PDL 1887

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1887

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
ASCARI, PIERA AIELLO, AZZOLINA, BOLOGNA, CANCELLERI, CARINELLI, CIPRINI, COSTANZO, DADONE, D'ARRANDO, DI SARNO, DI STASIO, DIENI, DORI, D'ORSO, GRIPPA, MACINA, PALMISANO, PERANTONI, SARTI, SPORTIELLO, SURIANO, ELISA TRIPODI

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli allontanamenti di minori dalle famiglie e sugli affidamenti a comunità, con particolare riferimento ai casi avvenuti nella provincia di Modena tra il 1997 e il 1998

Presentata il 3 giugno 2019

torna su

Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge prevede l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli allontanamenti di minori dalle famiglie e sugli affidamenti a comunità, con particolare riferimento ai casi avvenuti nella provincia di Modena tra il 1997 e il 1998.
L'inchiesta giornalistica «Veleno», realizzata da Alessia Rafanelli e Pablo Trincia e pubblicata su «la Repubblica», tratta la vicenda, iniziata tra il 1997 e il 1998, riguardante 16 bambini sottratti alle rispettive famiglie tra Massa Finalese e Mirandola, nella bassa modenese, nota come il caso dei «diavoli della bassa modenese», su indicazione dei servizi sociali, e mai più restituiti, malgrado alcune di queste famiglie siano state successivamente prosciolte da ogni accusa.
L'inchiesta giornalistica vorrebbe dimostrare l'inconsistenza delle accuse secondo cui i bambini sarebbero stati vittime di abusi sessuali da parte di una rete satanica di pedofili, che li costringeva ad assistere e a compiere riti satanici e sacrifici umani nei cimiteri della zona, promossi e diretti da un sacerdote, nonostante le indagini non abbiano riscontrato prove di alcun genere.
Pare che le dichiarazioni rese dai minori non fossero supportate da alcuna prova, quali fotografie, riprese audio-video, testimonianze dei custodi del cimitero; non fu ritrovato alcun cadavere, nonostante si dragò il fiume Panaro alla ricerca di prove, mentre le stesse testimonianze dei bambini derivavano da quanto riportavano gli assistenti sociali, senza che vi fosse traccia di registrazioni dei colloqui con i minori.
Sembrerebbe che gli assistenti sociali impiegassero la tecnica dello «svelamento progressivo», per cui il minore vittima di abuso rivela gradualmente la propria storia e, per questo, è necessario farlo parlare il più possibile: tuttavia, in questo caso, questa tecnica potrebbe aver prodotto effetti distorsivi di grave portata, con interrogatori lunghi e ripetuti, atti a far dire ai minori ciò che gli interroganti adulti si aspettavano di ascoltare, anziché la realtà dei fatti.
Nel corso del processo le perizie mediche, che avrebbero dovuto accertare gli abusi sui minori, sono state del tutto controverse, avendo alcuni periti addirittura negato che i bambini avessero mai subito violenze.
Metà degli accusati sono stati prosciolti da ogni accusa ma, nel frattempo, alcuni sono morti: una madre si è suicidata gettandosi dal quinto piano di un palazzo; il sacerdote accusato di dirigere la setta, Don Govoni, è morto d'infarto e successivamente fu prosciolto da ogni addebito; altre due madri sono morte in carcere, mentre un altro indagato è stato colpito da un attacco cardiaco.
L'Unione dei comuni modenesi Area nord si è fatta interamente carico delle spese per l'affido e le terapie psicologiche dei minori sottratti, versando, in totale, 4 milioni di euro, di cui circa la metà è stata destinata al Centro aiuto al bambino, aperto privatamente dalla dottoressa Valeria Donati, una degli assistenti sociali responsabile dei bambini interrogati e delle sottrazioni dei bambini stessi, per fornire assistenza ai bambini di cui diagnosticava i traumi, dopo che l'azienda sanitaria locale aveva deciso di appaltare il servizio a una struttura più qualificata.
Queste somme sono state destinate per anni anche agli psicologi dipendenti pubblici che collaboravano a pagamento con un'istituzione privata denominata «Cenacolo francescano».
L'inchiesta «Veleno» ha arricchito la vicenda di testimonianze di due tra i principali protagonisti, in particolare due ragazze, minori all'epoca dei fatti, una delle quali figlia della donna che si suicidò in carcere a seguito della condanna, le quali hanno dichiarato, rispettivamente, nell'ambito dell'inchiesta: «Ho la certezza di aver inventato tutto» e «Mi sono sentita sequestrata da assistenti sociali, psicologhe e giudici. Queste persone non devono più avere a che fare con dei bambini. Io chiedo questo. Lo faccio per i bambini di oggi, perché non devono più subire quello che ho subito io».
A seguito dell'inchiesta, psicologi e assistenti sociali sono stati convocati nella commissione per i servizi sociali del consiglio dell'Unione dei comuni modenesi Area nord per fare luce sulla vicenda e l'ente ha deciso di non rinnovare la quota associativa annuale al Coordinamento dei servizi per i maltrattamenti dei minori in Italia, a cui appartenevano molti degli assistenti sociali protagonisti della vicenda.
Dall'altra parte, l'avvocato Luisa Vitali ha fatto pervenire alla stampa, nel gennaio 2018, una lettera attribuita a quattro dei bambini a suo tempo sottratti alle famiglie, nella quale, da adulti, confermano la veridicità di tutto quello che riferirono sulle accuse alle famiglie.
Quanto descritto esprime un fenomeno che non si esaurisce al solo caso dell'inchiesta «Veleno», come denuncia la campagna nazionale «Nidi violati», portata avanti in rete da alcune associazioni e che si occupa degli allontanamenti dei minori attuati in applicazione dell'articolo 403 del codice civile a seguito di segnalazioni contro genitori accusati di molestie, maltrattamenti, abusi e incapacità genitoriale, per i quali, però, dopo anni o anche decenni, si accerta la totale innocenza, noti anche come «falsi positivi».
Rappresentanti della citata campagna Nidi violati, in audizione in Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza nell'ottobre 2017, hanno ribadito la mancanza di dati e di informazioni aggiornate, che rende difficile affrontare il fenomeno e comprenderne la portata.
I primi studi su falsi ricordi, falsa memoria e falsi positivi risalgono agli anni settanta: quantomeno negli anni novanta, gli specialisti avrebbero dovuto conoscere il rischio, nell'approccio psicologico sul fanciullo e sull'adolescente, di indurre i minori a falsi ricordi.
È fondamentale che questo fenomeno venga eradicato: lo Stato dovrebbe farsi garante del benessere dei minori e dovrebbe contrastare i comportamenti illeciti, soprattutto da parte di enti o di funzionari pubblici, che pregiudicano l'integrità psico-fisica dei bambini e delle loro famiglie.
L'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza ha pubblicato la seconda raccolta dati sperimentale elaborata con le procure della Repubblica presso i tribunali per i minorenni, intitolata «La tutela dei minorenni in comunità».
I numeri dell'accoglienza in comunità dei minorenni allontanati dalla propria famiglia d'origine, al 31 dicembre 2015, mostrano, complessivamente, una tendenza in aumento rispetto a quanto rilevato nell'anno precedente. In particolare, i minori di età presenti nelle strutture di tipo familiare sono 21.035, registrando un incremento percentuale del 9,3 per cento rispetto al 31 dicembre 2014.
Dal confronto tra il numero di minorenni presenti in comunità al 31 dicembre 2015 e il totale dei minorenni residenti in Italia al 1° gennaio 2016, pari a 10.008.033, si evince che i bambini e gli adolescenti accolti dalle strutture di tipo familiare rappresentano circa lo 0,2 per cento dell'intera popolazione infra diciottenne.
Si evidenzia, inoltre, un incremento del 5 per cento del numero di strutture per minori attive sul territorio nazionale che, al 31 dicembre 2015, risulta pari a 3.352 unità, rispetto alle 3.192 registrate al termine dell'anno 2014, correlativamente a un aumento del 7,8 per cento della domanda di accoglienza connesso, come osservato, alla rilevata crescita numerica degli ospiti complessivi delle comunità al 31 dicembre 2015.
In tema di numero medio di ospiti per struttura, su base regionale, si osserva che i valori più elevati si registrano, nell'ordine: a Bolzano, con 13,6 ospiti; in Umbria con 12,4 ospiti; in Molise con 12,1 ospiti; in Friuli-Venezia Giulia con 11,8 ospiti; nelle Marche con 10,3 ospiti e in Sicilia con 10 ospiti per struttura. I territori dove, invece, il numero medio di ospiti per struttura risulta più contenuto corrispondono all'area di Piemonte e Valle d'Aosta (3,7), alla provincia autonoma di Trento che, al pari del Veneto, segna un numero medio di ospiti per struttura di 3,9, seguiti dall'Emilia-Romagna con 4,6 ospiti.
Per quanto riguarda il profilo dell'età dei bambini e ragazzi accolti in comunità al 31 dicembre 2015 si nota la netta prevalenza della classe d'età più elevata (14-17 anni) che segna il 61,6 per cento dei minorenni complessivamente ospiti delle strutture e che risulta, peraltro, in crescita rispetto al 57,2 per cento registrato nella precedente rilevazione. Inoltre, è emerso che il 13,2 per cento dei minorenni collocati in comunità ha un'età inferiore ai 6 anni, segnando una diminuzione rispetto al 15 per cento rilevato al 31 dicembre 2014. In diminuzione risulta anche l'incidenza relativa dei bambini di età compresa tra 6 e 10 anni (12,8 per cento rispetto al 14,1 per cento del 2014) e dei ragazzi nella fascia d'età 11-13 anni (12,4 per cento rispetto al 13,8 per cento del 2014).
L'inserimento dei minorenni nelle strutture di accoglienza avviene, nella maggioranza dei casi (57,8 per cento), a seguito di provvedimento dell'autorità giudiziaria, segnando una netta prevalenza rispetto alla percentuale di collocamenti di cui è stata espressamente dichiarata la natura consensuale (13,7 per cento). Tuttavia, nel restante 28,5 per cento dei casi le comunità non hanno fornito alle procure alcuna precisa indicazione circa la tipologia di inserimento.
Dal confronto con il dato risultante dalla precedente Raccolta dati dell'Autorità, emerge una sostanziale continuità, seppur con una lieve diminuzione, della percentuale dei casi di minorenni presenti in comunità da più di 24 mesi che passa dal 26,5 per cento, rilevato al 31 dicembre 2014, al 23 per cento, mentre il restante 77 per cento degli ospiti di minore età si trova in comunità, al 31 dicembre 2015, da meno di 24 mesi.
Bisogna, infatti, tenere conto che la permanenza dei minorenni nelle comunità, fuori dalla propria famiglia di origine, non può superare i 24 mesi, salvo eventuali proroghe disposte dal tribunale per i minorenni per il caso in cui la sospensione del collocamento possa recare pregiudizio al minore.
La presente proposta di legge si compone di sei articoli.
In particolare, all'articolo 1 sono definiti i compiti della Commissione.
L'articolo 2 stabilisce la composizione della Commissione che è formata da quaranta membri, di cui venti deputati e venti senatori, e ne definisce le modalità di nomina.
L'articolo 3 individua i poteri e i limiti della Commissione e tratta in maniera specifica le audizioni a testimonianza. Stabilisce, inoltre, che non può essere opposto il segreto d'ufficio.
L'articolo 4 tratta del potere della Commissione di richiedere atti e documenti.
L'articolo 5 disciplina l'obbligo del segreto.
L'articolo 6 disciplina l'organizzazione interna e il funzionamento.

torna su

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione e compiti della Commissione)

1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, per la durata di ventiquattro mesi, una Commissione parlamentare di inchiesta sugli allontanamenti di minori dalle famiglie e sugli affidamenti a comunità, con particolare riguardo agli eventi avvenuti nella provincia di Modena tra il 1997 e il 1998, di seguito denominata «Commissione», con il compito di:

a) raccogliere, esaminare e valutare i dati sugli affidamenti di minori disposti:

1) ai sensi dell'articolo 403 del codice civile;

2) a seguito di un provvedimento adottato dal tribunale ordinario nelle more dei procedimenti di cui all'articolo 337-bis del codice civile;

3) in applicazione della misura di cui agli articoli 21, comma 5, e 22 del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448;

4) a seguito di provvedimenti, comunque denominati, disposti dall'autorità amministrativa o giurisdizionale nonché dai servizi di assistenza sociale;

b) raccogliere, verificare, esaminare e valutare i dati sull'attività svolta e sui metodi impiegati dalle autorità pubbliche e dai soggetti, compresi gli psicologi e gli assistenti sociali, che, in qualsiasi modo, abbiano avuto un ruolo nell'ambito delle procedure di affidamento di cui alla lettera a);

c) raccogliere, esaminare e valutare i dati sui procedimenti penali collegati all'adozione delle misure di cui all'articolo 403 del codice civile, con particolare riguardo al fenomeno dei falsi positivi, ossia i casi in cui l'allontanamento disposto si è dimostrato non necessario poiché l'esercizio della potestà genitoriale era avvenuto lecitamente;

d) acquisire informazioni, dati ed esperienze dalle associazioni di carattere nazionale o locale che si occupano di prevenzione e di contrasto del fenomeno dei falsi positivi, nonché di tutela dei minori affidati in base ai provvedimenti indicati alla lettera a);

e) raccogliere, analizzare e valutare i dati sulle comunità che accolgono minori, di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, sugli orfanotrofi, nonché su qualsiasi altro ente pubblico o privato, comunque denominato, a cui sono affidati minori, compresi i dati relativi al funzionamento, al sistema di finanziamento, di spesa e di rendicontazione, alle attività formative, di studio e lavorative svolte in favore dei minori accolti, nonché ai metodi educativi impiegati;

f) raccogliere, esaminare e valutare i dati complessivi sugli affidamenti di minori, in particolare attraverso l'analisi delle condizioni di vita nonché delle condizioni psicofisiche degli stessi durante il periodo di affidamento e delle conseguenze rilevate nell'età adulta;

g) verificare la congruità delle attività svolte da autorità pubbliche e da soggetti privati in relazione ai casi avvenuti nella provincia di Modena tra il 1997 e il 1998, accertando eventuali responsabilità per i casi di abusivo allontanamento individuati;

h) indicare iniziative anche di carattere normativo e amministrativo ritenute opportune per assicurare la tutela dei minori e migliorare il sistema di affidamento dei medesimi e le loro condizioni di vita.

2. La Commissione può avvalersi del supporto della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, di cui alla legge 23 dicembre 1997, n. 451, dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, di cui alla medesima legge, nonché della documentazione da questi prodotta, ricevuta o detenuta a qualsiasi titolo.
3. La Commissione, al termine dei propri lavori, nonché ogni volta che lo ritenga opportuno e, comunque, annualmente, riferisce alle Camere sull'attività svolta.

Art. 2.
(Composizione della Commissione)

1. La Commissione è composta da venti senatori e da venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari e comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento. I componenti sono nominati anche tenendo conto della specificità dei compiti assegnati alla Commissione.
2. I componenti designati della Commissione, prima della nomina devono dichiarare alla Presidenza della Camera di appartenenza di non avere ricoperto ruoli in procedimenti giudiziari relativi ai fatti oggetto dell'inchiesta.
3. Il presidente della Commissione è scelto dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, d'intesa tra loro, al di fuori dei predetti componenti i gruppi parlamentari, tra i parlamentari dell'uno e dell'altro ramo del Parlamento.
4. L'ufficio di presidenza è composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari.
5. Per l'elezione, a scrutinio segreto, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente della Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto il più anziano di età.

Art. 3.
(Poteri e limiti della Commissione)

1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.
2. Per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli da 366 a 372 del codice penale.
3. Per i segreti professionale e bancario si applicano le norme vigenti. Per il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124. Si applica altresì l'articolo 203 del codice di procedura penale. In nessun caso, per i fatti rientranti nei compiti della Commissione, può essere opposto il segreto d'ufficio.
4. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.

Art. 4.
(Acquisizione di atti e documenti)

1. La Commissione può ottenere, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari. Sulle richieste ad essa rivolte l'autorità giudiziaria provvede ai sensi dell'articolo 117 del codice di procedura penale. L'autorità giudiziaria può trasmettere le copie di atti e documenti anche di propria iniziativa.
2. La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 1 siano coperti da segreto.
3. La Commissione può ottenere, da parte degli organi e degli uffici delle pubbliche amministrazioni, copie di atti e documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materia attinente alle finalità della presente legge.
4. L'autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare la trasmissione di copia di atti e documenti richiesti, con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria. Il decreto ha efficacia per sei mesi e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto. Il decreto non può essere rinnovato o avere efficacia oltre la chiusura delle indagini preliminari.
5. Quando gli atti o i documenti siano stati assoggettati al vincolo di segreto funzionale da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta, tale segreto non può essere opposto alla Commissione di cui alla presente legge.
6. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso.

Art. 5.
(Obbligo del segreto)

1. I componenti la Commissione, i funzionari e il personale di qualsiasi ordine e grado addetti alla Commissione stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 4, commi 2 e 6.
2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto è punita ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.
3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le stesse pene si applicano a chiunque diffonda in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione.

Art. 6.
(Organizzazione interna)

1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dell'attività di inchiesta. Ciascun componente può proporre la modifica delle disposizioni regolamentari.
2. Le sedute della Commissione sono pubbliche. Tutte le volte che lo ritenga opportuno la Commissione può riunirsi in seduta segreta.
3. La Commissione può avvalersi, a tempo parziale e a titolo gratuito, salvo il rimborso delle spese debitamente autorizzate e documentate, dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, di collaboratori interni ed esterni all'amministrazione dello Stato, autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, dagli organi a ciò deputati e dai Ministeri competenti, nonché di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie di soggetti pubblici, comprese le università e gli enti di ricerca, ovvero privati. Con il regolamento interno di cui al comma 1 è stabilito il numero massimo di collaboratori di cui può avvalersi la Commissione.
4. Per l'espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro.
5. La Commissione, nel rispetto dei princìpi di pubblicità e trasparenza, rendiconta e documenta annualmente le spese sostenute, suddivise per singole voci, provvedendo a darne evidenza sui siti internet istituzionali della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
6. Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite massimo di 20.000 euro per l'anno 2019 e di 40.000 euro per ciascuno degli anni successivi e sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. I Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, d'intesa tra loro, possono autorizzare annualmente un incremento delle spese di cui al primo periodo, comunque in misura non superiore al 20 per cento, a seguito di richiesta formulata dal presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta.

torna su