PDL 1780

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1780

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
CIRIELLI, CIABURRO

Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di rinvio dell'esecuzione della pena nei confronti di donne incinte o madri di prole di età inferiore a tre anni, di sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di ordine di esecuzione della pena detentiva nonché di divieto di ingresso della prole negli istituti penitenziari

Presentata il 16 aprile 2019

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Onorevoli Colleghi! — Il 18 settembre scorso nel carcere di Rebibbia a Roma è avvenuta una tragedia che ha provocato sgomento e preoccupazione. Una detenuta madre di origini tedesche, Alice Sebesta, ha gettato i suoi due figli dalle scale della sezione nido del carcere femminile. La figlia più piccola, di soli quattro mesi, è morta sul colpo mentre il bambino più grande, di due anni, è deceduto il giorno seguente. La donna, successivamente ascoltata dai medici e dal suo avvocato, ha giustificato l'atroce gesto affermando di aver così dato la libertà ai figli. Alice Sebesta era stata arrestata il 26 agosto scorso per spaccio di droga ed era stata immediatamente condotta in carcere. La scarcerazione della donna sarebbe avvenuta dopo pochi giorni proprio grazie alla presenza dei suoi figli molto piccoli.
Quanto accaduto riporta al centro del dibattito la tematica della privazione della libertà delle donne madri e l'ingresso, assieme ai loro figli, all'interno di una struttura carceraria. Difatti, lo status delle madri coinvolge – e travolge – automaticamente anche i loro figli e, quindi, il loro eventuale accesso all'interno di un carcere, con tutto ciò che può derivarne.
Sebbene la legislazione degli ultimi anni sia stata fortemente improntata a favorire l'esecuzione della pena delle detenute madri al di fuori delle mura carcerarie e abbia cercato di rispondere alla necessità di preservare il più possibile la prole da questo drammatico contesto, secondo quanto riportato dalla sezione statistica del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, al 30 settembre 2018, in totale, erano cinquanta le detenute madri e cinquantanove i figli al seguito.
Per comprendere a pieno la finalità della presente proposta di legge è opportuno esaminare l'evoluzione della disciplina italiana sulle detenute con figli.
In passato alla detenuta madre non era data la possibilità di tenere con sé il minore, anzi veniva impedito ogni tipo di contatto tra questa e il bambino: se una detenuta dava alla luce un figlio in carcere, questi veniva immediatamente affidato ad appositi istituti in quanto la donna, considerata «amorale», risultava inadeguata ad assolvere il proprio ruolo di genitore. Le riforme che si sono susseguite hanno avuto come obiettivo quello di stravolgere tale visione. La figura materna nello sviluppo del bambino e, quindi, l'importanza della convivenza tra madre e figlio sono state enormemente enfatizzate, a prescindere da un'eventuale mala condotta della donna e quindi anche da una sua probabile condanna e reclusione. Ad oggi, infatti, secondo quanto previsto dall'articolo 11 della legge 26 luglio 1975, n. 354, sull'ordinamento penitenziario, la detenuta madre può accedere all'interno del carcere con il proprio figlio minore di anni tre. In particolare, nel corso degli anni, l'esigenza di «salvaguardare» la prole ha fatto sì che il legislatore abbia riformato la materia nel senso di favorire la decarcerazione della madre (e, così, anche della prole), prevedendo l'esecuzione della pena da parte della madre in luoghi diversi dal carcere.
Così, la legge 10 ottobre 1986, n. 663 (cosiddetta «legge Gozzini»), ha modificato i criteri in base ai quali è possibile fruire della detenzione domiciliare per le donne incinte e per le detenute con figli di età inferiore a tre anni con loro conviventi, considerando la durata della condanna (livello basso delle pene da scontare o residuo di sanzioni più elevate) e l'età dei minori (attualmente la soglia di età del bambino è fissata a dieci anni);
La legge 27 maggio 1998, n. 165 (cosiddetta «legge Simeone»), ha introdotto, al comma 1 dell'articolo 47-ter della legge n. 354 del 1975, il comma 1-ter al fine di consentire al giudice di disporre che la pena venga eseguita presso l'abitazione della donna o presso istituti di cura o assistenza come alternativa al differimento della pena (ex articoli 146 e 147 del codice penale) per le donne incinte e per le detenute con figli neonati o comunque con bambini molto piccoli.
La legge 8 marzo 2001, n. 40 (cosiddetta «legge Finocchiaro»), in materia di esecuzione della pena, ha modificato gli articoli 146 e 147 del codice penale, ampliando i presupposti applicativi sia del rinvio obbligatorio (da sei mesi a un anno di età del bambino) che di quello facoltativo (fino a tre anni di età del bambino) e ha introdotto due provvedimenti specifici per le donne con figli, la «detenzione domiciliare speciale» (articolo 47-quinquies della legge n. 354 del 1975), con la quale sono superati i rigidi limiti di pena previsti per la detenzione domiciliare e sono previste modalità di esecuzione più elastiche, maggiormente compatibili con l'esigenza di cura dei figli (ad oggi, la madre di prole di età inferiore a dieci anni, ogniqualvolta vi sia la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli e non sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti, può scontare la pena nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, dopo l'espiazione di almeno un terzo della pena ovvero di almeno quindici anni in caso di condanna all'ergastolo) e «l'assistenza all'esterno per i figli minori» (articolo 21-bis della legge n. 354 del 1975);
Da ultimo, la legge 21 aprile 2011, n. 62, ha introdotto un nuovo comma nel citato articolo 47-quinquies, prevedendo la possibilità che le madri possano fin dall'inizio scontare la pena in un luogo alternativo al carcere (superando così quei limiti che legittimano la forma originaria della detenzione domiciliare speciale). Inoltre, la legge ha aggiunto, oltre all'abitazione e al luogo di cura, assistenza o accoglienza, altri due luoghi per l'espiazione della pena: l'istituto a custodia attenuata per detenute madri (ICAM) e le case famiglia protette. Il primo non è altro che un istituto penitenziario in cui le madri hanno la possibilità di portare con sé i figli fino a sei anni di età. Le case famiglia protette, invece, sono dei veri e propri appartamenti inseriti nel contesto urbano e destinati alle madri che non hanno un altro posto dove trascorrere la detenzione.
Con le predette riforme, il legislatore è intervenuto anche con riferimento alla condizione di custodia cautelare. Ad oggi, secondo quanto disciplinato dall'articolo 275, comma 4, del codice di procedura penale, è fatto divieto di disporre e di mantenere la custodia cautelare in carcere, salvo che non sussistano esigenze cautelari di straordinaria rilevanza, alle madri di bambini di età pari o inferiore a sei anni. Per di più, l'articolo 285-bis dello stesso codice, introdotto dalla legge n. 62 del 2011, ha concesso al giudice la possibilità di predisporre la detenzione della madre con bambino di età non superiore a sei anni in un istituto a custodia attenuata, nel caso in cui vi siano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.
L'attuale assetto normativo, così come delineato dal legislatore, non è servito, a tutt'oggi, a diminuire la presenza di bambini all'interno delle carceri e non ha impedito il verificarsi di tragiche vicende, come dimostra l'episodio evidenziato in premessa nel carcere di Rebibbia lo scorso settembre.
Gli interventi di riforma di questi anni hanno difatti portato a due problematiche conseguenze. In primis, nonostante i dati statistici riportino che tendenzialmente la donna delinque in minore quantità rispetto all'uomo, quelle donne, madri di bambini anche non in tenera età, per la quasi totalità dei reati che generalmente commettono, sanno che, proprio grazie al loro status di madri, potrebbero non scontare la pena all'interno di un carcere. Tutto ciò svilisce una delle più importanti funzioni della pena ovvero la sua efficacia di deterrente. Inoltre, l'articolo 146 del codice penale e, quindi, il rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena per la madre di prole inferiore a un anno, conduce inevitabilmente a un ampliamento della platea dei rei liberi nel territorio nazionale. Quanto delineato altro non rappresenta che l'effetto delle riforme, che formalmente erano dirette a ridurre il sovraffollamento penitenziario e quindi a migliorare le pessime condizioni delle carceri italiane, per le quali l'Italia ha subìto anche delle condanne da parte della Corte di Strasburgo ma che, sostanzialmente, si sono tradotte in ulteriori benefìci idonei a eludere la carcerazione e ad aumentare la pericolosità sociale.
In secundis, come noto, l'ordinamento sovranazionale impone agli Stati membri di tutelare quanto più possibile il rapporto genitoriale tra madre e figlio. Tuttavia una tale tutela non può essere attuata in strutture carcerarie che risultano inidonee a rappresentare un luogo sicuro e favorevole alla crescita di un minore.
Non v'è chi non veda, infatti, come la permanenza del minore in strutture carcerarie rappresenti un fattore negativo e ponga in serio pericolo il suo sano equilibrio e il suo sviluppo psico-fisico durante quelle che sono le fasi più delicate della sua vita. La prole in carcere, infatti, è ulteriormente colpita dalla pena e si trova a trascorrere le giornate dietro le sbarre, senza mai confrontarsi con il mondo esterno. In più, dopo una crescita estremamente sacrificata in prigione, dove il passaggio tra il giorno e la notte è scandito esclusivamente dal suono delle chiavi che aprono e chiudono le celle, i bambini, al terzo anno di età, subiscono un ulteriore trauma, quello del distacco dalla madre, una donna che molto spesso, a causa della sua situazione, soffre di grandi disturbi psicologici.
Assume, pertanto, rilievo prioritario salvaguardare l'interesse dei minori, soggetti deboli, distinti dal condannato e particolarmente meritevoli di protezione ed è necessario prevenire ogni tipo di turbamento psicologico permanente che questi potrebbero avere, anche in età adulta. Per tale finalità e nel rispetto dei princìpi internazionali (l'articolo 3, paragrafo 1, della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva dalla legge n. 176 del 1991, e l'articolo 24, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea) che pretendono una «considerazione preminente» per l'interesse superiore del fanciullo in tutte le decisioni dell'autorità pubblica che lo riguardano, la presente proposta di legge mira a riformare le norme in materia di detenzione limitatamente alle donne madri, vietando l'ingresso in carcere dei minori a seguito della detenzione della madre. Per tale scopo si prevede la sospensione della responsabilità genitoriale della detenuta e l'affidamento della prole all'altro genitore o, in sua assenza o impedimento, ai familiari immediatamente reperibili ovvero, se necessario, ad istituti ad hoc che sicuramente rappresentano luoghi più adatti e dignitosi in relazione alle loro esigenze di crescita.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. All'articolo 146 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il primo comma è sostituito dal seguente:

«L'esecuzione di una pena, che non sia pecuniaria, è differita se deve aver luogo nei confronti di persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell'articolo 286-bis, comma 2, del codice di procedura penale, ovvero da altra malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione, quando la persona si trova in una fase della malattia così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative»;

b) il secondo comma è abrogato.

Art. 2.

1. L'articolo 147 del codice penale è sostituito dal seguente:

«Art. 147. – (Rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena) – L'esecuzione di una pena può essere differita:

1) se è presentata domanda di grazia e l'esecuzione della pena non deve essere differita a norma dell'articolo 146;

2) se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita contro chi si trova in condizioni di grave infermità fisica;

3) se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita nei confronti di donna incinta;

4) se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita nei confronti di madre di prole di età inferiore a tre anni.

Nel caso indicato nel numero 1) del primo comma, l'esecuzione della pena non può essere differita per un periodo superiore complessivamente a sei mesi, a decorrere dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile, anche se la domanda di grazia è successivamente rinnovata.
Nei casi previsti dai numeri 3) e 4) del primo comma, il differimento non opera o, se concesso, è revocato se la gravidanza si interrompe, se la madre è dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale sul figlio ai sensi dell'articolo 330 del codice civile, o se il figlio minore muore, viene abbandonato ovvero affidato ad altri, sempre che l'interruzione della gravidanza o il parto siano avvenuti da oltre due mesi.
Il provvedimento di cui al primo comma non può essere adottato e, se adottato, è revocato qualora sussista il concreto pericolo della commissione di delitti».

Art. 3.

1. Dopo il secondo comma dell'articolo 34 del codice penale è inserito il seguente:

«La sospensione della responsabilità genitoriale viene applicata ogniqualvolta sia disposto l'ordine di esecuzione di cui all'articolo 656 del codice di procedura penale. Il giudice dispone l'affidamento del minore a favore dell'altro genitore o, in caso di sua assenza o impedimento, ai familiari immediatamente reperibili ovvero, se necessario, ai servizi sociali. La sospensione è revocata nei casi di accoglimento dell'istanza di cui al comma 5 dell'articolo 656 del codice di procedura penale».

Art. 4.

1. Dopo il comma 1 dell'articolo 656 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

«1-bis. L'ordine di esecuzione comporta la sospensione della responsabilità genitoriale di cui all'articolo 330-bis del codice civile. La sospensione è revocata nei casi di accoglimento dell'istanza di cui al comma 5».

Art. 5.

1. Il settimo comma dell'articolo 14 della legge 26 luglio 1975, n. 354, è sostituito dal seguente:

«Alle madri non è consentito di tenere presso di loro i figli. Nei casi di cui al presente comma la cura e l'assistenza dei figli minori all'esterno degli istituti penitenziari sono assicurate ai sensi dell'articolo 21-bis».

Art. 6.

1. Al terzo comma dell'articolo 39 della legge 26 luglio 1975, n. 354, le parole: «, e dalle madri che allattino la propria prole fino ad un anno» sono soppresse.

Art. 7.

1. Il comma 10 dell'articolo 14 del regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, è abrogato.

Art. 8.

1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo provvede a modificare l'articolo 19 del regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, per conformarlo alle disposizioni della presente legge, secondo i seguenti princìpi:

a) prevedere che dell'assistenza particolare ivi disciplinata siano destinatarie soltanto le gestanti per le esigenze relative alla gravidanza e al parto;

b) prevedere che, per i fini di cui alla lettera a), siano organizzati, di norma, appositi reparti ostetrici presso gli istituti penitenziari o le sezioni dei medesimi in cui sono ospitate detenute o internate gestanti;

c) abrogare le disposizioni che riguardano l'assistenza alle madri detenute e internate e ai bambini che esse tengono presso di sé nonché l'organizzazione di asili nido presso gli istituti penitenziari.

Art. 9.

1. Dopo l'articolo 330 del codice civile è inserito il seguente:

«Art. 330-bis. – (Sospensione della responsabilità genitoriale) – Il giudice pronunzia la sospensione della responsabilità genitoriale quando viene disposto l'ordine di esecuzione di cui all'articolo 656 del codice di procedura penale. Il giudice dispone l'affidamento del minore a favore dell'altro genitore o, in caso di sua assenza o impedimento, ai familiari immediatamente reperibili ovvero, se necessario, ai servizi sociali.
La sospensione è revocata nei casi di accoglimento dell'istanza di cui al comma 5 dell'articolo 656 del codice di procedura penale».

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