PDL 1675

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                Capo I
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                Capo II
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                Capo III
                        Articolo 10
                        Articolo 11
                Capo IV
                        Articolo 12
                Capo V
                        Articolo 13

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1675

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa delle deputate
GELMINI, POLVERINI, BERGAMINI

Misure a sostegno della partecipazione delle donne al mercato del lavoro e per la conciliazione delle esigenze di vita e di lavoro

Presentata il 13 marzo 2019

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Onorevoli Colleghi! — Come dimostrano alcuni studi dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2017, negli ultimi quarant'anni si è assistito a una crescita costante dell'occupazione femminile, interrotta soltanto dai periodi di crisi. Dal 1977 (anno di inizio della serie storica) il tasso di occupazione è infatti passato dal 33,5 al 48,1 per cento. Con l'inizio della recente crisi, il tasso di occupazione femminile è sceso ed è rimasto per sette anni al di sotto del picco del 2008 (47,6 per cento). Soltanto nel secondo trimestre del 2016 l'indicatore ha ripreso a crescere ed è tornato superiore ai livelli antecedenti la crisi. Nel secondo trimestre del 2017 il tasso di occupazione delle donne della fascia di età da 15 a 64 anni è stato pari al 49,1 per cento (+0,6 punti in un anno), in crescita per il quarto trimestre consecutivo. La doppia crisi sperimentata nel periodo 2009-2013 ha molto ridimensionato un processo di lungo periodo: negli ultimi nove anni (dal secondo trimestre del 2017 al secondo trimestre del 2008) la crescita del tasso di occupazione femminile è stata di 1,6 punti percentuali in confronto ai 6,5 punti dei nove anni precedenti. Complessivamente il divario tra i sessi nel tasso di occupazione è sceso dai 41,1 punti del secondo trimestre del 1977 ai 18 punti del secondo trimestre del 2017. La diminuzione del divario è tuttavia dovuta anche al calo del tasso di occupazione degli uomini, soprattutto negli anni della crisi. Dal secondo trimestre del 1977 il tasso di occupazione maschile è infatti sceso di 7,4 punti (dal 74,5 per cento all'attuale 67,1 per cento), – con un calo di 3,6 punti dal secondo trimestre del 2008. Nonostante i progressi, il nostro Paese non è riuscito a recuperare il ritardo rispetto agli altri Stati europei. Il divario nei tassi di occupazione nel 2016 in l'Italia è risultato di 13,2 punti superiore rispetto alla media europea, collocando il nostro Paese al penultimo posto, seguito soltanto dalla Grecia. Più fattori concorrono a spiegare il costante aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro: dai cambiamenti culturali, all'aumento del livello di istruzione, al processo di terziarizzazione dell'economia, all'aumento delle donne straniere occupate nei servizi alle famiglie e, negli ultimi anni, anche all'innalzamento dei requisiti per accedere alla pensione. Tuttavia, nonostante il generale miglioramento del tasso di occupazione femminile, permangono profonde differenze nel territorio riguardo alla partecipazione delle donne al mercato del lavoro. L'analisi di lungo periodo evidenzia, infatti, un costante ampliamento dei divari territoriali: tra il secondo trimestre del 1977 e il secondo trimestre del 2017, il tasso di occupazione delle donne residenti nelle regioni meridionali è cresciuto di soli 6,7 punti contro gli oltre 20 delle altre regioni, raddoppiando sotto tale riguardo la distanza tra il Nord e il Mezzogiorno (da 13,8 a 27,1 punti). Nel secondo trimestre del 2017 il tasso di occupazione nelle regioni settentrionali è stato pari al 59,4 per cento, un valore vicino alla media europea, mentre in quelle meridionali la quota di donne occupate è rimasta inferiore a un terzo (32,3 per cento).
Molto si è fatto, dunque, ma molto ancora resta da fare per confermare e migliorare le tendenze recenti e per contenere l'apertura di «fratture» nelle diverse aree della penisola.
In questa prospettiva, due sembrano le criticità sulle quali è doveroso soffermare l'attenzione e operare: il problema dei carichi familiari e la scarsa copertura dei servizi di asili nido e di scuole per l'infanzia.
Come è noto, nel nostro Paese la condivisione dei carichi familiari, nonostante i miglioramenti degli ultimi anni, è ancora nettamente asimmetrica e sbilanciata verso la donna.
Come testimoniano i citati studi dell'ISTAT del 2017, la quota del carico di lavoro familiare svolto dalla donna (nella fascia di età da 25 a 44 anni) sul totale del carico di lavoro familiare della coppia in cui entrambi i componenti sono occupati, è diminuita dal 71,9 per cento del 2008-2009 al 67 per cento del 2013-2014. Peraltro, le donne presentano anche una maggiore quota di sovraccarico tra impegni lavorativi e familiari: più della metà delle donne occupate (54,1 per cento) svolge oltre 60 ore settimanali di lavoro retribuito e familiare (46,6 per cento nel caso degli uomini).
La presenza di forti carichi familiari si riverbera in modo decisivo sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro in ogni suo segmento: dall'ingresso alla progressione di carriera.
Stando ai citati dati, nel secondo trimestre del 2017 il tasso di occupazione delle donne da 25 a 49 anni è stato dell'81,1 per cento per le donne che vivevano da sole, del 70,8 per cento per quelle che vivevano in coppia senza figli e del 56,4 per cento per le madri. Il rapporto tra il tasso di occupazione delle donne da 25 a 49 anni con figli in età prescolare e il tasso di quelle senza figli, dopo il miglioramento dei precedenti cinque anni, nel 2016 è diminuito di 1,8 punti: su 100 occupate senza figli le madri lavoratrici con bambini piccoli sono state circa 76. Il livello di istruzione ha un forte impatto nella mancata partecipazione delle donne con responsabilità familiari: infatti, la differenza rispetto alle donne senza figli si riduce al crescere del titolo di studio; il rapporto sale dal 55,6 per cento per le donne con titolo di studio non superiore alla licenza media, al 76,3 per cento per le diplomate, fino ad arrivare al 90,1 per cento per le laureate. Infatti, indipendentemente dal ruolo svolto in famiglia, il tasso di occupazione delle donne con un elevato titolo di studio è superiore al 70 per cento in tutte le regioni. Si delinea, dunque, un quadro molto eterogeneo, con il tasso di occupazione della donne da 25 a 49 anni che varia dal minimo del 21,9 per cento delle madri del Mezzogiorno con basso titolo di studio al massimo del 92,8 per cento delle donne laureate che vivono da sole al centro.
Un altro dato assolutamente degno di nota è quello che riguarda la copertura territoriale dei servizi di asili nido e di scuole per l'infanzia, e le relazioni che intercorrono fra questo aspetto e l'occupazione femminile.
La copertura dei servizi di asilo nido e di scuola per l'infanzia nel nostro Paese è scarsa: la media nazionale dei bambini che ne fruiscono è del 20 per cento, con riduzioni drastiche al meridione, pari al 7 per cento circa dei bambini, a fronte di una media europea del 40 per cento circa.
Come rilevato anche dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), esiste un nesso causale immediato e diretto fra la scarsa disponibilità di servizi pubblici per l'infanzia e la disoccupazione femminile: è di tutta evidenza, infatti, che le madri che non possono affidare il bambino ad altri componenti del nucleo familiare o sostenere il costo di servizi di asilo nido privati o di baby-sitting non abbiano altra scelta che rinunciare in tutto o in parte al proprio lavoro. Dati statistici dimostrano in modo incontrovertibile che i Paesi con il tasso di disoccupazione femminile più basso (Francia, Danimarca e Paesi scandinavi) sono quelli con la più alta copertura di servizi per l'infanzia.
Il medesimo studio dell'OCSE mostra, peraltro, che le donne meno istruite si trovano ad affrontare le difficoltà maggiori, sia nell'ingresso sia nella permanenza nel mercato del lavoro. Dopo la maternità, le donne meno qualificate hanno una probabilità del 40 per cento minore di essere occupate rispetto a padri con lo stesso grado di istruzione. In ogni caso, lo studio rileva che la perdita del lavoro in Italia da parte della donna incide molto meno sul reddito della famiglia rispetto a quella dell'uomo (il 29 per cento in media contro oltre il 47 per cento) a causa delle disparità reddituali purtroppo ancora esistenti nel nostro Paese, specie al sud, le quali fanno della donna il soggetto «lavorativamente più sacrificabile» nell'ambito della coppia.
In questo quadro, la presente proposta di legge introduce una serie di misure a sostegno della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, adottando un approccio complessivo che parte dalle domande e dalle necessità delle donne, madri e lavoratrici, per formulare le risposte. In questa prospettiva, la proposta di legge combina, raffinandoli, tutti gli strumenti finora dimostratisi efficaci per promuovere l'occupazione femminile, ampiamente apprezzati da tutte le parti sociali: incentivi e sgravi fiscali all'assunzione, misure di conciliazione fra carichi familiari e lavoro, intervento massiccio per il rafforzamento delle reti di servizi per l'infanzia. Il congiunto e sinergico operare di queste previsioni è in grado di produrre, nell'immediato, benefìci occupazionali estremamente rilevanti; altrettanto rilevanti sono, però, le prospettive sociali e culturali di medio e lungo periodo, sia sotto il profilo della crescita demografica e della natalità, sia sotto il profilo dell'affermazione del ruolo della donna lavoratrice nella nostra società.
Il fenomeno del cosiddetto «gender gap», cioè del divario retributivo tra i sessi che caratterizza il nostro Paese, è d'altronde un tema centrale attraverso il quale devono passare necessariamente lo sviluppo e la crescita economica, sociale e culturale dell'Italia. Come è noto, ormai da anni il World Economic Forum (WEF) redige il Global Gender Gap Report attraverso cui si classificano i Paesi sulla base degli indici di gender pay gap, cioè della differenza in termini di opportunità, status e attitudini tra i due sessi. Nonostante che il Report 2018 offra un'immagine dell'Italia lievemente migliore rispetto a quella del Report 2017 (siamo passati dall'ottantaduesimo posto al settantesimo su 149 Paesi, dopo essere scesi però, tra il 2016 e il 2017, di ben trentadue posizioni), il divario tra uomini e donne sul piano della retribuzione e delle opportunità appare evidentemente allarmante.
Nella classifica globale pubblicata alla fine del 2018 l'Italia si attesta al centodiciottesimo posto per opportunità e partecipazione alla vita economica e lavorativa femminile. Siamo invece quartultimi tra i Paesi dell'Europa occidentale: dopo di noi ci sono soltanto la Grecia, Malta e Cipro. In tale contesto, alle donne italiane serve una forte spinta sul mercato del lavoro e sulla parità di trattamento che, evidentemente, non è adeguatamente promossa e garantita dalle disposizioni vigenti. Vale la pena in questa sede ricordare che con il codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo n. 198 del 2006, di seguito denominato «codice delle pari opportunità», il legislatore ha introdotto nell'ordinamento previsioni normative indirizzate specificamente alla parità tra i sessi nel mondo del lavoro. Previsioni che, tuttavia, non sono risultate sufficienti a tutelare la donna lavoratrice.
La presente proposta di legge si compone di cinque capi. Ciascuno dei primi tre è dedicato a uno degli obiettivi perseguiti: il capo I riguarda gli incentivi allo sviluppo dell'occupazione femminile, il capo II le misure di conciliazione delle esigenze di vita e di lavoro e il capo III è dedicato alle misure in favore della maternità e della rete di servizi per l'infanzia. Il capo IV prevede invece il monitoraggio sullo stato di attuazione delle politiche in materia di lavoro femminile e il capo V reca le disposizioni finanziarie.
L'articolo 1 indica le finalità della legge, che consistono nel sostenere e valorizzare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, nonché nel favorire la conciliazione tra le esigenze produttive e la funzione di responsabilità sociale svolta dalla lavoratrice nella gestione della cura familiare. A tale fine, si promuove un aumento del tasso di occupazione femminile come condizione necessaria per lo sviluppo, anche sotto il profilo culturale, dell'economia e della crescita demografica del Paese.
L'articolo 2, al comma 1, prevede contributi per l'assunzione delle donne. Infatti, ai datori di lavoro che negli anni 2019 e 2020 assumono lavoratrici è riconosciuto, per un periodo massimo di trentasei mesi, l'esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), nel limite massimo annuo di 6.000 euro, applicato proporzionalmente su base mensile. L'importo dell'incentivo è parametrato in base al profilo professionale e alla tipologia contrattuale.
Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, sono individuate le procedure per la fruizione degli incentivi.
Il medesimo articolo reca altresì, al comma 2, una previsione di riduzione dell'aliquota dell'IRPEF per le donne la cui assunzione è agevolata ai sensi del comma 1. Tale misura è volta a promuovere la cosiddetta «busta paga pesante» in favore delle neoassunte.
L'articolo 3 affronta il fenomeno del divario retributivo tra uomini e donne prevedendo, in primo luogo, la possibilità di ricorrere alle risorse del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello al fine di introdurre, attraverso accordi tra datori di lavoro e lavoratori, misure ad hoc di monitoraggio e di valutazione delle condizioni di lavoro e di retribuzione dei due sessi, misure volte a prevenire e a contrastare eventuali disparità e discriminazioni, nonché misure economiche premiali per i datori di lavoro che introducono e applicano regolarmente specifici strumenti, individuati in sede di contrattazione, atti a: a) prevenire discriminazioni nell'accesso al lavoro, nella promozione e formazione professionale e nelle condizioni di lavoro; b) garantire il diritto delle lavoratrici alla parità di retribuzione in caso di eguali mansioni e il superamento dei differenziali retributivi tra i sessi, rimuovendo le disparità di trattamento; c) superare condizioni di organizzazione e distribuzione del lavoro che siano, di fatto, pregiudizievoli per l'avanzamento professionale, di carriera ed economico della donna; d) promuovere una migliore articolazione tra l'attività lavorativa e le esigenze di vita; e) sviluppare misure per il reinserimento della donna lavoratrice dopo la maternità; f) avviare programmi di controllo interno al fine di rilevare eventuali condizioni di discriminazione, individuate ai sensi del codice delle pari opportunità. Nello specifico, ai datori di lavoro è riconosciuto un credito d'imposta in misura pari al 20 per cento delle spese documentate per l'acquisto di beni materiali strumentali e dispositivi elettronici nonché per l'erogazione di servizi in favore dei dipendenti e delle loro famiglie e per l'acquisto o l'erogazione di ogni altro prodotto o servizio che permetta un'organizzazione e una distribuzione del lavoro che promuova la conciliazione delle esigenze di vita e di lavoro anche mediante l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro.
Al tempo stesso, l'articolo 3 introduce strumenti che, recepiti in sede di contrattazione, prevedono la massima trasparenza retributiva e quindi la possibilità di segnalare agli organi competenti eventuali disparità non giustificabili in base a differenze di mansione, funzione, livello, età, eccetera.
L'articolo 4 riconosce specifiche agevolazioni fiscali per le lavoratrici residenti nei territori con minore capacità fiscale, per sostenere il lavoro femminile anche nelle realtà più svantaggiate dal punto di vista economico e sociale, dove il divario occupazionale tra i sessi è ancora maggiore. In particolare, alle lavoratrici residenti nei territori con minore capacità fiscale per abitante si applica, per i sette esercizi di imposta successivi a quello corrente, una detrazione forfetaria sui redditi da lavoro pari a: 500 euro, se il reddito complessivo non supera 20.000 euro; 400 euro, se il reddito complessivo è superiore a 20.000 euro ma non a 30.000 euro; 350 euro, se il reddito complessivo è superiore a 30.000 euro ma non a 50.000 euro. Alle donne alla prima occupazione, titolari di redditi di cui agli articoli 49, comma 1, 50, comma 1, lettere a), c-bis) e l), 53, 66 e 67, comma 1, lettere i) e l), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si applicano, in deroga all'articolo 11 del medesimo testo unico, limitatamente ai citati redditi di lavoro e per i sette esercizi di imposta successivi all'avvio dell'attività lavorativa, le seguenti aliquote per scaglioni di reddito: fino a 20.000 euro, 0 per cento; oltre 20.000 euro e fino a 28.000 euro, 20 per cento; oltre 28.000 euro e fino a 55.000 euro, 25 per cento; oltre 55.000 euro e fino a 75.000 euro, 30 per cento; oltre 75.000 euro, 35 per cento. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge, sono stabilite le modalità di accesso al beneficio. Ovviamente le agevolazioni previste dall'articolo 4 non sono compatibili con quelle introdotte dall'articolo 2.
L'articolo 5 è dedicato alla promozione dell'imprenditoria femminile nel Mezzogiorno. In deroga a quanto previsto all'articolo 1, comma 8, lettere a) e b), del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, le donne, indipendentemente dalla loro età e dal possesso dei requisiti di cui al comma 2 del medesimo articolo 1, che avviano un'iniziativa imprenditoriale nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia hanno diritto a un finanziamento così articolato: 65 per cento come contributo a fondo perduto erogato dal soggetto gestore della misura; 35 per cento sotto forma di prestito a tasso zero, concesso da istituti di credito in base alle modalità definite dal citato articolo 1, comma 14, del decreto-legge n. 91 del 2017. Il prestito è rimborsato entro dodici anni dalla concessione del finanziamento.
Le agevolazioni sono riconosciute entro i limiti e secondo le disposizioni dei regolamenti (UE) n. 1407 e n. 1408 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativi all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis».
L'articolo 6 si occupa del congedo parentale. Al testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, è apportata una serie di modifiche, volte a riconoscere al padre lavoratore il diritto di optare tra il congedo obbligatorio di paternità e l'estensione del congedo facoltativo per una durata massima di quindici giorni. Inoltre è aumentata l'entità dell'indennità. Un'altra novità fondamentale è che per il padre lavoratore dipendente è istituito il congedo obbligatorio, da fruire entro i cinque mesi dalla nascita del figlio. La durata del congedo obbligatorio è pari a dieci giorni, di cui cinque in modalità di lavoro agile (smartworking), a decorrere dall'anno 2019. I giorni del congedo obbligatorio possono essere goduti anche in via non continuativa. A decorrere dall'anno 2019 il padre lavoratore dipendente può astenersi per un periodo ulteriore di un giorno, previo accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest'ultima.
L'articolo 7 introduce importanti novità in fatto di lavoro agile, la cui promozione è demandata sostanzialmente alla contrattazione collettiva e aziendale. Le previsioni oggi vigenti diventano applicabili alle madri lavoratrici che lo richiedono, fino al compimento del quinto anno di età del bambino.
L'articolo 8 introduce in via sperimentale la possibilità di accedere a regimi di lavoro agevolato temporaneo, secondo quanto deciso in sede di contrattazione collettiva e aziendale. Infatti, al fine di valorizzare forme di conciliazione tra la vita lavorativa e quella familiare, favorendo al contempo le funzioni di cura delle quali si fanno carico le donne, si prevede, per gli anni 2019, 2020 e 2021, un regime temporaneo di lavoro a tempo parziale, a termine, agile o ripartito legato a specifiche esigenze familiari delle lavoratrici. Per tali periodi reversibili, legati alle esigenze familiari della madre lavoratrice, è prevista una contribuzione figurativa. I datori di lavoro privati che avviano percorsi di sperimentazione del regime di lavoro agevolato possono beneficiare di un'esenzione dai contributi previdenziali e assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore per le mensilità di lavoro agevolato concesso, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all'INAIL. Con regolamento adottato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, sono definite le modalità di attuazione dell'articolo, sentite anche le parti sociali.
L'articolo 9 reca una misura volta a favorire l'accesso anticipato alla pensione, fatti salvi eventuali regimi più favorevoli, per le madri lavoratrici, riconoscendo loro un anno di contribuzione figurativa per ciascun figlio fino al massimo di quattro anni di sconto sul requisito contributivo.
L'articolo 10 introduce misure organiche e permanenti per il potenziamento e la riqualificazione di strutture destinate agli asili nido e alle scuole dell'infanzia, prevedendo a tale fine l'istituzione, presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di un tavolo tecnico di confronto composto dai delegati delle regioni, delle province e dei comuni, con il compito di formulare proposte operative in materia di politiche sociali, con particolare riferimento: alla pianificazione della rete di asili nido e scuole dell'infanzia nel territorio comunale e alla realizzazione di interventi nei contesti in cui l'offerta pubblica è insufficiente rispetto alla platea di potenziali beneficiari; al coordinamento dell'iniziativa pubblica e privata al fine di garantire una copertura omogenea e completa, per aree territoriali e fasce orarie, con l'obiettivo di assicurare la presenza di una struttura dedicata in prossimità delle principali vie del commercio, degli uffici, dei cinema, dei teatri e dei musei; alla riqualificazione del personale dipendente; alla ridefinizione del regime di finanziamento in favore di una più incisiva azione di coordinamento dello Stato. Per gli interventi di potenziamento e di riqualificazione delle strutture, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è autorizzato a una spesa nel limite di 30 milioni di euro per gli anni 2019 e 2020.
Per gli operatori privati che avviano attività di asilo nido, di baby parking e di ludoteca e per le scuole dell'infanzia parificate è prevista l'esenzione totale dall'imposta sui redditi derivanti dall'esercizio delle attività per i primi tre anni.
L'articolo 11 si occupa del tema cruciale degli asili nido aziendali, prevedendo ulteriori agevolazioni fiscali in favore degli imprenditori rispetto a quelle già previste per interventi di ristrutturazione e riqualificazione edile aziendale. Inoltre si rifinanzia il cosiddetto «voucher baby-sitter».
L'articolo 12 prevede l'istituzione di un organismo di valutazione delle politiche in materia di lavoro femminile presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per il monitoraggio dell'attuazione delle norme introdotte, senza nuovi oneri per la finanza pubblica.
Infine, l'articolo 13 reca le disposizioni finanziarie.

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
INCENTIVI PER LO SVILUPPO
DELL'OCCUPAZIONE FEMMINILE

Art. 1.
(Finalità)

1. Al fine di sostenere e di valorizzare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro nonché di favorire la conciliazione tra le esigenze produttive e la funzione di responsabilità sociale svolta dalle donne lavoratrici nella gestione della cura familiare, la presente legge promuove misure destinate ad aumentare il tasso di occupazione femminile come condizione necessaria per lo sviluppo, anche sotto il profilo culturale, dell'economia e la crescita demografica del Paese.

Art. 2.
(Incentivi per l'occupazione femminile)

1. Al fine di promuovere l'occupazione femminile, ai datori di lavoro che negli anni 2019 e 2020 assumono lavoratrici è riconosciuto, a richiesta, per un periodo massimo di trentasei mesi, l'esonero integrale dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), nel limite massimo annuo di 6.000 euro, applicato proporzionalmente su base mensile. L'importo dell'incentivo è parametrato in base al profilo professionale e alla tipologia contrattuale.
2. Al fine di promuovere la ripresa dei consumi e la parità retributiva tra i sessi, ai redditi di lavoro dipendente derivanti dai rapporti di cui al comma 1 si applicano le aliquote dell'imposta sul reddito delle persone fisiche stabilite dall'articolo 11, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, con le seguenti riduzioni, fino al limite massimo annuo di 3.000 euro:

a) riduzione del 40 per cento per i primi dodici mesi di durata del rapporto lavorativo;

b) riduzione del 25 per cento per i dodici mesi di durata del rapporto lavorativo successivi al periodo di cui alla lettera a);

c) riduzione del 15 per cento per i dodici mesi di durata del rapporto lavorativo successivi al periodo di cui alla lettera b).

3. Le agevolazioni fiscali e contributive di cui al presente articolo sono riconosciute entro i limiti e secondo le disposizioni dei regolamenti (UE) n. 1407 e n. 1408 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativi all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis».
4. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo, nei limiti di spesa di 800 milioni di euro per l'anno 2019, di 2.400 milioni di euro per l'anno 2020 e di 3.200 milioni di euro per gli anni 2021, 2022 e 2023, si provvede ai sensi dell'articolo 13, comma 4.
5. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti le modalità e le procedure per il riconoscimento dell'agevolazione contributiva di cui al comma 1 nonché i parametri per la sua determinazione.

Art. 3.
(Misure per la parità retributiva tra i sessi)

1. Una quota pari a 4,2 milioni di euro annui, a decorrere dall'anno 2019, delle risorse di cui all'articolo 25, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, come da ultimo modificato dalla presente legge, è destinata alla promozione della parità retributiva tra i sessi.
2. Ai fini di cui al comma 1, in sede di contrattazione collettiva e aziendale sono individuate le modalità con cui i datori di lavoro privati con più di quindici lavoratori comunicano periodicamente, in forma chiara e trasparente, nel pieno rispetto dei dati personali, ai propri lavoratori, alle rappresentanze sindacali e agli organismi di parità previsti dal codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, le informazioni riguardanti la remunerazione individuale di ciascun lavoratore, in ogni sua componente, con particolare riferimento:

a) alle differenze tra le retribuzioni medie di base e il totale dei salari dei dipendenti di ciascun sesso suddivisi per mansione e per tipo di lavoro;

b) alle differenze tra le retribuzioni iniziali dei lavoratori di ciascun sesso;

c) ai criteri e alle procedure adottati per la determinazione di ogni elemento della retribuzione complessiva, delle eventuali componenti accessorie del salario, delle indennità, anche collegate al risultato, e di ogni altro beneficio in natura ovvero di qualsiasi altra erogazione al lavoratore che ha effettuato la richiesta.

3. Ai fini dell'accesso alle risorse di cui al comma 1 volte a promuovere la parità retributiva tra i sessi, in sede di contrattazione collettiva sono definite le linee guida per la predisposizione di un piano di azione volto a:

a) prevenire qualsiasi forma di discriminazione nell'accesso al lavoro, nella promozione e formazione professionale e nelle condizioni di lavoro;

b) garantire il diritto delle lavoratrici alla parità di retribuzione in caso di svolgimento di eguali mansioni e il superamento dei differenziali retributivi tra i sessi, rimuovendo eventuali disparità di trattamento;

c) superare condizioni di organizzazione e distribuzione del lavoro che siano, di fatto, pregiudizievoli per l'avanzamento professionale, di carriera ed economico della lavoratrice;

d) promuovere una migliore articolazione tra l'attività lavorativa e le esigenze di vita;

e) sviluppare misure per il reinserimento della lavoratrice nell'attività lavorativa dopo la maternità;

f) avviare programmi di controllo interno al fine di rilevare eventuali condizioni di discriminazione individuate ai sensi del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198.

4. Il piano di azione di cui al comma 3 è trasmesso ai lavoratori e agli organismi di parità previsti dal codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198.
5. Qualora siano rilevati scostamenti tra le medie salariali di lavoratori di sesso differente i quali svolgano la medesima mansione, i lavoratori o le rappresentanze sindacali ne danno comunicazione agli organismi di parità previsti dal codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, affinché provvedano a verificare e ad accertare la sussistenza di discriminazioni in violazione delle disposizioni degli articoli 25 e seguenti del medesimo codice.
6. A seguito della verifica annuale delle risultanze del piano di azione di cui al comma 3, alle imprese che hanno promosso misure di equiparazione retributiva tra i sessi ai sensi del presente articolo e che hanno rimosso le eventuali discriminazioni rilevate è riconosciuto un credito d'imposta pari al 20 per cento delle spese documentate sostenute per:

a) l'acquisto di beni materiali strumentali;

b) l'acquisto di dispositivi elettronici;

c) l'erogazione di servizi in favore dei dipendenti e delle loro famiglie;

d) l'acquisto o l'erogazione di ogni altro prodotto o servizio che, in conformità alle disposizioni del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, permetta un'organizzazione e una distribuzione del lavoro che promuovano la conciliazione delle esigenze di vita e di lavoro anche mediante l'articolazione flessibile dei tempi e dei luoghi di prestazione dell'attività lavorativa.

7. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è adottato il regolamento di attuazione del presente articolo.

Art. 4.
(Agevolazioni fiscali per le lavoratrici residenti nei territori con minore capacità fiscale)

1. Alle lavoratrici che risiedono nei territori con minore capacità fiscale per abitante si applica, per i sette periodi d'imposta successivi a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, una detrazione forfetaria dall'imposta sui redditi, aggiuntiva rispetto a quella prevista dall'articolo 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, di importo pari a:

a) 500 euro, se il reddito complessivo non supera 20.000 euro;

b) 400 euro, se il reddito complessivo è superiore a 20.000 euro ma non a 30.000 euro;

c) 350 euro, se il reddito complessivo è superiore a 30.000 euro ma non a 50.000 euro.

2. Alle donne alla prima occupazione, titolari di redditi di cui agli articoli 49, comma 1, 50, comma 1, lettere a), c-bis) e l), 53, 66 e 67, comma 1, lettere i) e l), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si applicano, in deroga all'articolo 11 del medesimo testo unico, limitatamente ai citati redditi di lavoro, per il periodo d'imposta in corso alla data di avvio dell'attività lavorativa e per i sette periodi d'imposta successivi, le seguenti aliquote per scaglioni di reddito:

a) fino a 20.000 euro: 0 per cento;

b) oltre 20.000 euro e fino a 28.000 euro: 20 per cento;

c) oltre 28.000 euro e fino a 55.000 euro: 25 per cento;

d) oltre 55.000 euro e fino a 75.000 euro: 30 per cento;

e) oltre 75.000 euro: 35 per cento.

3. I benefìci previsti dai commi 1 e 2 del presente articolo non sono compatibili, limitatamente al periodo di riconoscimento, con il godimento delle agevolazioni di cui all'articolo 2.
4. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, nel limite di 840 milioni di euro per l'anno 2019 e di 2.250 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, si provvede ai sensi dell'articolo 13, comma 4.
5. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di accesso ai benefìci di cui al presente articolo.

Art. 5.
(Incentivi per l'imprenditoria femminile)

1. Le donne che avviano un'iniziativa imprenditoriale nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna o Sicilia possono accedere al finanziamento previsto dall'articolo 1 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, indipendentemente dalla loro età e dal possesso dei requisiti di cui al comma 2 del medesimo articolo 1. In deroga al comma 8 del medesimo articolo 1, il finanziamento è attribuito:

a) per il 65 per cento, come contributo a fondo perduto erogato dal soggetto gestore della misura;

b) per il 35 per cento, sotto forma di prestito senza interesse, concesso da istituti di credito in base alle modalità definite ai sensi del comma 14 del medesimo articolo 1. Il prestito è rimborsato entro dodici anni dalla concessione del finanziamento.

2. Gli incentivi di cui al presente articolo sono riconosciuti entro i limiti e secondo le disposizioni dei regolamenti (UE) n. 1407 e n. 1408 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativi all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis».

Art. 6.
(Disposizioni in materia di congedo parentale)

1. Al testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 28, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

«2-bis. Il padre lavoratore ha diritto di optare tra il congedo obbligatorio di paternità e l'estensione del congedo facoltativo per una durata massima di quindici giorni, secondo le modalità indicate dal presente testo unico»;

b) all'articolo 34, comma 1, le parole: «30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi» sono sostituite dalle seguenti: «60 per cento della retribuzione, per un periodo complessivo tra genitori pari a otto mesi».

2. A decorrere dall'anno 2019, per il padre lavoratore dipendente è istituito un congedo obbligatorio da fruire entro il quinto mese successivo alla nascita del figlio. La durata del congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente è pari a dieci giorni. I giorni del congedo obbligatorio riconosciuti al padre lavoratore dipendente possono essere goduti anche in via non continuativa e secondo la modalità del lavoro agile, fatti salvi regimi più favorevoli definiti in sede di contrattazione collettiva. Al medesimo congedo si applicano le disposizioni del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 22 dicembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 13 febbraio 2013.
3. A decorrere dall'anno 2019, il padre lavoratore dipendente può astenersi dal lavoro per un periodo ulteriore di un giorno, previo accordo con la madre e in aggiunta al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest'ultima.

Capo II
MISURE PER LA CONCILIAZIONE DELLE ESIGENZE DI VITA E DI LAVORO

Art. 7.
(Modifiche all'articolo 18 della legge 22 maggio 2017, n. 81, in materia di lavoro agile)

1. Al fine di promuovere il ricorso a forme di lavoro agile per le donne lavoratrici, all'articolo 18 della legge 22 maggio 2017, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3-bis, le parole: «tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «cinque anni»;

b) il comma 5 è sostituito dai seguenti:

«5. In via sperimentale, per il triennio 2019-2021, una quota, pari a 3 milioni di euro per l'anno 2019 e a 5 milioni di euro annui per gli anni 2020 e 2021, delle risorse di cui all'articolo 25, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, è destinata alla promozione del lavoro agile femminile, con particolare riguardo alle lavoratrici che svolgono funzioni di cura familiare.
5-bis. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definiti i criteri e le modalità per l'utilizzo delle risorse di cui al comma 5 e le modalità di monitoraggio dell'applicazione delle misure finanziate, attraverso l'adozione di modelli finalizzati a favorire la stipulazione di contratti collettivi aziendali. Il medesimo decreto, fermo restando quanto previsto dal decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 12 settembre 2017, pubblicato nel sito internet del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in data 17 ottobre 2017, definisce ulteriori azioni e modalità di intervento in materia di conciliazione tra l'attività lavorativa e la vita privata e forme di lavoro agile per le lavoratrici, anche al fine di prevenire e di contrastare l'allontanamento dalle relazioni di lavoro e la perdita delle opportunità di formazione e di carriera in caso di maternità».

Art. 8.
(Sperimentazione di regimi di lavoro
agevolato temporaneo)

1. Al fine di valorizzare le forme di conciliazione di vita professionale e di vita privata, favorendo le funzioni di cura familiare delle donne, il comma 1 dell'articolo 25 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, è sostituito dal seguente:

«1. In via sperimentale, per il triennio 2019-2021, una quota, pari a 18,3 milioni di euro per l'anno 2019, a 40,1 milioni di euro per l'anno 2020 e a 38,2 milioni di euro per l'anno 2021, delle risorse del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello, di cui all'articolo 1, comma 68, secondo periodo, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, è destinata alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata, secondo i criteri indicati ai sensi del comma 2 del presente articolo».

2. Ai fini di cui al comma 1 dell'articolo 25 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, come da ultimo sostituito dal comma 1 del presente articolo, in sede di contrattazione collettiva e secondo le modalità stabilite dal decreto di cui all'articolo 18, comma 5-bis, della legge 22 maggio 2017, n. 81, introdotto dal comma 1 del presente articolo, è istituito un regime temporaneo agevolato di lavoro a tempo parziale, a termine, agile o ripartito, collegato a specifiche esigenze familiari delle madri lavoratrici, con la previsione di misure idonee a contrastare l'imposizione di forme di lavoro a tempo parziale da parte dei datori di lavoro.
3. Per i periodi reversibili di lavoro agevolato di cui al comma 2, collegati alle esigenze familiari della madre lavoratrice, è prevista una contribuzione figurativa.
4. I datori di lavoro privati che avviano percorsi di sperimentazione del regime di lavoro agevolato di cui al comma 2 possono accedere a una misura di sgravio contributivo previdenziale e assistenziale a carico del datore di lavoro e del lavoratore, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all'INAIL, per la durata del regime di lavoro agevolato concesso nei limiti di spesa di cui al comma 1 dell'articolo 25 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, come da ultimo sostituito dal comma 1 del presente articolo.
5. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le parti sociali, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è adottato il regolamento di attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo.

Art. 9.
(Disposizioni per agevolare l'accesso alla pensione anticipata per le madri lavoratrici)

1. In considerazione dei particolari carichi di cura familiare delle madri lavoratrici, nelle more di una complessiva e organica riforma del sistema pensionistico, a decorrere dal 1° gennaio 2020, fatte salve eventuali misure sperimentali più favorevoli, alle lavoratrici iscritte all'assicurazione generale obbligatoria, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, ai fini della maturazione del requisito contributivo per l'accesso alla pensione sono riconosciuti dodici mesi per ciascun figlio, nel limite massimo di quattro anni.
2. Ai fini del computo del trattamento pensionistico, ai periodi riconosciuti ai sensi del comma 1 corrisponde una contribuzione figurativa.
3. Il riconoscimento dei periodi di cui al comma 1 si applica anche nei casi di adozione nazionale e internazionale di cui ai titoli II e III della legge 4 maggio 1983, n. 184.
4. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, valutati in 1.200 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, si provvede ai sensi dell'articolo 13, comma 4.

Capo III
MISURE IN FAVORE DELLA MATERNITÀ E DELLA RETE DEI SERVIZI PER L'INFANZIA

Art. 10.
(Potenziamento e riqualificazione delle strutture destinate agli asili nido e alle scuole dell'infanzia)

1. Al fine di programmare e di monitorare gli interventi in materia di potenziamento e di riqualificazione delle strutture destinate agli asili nido e alle scuole dell'infanzia, presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è istituto un tavolo tecnico di confronto composto dai delegati delle regioni, delle province e dei comuni, con il compito di formulare proposte operative in materia di politiche sociali, con particolare riferimento:

a) alla pianificazione della rete degli asili nido e delle scuole dell'infanzia nel territorio comunale e alla realizzazione di interventi nei contesti in cui l'offerta pubblica è insufficiente rispetto al numero dei potenziali beneficiari;

b) al coordinamento dell'iniziativa pubblica e privata al fine di garantire una copertura omogenea e completa, per aree territoriali e fasce orarie, con l'obiettivo di assicurare la presenza di una struttura dedicata in prossimità delle principali vie del commercio, degli uffici, dei cinema, dei teatri e dei musei;

c) alla riqualificazione del personale dipendente;

d) alla ridefinizione del regime di finanziamento in favore di una più incisiva azione di coordinamento dello Stato.

2. Per gli interventi di potenziamento e di riqualificazione delle strutture pubbliche di cui al comma 1 è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
3. Agli operatori privati che avviano attività di asilo nido, di baby parking e di ludoteca e alle scuole dell'infanzia parificate è concessa l'esenzione totale dall'imposta lorda sui redditi derivanti dall'esercizio delle attività per i primi tre anni, nel limite di spesa di 15 milioni di euro annui.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è adottato il regolamento di attuazione delle disposizioni del comma 3.

Art. 11.
(Asili nido aziendali e servizi
per la prima infanzia)

1. All'articolo 16-bis del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. La detrazione di cui al comma 1, incrementata nella misura del 15 per cento, spetta anche alle imprese con un numero di lavoratori superiore a quindici unità per la realizzazione di opere finalizzate all'erogazione del servizio socio-assistenziale per la prima infanzia, di tipo diurno, da svolgere al proprio interno a beneficio degli stessi lavoratori»;

b) alla rubrica, dopo le parole: «del patrimonio edilizio» sono inserite le seguenti: «, di realizzazione di asili nido aziendali».

2. Al fine di sostenere la maternità nei primi anni di vita del figlio nato o adottato, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, il beneficio di cui all'articolo 4, comma 24, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92, è riconosciuto nel limite di spesa di 35 milioni di euro per l'anno 2019 e di 50 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020.
3. Agli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al presente articolo, valutati complessivamente in 45 milioni di euro per l'anno 2019 e in 60 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio 2019-2021, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

Capo IV
MONITORAGGIO

Art. 12.
(Monitoraggio)

1. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito un organismo di valutazione delle politiche in materia di lavoro femminile.
2. L'organismo di cui al comma 1 svolge altresì il monitoraggio sull'attuazione delle disposizioni della presente legge. Esso, sulla base delle informazioni rilevate dalle pubbliche amministrazioni, di quelle fornite dall'Istituto nazionale della previdenza sociale e delle altre informazioni disponibili in materia, promuove interventi, anche di tipo legislativo, volti a stabilizzare le forme di partecipazione delle donne al mercato del lavoro previste dalla presente legge e le altre iniziative delle quali ravvisi l'utilità per i medesimi fini.
3. Ai compiti di cui al comma 2, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali provvede nel limite delle risorse finanziarie, umane e strumentali previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
4. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali trasmette alle Camere una relazione annuale sull'attività svolta e sul monitoraggio effettuato dall'organismo di cui ai commi 1 e 2.

Capo V
DISPOSIZIONI FINANZIARIE

Art. 13.
(Disposizioni finanziarie)

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione degli articoli 3, comma 1, 7 e 8 della presente legge si provvede a valere sulle risorse del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello, di cui all'articolo 1, comma 68, secondo periodo, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, che sono a tale fine incrementate di 25,5 milioni di euro per l'anno 2019, di 49,3 milioni di euro per l'anno 2020, di 47,4 milioni di euro per l'anno 2021 e di 4,2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022.
2. Agli oneri derivanti dall'attuazione degli articoli 5 e 6, valutati rispettivamente in 25 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019 e in 62,4 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.
3. Agli oneri derivanti dall'attuazione degli articoli 3, comma 6, e 10, commi 2 e 3, valutati rispettivamente in 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, in 30 milioni di euro per gli anni 2019 e 2020 e in 15 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
4. Agli oneri derivanti dall'attuazione degli articoli 2, 4 e 9 si provvede, nel limite massimo di spesa di 1.665,5 milioni di euro per l'anno 2019, di 5.899,3 milioni di euro per l'anno 2020, di 6.697,4 milioni di euro per l'anno 2021, di 6.654,2 milioni di euro annui per gli anni 2022 e 2023 e di 3.454,2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024, a valere sulle maggiori entrate rivenienti da interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica. Entro il 15 luglio 2019, mediante interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica, sono adottati provvedimenti regolamentari e amministrativi che assicurino minori spese pari a 1.665,5 milioni per l'anno 2019. Entro il 15 gennaio 2020, mediante interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica, sono adottati provvedimenti regolamentari e amministrativi che assicurino minori spese pari a 5.899,3 milioni di euro per l'anno 2020. Entro il 15 gennaio 2021, mediante interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica, sono adottati provvedimenti regolamentari e amministrativi che assicurino minori spese pari a 6.697,4 milioni di euro per l'anno 2021. Entro il 15 gennaio 2022, mediante interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica, sono adottati provvedimenti regolamentari e amministrativi che assicurino minori spese pari a 6.654,2 milioni di euro annui per gli anni 2022 e 2023. Entro il 15 gennaio 2024, mediante interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica, sono adottati provvedimenti regolamentari e amministrativi che assicurino minori spese pari a 3.454,2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024. Qualora i provvedimenti previsti dal presente comma non siano adottati o siano adottati per importi inferiori a quelli ivi indicati, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 15 settembre 2019, per la previsione relativa a quell'anno, entro il 15 marzo 2020 per la previsione relativa a quell'anno, entro il 15 marzo 2021 per la previsione relativa a quell'anno, entro il 15 marzo 2022 per la previsione relativa agli anni 2022 e 2023 ed entro il 15 marzo 2024 per le previsioni relative al medesimo anno e ai successivi, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, sono disposte variazioni delle aliquote di imposta e riduzione della misura delle agevolazioni e delle detrazioni fiscali vigenti, tali da assicurare maggiori entrate pari agli importi di cui al presente comma, ferma restando la necessaria tutela, costituzionalmente garantita, dei contribuenti più deboli, della famiglia e della salute mediante la previsione di un limite di reddito sotto il quale non si applica la suddetta riduzione delle agevolazioni e delle detrazioni.

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