PDL 1719

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1719

PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa dei deputati
BARTOLOZZI
, CASSINELLI, CECCANTI, CONTE, CRISTINA, D'ETTORE, GEBHARD, PENTANGELO, PEREGO DI CREMNAGO, PITTALIS, RAVETTO, SARRO, SCHULLIAN, SIRACUSANO, VITIELLO

Introduzione degli articoli 110-bis e 110-ter della Costituzione, in materia di autonomia e di esercizio della professione di avvocato, e modifica all'articolo 135, in materia di composizione della Corte costituzionale

Presentata il 29 marzo 2019

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Onorevoli colleghi! – La figura dell'avvocato riveste un ruolo centrale nel nostro ordinamento costituzionale, sotto almeno quattro aspetti.
Il primo aspetto riguarda il rilievo costituzionale conseguente all'inserimento nella Carta costituzionale degli avvocati nell'ambito dei supremi organi giurisdizionali e di garanzia. Infatti, alcuni componenti degli organi costituzionali di rilievo primario devono far parte del ceto forense. La Costituzione, all'articolo 104, quarto comma, prevede che gli avvocati, dopo quindici anni di esercizio, siano eleggibili al Consiglio superiore della magistratura; all'articolo 106, terzo comma, stabilisce che possono essere nominati all'ufficio di consiglieri di cassazione gli avvocati con quindici anni di esercizio e iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori; all'articolo 135, secondo comma prevede che possano essere eletti giudici della Corte costituzionale gli avvocati dopo venti anni di esercizio.
È significativo che per le istituzioni alle quali appartengono le altre categorie di soggetti eleggibili alle cariche citate, la Costituzione espressamente garantisca l'autonomia ordinamentale: per i magistrati all'articolo 104 e per i professori universitari all'articolo 33, sesto comma, con riferimento alle istituzioni delle quali sono chiamati a fare parte.
In sintesi, l'avvocato, ai sensi di quanto disposto dalla Costituzione, partecipa all'amministrazione della giustizia, entrando a far parte dei suoi organi supremi.
Il secondo aspetto riguarda il nesso strumentale che collega l'avvocato al diritto costituzionale di agire e difendersi in giudizio. La funzione svolta dall'avvocato ha poi senz'altro un carattere «materialmente costituzionale». Il ceto forense è uno strumento essenziale per attuare e rendere effettivo il disposto dell'articolo 24 («Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento») e dell'articolo 111 della Costituzione («Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale»).
Il diritto di agire e difendersi in un giusto processo è stato più volte riconosciuto dalla Corte costituzionale come uno dei princìpi fondamentali dello Stato di diritto ed è chiaro che senza l'avvocato – il quale rappresenta il «mezzo» di realizzazione del disposto della Carta fondamentale – la garanzia costituzionale rimarrebbe lettera morta.
Tale carattere materialmente costituzionale della funzione svolta dall'avvocato è emerso in modo ancora più chiaro, in tempi recenti, grazie alla consacrazione del principio del giusto processo nel sistema di tutela multilivello dei diritti (articolo 111 della Costituzione, articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea).
Il giusto processo, fra l'altro, ha due cardini fondamentali nel principio di parità delle parti e nel contraddittorio pieno: il primo esige che ciascuna parte abbia uguali possibilità di influire sulla formazione del convincimento del giudice e non versi in una situazione deteriore rispetto all'altra; il secondo impone il contraddittorio pieno fra le parti come metodo euristico di ricostruzione della verità processuale. Sotto entrambi i profili, la figura dell'avvocato-difensore costituisce il terzo vertice del triangolo dell'equo processo, su un piano di necessaria equi-ordinazione rispetto alla posizione del giudice e del pubblico ministero.
Piero Calamadrei affermava che: «in realtà l'avvocatura risponde, anche nello Stato autoritario, a un interesse essenzialmente pubblico altrettanto importante quanto quello cui risponde la magistratura: giudici e avvocati sono ugualmente organi della giustizia, sono servitori ugualmente fedeli dello Stato, che affida loro due momenti inseparabili della stessa funzione» e aggiungeva che: «qualsiasi perfezionamento delle leggi processuali rimarrebbe lettera morta, là dove, tra i giudici e gli avvocati, non fosse sentita, come legge fondamentale della fisiologia giudiziaria, la inesorabile complementarità, ritmica come il doppio battito del cuore, delle loro funzioni».
La condivisione della missione di giustizia e della cultura della giurisdizione da parte della magistratura e dell'avvocatura, nel reciproco riconoscimento dei rispettivi ruoli e funzioni, ne rafforza l'indipendenza rispetto al potere politico (l'una sinergicamente custode e garante dell'indipendenza dell'altra), ne accresce l'autorevolezza e il prestigio nella società, contribuisce a migliorare l'efficienza del sistema ed è inoltre «decisiva per la qualità e per lo sviluppo della nostra vita democratica» (così si è espresso il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2017).
Il terzo aspetto riguarda la quotidiana partecipazione dell'avvocato, in una logica di dialogo con i giudici e con l'intera comunità degli operatori del diritto, all'interpretazione e all'evoluzione delle norme giuridiche.
Il carattere materialmente costituzionale della funzione svolta dall'avvocato emerge in rapporto alle nuove tendenze in materia di fonti del diritto.
Come noto, ormai da tempo anche i sistemi di civil law – dominati dal diritto di matrice legislativa, e in qualche modo «legicentrici» – stanno subendo numerose contaminazioni tipiche dei sistemi di common law, in ragione del ruolo sempre maggiore svolto dai giudici e dagli altri operatori del diritto nei processi di interpretazione e di applicazione del diritto: passaggi che, sempre più spesso, sconfinano in veri e propri momenti di decostruzione del diritto positivo, se non di creazione vera e propria del diritto.
Le cause sono note: si possono ricordare, fra le molte, la sempre maggiore difficoltà del legislatore di disciplinare tutte le variegate e complesse casistiche offerte dalla realtà, ma anche la circostanza che lo Stato ha perso il monopolio sulle fonti, cosicché si trovano interi ambiti (ad esempio, il commercio internazionale), in cui ci sono giurisdizioni che applicano un diritto che non è di matrice statuale.
Ad ogni modo, la torsione verso alcuni moduli tipici del common law rende l'avvocato partecipe dei processi di costruzione «in action» delle fonti del diritto: tramite la propria attività, infatti, l'avvocato può influenzare il convincimento del giudice, orientando la sua decisione ed, eventualmente, quella di tutti gli altri giudici che si pronunceranno successivamente, verso una determinata interpretazione della norma.
Il quarto ed ultimo aspetto riguarda la funzione di argine e di baluardo rispetto a tendenze – purtroppo oggi diffuse – giustizialiste e anti-garantiste.
La figura dell'avvocato è un baluardo a tutela delle garanzie e, in ultima analisi, del sistema democratico, nell'attuale contesto percorso da forti tensioni giustizialiste e spesso dall'insofferenza verso coloro che sono chiamati a difendersi, gravati da una sorta di presunzione di colpevolezza.
Va preso atto di un dato: il cosiddetto «giustizialismo» è un atteggiamento molto diffuso nell'opinione pubblica, ma l'errore più pericoloso, per la politica, è proprio quello di sintonizzarsi su questa lunghezza d'onda, assecondando le pulsioni populiste. La politica non deve unirsi al coro, ma offrire soluzioni. Essa, piuttosto che invocare una giustizia vendicativa, deve impegnarsi a rafforzare gli strumenti di prevenzione, prima ancora di quelli repressivi.
La figura dell'avvocato, quindi, può costituire un argine in tal senso: da qui l'opportunità di sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni verso il ruolo svolto dal ceto forense per superare pregiudizi miopi e costruire tutti assieme una giustizia «più giusta».
Ciononostante l'avvocatura, come soggetto della giurisdizione, non è richiamata direttamente in alcuna norma costituzionale, né sono definite le sue prerogative, il che la differenzia negativamente, per quanto concerne il riconoscimento e la costituzionalizzazione, dalle altre figure della giurisdizione, il giudice e il pubblico ministero.
L'introduzione di norme che definiscono la figura dell'avvocato deve avvenire, preferibilmente, all'interno di una complessiva rielaborazione dell'intero titolo IV della parte seconda della Costituzione, di cui naturalmente dovrà essere modificata l'intestazione da «La magistratura» a «I soggetti della giurisdizione».
In passato, già il 26 giugno 2009, l'onorevole Pecorella ha presentato una proposta di legge costituzionale (atto Camera n. 2556) che introduceva la sezione I-bis del titolo IV della parte seconda della Costituzione, intestata «Avvocatura» e composta dagli articoli 110-bis e 110-ter.
L'articolo 110-bis ribadiva, tra l'altro, che l'avvocatura è un'attività privata, libera e indipendente. L'indipendenza dell'avvocatura significa non soltanto autonomia dai poteri dello Stato, ma anche precisi limiti alle interferenze del potere economico, oltre a ribadire la regola secondo cui l'avvocato deve conservare la propria libertà anche rispetto al cliente.
Lo stesso articolo 110-bis affermava che la difesa è una funzione essenziale in ogni procedimento giudiziario ribadendo, così, non solo i princìpi dell'articolo 24 della stessa Costituzione, ma riconoscendo anche il ruolo dell'avvocato, insieme al diritto dell'assistito.
Con l'articolo 110-ter si confermava che la professione forense è riservata a chi è iscritto agli albi, escludendo così un esercizio «libero» della stessa.
Con la presente proposta di legge si intende riproporre all'attenzione del Parlamento il citato testo di legge integrato e aggiornato alla luce dei recenti dibattiti e di alcuni dati di diritto costituzionale comparato.
Si ripropone inoltre la soluzione prospettata dalla Commissione dei Settantacinque, nei lavori preparatori della Costituzione: la designazione di un componente della Corte costituzionale da parte del Consiglio nazionale forense, in coerenza con l'analoga previsione per le magistrature superiori.

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

1. Dopo la sezione I del titolo IV della parte seconda della Costituzione è inserita la seguente:

«Sezione I-bis
AVVOCATURA

Art. 110-bis. – L'avvocatura è un'attività privata, libera e indipendente.
La difesa è funzione essenziale in ogni procedimento giudiziario.
L'esercizio della professione forense è incompatibile con lo svolgimento delle funzioni di magistrato.
La legge assicura alle parti un'adeguata difesa. La difesa dei non abbienti, a carico dello Stato, è garantita dalle istituzioni dell'avvocatura con le modalità previste dalla legge.
L'avvocatura concorre, con propri rappresentanti, all'amministrazione della giustizia nelle diverse articolazioni.
Art. 110-ter. – L'esercizio della professione forense è consentito solo agli iscritti agli albi.
La legge determina le modalità di accesso e le condizioni di permanenza negli albi.
Il Consiglio nazionale forense, composto ed eletto con le forme previste dalla legge, è organo giurisdizionale in materia disciplinare. Contro le sue decisione è ammesso il ricorso per cassazione».

2. La rubrica del titolo IV della parte seconda della Costituzione è sostituita dalla seguente: «I soggetti della giurisdizione».

Art. 2.

1. Il primo comma dell'articolo 135 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«La Corte costituzionale è composta da quindici giudici, dei quali cinque nominati dal Presidente della Repubblica, cinque dal Parlamento in seduta comune, quattro dalle supreme magistrature ordinaria e amministrative e uno dal Consiglio nazionale forense».

Art. 3.

1. La presente legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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