PDL 1357

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                Capo I
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                Capo II
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                Capo III
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                        Articolo 10

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1357

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato BUTTI

Disposizioni per il contrasto dell'illecita trasmissione o diffusione in diretta e della fruizione illegale di contenuti tutelati dal diritto d'autore e dai diritti connessi

Presentata il 9 novembre 2018

torna su

Onorevoli Colleghi! — Da anni si parla di internet protocol television (IPTV) illegali, cioè servizi di streaming con i quali gli utenti fruiscono, previo pagamento di un corrispettivo, della visione di tutti i canali delle migliori pay TV nazionali e internazionali e, in particolare, delle dirette di eventi sportivi. Si tratta, tuttavia, di servizi illegali in quanto il soggetto che li assicura agli utenti (anche definito «pirata») non paga un solo euro ai titolari dei diritti e ai proprietari dei canali. Solo nella stagione sportiva appena trascorsa, 2017/2018, sono stati molti gli utenti (tra 1,2 e 1,7 milioni) che hanno potuto, dietro il pagamento di un canone molto contenuto, quasi irrisorio, versato a volte anche in contanti e quindi non tracciabile, fruire della visione di partite in streaming della serie A o della Champions league (ma anche di film, pure in prima visione).
Le IPTV illegali rischiano oggi di rovinare l'intero sistema delle comunicazioni e di incentivare sempre più la criminalità organizzata, che da anni si sta interessando attivamente al fenomeno illecito. Solo di recente, e grazie all'intensa attività degli operatori della comunicazione (in primis SKY e Mediaset), la giurisprudenza ha preso una forte posizione, arrivando a condannare per violazione delle disposizioni sul diritto d'autore chi installa un apparecchio con decoder regolarmente alimentato alla rete locale (local area network – LAN) e a internet collegato con un apparato televisivo e connessione all'impianto satellitare, al fine di rendere «visibili i canali televisivi del gruppo SKY Italia in assenza della relativa smart card» (per tutte, Cassazione penale, sezione III, sentenza n. 46443 del 10 ottobre 2017).
Proprio muovendosi nella stessa direzione, anche il legislatore ha fatto un primo passo in avanti. Con l'articolo 2 della legge 20 novembre 2017, n. 167, legge europea 2017, ha attribuito all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il potere di intervenire immediatamente e di impedire anche in via cautelare tutti quei comportamenti che si risolvono in una violazione del diritto d'autore e, conseguentemente, di punire la reiterazione degli illeciti («1. Ai fini dell'attuazione di quanto previsto dall'articolo 8 della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, e dagli articoli 3 e 9 della direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, su istanza dei titolari dei diritti, può ordinare in via cautelare ai prestatori di servizi della società dell'informazione di porre fine immediatamente alle violazioni del diritto d'autore e dei diritti connessi, qualora le violazioni medesime risultino manifeste sulla base di un sommario apprezzamento dei fatti e sussista la minaccia di un pregiudizio imminente, e irreparabile per i titolari dei diritti. 2. L'Autorità disciplina con proprio regolamento le modalità con le quali il provvedimento cautelare di cui al comma 1 è adottato e comunicato ai soggetti interessati, nonché i soggetti legittimati a proporre reclamo avverso il provvedimento medesimo, i termini entro quali il reclamo deve essere proposto e la procedura attraverso la quale è adottata la decisione definitiva dell'Autorità. 3. Con il regolamento di cui al comma 2 l'Autorità individua misure idonee volte ad impedire la reiterazione di violazioni già accertate dall'Autorità medesima)».
Si è voluto in tal modo evitare che il pirata potesse continuare a operare illegalmente trincerandosi dietro la presunta irresponsabilità della piattaforma che ospita i contenuti (i server) o giovandosi dell'extraterritorialità (i server sono tutti collocati fuori dall'Italia).
L'Autorità ha appena pubblicato le nuove modifiche al regolamento sul diritto d'autore che rendono esecutivo il sistema del «notice and stay down» – si obbligano così le piattaforme a rimuovere i contenuti illeciti – tentando di impedire la loro riproposizione sul mercato della distribuzione. Il sistema prevede anche provvedimenti cautelari inaudita altera parte (cioè senza contraddittorio) da assumere entro tre giorni dall'istanza presentata dal titolare dei diritti.
Nell'incontro avvenuto in data 29 ottobre 2018 tra l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e la Lega di calcio di serie A, il Presidente della Lega ha espresso un giudizio favorevole sul nuovo regolamento perché terrebbe conto delle istanze che provengono dal mondo del calcio migliorando gli strumenti di difesa del diritto d'autore.
In realtà, a nostro avviso, ciò non è ancora sufficiente.
Per gli eventi in diretta, infatti, la misura prevista nel regolamento è del tutto improduttiva di sostanziali effetti, se effettuata successivamente alla diretta televisiva. Se poi si pensa che la tecnologia consente oggi a fornitori abusivi di aggiornare anche in tempo reale il server DNS o gli indirizzi IP, ancorché bloccati, anche nel corso della diretta dell'evento, lo sforzo dell'Autorità, sia pur encomiabile, risulta del tutto inutile. In questi casi, quindi, il pericolo che, nell'immediatezza del fatto, deve essere valutato dall'Autorità sulla base della tardività del provvedimento cautelare o dell'infruttuosità dello stesso, diventa l'elemento caratterizzante di una nuova e impossibile procedura, quale quella prevista dalla presente proposta di legge, che deve essere ancor più accelerata e immediata nel corso dell'evento stesso. È evidente che, in questi casi, il presupposto per un rito agile e veloce per i soli contenuti in diretta è costituito da una sommaria e immediata valutazione dell'Autorità circa un ulteriore aggravamento dell'intensità del pregiudizio risentito dagli operatori televisivi e che rappresenta una situazione di eccezionale gravità e urgenza che merita una misura cautelare immediata e conservativa. Una sorta di mini procedimento cautelare che consente, come accade, ma in altre forme, nel codice del processo amministrativo (articolo 56 dell'allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104), di richiedere la tutela cautelare al giudice monocratico nei casi di estrema urgenza prima ancora che il ricorso cautelare approdi in camera di consiglio ordinaria.
Come è noto, l'accesso a una IPTV illegale è subordinato alla presenza di tre elementi: a) un software in grado di leggere il flusso video, b) un file contenente la lista dei canali (la cosiddetta «stringa»); c) un server che effettui lo streaming del flusso video.
Mentre nulla si può eccepire quanto ai software utilizzati dalle IPTV «pirata», in quanto sono tutti legali (da VLC ad applicazioni di Android/iOS create appositamente per gestire i flussi video), il problema vero consiste nella predisposizione della stringa e nella gestione del flusso attraverso un server così potente da non soffrire in caso di infinite connessioni da parte degli utenti.
Quanto al secondo elemento, occorre innanzitutto entrare in possesso di una stringa a pagamento. Infatti tutta l'attività (illecita) parte da un vero abbonamento a un servizio di pay TV (il cui titolare, ricorrendone i presupposti, diventa ovviamente complice del reato perpetrato). I relativi set top box (i decoder) e le smart card sono tutti fatti confluire in veri e propri data center (in cui tipicamente, a fronte delle operazioni recenti del Corpo della guardia di finanza, si possono trovare oltre 200 set top box e smart card). Le uscite video dei set top box vengono quindi convogliate in encoder HDMI su indirizzi IP che, sfruttando appositi software gestionali e infrastrutture in cloud (server e content delivery networks), reindirizzano il segnale video verso server che spesso svolgono questo lavoro in modo legittimo e professionale. Per i sottoscrittori degli «abbonamenti pirata» è quindi sufficiente collegarsi con un codice di accesso al predetto server, fruendo dei servizi streaming abusivi.
Guardare i contenuti delle pay TV senza pagare un regolare abbonamento può, e deve, comportare l'irrogazione di pesanti sanzioni non solo per gli utilizzatori finali, gli utenti consumatori, ma anche, e soprattutto, per chi esercita tale attività a fini di profitto economico. Vi sono state operazioni di smantellamento di centrali pirata sparse sul territorio e quasi sempre all'estero, centrali la cui attività consisteva nel decodificare il segnale criptato delle pay TV (Sky e Mediaset in primis) e ritrasmetterlo via internet verso decine e decine di clienti/utenti/consumatori. Il segnale è portato in Italia da server che hanno sede quasi sempre all'estero, quasi sempre in Paesi europei (in Francia e in Olanda soprattutto). In altre parole, occorre impedire che i contenuti illegali possano entrare (rectius: rientrare) nel territorio italiano. Una sorta di blocco all'immigrazione digitale da parte di operatori considerati «pirati del web» e «abusivi» nell'offerta di servizi illegali.
Come detto, gli utenti consumatori rischiano molto: citando la sentenza della Suprema Corte, rischiano una condanna molto pesante (di quattro mesi di reclusione e 2.000 euro di multa).
Ma in realtà gli utenti sono l'ultima ruota della catena. Occorre colpire direttamente i cosiddetti «intemerdiari» nella catena di fornitura della pirateria (telcos, marketplace, eccetera) che trasportano il segnale, bisogna risalire alla, e intervenire sulla, fonte dell'illecito, sugli streaming server: bloccato il server, infatti, tutti i meccanismi di interfaccia degli utenti (che fanno uso di applicazioni, siti internet, decoder) sono resi inutilizzabili. Dato che è impossibile intervenire all'estero, se non attraverso procedure lente e inutili (persino attraverso rogatorie internazionali), occorre intervenire sugli internet service provider (ISP), i cosiddetti «prestatori» di servizi della società dell'informazione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 70 del 2003, che devono eseguire, senza alcuna contestazione, i provvedimenti di blocco di accesso (ai contenuti veicolati e fruibili illegalmente in diretta streaming) adottati dalle autorità competenti.
Si rammenta che un obbligo simile il legislatore lo aveva già posto: il decreto legislativo 9 gennaio 2008, n. 9, riguardante la «Disciplina della titolarità e della commercializzazione dei diritti audiovisivi sportivi e relativa ripartizione delle risorse», già prevede (all'articolo 17) che gli operatori della comunicazione siano obbligati a inserire nei contratti di licenza specifiche clausole volte alla protezione delle immagini degli eventi anche attraverso l'adozione di misure «che prevengano indebite captazioni delle immagini, indebite immissioni delle stesse nelle reti di comunicazione elettronica e indebite ritrasmissioni del segnale dal territorio estero in quello italiano e viceversa». Una norma alla quale gli stessi licenziatari non hanno mai dato seguito, né troppa importanza.
Occorre quindi rafforzare le responsabilità delle piattaforme e degli intermediari, in particolare degli ISP, che devono scattare non solo quando esiste un provvedimento dell'autorità giudiziaria o di controllo, ma anche nell'immediatezza del fatto, non appena vengono a conoscenza di un contenuto illegale che passa tra le proprie infrastrutture da parte di un'autorità indipendente di controllo.
È sufficiente, allora, ricavare i princìpi e i criteri da applicare al caso di specie dal provvedimento dell'Alta Corte di giustizia inglese del 13 marzo 2017 (caso: Premier League contra British Telecommunication/Plusnet PLC/SKY UK/TALKTALK Telecom/Virgin Media) che ha visto il coinvolgimento non solo degli ISP inglesi ma anche dei broadcaster e dei titolari dei diritti (Premier League) e che, per la prima volta, ha colpito non i siti web su cui sono fruibili i contenuti (le partite), ma direttamente gli streaming server, ubicati in Paesi stranieri, che appartengono a hosting provider che spesso, nonostante le segnalazioni, non cooperano con i titolari dei diritti.
Si mette così in piedi un processo in forza del quale il segnale originale del video delle partite (quello, per limitarci a un esempio, con marchio SKY) viene copiato e poi inviato a tutti gli utenti che possono collegarsi al server tramite più interfacce, come applicazioni o account di siti web.
Gli ISP hanno un ruolo essenziale in tale processo e concorrono nella violazione. Essi, infatti, consentono agli utenti l'accesso ai server e non possono non essere consapevoli di tale violazione, dato che, proprio durante il periodo di diffusione delle partite, accertano, con loro grande soddisfazione, un incremento del volume di traffico da essi gestito, con aumento esponenziale dell'utilizzo della banda larga, incrementi che, terminata la partita, calano drasticamente.
Questi repentini incrementi e successivi cali di consumo di banda larga e volume di traffico hanno fatto ritenere al giudice inglese di essere di fronte a elementi fortemente indicativi, si potrebbe dire indiziari, di come alcuni di questi server siano utilizzati quasi unicamente per aggirare i controlli e si attivino solo durante il periodo della partita. Non c'è poi nulla che possa far pensare al contrario circa la consapevolezza di tale attività illegale da parte degli ISP, anche solo come risultato dell'aumento del traffico di dati nel momento della diretta, come peraltro già monitorato dagli ISP stessi.
Correttamente il giudice inglese, nell'emanare l'ingiunzione nei confronti degli ISP, ha valutato bene gli interessi contrapposti: da un lato, il pubblico interesse a combattere le violazioni dei diritti del titolare dei diritti (Premier League, Lega di serie A o Lega basket di serie A) e, dall'altro lato, la libertà degli ISP di non essere danneggiati nei loro servizi e attività di business. Invero, andando ad oscurare o a impedire l'accesso a tutti i server «sospettati» di convogliare il segnale pirata, c'è il rischio di «overblocking», cioè di far ricadere nel blocco anche i server che in realtà veicolano contenuti perfettamente legali.
Il sistema pensato dalla Corte inglese (definito un «live blocking order», valido per la stagione sportiva e applicabile solo nel momento in cui si stanno per svolgere, si stanno svolgendo o si sono appena concluse le partite) è molto semplice. Il titolare dei diritti compila una lista di indirizzi IP di alcuni server (quelli che presentino, sulla base del monitoraggio delle settimane precedenti, un volume e un traffico di dati «sospetti» e che abbiano come principale scopo di facilitare e veicolare l'accesso ai contenuti illegali) e chiede al giudice, all'inizio della stagione, un'ingiunzione che è notificata agli ISP. Questa ingiunzione è emanata all'inizio di ogni stagione sportiva per permettere miglioramenti e correzioni della procedura. La lista è aggiornata di settimana in settimana in modo da facilitare gli ISP nell'identificazione dei nuovi server ai fini del blocco, permettendo allo stesso tempo il controllo dei precedenti server in lista, senza bloccarli ma tenendoli sotto sorveglianza.
Gli ISP bloccano, manualmente o grazie all'utilizzazione di sistemi automatizzati, immediatamente il flusso dei contenuti in tempo reale e soltanto per il periodo di svolgimento delle partite. Ovviamente la lista è aggiornata di settimana in settimana e non occorre più l'intervento del giudice, ma esiste ormai una relazione continua tra il titolare dei diritti e gli ISP. È quindi sufficiente che l'ISP invii all’hosting provider una comunicazione che specifichi che l'accesso all'indirizzo IP è stato bloccato in Gran Bretagna per ordine del giudice (con il link internet pubblico dove trovare l'ingiunzione) e con l'avvertimento che l’hosting provider ha comunque il diritto di far valere le proprie ragioni avanti lo stesso giudice per ottenere modifiche all'ingiunzione o, ad esempio, il diritto di non veder più bloccato il proprio server.
Le stesse regole possono valere anche in Italia. Ovviamente, anche per non aggravare ancora di più la giustizia italiana e soprattutto vista la sua specifica competenza, non si può non affidare all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito di provvedere all’«ingiunzione» e al controllo della lista degli hosting provider da cui partono gli indirizzi IP incriminati. Va sottolineato che un simile potere di natura cautelare è già stato affidato all'Autorità grazie alla citata legge n. 167 del 2017, ma è un potere del tutto «discrezionale» e soprattutto non immediato, specie con riferimento ai contenuti in diretta, come gli eventi sportivi. Con la presente proposta di legge, invece, si vuole obbligare l'Autorità a intervenire nell'immediatezza del fatto, in modo che non vi siano margini per gli ISP di potersi anch'essi muovere a loro discrezione, nei meandri delle proprie responsabilità.
Le norme proposte non possono peraltro essere tacciate di violazione della normativa in materia di riservatezza e di trattamento dei dati personali e del cosiddetto «statuto dei lavoratori» (legge n. 300 del 1970): storicamente, la giustificazione addotta da chi non vuole porre un freno alle attività illecite. In realtà, agli ISP non si chiede di effettuare alcuna attività di monitoraggio e di sorveglianza sul flusso di dati, ma esclusivamente di obbedire a un ordine, diciamo già «preconfezionato», dell'Autorità. Un'attività che quindi non può che costituire base legittima del trattamento ai sensi dell'articolo 6 del regolamento (UE) 679/2016 e che non viola l'articolo 4 della legge n. 300 del 1970, prevedendo ex lege che i risultati di tale attività non possano essere utilizzati a fini disciplinari.
Si sarebbe dovuto richiedere agli IPS di dotarsi di sistemi che potessero consentire l'immediato blocco dei contenuti, come il cosiddetto «sistema di deep packet inspection – DPI», la quale permette agli amministratori di rete e ai provider di identificare e distinguere un certo tipo di pacchetti di dati da un altro in circolazione all'interno del loro network. Si tratta, infatti, di una delle tecniche più efficaci di monitoraggio delle comunicazioni internet ed è riconosciuta da tutti come l'unico mezzo più efficace per prevenire le trasmissioni illecite sul web. Sistema che è stato approvato dall’International Communication Union – ITU. Troppi, tuttavia, sono i rischi paventati dagli operatori del settore, in particolare i rischi di violazione della privacy delle comunicazioni che potrebbero provocare immediate strumentalizzazioni e, conseguentemente, ritardi nell'approvazione della presente proposta di legge.
Occorre invece, al solo fine di rendere maggiormente efficace la lotta che si intende perseguire con la presente proposta di legge, da una parte, creare le condizioni di una task force permanente tra Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ISP e titolari dei diritti (che peraltro già lavorano insieme ma in modo poco coordinato), anche attraverso i cosiddetti «truster flaggers», al fine di aggiornare in tempo reale tutte le informazioni relative ai nuovi indirizzi IP e server DNS utilizzati dai pirati, a garanzia dell'ordine di stay down impartito dall'Autorità o del provvedimento immediato previsto dalla presente proposta di legge; dall'altra parte, prevedere sanzioni molto pesanti per chi non collabora e, soprattutto, non dà corso al provvedimento di blocco dell'accesso ai contenuti illegali. Si prevede, inoltre, un'altra norma, che va a integrare quella già stabilita dal citato articolo 17 del decreto legislativo n. 9 del 2008, contenente le sanzioni applicabili a coloro che violano i diritti di sfruttamento audiovisivo dei legittimi titolari o dei licenziatari. Tali sanzioni sono quelle previste dalla legge 22 aprile 1941, n. 633, sul diritto d'autore alla sezione II del capo III del titolo III, che vanno da sanzioni pecuniarie, anche di importo rilevante, fino alla reclusione.
È prevista, infine, l'inclusione nell'elenco dei reati-presupposto di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231, degli illeciti penali di omessa esecuzione del blocco dell'accesso ai contenuti illegali notificato dall'Autorità. La normativa prevede, attualmente, la revoca delle licenze soltanto come conseguenza della sentenza di condanna. Con la norma proposta, invece, sarà l'Autorità a verificare se e come può essere sospesa o revocata la licenza senza aspettare la condanna di un giudizio ordinario.

torna su

PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
AMBITO DI APPLICAZIONE
E DEFINIZIONI

Art. 1.
(Ambito di applicazione)

1. La presente legge, in attuazione dei princìpi e dei criteri sanciti dalla legge 22 aprile 1941, n. 633, sul diritto d'autore, del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, dal codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e dal decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, sulle comunicazioni elettroniche, e ad integrazione di quanto disposto dall'articolo 2 della legge 20 novembre 2017, n. 167, e del regolamento adottato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in materia di tutela del diritto d'autore, reca disposizioni volte a contrastare il fenomeno dell'illecita immissione e della fruizione illegale di contenuti audiovisivi tutelati dal diritto d'autore e dai diritti connessi, con particolare riferimento a quei contenuti oggetto di trasmissione e diffusione di programmi audiovisivi in diretta.

Art. 2.
(Definizioni)

1. Ai fini della presente legge si intende per:

a) «Autorità»: l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;

b) «codice»: il codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259;

c) «contenuti in diretta»: la trasmissione di programmi in diretta con qualsiasi tecnologia, anche via streaming, da parte dei fornitori abusivi senza l'autorizzazione dei titolari dei diritti;

d) «decreto»: il decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, recante «Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno»;

e) «hosting provider»: i soggetti proprietari o che hanno la disponibilità, a qualunque titolo, di server sui quali sono allocati i contenuti in diretta e ai quali si collegano, mediante le infrastrutture dei prestatori, gli utilizzatori finali per il mezzo di applicazioni, siti internet o decoder al fine della fruizione illegale degli stessi contenuti in diretta;

f) «motori di ricerca»: i soggetti che raccolgono dati, li estraggono, li registrano e li organizzano successivamente nell'ambito di programmi di indicizzazione, li conservano nei propri server e, eventualmente, li comunicano e li mettono a disposizione degli utenti sotto forma di elenchi dei risultati delle loro ricerche, in modo automatico secondo formule e algoritmi che ne indicano il grado di rilevanza in base a una specifica chiave di ricerca;

g) «piattaforme»: le piattaforme digitali, gratuite o a pagamento, che permettono agli utilizzatori finali di scaricare e di acquistare applicazioni sui propri dispositivi o computer che facilitano la fruizione illegale dei contenuti in diretta, ovvero che permettono agli utilizzatori finali, all'interno di un social network, di fruire illegalmente in modo diretto di contenuti illegali;

h) «prestatori»: i prestatori di servizi della società dell'informazione, di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto, operanti sul territorio italiano nonché i prestatori stabiliti, di cui al citato articolo 2, comma 1, lettera c), che offrono servizi basati sulla condivisione dei contenuti diffusi direttamente dagli utenti tramite i servizi sotto il controllo giuridico dei prestatori anche stabiliti;

i) «programma»: una serie di immagini animate, sonore o no, definite dall'articolo 2, comma 1, lettera e), del testo unico, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, consistente in un'opera protetta dal diritto d'autore o dai diritti connessi;

l) «regolamento»: il regolamento in materia di tutela del diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative del decreto, adottato dall'Autorità con delibera 680/13/CONS del 12 dicembre 2013 ;

m) «reti di comunicazione elettronica»: le reti definite dall'articolo 1, comma 1, lettera c) del codice;

n) «fornitore abusivo»: chiunque, attraverso una propria infrastruttura tecnologica o l'utilizzo di apparati e servizi forniti, anche lecitamente, da terzi, rende disponibili, mediante accessi ai siti internet o attraverso applicazioni o decoder, agli utilizzatori finali, dietro corrispettivo non necessariamente in valuta avente corso legale, moneta elettronica o altra forma di corresponsione di un compenso, i contenuti in diretta;

o) «stagione sportiva»: il periodo, secondo i regolamenti sportivi, che intercorre di norma tra il 1° luglio e il 30 giugno dell'anno solare successivo;

p) «streaming»: flusso di dati audio/video trasmessi da una sorgente a una o più destinazioni attraverso reti di comunicazione elettronica e riprodotti in tempo reale sul terminale dell'utente;

q) «testo unico»: il testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177;

r) «titolare dei diritti»: ogni soggetto titolare o licenziatario del diritto d'autore o dei diritti connessi dei contenuti in diretta;

s) «utilizzatore finale»: la persona fisica che, a fronte di un corrispettivo non necessariamente in valuta avente corso legale, moneta elettronica o altra forma di corresponsione di un compenso, fruisce di contenuti in diretta illecitamente resi disponibili da fornitori abusivi.

Capo II
PROCEDIMENTO PER LA DISABILITAZIONE DELL'ACCESSO AI CONTENUTI IN DIRETTA SUI SITI INTERNET DI FORNITORI ABUSIVI

Art. 3.
(Provvedimento dell'Autorità per la disabilitazione dell'accesso)

1. Nei casi di estrema gravità ed urgenza, l'Autorità ordina ai prestatori, con provvedimento adottato senza contraddittorio, la disabilitazione dell'accesso ai contenuti in diretta sui siti internet dei fornitori abusivi mediante blocco di tutti gli indirizzi IP e dei server DNS, anche congiunto, provenienti da uno o più server di hosting provider, immediatamente dopo aver ricevuto la richiesta da parte del titolare dei diritti, ai sensi del comma 2. La disabilitazione dell'accesso ai contenuti in diretta disposta dall'Autorità riguarda esclusivamente il periodo in cui sono diffusi i contenuti in diretta. Il provvedimento può ordinare più blocchi nell'ambito di uno stesso giorno solare ovvero, nel caso di eventi sportivi, più blocchi ripetuti per una intera giornata sportiva.
2. Il titolare di diritti, al fine di impedire la fruizione illegale dei contenuti in diretta da parte degli utilizzatori finali, presenta all'Autorità la richiesta di disabilitazione immediata dell'accesso agli indirizzi IP e dei server DNS, anche congiuntamente, provenienti da uno o più server degli hosting provider. Il titolare dei diritti deve motivare la richiesta allegando la relativa documentazione, compresa una lista degli indirizzi IP, dei server DNS e dei server da cui provengono i contenuti in diretta o da cui i medesimi contenuti stanno per essere, sono o sono stati diffusi. Tale lista può essere aggiornata periodicamente da parte del titolare dei diritti e comunicata all'Autorità.
3. Il provvedimento di disabilitazione di cui al comma 1 deve essere notificato immediatamente dall'Autorità ai prestatori, ai titolari dei diritti richiedenti il provvedimento medesimo, ai motori di ricerca e alle piattaforme ai sensi dell'articolo 7, nonché alla European Union Internet Referral Unit dell'Europol. Il prestatore esegue senza alcun indugio e in tempo reale il provvedimento dell'Autorità disabilitando tutti gli indirizzi IP e i server DNS, anche congiuntamente, provenienti dai server indicati nella lista di cui al comma 2 o comunque adottando tutte le misure tecnologiche e organizzative necessarie a rendere non fruibili i contenuti in diretta da parte degli utilizzatori finali per tutto il periodo in cui essi vengono diffusi dai fornitori abusivi. L'Autorità, inoltre, trasmette, o, qualora lo reputi opportuno, ordina al prestatore di trasmettere, il provvedimento anche all’hosting provider il cui server e i cui indirizzi IP e server DNS, anche congiuntamente, non hanno accesso in Italia per il periodo di diffusione dei contenuti in diretta.
4. Con la notificazione del provvedimento, ai sensi del comma 3, è instaurato d'ufficio il procedimento abbreviato di cui all'articolo 9 del regolamento, anche ai fini di cui all'articolo 4 della presente legge.
5. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai titolari dei diritti che ritengono che la diffusione di un programma, o di parti di esso, in un palinsesto da parte di un fornitore di servizi di media lineari o di un catalogo di un fornitore di servizi di media non lineari abbia luogo in violazione dei propri diritti d'autore o dei propri diritti connessi.
6. L'Autorità trasmette alla procura della Repubblica presso il tribunale di Roma l'elenco dei provvedimenti di disabilitazione adottati ai sensi del presente articolo, con l'indicazione dei prestatori e degli altri soggetti a cui tali provvedimenti sono stati notificati. A loro volta, i prestatori e gli altri soggetti informano senza indugio la medesima Procura della Repubblica di tutte le attività svolte in adempimento dei predetti provvedimenti e comunicano se, nell'ambito delle attività di disabilitazione, siano venuti a conoscenza di dati o informazioni che possano consentire l'identificazione dei fornitori abusivi.

Art. 4.
(Reclamo contro il provvedimento di disabilitazione dell'accesso)

1. Al fine di evitare che dal provvedimento di disabilitazione di cui all'articolo 3 e, in particolare, dal blocco degli indirizzi IP, dei server DNS e dei relativi server in Italia nel periodo di trasmissione dei contenuti in diretta, possano emergere pregiudizi per un soggetto terzo che legittimamente utilizza lo stesso server oggetto del provvedimento di disabilitazione, tale soggetto può presentare all'Autorità, senza alcun onere o costo, anche amministrativo, il reclamo previsto dall'articolo 9-bis del regolamento, chiedendo la sospensione immediata del provvedimento di disabilitazione ovvero la modifica parziale del provvedimento medesimo.
2. Il reclamo di cui al comma 1 può essere presentato anche dall’hosting provider il cui server è oggetto del provvedimento di disabilitazione.
3. L'Autorità, ricevuto il reclamo, qualora ritenga, dopo essersi consultata con il titolare dei diritti e con i prestatori interessati dal provvedimento di disabilitazione, che la disabilitazione possa pregiudicare i diritti soggettivi del reclamante, revoca, in tutto o in parte, il provvedimento ordinando ai prestatori di riabilitare il server dell’hosting provider o anche solo alcuni indirizzi IP o server DNS, specificando ai prestatori le modalità di applicazione del provvedimento.

Art. 5.
(Struttura operativa)

1. L'Autorità coordina le modalità di attuazione del provvedimento di disabilitazione di cui all'articolo 3 ovvero le modalità esecutive di quanto disposto ai sensi dell'articolo 4, tramite una struttura operativa, appositamente istituita, che deve essere attiva prima e nel corso della trasmissione o diffusione dei contenuti in diretta. A tale struttura partecipano, anche da remoto, i prestatori e titolari dei diritti interessati, anche attraverso propri collaboratori o incaricati, che devono collaborare anche al fine di aggiornare la lista di cui all'articolo 3, comma 2, e scambiarsi le informazioni relative ai nuovi IP e server DNS utilizzati dai fornitori abusivi.
2. All'onere derivante dal funzionamento della struttura operativa di cui al comma 1 si provvede mediante un contributo annuale a carico dei prestatori e un ulteriore contributo per ciascuna richiesta e ciascun reclamo presentati dai titolari dei diritti ai sensi di quanto stabilito dal regolamento e dall'articolo 3 della presente legge. Gli importi dei contributi sono determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e sono aggiornati annualmente in ragione delle somme ricavate dal versamento dei medesimi contributi.
3. Le comunicazioni effettuate dall'Autorità in applicazione della presente legge devono avvenire mediante posta elettronica certificata, fatte salve le comunicazioni destinate a soggetti ubicati o residenti all'estero, per le quali è sufficiente, ai fini della prova dell'invio, la posta elettronica non certificata.
4. I prestatori inviano con periodicità annuale all'Autorità l'elenco analitico di quanto disposto in adempimento delle prescrizioni di cui alla presente legge.

Art. 6.
(Conformità alle disposizioni in materia di tutela dei dati personali e di lavoro)

1. Il trattamento dei dati personali per le finalità di contrasto della fruizione illegale dei contenuti in diretta ai sensi dell'articolo 3 della presente legge costituisce base legittima del trattamento ai sensi dell'articolo 6 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, ed è eseguito, se del caso, senza l'osservanza dell'articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300, senza che tali risultati siano utilizzabili a fini disciplinari.
2. La disabilitazione di cui all'articolo 3 non costituisce adempimento di un obbligo di sorveglianza sulle informazioni che i prestatori stanno trasmettendo o memorizzando, né di un obbligo di ricercare attivamente fatti o circostanze che sono già stati oggetto del provvedimento di disabilitazione.

Art. 7.
(Obblighi a carico dei motori di ricerca e delle piattaforme)

1. Al fine di impedire che gli hosting provider possano essere facilmente raggiungibili da parte degli utilizzatori finali attraverso siti web o pagine internet dei fornitori abusivi, ovvero delle applicazioni o delle pagine internet messe a disposizione dalle piattaforme, i motori di ricerca e le piattaforme devono immediatamente provvedere, rispettivamente, a deindicizzare tali siti web e tali pagine internet e a eliminare dai propri store on line le applicazioni e le pagine internet, subito dopo che sia stato loro notificato da parte dell'Autorità il provvedimento di disabilitazione di cui all'articolo 3.

Capo III
SANZIONI

Art. 8.
(Sanzioni di natura penale e responsabilità amministrativa degli enti)

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque omette o ritarda di dare esecuzione al provvedimento di disabilitazione di cui all'articolo 3 o di ottemperare agli obblighi di cui all'articolo 7 è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Si applicano le disposizioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e, con riferimento alle sanzioni, quelle previste dall'articolo 25-novies del medesimo decreto legislativo.

Art. 9.
(Sanzioni amministrative)

1. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 8, in caso di mancata esecuzione del provvedimento di disabilitazione di cui all'articolo 3, rilevata dall'Autorità anche avvalendosi della Polizia postale e delle comunicazioni o del Corpo della guardia di finanza, si applica la sanzione amministrativa della sospensione immediatamente esecutiva fino a un massimo di sei mesi delle licenze e delle autorizzazioni necessarie all'esercizio delle attività di prestatore di servizi della società dell'informazione.
2. All'articolo 17 del decreto legislativo 9 gennaio 2008, n. 9, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«1-bis. Le violazioni dei diritti di sfruttamento audiovisivo degli eventi realizzate in pregiudizio dei legittimi titolari o licenziatari degli stessi sono soggette alle sanzioni di cui alla sezione II del capo III del titolo III della legge 22 aprile 1941, n. 633».

Art. 10.
(Regolamento)

1. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Autorità delibera, nel rispetto dei princìpi della legge 7 agosto 1990, n. 241, l'adeguamento del regolamento alle disposizioni di cui alla presente legge, nonché le opportune modifiche organizzative interne finalizzate a dare attuazione alla presente legge mediante la struttura operativa di cui all'articolo 5.

torna su