogate senza oneri a carico dell'assistito.
3. Al fine di garantire l'uniformità e l'omogeneità del piano di cui al comma 1, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Istituto superiore di sanità, nell'ambito del Sistema nazionale linee guida istituito dal decreto del Ministro della salute 27 febbraio 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 66 del 20 marzo 2018, stabilisce le linee guida per l'attuazione del citato piano.
4. Il piano di cui al comma 1 definisce, altresì, le procedure di monitoraggio e di verifica dei risultati ottenuti in conformità alle linee guida stabilite ai sensi del comma 3 e prevede un programma di formazione e di informazione destinato al personale sanitario e alla popolazione.

Art. 5.
(Campagne di informazione sull'infertilità femminile e maschile)

1. Il Ministro della salute, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, promuove, attraverso il coinvolgimento e la collaborazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, dei consultori familiari e degli istituiti scolastici, la realizzazione di campagne di informazione sulla tutela della salute riproduttiva e sessuale dei giovani di età compresa tra quattordici e venticinque anni, al fine di promuovere la cultura della prevenzione delle patologie dell'infertilità femminile e maschile e di un adeguato stile di vita.
2. Le campagne di cui al comma 1 sono finalizzate alla conoscenza da parte dei giovani e delle loro famiglie delle patologie, delle disfunzioni ginecologiche e andrologiche e delle anomalie dell'apparato genitale, delle possibili conseguenze delle stesse sulla sessualità e sulla fertilità della persona e dei possibili effetti sul piano sociale, comportamentale e psicologico, nonché delle modalità di accesso alle prestazioni per la prevenzione, la diagnosi e la cura delle suddette patologie e disfunzioni.
3. Per le finalità di cui al presente articolo è autorizzata la spesa massima di 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020.
4. All'onere di cui al comma 3, pari a 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per i medesimi anni dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

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