PDL 1483

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1483

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
MELICCHIO, DAVIDE AIELLO, BERARDINI, CARBONARO, CASA, CATALDI, COSTANZO, DEIANA, FARO, GALIZIA, IANARO, IOVINO, LOMBARDO, NAPPI, NESCI, NITTI, RIZZONE, ROMANIELLO, SARLI, SCANU, SCERRA, SERRITELLA, VILLANI, LEDA VOLPI

Istituzione delle comunità dell'energia per la gestione delle fonti energetiche e la distribuzione dell'energia senza fine di lucro

Presentata il 29 dicembre 2018

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Onorevoli Colleghi! – I cambiamenti climatici, l'esaurimento delle risorse energetiche, la crisi idrica e la riduzione della biodiversità stanno spingendo l'Europa e, con essa, l'Italia verso l'obiettivo di un sistema energetico ad «emissioni zero». Per il raggiungimento di tale obiettivo vi è la piena consapevolezza che è necessaria una fase di transizione (transizione energetica), di fatto già iniziata. Per la prima volta nella storia dell'umanità, la maggior parte delle persone vive nelle città e l'ONU prevede che, entro il 2050, circa l'80 per cento della popolazione mondiale vivrà nelle grandi aree urbane. Città efficienti e ben progettate possono offrire una qualità di vita superiore e vivace con un'impronta ecologica ridotta. Le aree urbane sono, infatti, quelle in cui si possono realizzare i maggiori progressi in materia di transizione energetica; il modo in cui esse crescono e funzionano ha un enorme impatto sul fabbisogno energetico, poiché rappresentano il 60-80 per cento del consumo globale di energia e circa la stessa quota di emissioni di anidride carbonica? (CO2). Le città possiedono un grande potenziale: favorire la transizione verso le energie rinnovabili, salvaguardare le risorse naturali e adottare tecnologie che offrano ai residenti un'alta qualità della vita con un'impronta ecologica ridotta.
La sostituzione dei combustibili fossili per lasciare il passo alle fonti rinnovabili è un obiettivo che sembra ormai irrinunciabile. Ma affinché una tale transizione possa avvenire spontaneamente è necessario individuare e favorire le soluzioni per le quali il ricorso alle fonti rinnovabili sia sufficientemente profittevole per gli investitori operando nel contempo un vero e proprio cambiamento del modello energetico, del paradigma della produzione e della distribuzione dell'energia, nonché rimettendo al centro la comunità e il territorio. La rivoluzione delle energie rinnovabili deve portare coloro che riescono ad autoprodurre l'energia elettrica a essere anche distributori locali, all'interno della loro comunità, spingendo quartieri, condomini, distretti, comuni, aziende e cooperative a mettersi insieme al fine di ridurre gli approvvigionamenti dalla rete energetica o, perfino, a rendersi indipendenti con progetti innovativi sull'efficienza energetica che possano creare nuove e più durevoli prospettive di lavoro. In questo senso i protagonisti di questo nuovo modello di sviluppo, non solo energetico, diventano i prosumer (produttori-consumatori) e la generazione distribuita può rappresentare la risposta locale a problemi globali, essendo applicabile in qualsiasi parte del mondo. Sembra sempre più chiaro, inoltre, che la decarbonizzazione dell'economia e un passaggio a un nuovo modello energetico di tipo distribuito possa portare enormi vantaggi anche dal punto di vista occupazionale. Puntare fin da subito sulle fonti rinnovabili, sulle smart grid (reti elettriche dotate di sensori intelligenti che raccolgono informazioni in tempo reale ottimizzando la distribuzione di energia), sulle microgrid (microreti elettriche), sulla mobilità elettrica e sullo storage (stoccaggio) dell'energia può servire a rilanciare l'economia nazionale creando vantaggi per le imprese e i cittadini e nuove opportunità di lavoro.
Secondo uno studio di ventisette ricercatori delle università di Stanford, Berkeley, Berlino e Aarhus, pubblicato a settembre 2017 sulla rivista scientifica Joule, un'Italia con un sistema energetico completamente rinnovabile nel 2050, alimentato da vento, acqua e sole e senza fonti fossili, farebbe risparmiare ai cittadini 6.500 euro a testa e creerebbe 485.857 nuovi posti di lavoro. Si avrebbero, inoltre, 50.000 morti per inquinamento in meno. Secondo Greenpeace nel 2050 due italiani su cinque contribuiranno alla produzione di energia, ma questo sarà possibile solo se si punta immediatamente in direzione della produzione di energia per l'autoconsumo e per lo scambio di quella in eccesso, attraverso microgrid, smart grid, reti intelligenti e sistemi di accumulo connessi a impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili. Queste reti locali permetterebbero di abbattere i costi di intermediazione e quindi di gestione, superando le inefficienze e il negativo impatto ambientale degli impianti alimentati dalle fonti energetiche fossili.
Si parla spesso di smart cities in abbinamento all'uso di fonti energetiche rinnovabili, dimenticando che in tale caso il ruolo degli utenti che vivono nelle città rimarrebbe confinato a quello di consumers, al massimo evoluti, grazie allo sviluppo di software di gestione dei consumi in ambienti smart home (casa intelligente). Bisogna invece prevedere un ruolo attivo per i prosumer, i consumer (consumatori) e i producer (produttori) aggregando una varietà di soggetti, pubblici e privati, tutti uniti nell'obiettivo di porre l'energia in comune, per dare agli utenti una maggiore consapevolezza dei propri carichi e per sfruttare al meglio la possibilità di usufruire delle fonti energetiche rinnovabili, consentendo loro di gestire il rispettivo consumo e di partecipare attivamente alla transizione dall'uso delle fonti energetiche fossili a quelle rinnovabili. Dal punto di vista sociale, l'istituzione di comunità dell'energia rappresenta lo strumento per definire una nuova identità sociale basata sulla diffusione e sulla condivisione di buone pratiche in materia di risparmio energetico e di comportamento «green» allo scopo di sviluppare un senso di appartenenza al territorio. Il cambiamento che si vuole attuare è soprattutto di tipo culturale: rendere tutta la comunità consapevole dei benefìci economici, sociali e ambientali che potrebbero esser conseguiti se si assumessero comportamenti energeticamente virtuosi. Inoltre, poiché la presente proposta di legge prevede il coinvolgimento diretto dei cittadini, essa si presenta come un'innovazione di processo che parte dal basso. In un futuro sempre più prossimo porsi degli obiettivi di riduzione della ?CO2, soprattutto nella produzione di energia elettrica, sarà un processo sempre più naturale perché guidato da un'importante convenienza economica, che già ora si manifesta per chi è passato alle fonti energetiche rinnovabili.
Per la promozione delle comunità dell'energia assume un'importanza fondamentale il processo partecipativo insieme a una connessione forte alle potenzialità di un territorio specifico. Diventa così necessaria una governance allargata: dalle istituzioni pubbliche, a iniziare dai comuni, gli enti più vicini ai cittadini in un'ottica di sussidiarietà, ai settori produttivi di quel territorio, alle startup innovative, alle associazioni di categoria, alle aree di ricerca come scuole e università, al mondo no-profit come alle associazioni e soprattutto ai cittadini, ai quartieri, ai comitati, consapevoli con ciò di operare per una riqualificazione e una rigenerazione urbana, sociale e culturale delle aree interessate, rispettando la natura e il paesaggio e con una visione comune di generazione distribuita dell'energia. Le comunità locali possono così rappresentare il cardine di un reale cambiamento, perché la loro dimensione è ottimale per un forte coinvolgimento individuale all'interno di un preciso spazio sociale e per la formazione di una responsabilità collettiva sulle tematiche energetiche e ambientali, evitando la trappola di una polverizzazione degli interventi. Purtroppo questo cambiamento di cultura e di prospettiva risulta molto difficile nel nostro Paese, principalmente a causa di un mancato adeguamento normativo, con un quadro legislativo che risulta confuso, contorto e non al passo con i tempi per quanto riguarda la generazione distribuita dell'energia. Attualmente un cittadino potrebbe diventare socio di una cooperativa, acquistando così una quota di impianti a fonte energetica rinnovabile proporzionale al proprio fabbisogno energetico. L'energia prodotta dagli impianti verrà poi ceduta dalla cooperativa a un trader energetico che successivamente la rivenderà ai cittadini soci della stessa cooperativa a un prezzo pattuito. Questi inutili passaggi si rendono necessari poiché il produttore di energia non può essere considerato anche distributore, impedendo di fatto lo scambio peer to peer dell'energia nel nostro Paese.
Ma la politica energetica dell'Unione europea va in tutt'altra direzione e in altri Paesi europei le comunità dell'energia sono incentivate e sostenute con provvedimenti di legge ad hoc e con appositi finanziamenti. In questi Paesi hanno già capito che questo modello distribuito può creare lavoro e portare vantaggi enormi per il territorio. In Germania, ad esempio, il presidente della REScoop.eu, Dirk Vansintjan, riferendosi a uno studio effettuato dalle stadtwerke (aziende municipalizzate) sulle aziende di servizi pubblici comunali, ha affermato che «gli impianti di energia rinnovabile di proprietà delle municipalizzate o dei cittadini di una cooperativa, portano a otto volte più entrate per la regione di quanto farebbero se fossero di proprietà di una grande utility». E si possono raccontare belle storie, come quanto successo ad Odenwald, dove la comunità dell'energia locale ha utilizzato parte dei propri utili per costruire una sala concerti, mettendola a disposizione di tutti i cittadini, anche di quelli che non hanno investito nella generazione distribuita di energia da fonti rinnovabili. L'Olanda incoraggia l'istituzione di comunità dell'energia concedendo a chi ne fa parte uno sgravio fiscale di 0,09 euro/KWh, a patto che l'energia provenga da fonti rinnovabili. In Danimarca esistono già oltre 600 cooperative, attive soprattutto nel teleriscaldamento e il 77 per cento dell'energia rinnovabile della capitale, Copenaghen, proviene dall'impianto eolico di Middelgrunden, realizzato nel 2000 grazie al contributo di 10.000 cittadini. In Scozia si stanno adottando specifiche disposizioni di legge per arrivare ad avere 500 MWe di energia nel 2020 derivanti da comunità dell'energia. A Londra le comunità offrono un ritorno tra il 3 e il 5 per cento dell'investimento, reinvestendo tra l'altro parte degli utili in un fondo che ha lo scopo di ristrutturare le altre case del quartiere, migliorandone l'efficientamento energetico e creando formazione e lavoro per l'intera comunità.
Ma è l'Unione europea con il suo Strategic Energy Technology (SET) Plan ad aver messo al centro della propria politica lo sviluppo di tecnologie innovative e di modelli di sviluppo che possano aiutare a ridurre l'inquinamento e i gas serra. Il SET Plan vuole favorire la transizione energetica a un'economia sostenibile puntando decisamente sul settore delle energie rinnovabili e delle bio-energie, sulle smart community, sulla mobilità elettrica, sull'efficienza e sul risparmio energetico. Il Clean Energy Package, inoltre, pone al centro del nuovo disegno del mercato elettrico il cliente attivo (che può essere un singolo cliente o un gruppo di clienti), definendo anche le collettività dell'energia locale; la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili (cosiddetta «direttiva RED II»), prevede l'autoconsumatore di energia rinnovabile (che comprende condomini, siti commerciali o di servizi condivisi o un sistema di distribuzione chiuso) e le comunità produttrici/consumatrici di energia rinnovabile. La presente proposta di legge è in linea con le indicazioni contenute nella direttiva RED II e con le Common rules for the internal electricity market.
Pur in assenza di un quadro normativo chiaro e applicabile, anche in Italia si è iniziato a parlare di comunità dell'energia. La Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, presentata al Consiglio dei ministri il 2 ottobre 2017 e approvata dal CIPE il 22 dicembre 2017, disegna infatti una visione di futuro e di sviluppo incentrata sulla sostenibilità, quale valore condiviso e imprescindibile per affrontare le sfide globali del nostro Paese. La Strategia rappresenta il primo passo per declinare a livello nazionale i princìpi e gli obiettivi dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata nel 2015 alle Nazioni Unite a livello di Capi di Stato e di Governo, assumendone i quattro princìpi guida: integrazione, universalità, trasformazione e inclusione. Con i suoi 17 Obiettivi e 169 sotto-obiettivi, l'Agenda 2030 offre una nuova visione globale e ambiziosa di integrazione delle tre dimensioni dello sviluppo sostenibile, pone nuove sfide di governance e genera una grande forza innovatrice nel permeare i processi decisionali e politici a tutti i livelli attraverso i princìpi di universalità e di integrazione. I delegati delle Nazioni Unite si sono incontrati a New York a luglio 2018 per valutare quanti progressi siano stati fatti per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Quest'anno l'incontro è stato incentrato su come garantire l'accesso a energia, acqua e città sicure e resilienti, a prezzi accessibili e affidabili. Le tre questioni sono strettamente collegate, secondo Itamar Orlandi, a capo di Frontier Power Research presso Bloomberg NEF: «Da quando Thomas Edison lanciò la prima compagnia al mondo nel 1882, l'elettricità è diventata una delle componenti più basilari della vita moderna, spesso data per scontata. Tuttavia, a 136 anni di distanza, l'industria non è ancora in grado di servire circa il 14 per cento della popolazione mondiale. A questo ritmo, circa 700 milioni di persone non avranno ancora energia entro il 2030». Tuttavia, le tecnologie decentrate di energia rinnovabile, in particolare il solare off-grid e le microgrid, offrono l'opportunità a zone senza accesso alla rete elettrica di «scavalcare» la rete. La microgrid che, come già evidenziato, è un gruppo localizzato di fonti di elettricità e accumulo che normalmente opera connesso e in sincronia con la rete elettrica, ma che può essere disconnesso e funzionare autonomamente, in dipendenza da condizioni fisiche ed economiche. La microgrid di Brooklyn, ad esempio, è fatta di dozzine di pannelli solari sparsi sui tetti delle case degli iscritti alla piattaforma. Tutti sono collegati a una rete virtuale che consente di vendere l'elettricità in eccesso e di comprarla quando si vuole. In Australia, una società chiamata Power Ledger ha annunciato l'inizio di un mercato di trading di elettricità residenziale basato su blockchain in un complesso residenziale a Perth. In Bangladesh, dove si stima che 65 milioni di persone non abbiano accesso a una rete centrale, ME SOLshare ha sviluppato reti di scambio peer-to-peer tra famiglie rurali con e senza sistemi solari sul tetto. In Germania, Sonnen, fornitore leader di batterie per la casa, ha creato una rete di circa 8.000 clienti che scambiano le loro energie immagazzinate tra loro. Beppe Grillo ne parla da anni. Il suo tour del 1995 su «Energia e informazione» ha riguardato oltre sessanta città italiane raccogliendo nei palasport più di 400.000 spettatori. Lo spettacolo ha criticato la concentrazione di potere nei settori dell'informazione e dell'energia. Tra le alternative proposte si ricordano le seguenti: efficienza energetica ed energie rinnovabili, microgenerazione elettrica popolare come a Schönau, un paesino tedesco di 2.500 abitanti che si comprò la rete elettrica per mettersi in rete. Nel 1986, dopo il disastro di Chernobyl, un gruppo di genitori nella cittadina di Schönau, nella Foresta nera, iniziò una lotta contro l'energia nucleare. Poiché il gestore di rete locale osteggiava costantemente le iniziative dei cittadini, sia che si trattasse di attività per il risparmio energetico, sia che si trattasse di incentivi per fonti energetiche a basso impatto ambientale, nacque l'idea di acquistare la rete elettrica di Schönau per poter decidere autonomamente. La campagna antinucleare non si fermò né di fronte a due referendum né di fronte all'offerta di contributi per cifre esorbitanti di milioni di marchi e nel 1997 per la prima volta in Germania un gruppo di azione ha acquistato la rete elettrica ed è diventato il fornitore dell'intero comune. Nel 1998 in Germania fu liberalizzato il mercato dell'energia elettrica. Sono passati molti anni, ma finalmente il peer-to-peer sta diventando una realtà e i clienti sono anche i produttori di energia.
Nel documento «Strategia energetica nazionale 2017», che poi ha portato all'approvazione della più ampia Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, si affronta il problema della decarbonizzazione dell'economia e della lotta ai cambiamenti climatici. Nel settore elettrico, in particolar modo, si vuole rafforzare l'impegno nazionale per la decarbonizzazione, definendo e avviando rapidamente gli interventi che consentiranno di azzerare l'utilizzo del carbone nel settore elettrico. A tale fine nel documento si legge: «È bene dire chiaramente che se la sfida di avere tecnologie verdi con costi di generazione ormai prossimi a quelli delle fonti tradizionali è stata sostanzialmente vinta, gli obiettivi che stiamo proponendo mettono il settore elettrico alla prova di un vero e proprio cambio di paradigma: garantire sicurezza e flessibilità a un sistema nel quale la quota di rinnovabili potrà diventare preponderante, e che, al contempo, vedrà da un lato crescere le configurazioni di generazione distribuita ed elaborare nuovi assetti, come le comunità locali dell'energia, e dall'altro aumentare l'interconnessione coi sistemi europei e sovranazionali».
Un altro importante tassello normativo verso la possibile nascita di comunità dell'energia viene dalla legge 28 dicembre 2015, n. 221, recante «Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali», entrata in vigore il 2 febbraio 2016, che ha dato avvio alla nascita delle cosiddette «oil free zone», che dovrebbero essere riconosciute dalle singole regioni. In particolare, l'articolo 71 recita: «1. Al fine di promuovere su base sperimentale sussidiaria la progressiva fuoriuscita dall'economia basata sul ciclo del carbonio e di raggiungere gli standard europei in materia di sostenibilità ambientale, sono istituite e promosse le “Oil free zone”.
2. Si intende per “Oil free zone” un'area territoriale nella quale, entro un determinato arco temporale e sulla base di specifico atto di indirizzo adottato dai comuni del territorio di riferimento, si prevede la progressiva sostituzione del petrolio e dei suoi derivati con energie prodotte da fonti rinnovabili.
3. La costituzione di Oil free zone è promossa dai comuni interessati, anche tramite le unioni o le convenzioni fra comuni di riferimento, ove costituite ai sensi degli articoli 30 e 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Per le aree naturali protette di cui all'articolo 2 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni, la costituzione di Oil free zone è promossa dagli enti locali d'intesa con gli enti parco.
4. Nelle Oil free zone sono avviate sperimentazioni, concernenti la realizzazione di prototipi e l'applicazione sul piano industriale di nuove ipotesi di utilizzo dei beni comuni, con particolare riguardo a quelli provenienti dalle zone montane, attraverso prospetti di valutazione del valore delle risorse presenti sul territorio.
5. Nell'ambito delle proprie legislazioni di settore, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano le modalità di organizzazione delle Oil free zone, con particolare riguardo agli aspetti connessi con l'innovazione tecnologica applicata alla produzione di energie rinnovabili a basso impatto ambientale, alla ricerca di soluzioni eco-compatibili e alla costruzione di sistemi sostenibili di produzione energetica e di uso dell'energia, quali la produzione di biometano per usi termici e per autotrazione.
6. Ai fini di cui al comma 5, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono assicurare specifiche linee di sostegno finanziario alle attività di ricerca, sperimentazione e applicazione delle attività produttive connesse con l'indipendenza dai cicli produttivi del petrolio e dei suoi derivati, con particolare attenzione all'impiego equilibrato dei beni comuni e collettivi del territorio di riferimento».
Anche nella deliberazione dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico 393/2015/R/EEL del 30 luglio 2015 si aprivano le porte alle microreti e alle comunità dell'energia. L'Autorità, riportando il concetto di aggregatore, una figura capace di ottimizzare il rapporto tra autoproduzione e consumo e di gestire la rete di distribuzione locale per ovviare ai problemi di dispacciamento e bilanciamento della rete pubblica, afferma: «fatte salve le restrizioni di carattere tecnico insite nella gestione delle reti, a regolare l'accesso e la partecipazione della domanda ai mercati di bilanciamento, di riserva e di altri servizi di sistema, definendo le modalità tecniche con cui i gestori dei sistemi di trasmissione e distribuzione organizzano la partecipazione dei fornitori di servizi e dei consumatori, inclusi gli aggregatori di unità di consumo ovvero di unità di consumo e di unità di produzione, sulla base dei requisiti tecnici di detti mercati e delle capacità di gestione della domanda e degli aggregati».
A livello nazionale, comunque, esistono già, in Sardegna, due modelli di città il cui approvvigionamento energetico si basa su energie rinnovabili, sistemi di accumulo e «reti intelligenti» e sono i comuni di Berchidda e di Benetutti, dove si sta svolgendo una sperimentazione in tal senso. Nel sito internet istituzionale della regione Sardegna, che ha istituito queste realtà innovative, si legge che: «gli obiettivi principali del progetto sono tre: promuovere l'autoconsumo istantaneo, massimizzare il consumo locale dell'energia e abbattere i costi energetici per cittadini e imprese. Tutto ciò è in linea con quanto previsto dal Piano Energetico, che punta a far diventare la Sardegna un modello europeo basato su sistemi per la gestione intelligente e l'uso efficiente dell'energia, come suggerito dalle buone prassi della sharing economy. A Benetutti e Berchidda l'autonomia energetica può già essere una realtà». I due paesi, infatti, sono gli unici soggetti pubblici in Sardegna che operano come aziende elettriche concessionarie di reti distributive, una situazione ideale per la sperimentazione studiata dalla regione.
In definitiva, le comunità dell'energia si pongono l'obiettivo di superare l'utilizzo del petrolio e dei suoi derivati, sperimentando la produzione e lo scambio di energie generate da fonti rinnovabili nonché forme di efficientamento e di riduzione dei consumi energetici. L'istituzione delle comunità dell'energia contribuirà a ridurre l'impatto ambientale del settore dell'energia. Contraendo, infatti, le distanze tra produzione e consumo vengono drasticamente ridotti gli sprechi di generazione e distribuzione. Quando la produzione di energia elettrica avviene in prossimità del luogo di utilizzazione è possibile sfruttare anche il calore eventualmente prodotto e adoperarlo per fornire energia termica o frigorifera ad abitazioni, servizi e industrie. La presente proposta di legge vuole quindi integrare iniziative in ambiti di intervento multidisciplinari, spaziando dalla fornitura di energia verde, alla riqualificazione edilizia e alla preservazione dell'ambiente, al fine di produrre risultati importanti di transizione energetica, favorendo lo sviluppo della mobilità sostenibile grazie all'obbligo di convogliare parte dell'energia prodotta in infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici. Dal punto di vista sociale, la costituzione di comunità di questo tipo rappresenta lo strumento per definire una nuova identità sociale basata sulla diffusione e condivisione di buone pratiche in materia di risparmio energetico e comportamento green allo scopo di sviluppare un senso di appartenenza al territorio. Per quanto riguarda la dimensione economica la diffusione di nuove tecnologie potrà incentivare la nascita di nuove imprese nel settore green che miglioreranno l'economia locale e la competitività delle aziende nel mercato nazionale. Dal punto di vista ambientale, ogni azione prevista dal progetto permetterà di incidere notevolmente sul miglioramento delle condizioni microclimatiche, sulla riduzione delle emissioni di CO2 e delle polveri sottili grazie anche allo sviluppo della mobilità elettrica.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione delle comunità dell'energia)

1. Sono istituite le comunità dell'energia, soggetti con personalità giuridica, autonomia patrimoniale, contabile e finanziaria in aree territoriali omogenee che possano gestire le fonti energetiche e la loro distribuzione senza finalità di lucro.

Art. 2.
(Finalità)

1. Le comunità dell'energia hanno come finalità lo sviluppo di progetti di innovazione tecnologica improntati alla produzione e allo scambio di energie generate esclusivamente da fonti rinnovabili e alla riduzione dei consumi energetici e di progetti di sperimentazioni concernenti la realizzazione di prototipi e l'applicazione sul piano industriale di nuove ipotesi di utilizzo dell'energia per ridurre gli sprechi di generazione e distribuzione. Alle comunità dell'energia possono partecipare comuni ed enti locali, aziende, cooperative, consorzi, contratti di rete, fondazioni, poli, distretti industriali e start up innovative impegnate nella produzione di energia da fonti rinnovabili, associazioni di categoria, istituti di formazione ed enti di ricerca, scuole, università, associazioni, gruppi di cittadini e altri enti senza finalità di lucro impegnati in progetti improntati alla riduzione dei consumi energetici.

Art. 3.
(Competenze)

1. Le comunità dell'energia possono stipulare appositi accordi e convenzioni con l'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente al fine di un utilizzo e di una gestione più efficiente delle reti energetiche.

Art. 4.
(Obblighi)

1. Le comunità dell'energia destinano all'autoconsumo dei propri associati almeno il 65 per cento dell'energia prodotta.
2. Le comunità dell'energia destinano almeno il 10 per cento dell'energia prodotta a infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici.
3. Le comunità dell'energia, entro il 31 maggio di ogni anno, redigono e rendono pubblico il Documento strategico per la sostenibilità, coerente con i piani di azione per l'energia sostenibile e con i piani regionali energetici, qualora adottati nel territorio di competenza delle stesse comunità, nel quale sono specificate le attività previste, quelle già sviluppate e in corso, sono stabiliti gli obiettivi e sono fissati le linee di azione e gli interventi per la riduzione e per l'efficientamento dei consumi energetici ai fini dell'adozione di un modello di sviluppo sostenibile del territorio.

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