PDL 1732

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1732

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
VIZZINI, DAVIDE AIELLO, CASA, COSTANZO, ERMELLINO, FARO, GIANNONE, GRIPPA, IANARO, MAMMÌ, NAPPI, PENNA, ROBERTO ROSSINI, SARLI, TROIANO

Modifiche alla disciplina in materia di rapporto sulla situazione del personale e di equilibrio tra i sessi negli organi delle società quotate in mercati regolamentati, nonché disposizioni sperimentali per la promozione della parità lavorativa e dell'occupazione femminile e per il sostegno della maternità

Presentata il 2 aprile 2019

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Onorevoli Colleghi! – Sebbene il divario tra i sessi (cosiddetto gender gap) nell'ambito lavorativo sia una realtà notoriamente diffusa, finora le iniziative promosse per superarlo non sono state efficaci. L'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, ha posto tra i propri obiettivi la parità tra i sessi come elemento indispensabile per la sostenibilità futura della pace e dell'ordine globale.
Attualmente, le donne hanno meno probabilità degli uomini di trovare un'occupazione, lavorano per un numero inferiore di ore, hanno retribuzioni orarie più basse e operano maggiormente in settori sottopagati. Questo divario retributivo medio costa alle donne europee circa due stipendi annui. La Commissione europea ha dichiarato il 3 novembre di ogni anno come «Equal Pay Day» in quanto da tale data le donne europee risultano lavorare gratuitamente per il resto dell'anno a causa della più bassa retribuzione di cui beneficiano rispetto ai colleghi di sesso maschile.
Occupazione femminile, d'altronde, non significa soltanto parità di diritti, ma soprattutto crescita economica e opportunità di produrre reddito e ricchezza in un Paese in cui la ricerca di nuove strade per lo sviluppo è necessità prioritaria. Il lavoro femminile è riconosciuto come il principale motore di crescita dell'economia mondiale degli ultimi decenni. Il basso tasso di occupazione femminile esistente in Italia può, quindi, essere considerato, specularmente, anche come un'opportunità di crescita per l'economia nazionale.
Le conseguenze di lungo termine del divario retributivo sono diverse, perché esso incide sul reddito femminile per tutto l'arco della vita: guadagnando meno degli uomini, anche in caso di pensionamento le donne sono più esposte al rischio di povertà nella vecchiaia.
Una recente ricerca della Commissione europea ha rilevato che nell'Unione, in media, solo un manager su tre è donna. Inoltre, le poche donne manager europee che hanno raggiunto posizioni di alto livello guadagnano in media uno stipendio orario inferiore del 23 per cento circa rispetto a quello percepito da un uomo in pari posizione.
Esistono comunque esempi virtuosi, anche nel nostro continente, che vanno in controtendenza rispetto a quanto descritto. In Islanda è stata dichiarata obbligatoria per legge la parità di retribuzione tra gli uomini e le donne a parità di qualifica; tutti i divari e le differenze salariali dovranno essere colmati entro il 2022. È assolutamente indicativo come l'Islanda, classificata dal World Economic Forum come il miglior Paese per la parità tra i sessi, sia anche il primo Paese al mondo ad avere adottato una normativa di questo tipo. L'Italia, invece, è scesa al settantesimo posto su 149 Paesi analizzati dal World Economic Forum nell'indice della disparità tra i sessi. La situazione appare addirittura molto più grave se consideriamo isolatamente il dato relativo alla partecipazione alla forza-lavoro (93° posto) o quello riguardante la disparità salariale tra uomini e donne (126° posto).
Il basso tasso di occupazione femminile italiano è una delle tristi certezze del nostro mercato del lavoro; seppur in crescita, ma ancora pari al 49 per cento circa, esso fa dell'Italia uno degli ultimi Paesi in Europa, seguito solo dalla Grecia.
Nel discorso sulla parità tra i sessi va inoltre considerata la sostanziale differenza che ancora persiste ovunque tra lavori prettamente «maschili» e impieghi identificati come «femminili».
È necessario, in questo senso, un radicale cambiamento di mentalità attraverso l'aumento della presenza femminile in settori chiave e in espansione del mercato del lavoro globale: settori che registrano anche salari medi più alti rispetto alle categorie lavorative tradizionalmente femminili.
Il differenziale salariale tra i sessi è determinato soprattutto dalla scarsità di donne nei lavori con retribuzione più elevata; le donne costituiscono infatti il 40 per cento della forza-lavoro con mansioni di segreteria, ma solo il 17 per cento della forza-lavoro con incarichi dirigenziali. Le donne beneficiano del congedo di maternità – che continua a essere concepito come una specie di privilegio – e tendono a scegliere posti di lavoro flessibili per potersi prendere cura della famiglia. Questi elementi, però, non possono spiegare fino in fondo la portata del divario, che persiste anche oltre gli anni in cui le donne dovrebbero avere smesso di prendersi cura dei bambini: altri fattori determinanti sono le discriminazioni nei luoghi di lavoro, il mancato riconoscimento delle competenze femminili rispetto a quelle maschili e la mancata rappresentanza nella politica e nell'economia.
Tra le difficoltà a cui vanno incontro le donne non si può non notare l'assenza dello Stato nel sostegno alla maternità e nelle politiche di benessere sociale nei riguardi di chi vuole creare una famiglia. Secondo dati dell'ISTAT, attualmente il 27 per cento delle donne lascia il lavoro dopo la nascita del primo figlio. Nel 90 per cento dei casi la motivazione prevalente dell'abbandono è legata alla necessità di potersi dedicare alla cura dei figli ma, approfondendo le ragioni dell'abbandono, emerge preponderante la difficoltà economica nell'affrontare le spese nei primi anni dei figli, unita al fatto che il 23 per cento delle donne che lasciano il lavoro denuncia fenomeni di mobbing.
Non sono state progettate politiche strutturali di supporto alla maternità e di welfare per sostenere le coppie che decidono di procreare dei figli, ma tutto si è ridotto a estemporanei interventi di finanziamento annuale di bonus e di voucher erogati una tantum alla nascita di un figlio. Il risultato di questo atteggiamento miope è il tasso di natalità in costante calo da anni e certificato anche dall'Eurostat, secondo il quale in Europa il nostro è il Paese ove è più alta l'età in cui le donne partoriscono il primo figlio, quasi 32 anni.
Per trovare una soluzione ai problemi esposti, l'impianto della presente proposta di legge è basato su tre strade parallele che compongono un mosaico di interventi volti a incidere con forza sul divario lavorativo tra i sessi, sull'abbandono del lavoro da parte delle donne dopo la maternità e sul sostegno che lo Stato deve dare per invertire la tendenza costantemente negativa nel numero delle nascite. In primo luogo, si interviene con la modifica della legislazione vigente in materia di comunicazione dei dati occupazionali distinti per sesso alle consigliere di parità regionali. Essendo il tessuto produttivo italiano costellato di realtà medio-piccole, si ritiene necessario estendere l'obbligo di comunicare tali dati alle aziende con più di venti dipendenti. Tali dati saranno raccolti anche dalla Consigliera o dal Consigliere nazionale di parità presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il Ministero avrà anche il compito di istituire un portale internet per la fruizione libera di tali dati. La pubblicità negativa che deriverà dallo scoprire quali aziende prevaricano i diritti delle donne fornirà alle stesse lo sprone per rispettare effettivi criteri di parità.
Oltre alla proroga dell'efficacia delle norme introdotte dalla cosiddetta «legge Golfo-Mosca» (legge n. 120 del 2011) nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, che hanno avuto ottimi risultati per la presenza delle donne nei consigli di amministrazione, è necessaria una norma transitoria, della durata di un anno (di cui siano valutati i risultati), per incentivare l'assunzione di donne da parte delle aziende private e, di conseguenza, per fare fronte al basso dato occupazionale femminile attuale.
Anche per le madri che sono uscite dal mercato del lavoro dopo la nascita di un figlio è fondamentale prevedere un ausilio al loro reinserimento lavorativo. Per questo la presente proposta di legge prevede sgravi contributivi per le aziende che le assumono e un credito d'imposta sulle spese che le aziende sosterranno per la loro formazione.
Per quanto riguarda il sostegno della maternità, contemporaneamente all'abbandono dell'impostazione utilizzata fino ad oggi, basata su buoni-nascita e voucher, si prevedono detrazioni per tutte le spese sostenute per asili nido e servizi di baby-sitting, nonché per l'acquisto di beni e di alimenti di prima necessità per la prima infanzia.
Infine, per contrastare l'abbandono lavorativo dopo la nascita di un figlio, è necessario incentivare le madri al rientro al lavoro, così da incrementare, per un arco di tempo limitato, la disponibilità economica necessaria per il mantenimento della prole.
La presente proposta di legge si compone di cinque articoli.
L'articolo 1 modifica la disciplina vigente sulla trasmissione dei dati lavorativi e salariali nelle imprese e sul suo effettivo e puntuale controllo da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. In particolare, si modifica la disciplina del codice di cui al decreto legislativo n. 198 del 2006 in materia di comunicazione dei dati occupazionali da parte delle imprese. Si vuole abbassare da 100 a 20 il numero di dipendenti che determina l'obbligo di tali comunicazioni da parte dell'impresa, perché il tessuto produttivo italiano è in larga parte costituito da piccole e medie imprese e chiedere la comunicazione dei dati occupazionali solo a chi ha più di 100 dipendenti esclude la maggior parte delle realtà italiane. Si prevede, inoltre, che presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sia istituito un portale internet per la pubblicazione di tali dati aziendali, perché, più che determinare l'irrogazione di sanzioni amministrative, tale pubblicazione può innescare atteggiamenti virtuosi nelle imprese interessate a dare una buona immagine di sé al pubblico.
L'articolo 2 proroga per due ulteriori mandati le citate disposizioni del testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 in materia di equilibrio tra i sessi nei consigli di amministrazione delle società quotate.
L'articolo 3 reca misure per l'incremento dell'occupazione femminile. Per dare impulso all'occupazione femminile in Italia, che è – come ricordato – molto distante dalla media europea, si introduce una misura sperimentale, della durata di due anni, con sgravi fiscali per chi assume donne con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, previa eventuale formazione o riqualificazione professionale.
L'articolo 4 introduce varie norme a sostegno della maternità e per incentivare il rientro al lavoro dopo tale periodo. Viene introdotta una detrazione fiscale del 60 per cento per le spese di iscrizione ad asili nido o di assunzione di baby sitter. Si dà la possibilità di detrarre fiscalmente il 50 per cento per le spese sostenute per l'acquisto di beni di prima necessità per il bambino. Rientrano in questa categoria tutti i prodotti necessari che una famiglia deve acquistare dopo la nascita di un figlio, quali latte artificiale, pannolini, farmaci, strumenti per l'allattamento, strumenti per l'igiene, passeggini, carrozzine, seggiolini per autovetture e lettini. Infine, per combattere l'abbandono lavorativo, viene introdotta un'imposta sostitutiva sul reddito, con l'aliquota del 15 per cento per i lavoratori dipendenti e del 5 per cento per i lavoratori autonomi, per tutte le madri lavoratrici che rientrano a lavorare dopo il periodo di congedo obbligatorio per maternità rinunciando al periodo di congedo parentale facoltativo.
L'articolo 5 reca la copertura finanziaria.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche all'articolo 46 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198)

1. All'articolo 46 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, la parola: «cento» è sostituita dalla seguente: «venti»;

b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Il rapporto di cui al comma 1 è trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali e alla consigliera o al consigliere regionale di parità, nonché alla Consigliera o al Consigliere nazionale di parità»;

c) dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:

«4-bis. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, istituisce presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un portale internet pubblico contenente i dati occupazionali e salariali aggregati di ogni azienda di cui al comma 1, suddivisi per sesso».

Art. 2.
(Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58)

1. Al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al terzo periodo del comma 1-ter dell'articolo 147-ter, le parole: «tre mandati» sono sostituite dalle seguenti: «cinque mandati»;

b) al secondo periodo del comma 1-bis dell'articolo 148, le parole: «tre mandati» sono sostituite dalle seguenti: «cinque mandati».

Art. 3.
(Misure sperimentali per il superamento del divario lavorativo tra i sessi e per facilitare il reinserimento delle donne nel lavoro)

1. In via sperimentale, ai datori di lavoro privati che, a decorrere dal 1° gennaio 2020 e fino al 31 dicembre 2022, assumono donne con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato è riconosciuto un incentivo, in forma di esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), per la durata massima di dodici mesi decorrenti dalla data dell'assunzione, nel limite massimo di 4.000 euro per ogni nuova assunzione, eventualmente comprensiva di percorsi di formazione o di riqualificazione.
2. Per il periodo sperimentale di cui al comma 1, ai datori di lavoro privati che assumono, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, donne che hanno avuto figli nei dieci anni precedenti e che sono in stato di disoccupazione da almeno ventiquattro mesi è riconosciuto un incentivo, in forma di esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all'INAIL, per la durata massima di ventiquattro mesi decorrenti dalla data di assunzione, nel limite massimo di 4.000 euro per ogni nuova assunzione.

Art. 4.
(Misure sperimentali per il sostegno della maternità e per il contrasto dell'abbandono lavorativo femminile)

1. In via sperimentale, per il periodo d'imposta in corso alla data del 1° gennaio 2020 e per i due periodi d'imposta successivi, è riconosciuta una detrazione dall'imposta lorda, fino a concorrenza del suo ammontare, per:

a) le spese documentate sostenute per l'iscrizione dei figli ad asili nido, pubblici o privati, e per il pagamento di attività di baby-sitting; la detrazione è ammessa nella misura del 60 per cento della spesa sostenuta;

b) le spese documentate sostenute, entro trentasei mesi dalla nascita del figlio, per l'acquisto di beni di prima necessità per l'infanzia, quali ad esempio latte in polvere o liquido per neonati, latte speciale o vegetale per neonati affetti da allergia o intolleranza, pannolini, omogeneizzati e prodotti alimentari per la prima infanzia, strumenti per l'allattamento, strumenti per l'igiene dei neonati, passeggini, carrozzine, seggioloni, seggiolini per autovetture e lettini; la detrazione è ammessa nella misura del 50 per cento della spesa sostenuta.

2. Ai redditi di lavoro dipendente percepiti dalle madri lavoratrici di cui al comma 3, primo periodo, alle condizioni stabilite dal comma 4, si applica un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionale e comunale con l'aliquota del 15 per cento per ventiquattro mesi dalla nascita del figlio. Ai redditi di lavoro autonomo percepiti dalle madri lavoratrici di cui al comma 3, secondo periodo, alle condizioni stabilite dal comma 4, si applica un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionale e comunale con l'aliquota del 5 per cento per ventiquattro mesi dalla nascita del figlio.
3. I benefìci fiscali di cui al comma 2, primo periodo, sono attribuiti alle madri lavoratrici dipendenti, su richiesta presentata dalle stesse al datore di lavoro e trasmessa da questo all'Agenzia delle entrate, e sono applicati dal sostituto d'imposta ai fini del calcolo delle ritenute fiscali sulla retribuzione erogata. I benefìci fiscali di cui al comma 2, secondo periodo, sono attribuiti alle madri lavoratrici autonome, su richiesta presentata dalle stesse al competente ufficio dell'Agenzia delle entrate.
4. I benefìci fiscali di cui al comma 2 del presente articolo sono riconosciuti esclusivamente alle madri lavoratrici di cui al comma 3 che, al termine del periodo di congedo di maternità, rinunciano alla fruizione, ove spettante, del congedo parentale previsto dall'articolo 32, comma 1, lettera a), del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.
5. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le disposizioni per l'attuazione del presente comma.

Art. 5.
(Copertura finanziaria)

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge si provvede:

a) quanto a 300 milioni di euro per l'anno 2020, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;

b) quanto a 300 milioni di euro annui per gli anni 2021 e 2022, mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

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