PDL 1902

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1902

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa delle deputate
SIRACUSANO, SANTELLI

Modifica all'articolo 192 del codice di procedura penale, in materia di valutazione della prova

Presentata il 10 giugno 2019

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Onorevoli Colleghi! – L'articolo 192 del codice di procedura penale, relativo al regime di valutazione della prova, ribadisce innanzitutto il principio del libero convincimento del giudice, in un'ottica di rigorosa tutela della legalità sul piano probatorio. Il principio in esame viene affermato con esclusivo riferimento al momento della valutazione della prova, e può attenere solo alle prove legittimamente acquisite. Va dunque esclusa l'eventualità che il giudice formi il proprio convincimento al di fuori di tale ambito, perché altrimenti significherebbe fare uso di prove per legge non utilizzabili.
Ad ogni modo, la norma delimita il libero apprezzamento del giudice in due precisi ambiti: in generale, si esclude che possano essere utilizzati elementi di natura solamente indiziaria, a meno che tali elementi siano gravi, precisi e concordanti (articolo 192, comma 2).
In secondo luogo, in relazione alle dichiarazioni dei coimputati nel medesimo reato o degli imputati in un procedimento connesso ex articolo 12 del medesimo codice di procedura penale, la norma stabilisce che esse devono sempre essere valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità (articolo 192, comma 3).
Il medesimo principio vale altresì in riferimento alle dichiarazioni rese dall'imputato in un reato collegato a quello per cui si procede ex articolo 371, comma 2, del medesimo codice di procedura penale, nonché in relazione alle dichiarazioni all'imputato che abbia assunto l'ufficio di testimone ex articolo 197-bis (articolo 192, comma 4). Così facendo, il codice opera una presunzione di inattendibilità delle dichiarazioni rese da tali soggetti, permettendone l'utilizzabilità solo quando sono corroborate da altri elementi probatori.
La proposta di legge in esame mira ad inserire un ulteriore caso tra quelli per i quali si deve applicare la disciplina dell'articolo 192 del codice di procedura penale, comma 3: quello delle cosiddette «intercettazioni indirette», ossia delle intercettazioni concernenti le conversazioni telefoniche o tra presenti di soggetti diversi dall'indagato, dall'imputato e dalla persona comunque assente dalla stessa conversazione.
Secondo la prevalente giurisprudenza, le dichiarazioni cristallizzate nella registrazione costituiscono infatti prova della colpevolezza del terzo estraneo alla conversazione, senza necessità degli ulteriori elementi di prova previsti dal comma 3 dell'articolo 192.
In sostanza, la prova dichiarativa contra alios sarebbe normativamente incerta e necessiterebbe di riscontri; l'intercettazione, invece, essendo effettuata nei confronti di un soggetto che si presume inconsapevole, sarebbe per ciò essa stessa fonte di prova certa che non necessiterebbe – da un punto di vista epistemologico – di alcun riscontro per essere positivamente impiegata quale unico elemento di prova per giungere ad un giudizio di colpevolezza. L'accusa in danno di una terza persona non è equiparabile alla chiamata in correità e, pertanto, se ne ricava che essa non è soggetta, nella predetta valutazione, ai canoni di cui all'articolo 192, comma 3, del codice di procedura penale: tali dichiarazioni hanno, dunque, integrale valenza probatoria (Cassazione 14 ottobre 2003, n. 603, giudice amministrativo, Centro elettronico di documentazione della Cassazione 227815, in Cassazione penale, 2002, 2845).
Pertanto, secondo il prevalente orientamento della Corte di cassazione, quando due persone intercettate rilasciano dichiarazioni accusatorie nei confronti di terze persone non presenti alla conversazione captata, tali dichiarazioni hanno valore di prova piena, salvo il prudente apprezzamento del giudice.
Dire che tutto è rimesso al «prudente vaglio del giudice» significa consentire l'accesso al mondo della prova a dichiarazioni contra alios, formatesi nelle indagini, inserite nel fascicolo del dibattimento senza contraddittorio, trasformando in elemento di prova documentale quello che era, e doveva rimanere, nel più ampio genus dell'universo dichiarativo.
Il tutto, poi, difficilmente censurabile dalla (impotente e sterilizzata) difesa, sul piano del contributo alla ricostruzione della realtà storica.
L'orientamento della Corte suesposto è oramai incompatibile con la diffusione del mezzo di ricerca della prova delle intercettazioni e soprattutto con la diffusa cultura di essere ascoltati. Si è constatato che spesso gli intercettati nelle conversazioni o comunicazioni captate tentano dolosamente di ingannare l'interlocutore esprimendosi in modo tale da non poter comprendere se siano portatori di reali conoscenze o invece manifestino ipotesi, illazioni o congetture; altrettanto spesso, riferiscono circostanze imprecise, o addirittura false, allo scopo occulto di ledere ingiustamente un terzo.
Per queste ragioni, in particolare per le dichiarazioni acquisite mediante intercettazione di conversazioni o comunicazioni tra soggetti diversi rispetto all'imputato o alla persona sottoposta alle indagini o comunque alla persona non presente, è pertanto necessario applicare la disciplina del citato articolo 192, comma 3, del codice di procedura penale.
Anzi, la necessità si rende ancora più evidente se si tiene conto del fatto che il dichiarante davanti all'autorità, in caso di false dichiarazioni, si espone a conseguenze giudiziarie gravi quali la commissione del reato di calunnia e falsa testimonianza, mentre ciò non accade per il dichiarante intercettato.
Inoltre, il dichiarante davanti all'autorità può e deve essere controesaminato e anzi, se non si sottopone al contraddittorio, non potrà essere emessa alcuna sentenza di condanna nei confronti del terzo sulla base del suo dichiarato ai sensi dell'articolo 526, comma 1-bis, del codice di procedura penale, mentre le dichiarazioni intercettate non consentono alcun formale contraddittorio o, meglio, non comportano nessuna conseguenza giuridica in caso di sua assenza.
Pertanto, si propone di modificare l'articolo 192 del codice di procedura penale, inserendo le intercettazioni indirette tra i casi per i quali si deve applicare la disciplina di cui al comma 3 del medesimo articolo, stabilendo così che esse debbano sempre essere valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Al comma 4 dell'articolo 192 del codice di procedura penale sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, e alle intercettazioni concernenti conversazioni telefoniche o tra presenti svolte tra soggetti diversi dall'indagato, dall'imputato e dalla persona comunque assente dalla stessa conversazione».

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