PDL 1153

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1153

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
CATALDI, DAVIDE AIELLO, AMITRANO, ANGIOLA, ARESTA, ASCARI, BERARDINI, CASA, CILLIS, CORNELI, COSTANZO, SABRINA DE CARLO, DE GIROLAMO, DEIANA, DEL MONACO, DI SARNO, DORI, FLATI, GIULIANO, GIULIODORI, GRIMALDI, IANARO, LATTANZIO, LOMBARDO, GABRIELE LORENZONI, MANZO, MARIANI, MENGA, NAPPI, NITTI, OLGIATI, PARENTELA, PARISSE, PENNA, PERANTONI, RIZZONE, ROMANIELLO, ROBERTO ROSSINI, SAITTA, SCERRA, SCUTELLÀ, SERRITELLA, RACHELE SILVESTRI, TESTAMENTO, ELISA TRIPODI, TROIANO, VILLANI, ZENNARO

Disposizioni urgenti per la semplificazione e l'accelerazione delle procedure di ricostruzione nelle aree dell'Italia centrale colpite dagli eventi sismici del 2016

Presentata l'11 settembre 2018

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Onorevoli Colleghi. – La presente proposta di legge nasce da un confronto con diversi professionisti che operano nelle aree terremotate e da una relazione tecnica, commissionata all'architetto Alessandro Traini, da cui sono emerse diverse criticità della normativa vigente.
La popolazione colpita dal sisma del Centro Italia ha già subìto le conseguenze di un sistema normativo inadeguato, che, purtroppo, ha rallentato a dismisura persino la fase della ricognizione dei danni.
Il «decreto sisma» (decreto-legge 29 maggio 2018, n. 55, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2018, n. 89) ha ora risolto numerose criticità e costituisce un primo passo avanti rispetto a quell'eccesso di burocrazia che caratterizzava il passato. È necessario, tuttavia, un passo ulteriore per snellire definitivamente le procedure di ricostruzione ed evitare i rallentamenti dovuti all'applicazione, sia pur parziale, della normativa ordinaria alla gestione di un evento straordinario.
Senza intaccare i princìpi che hanno una loro valenza nella gestione dell'ordinario (e mantenendo comunque alcuni punti fermi), occorre muoversi con maggiore elasticità in un contesto emergenziale, tenendo conto della realtà dei fatti e della inconsueta dimensione del cratere.
Non possiamo accettare l'idea che la ricostruzione, partita a stento, possa causare ancora danni alle popolazioni colpite. Occorre, quindi, intervenire rapidamente e con regole chiare per consentire, da un lato, di ricostruire recuperando la bellezza di quegli antichi borghi e, dall'altro, di realizzare edifici sicuri, che possano resistere anche a futuri terremoti.
Sappiamo tutti che l'Italia è apprezzata a livello mondiale per la sua «architettura d'autore», per le caratteristiche e le peculiarità dei borghi e dei centri storici che sono la testimonianza di un'architettura d'altri tempi, che non risponde certo alle norme vigenti, ma che conserva ancora tutto il suo fascino e la suggestione. Chi conosce i paesi distrutti dal sisma, come Arquata, Amatrice, Visso, Accumoli, ha sicuramente avuto modo di apprezzarne la bellezza.
Nati in momenti storici in cui le attuali norme edilizie non esistevano (come le norme su distanze, altezze dei soffitti, dimensioni minime delle stanze, eccetera), non si può pretendere di ricostruire tali paesi adeguandoli completamente alle normative vigenti. Una simile pretesa equivarrebbe, di fatto, a impedire la ricostruzione, essendo spesso impossibile adeguarsi a una norma (come quella delle altezze minime dei soffitti) senza violarne altre (come quelle sull'aumento delle volumetrie).
Ecco, dunque, perché, a distanza di due anni, lo scenario è ancora così desolante.
Se vogliamo scongiurare ulteriori ritardi è necessaria una scelta politica coraggiosa: consentire di ricostruire i paesi «così com'erano», senza mettere a rischio, però, la sicurezza e la solidità degli edifici. Si dovrà per questo ricorrere a nuove tecnologie compatibili con il valore dei luoghi. Diversamente tutto rischia di essere sacrificato alla logica dei protocolli e della burocrazia.
Pretendere di «normalizzare» i borghi antichi e i centri storici significa scontrarsi con una impossibilità di fatto e con una serie infinita di problematiche che riguardano persino i singoli edifici.
Del resto, è raro trovare nei centri storici italiani fabbricati che siano del tutto conformi alle norme urbanistiche vigenti per il semplice fatto che tali norme non c'erano quando quegli immobili sono stati realizzati.
Immaginiamo di dover ricostruire un centro storico o un borgo in base alle norme vigenti: dovremmo, ad esempio, rispettare le altezze minime interne di 2,70 metri, le dimensioni minime per le camere matrimoniali e le finestre dovrebbero avere un'ampiezza che non sarebbe adatta alle caratteristiche di molti nuclei storici montani.
Allo stato dobbiamo prendere atto del fatto che la maggior parte delle abitazioni dei paesi colpiti dal sisma ha questi problemi ed è impensabile ricostruire gli immobili allargando stanze, alzando edifici o, peggio ancora, diradando i nuclei storici per adeguarli ai piani regolatori moderni. C'è il rischio concreto di far perdere a quelle aree anche la loro testimonianza storica e la vocazione turistica.
Per tale ragione è opportuno che i piani attuativi connessi alla ricostruzione degli abitati danneggiati dal sisma, di cui all'articolo 11 del decreto-legge n. 189 del 2016, di seguito denominati «piani attuativi», permettano di realizzare nuclei urbani il più possibile simili a quelli preesistenti per quanto riguarda il sito, la tipologia delle costruzioni e dei materiali impiegati, tenendo conto, da un lato, delle risultanze degli studi di micro-zonazione sismica, e, dall'altro, delle nuove tecnologie per la sicurezza delle costruzioni, in modo da evitare anche nei prossimi anni vittime, danni e ulteriori costi sociali.
Una disciplina in deroga alle vigenti disposizioni di legge dovrebbe prevedere:

la possibilità di ricostruire nello stato anteriore al sisma documentato anche da materiale fotografico, anche in deroga agli strumenti urbanistici e di pianificazione comunale e sovracomunale vigenti, anche mediante l'approvazione dei piani attuativi che tengano conto delle esigenze di sicurezza e ambientali;

la possibilità per i privati di ricorrere, in alternativa alla procedura di gara, all'affidamento diretto dell'incarico a impresa di fiducia. In tal caso, per avere diritto al contributo, l'impresa deve riconoscere un ribasso sul costo dei lavori pari al 3 per cento. In caso di conclusione anticipata dei lavori rispetto al termine contrattuale si adotta un meccanismo premiale, mentre, in caso di ritardo ingiustificato oltre una determinata soglia temporale, si applicano delle penali;

la responsabilizzazione dei progettisti, degli uffici speciali per la ricostruzione e delle imprese, che dovranno ricostruire nella situazione ante sisma 2016 avendo cura di adottare tecniche costruttive che possano garantire la stabilità e la sicurezza degli immobili ed evitare di ripristinare le opere edili che costituiscano un chiaro ed evidente danno alla bellezza del territorio;

la concessione di un contributo adeguato per la ricostruzione, che permetta di costruire, una volta per tutte, edifici sicuri;

la deroga alle incompatibilità dei professionisti coinvolti nel processo di ricostruzione. Attualmente l'incompatibilità è stata portata al limite che nessun professionista coinvolto nel progetto deve aver avuto rapporti di lavoro con l'impresa negli ultimi tre anni. Anche una sola fattura all'impresa potrebbe generare incompatibilità e, in un ambiente così ristretto, è quasi impossibile che non ci siano stati contatti tra imprese e professionisti locali. In tal modo le imprese del luogo rischiano di essere tagliate fuori.

È sulla base di tali considerazione che si formula la presente proposta di legge, che è composta di 7 articoli.
L'articolo 1 ha la finalità di salvaguardare il tessuto urbano dei centri abitati colpiti dal sisma, che interessano comuni di più regioni, con l'obiettivo di modificarne al minimo le caratteristiche ambientali e di pregio.
Poiché i piani attuativi necessari al recupero e alla riedificazione delle cosiddette zone perimetrate o delle zone rosse potrebbero orientarsi, per valutazioni tecniche, economiche o di carattere emotivo, verso la realizzazione di complessi urbani anche diversi da quelli devastati dal sisma, prevedendo ad esempio fabbricati più piccoli, realizzati in legno, distanziati tra loro e ricostruiti in parti del territorio diverse da quelle originarie, l'articolo 1 intende salvaguardare le caratteristiche ante sisma dei nuclei urbani, prevedendo che per i manufatti privati devono essere privilegiate, ove possibile e senza imposizioni, le scelte relative al loro recupero.
A tal fine, i piani attuativi devono tenere conto delle amplificazioni sismiche accertate con gli studi di micro-zonazione sismica e, quindi, della possibilità che in alcuni punti del territorio il sisma possa avere effetti più gravosi rispetto ad altri, anche adiacenti, che imporrebbero la delocalizzazione degli immobili, ma anche delle innovazioni tecnologiche, quali l'isolamento e la dissipazione sismica, che permettono di contrastare gli effetti amplificati dei terremoti.
In sostanza, occorre trovare un punto di equilibrio tra la maggiore entità delle forze sismiche e gli incrementi di resistenza che le nuove tecnologie permettono di attribuire ai fabbricati.
L'articolo 1 vuole, infatti, evitare che, sulla base della considerazione parziale degli aspetti del problema, vengano operate scelte che portino alla costruzione di nuclei abitati del tutto differenti da quelli originari.
Altro aspetto importante della norma, fortemente innovativa, è che gli interventi privati, diversi da quelli pubblici che sono soggetti a prescrizioni più severe delle norme tecniche sulle costruzioni, devono essere realizzati non solo in modo che, nei prossimi anni, in caso di altri fenomeni sismici, i fabbricati non causino vittime ma anche in modo che gli immobili stessi non si danneggino, perdendo l'agibilità, affinché non si ripeta più il dramma che le popolazioni colpite stanno vivendo, che, diversamente, si ripresenterebbe ogni trent'anni. Per tale motivo l'articolo 1 indirizza verso una progettazione dei fabbricati tale che gli stessi non siano danneggiati neanche con i sismi più intensi, restando in esercizio. A tal fine, la normativa prevede almeno quattro tipologie di danno che possono interessare i fabbricati, dai meno gravosi ai più distruttivi, denominati «stati limite». In ordine crescente, la normativa riconosce lo stato limite di esercizio, di danno, di salvaguardia della vita e di collasso.
Attualmente tutti gli interventi di miglioramento e di adeguamento sismico dei fabbricati sono riferiti allo stato limite di salvaguardia della vita. In tal modo si ammette che un edificio possa anche essere danneggiato dal sisma a tal punto da dover essere demolito, ma dovrà essere tale da consentire innanzitutto alle persone di mettersi in salvo.
La disposizione dettata all'articolo 1 intende, invece, favorire la ricostruzione di fabbricati progettati per sopportare il sisma senza subire danni che ne impediscano l'utilizzo e, quindi, senza perdere l'agibilità.
La scelta dello stato limite cui riferire la progettazione è essenzialmente una questione economica, poiché è intuitivo che un fabbricato che non si danneggi a seguito di un sisma elevato deve essere costruito meglio e deve essere più resistente rispetto ad un altro da demolire e che pure riesca a salvare le vite degli occupanti; quindi tale fabbricato è necessariamente più costoso. Non è più pensabile però che le questioni economiche prevalgano sulla sicurezza delle persone e si deve comprendere che affrontare oggi costi di ricostruzione un po’ superiori al normale porterà, nei prossimi anni, a risparmi enormi.
L'articolo 1 lascia implicitamente ai progettisti la scelta della soluzione migliore che coniughi il recupero con la sicurezza. Esso orienta, infatti, alla ricostruzione con le tecnologie costruttive, anche tra loro integrate, sotto il profilo strutturale e con i materiali tipici dei luoghi, ma, ove non sia possibile raggiungere gli obiettivi di sicurezza attesi, si potranno adottare le tecniche dell'isolamento e della dissipazione sismica senza escludere nuovi organismi in muratura, calcestruzzo armato ed acciaio rivestiti.
La norma, inoltre, non impedisce la delocalizzazione laddove sia impossibile applicare le disposizioni previste dall'articolo 1.
Non è inoltre previsto uno specifico obbligo di impiegare un particolare materiale, perché i comuni colpiti dal sisma ricadono in territori diversi, anche in più regioni.
L'articolo 1 si applica anche agli immobili che possono essere ricostruiti senza necessità del piano attuativo. Non tratta, invece, gli edifici che hanno subìto danni di lieve entità, poiché si presuppone che siano dotati di caratteristiche sufficienti per resistere al sisma.
Poiché, infine, la progettazione allo stato limite di esercizio comporta maggiori costi, il contributo per la ricostruzione dovrà essere adeguatamente incrementato.
L'articolo 2 intende permettere la ricostruzione degli edifici privati, isolati o in aggregato, in modo fedele a come erano prima del sisma, che devono essere ricostruiti, in quanto crollati, demoliti, da demolire o compromessi a tal punto che risulta più conveniente, oltre che più sicuro, ricostruirli anziché ripararli. Si fanno in ogni caso salve le prescrizioni dei piani attuativi, che devono essere predisposti secondo quanto previsto dall'articolo 1 e che, pertanto, a loro volta, qualora tecnicamente possibile, devono permettere il recupero fedele delle preesistenze.
Si è infatti verificato che, in genere, gli strumenti urbanistici dei comuni non permettono gli interventi di demolizione e di ricostruzione e le norme tecniche di attuazione dei piani regolatori generali e quelle igienico-sanitarie impongono limiti dimensionali che impedirebbero di ricostruire fedelmente i borghi danneggiati dal sisma.
L'articolo 2 fa riferimento alle sole previsioni dimensionali delle norme igienico-sanitarie, in quanto non intende limitare la realizzazione di impianti.
Nei casi in cui la struttura degli edifici preesistenti fosse risultata di scarsa funzionalità, la norma non impone l'esatta replica del fabbricato preesistente, ma permette di variare le altezze, le superfici dei locali e delle aperture e la distribuzione degli ambienti e dei collegamenti verticali, modificando il contenitore esterno preesistente al sisma, senza tuttavia alterarlo o snaturarlo.
La finalità del comma 2 dell'articolo 2 è di permettere gli adeguamenti funzionali degli immobili, realizzando fabbricati strutturalmente sicuri, nell'ambito dei volumi del contenitore edilizio preesistente, che può anche essere parzialmente e limitatamente modificato, purché ben inserito in quello che era il contesto urbano precedente al sisma, per forme, dimensioni, uso di materiali e finiture.
Nel caso, infine, di ricostruzione fedele dello stato preesistente al sisma del fabbricato, si potrà procedere con la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).
L'articolo 3 esamina gli aspetti dell'affidamento dei lavori e del rapporto tra il committente e le imprese, evitando che i lavori si protraggano oltre termini ragionevoli. Per tale motivo il committente può alternativamente seguire le normali procedure di selezione delle imprese e di affidamento dei lavori, purché ricorra a quelle iscritte nelle white list delle prefetture.
Il contratto con l'impresa deve essere sottoscritto dopo la concessione del contributo, in modo che l'importo sia certo e che l'impresa possa programmare i lavori valutando il tempo necessario e il termine anticipato con cui potrà riconsegnare le opere finite al committente.
L'impresa, nel sottoscrivere il contratto, in considerazione del fatto che il prezzario del cratere presenta molte voci di importo inferiore fino al 20 per cento rispetto ai prezzari normalmente in uso, offre un ribasso standard del 3 per cento, che ne riporta l'entità assoluta a valori normali, considerato inoltre che molti fabbricati sono da ricostruire in siti impervi e di accessibilità non sempre agevole.
L'impresa inoltre beneficia di una ulteriore riduzione dello 0,1 per cento per ogni mese di conclusione anticipata dei lavori indicata sul contratto rispetto al termine di 6 mesi per la ricostruzione leggera e di 2 anni per quella pesante.
L'impresa che sottoscrive il contratto può ricorrere alla collaborazione di altre imprese, costituendosi in associazione temporanea di imprese (ATI).
Tuttavia, per evitare l'accaparramento di lavori che vengono riaffidati, l'impresa che annualmente ricorre all'ATI per oltre il 50 per cento dei contratti firmati perde il diritto all'iscrizione nelle white list delle prefetture.
Se l'articolo 3 prevede, da una parte, il meccanismo premiale per ridurre la durata dei lavori, dall'altra introduce delle penalità in caso di ritardo non giustificato. Qualora infatti l'impresa superi il termine di consegna delle opere previsto dal contratto, il direttore dei lavori, predisponendo la contabilità finale, riporterà il ribasso comunque al 3 per cento aggiungendovi lo 0,1 per cento per ogni mese di ritardo.
Raggiunto il ritardo di 3 mesi per la ricostruzione leggera e di un anno per quella pesante, il direttore dei lavori, dopo avere riportato il ribasso al 3 per cento, applica una penale pari al 10 per cento dell'importo dei lavori e il contratto si risolve automaticamente.
Il committente ha facoltà, entro tre mesi, di individuare una nuova impresa, pena la perdita della parte residua del contributo.
L'impresa designata deve infine completare i lavori entro 6 mesi, pena la perdita integrale della parte residua di contributo.
L'articolo 4 definisce la responsabilità dei professionisti degli uffici speciali per la ricostruzione e delle imprese. La finalità è quella di evitare il prolungamento dei procedimenti a causa di sovrapposizioni di competenze, di richieste di integrazioni non sostanziali e di prolungati esami dei progetti originati dall'ipotesi di condividerne con l'approvazione la responsabilità tecnica.
Ciascuno dei professionisti è responsabile per la parte di propria competenza e deve operare in modo da permettere una ricostruzione concretamente efficace, rispettando le esigenze della sicurezza e della qualità paesaggistico-ambientale degli interventi.
L'articolo citato, definendo i compiti di ciascun soggetto, elimina le sovrapposizioni di competenza, facendo in modo che i professionisti si occupino della progettazione e della direzione dei lavori, assumendo la responsabilità delle loro scelte, senza che gli uffici speciali per la ricostruzione possano entrare nel merito, dovendo occuparsi della congruità dei contributi necessari a realizzare fabbricati che non si danneggino in occasione di prossimi sismi.
Alle imprese spetta il compito di operare a regola d'arte, realizzando opere sicure e durevoli e rispettando le indicazioni scritte della direzione dei lavori, che, se disattese, comporteranno la sua esclusiva responsabilità.
Analogamente l'articolo 4 definisce la qualità degli elaborati tecnici che devono essere sintetici, completi e chiari.
Per contro gli uffici speciali per la ricostruzione post sisma 2016 devono rinunciare a richiedere elaborati che riguardino i profili di responsabilità dei professionisti.
L'articolo 5 intende permettere la determinazione del contributo nella misura sufficiente per realizzare gli interventi di ricostruzione dei fabbricati, sia isolati che compresi nei piani attuativi, in modo che possano sopportare sismi futuri senza perdere l'agibilità.
Per tale motivo si supera il concetto della commisurazione del contributo al parametro della superficie utile lorda, introducendo quello della volumetria complessiva; in ogni caso, qualora non fosse ancora sufficiente, dovrà essere finanziato l'intervento meno oneroso tra quelli che consentano di realizzare l'immobile progettandolo in modo che possa resistere a sismi futuri senza danneggiarsi, a meno che le previsioni del piano di ricostruzione in cui l'immobile è inserito prevedano una specifica tipologia di intervento per detta finalità.
L'articolo 6 evita che i rapporti di lavoro continuativi dei professionisti con alcune imprese possano determinare il decadimento della qualità delle prestazioni rese per mancanza di controlli o di rapporti anomali. A tale scopo si introduce un elemento di valutazione consistente nel numero di fatture emesse tra le parti in anni consecutivi.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Semplificazione dei piani attuativi di cui all'articolo 11 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229)

1. I piani attuativi di cui all'articolo 11 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, connessi alla ricostruzione dei centri e dei nuclei storici dei comuni indicati negli allegati 1, 2 e 2-bis al medesimo decreto-legge n. 189 del 2016, di seguito denominati «piani attuativi», con particolare riferimento agli interventi privati, devono privilegiare scelte e soluzioni concernenti la ricostruzione in sito dei fabbricati, compatibilmente con le risultanze degli studi di micro-zonazione sismica e tenendo conto delle possibilità offerte dalle moderne tecnologie costruttive per realizzare edifici ad elevata resistenza sismica, al fine di consentire, fatte salve circostanziate esigenze funzionali, la realizzazione di fabbricati di tipologia analoga per impianto e uso dei materiali ai fabbricati preesistenti, ma dotati della capacità di sopportare il sisma senza perdere l'agibilità.
2. Al fine di garantire elevati livelli di sicurezza per le persone residenti e la salvaguardia delle caratteristiche di pregio paesistico-ambientale dei siti, i fabbricati da ricostruire devono essere progettati per rimanere in condizioni di esercizio anche a seguito di sismi di forte intensità, ricorrendo prioritariamente, qualora possibile, alle tecniche costruttive localmente in uso e ai materiali tipici dei luoghi, anche con le necessarie integrazioni strutturali, utilizzando, se necessario, tecniche di dissipazione e di isolamento sismico.
3. I contributi per la ricostruzione di immobili privati di cui all'articolo 6 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, relativi agli interventi di cui al presente articolo devono tenere conto dei maggiori costi necessari per realizzare i fabbricati con le caratteristiche di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo.
4. Le prescrizioni tecnico-costruttive di cui al presente articolo si applicano anche ai fabbricati e agli organismi edilizi non compresi nei piani attuativi.

Art. 2.
(Ricostruzione privata)

1. Nei centri e nei nuclei storici dei comuni indicati negli allegati 1, 2 e 2-bis al decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, oltre a quanto previsto nei piani attuativi di cui all'articolo 1, è ammessa, mediante segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), la ricostruzione privata, nello stato preesistente al sisma, di fabbricati, isolati o aggregati, crollati, danneggiati al punto da renderne il recupero non sicuro e antieconomico ovvero demoliti con specifica procedura per esigenze di somma urgenza rappresentate dalla pubblica amministrazione, anche in deroga agli strumenti urbanistici e di pianificazione comunale e sovracomunale vigenti, alle relative norme tecniche di attuazione, nonché alle previsioni dimensionali delle norme igienico-sanitarie.
2. Sono altresì consentiti, mediante istanza di permesso di costruire, interventi di ricostruzione privata che prevedano la modifica delle altezze dei piani, delle superfici dei locali e delle aperture, nonché la diversa distribuzione degli ambienti e dei collegamenti verticali, purché riferiti ad un organismo edilizio realizzato in conformità ai commi 1 e 2 dell'articolo 1 o comunque armonizzato nel contesto paesistico-ambientale del sito per quanto riguarda forme, dimensioni e finiture. Sono inoltre compresi gli interventi previsti ai sensi della normativa vigente in materia di detrazioni d'imposta per le misure antisismiche realizzate su immobili situati nelle zone sismiche di cui alla presente legge.
3. Nel caso della ricostruzione privata di cui al comma 2, il comune rilascia il titolo di conformità urbanistica anche relativamente agli aspetti paesaggistici e ambientali.

Art. 3.
(Libero affidamento dei lavori e meccanismo premiale per le imprese)

1. Fatta salva la facoltà di avvalersi delle procedure concorrenziali attualmente previste, i privati possono procedere all'affidamento diretto dei lavori ad una impresa iscritta all'Anagrafe antimafia degli esecutori, di cui all'articolo 30, comma 6, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, che dovrà applicare una riduzione del costo dei lavori pari al 3 per cento.
2. Il contratto di affidamento dei lavori di cui al comma 1, da stipulare una volta noti l'entità del contributo e i costi delle opere, indica il termine per la riconsegna anticipata delle opere rispetto a quello stabilito dalle disposizioni vigenti per le diverse tipologie di intervento, fissato in sei mesi per la ricostruzione leggera e in due anni per quella pesante.
3. Per ogni mese di conclusione anticipata delle opere la riduzione di cui al comma 1 è ridotta dello 0,1 per cento a titolo premiale per l'impresa.
4. In caso di ritardo nella conclusione delle opere rispetto al termine indicato nel contratto, non imputabile a oggettive e imprevedibili circostanze, in sede di contabilità finale il direttore dei lavori aumenta la riduzione del 3 per cento dello 0,1 per cento per ogni mese di ritardo.
5. In caso di ritardo nella conclusione delle opere rispetto al termine indicato nel contratto, non imputabile ad oggettive circostanze imprevedibili, superiore a tre mesi per la ricostruzione leggera e ad un anno per quella pesante, il direttore dei lavori redige lo stato di consistenza delle opere, aumentando la riduzione del 3 per cento di una penale onnicomprensiva del 10 per cento sull'importo dei lavori.
6. Il ritardo di cui al comma 5 comporta la risoluzione di diritto del contratto, a seguito del quale l'impresa può esigere solo il pagamento delle opere realizzate fino ad allora con le riduzioni annotate dal direttore dei lavori.
7. A seguito della risoluzione del contratto per le cause di cui al comma 5, il privato può affidare il completamento delle opere per l'importo residuo ad altra impresa, scelta con le modalità di cui al comma 1, entro il termine di tre mesi, pena la revoca della restante parte del contributo.
8. Ulteriori ritardi dell'impresa superiori a 6 mesi per la riconsegna dei lavori residui comportano la revoca integrale della relativa parte di contributo.

Art. 4.
(Responsabilità dei professionisti, degli uffici speciali per la ricostruzione post sisma 2016 e delle imprese)

1. I progettisti, gli uffici speciali per la ricostruzione post sisma 2016, di seguito denominati «uffici speciali», e le imprese esecutrici, ciascuno relativamente agli ambiti di propria competenza, sono tenuti ad operare garantendo che la ricostruzione non comprometta la sicurezza degli immobili e la qualità paesaggistico-ambientale del territorio.
2. I professionisti assumono la piena responsabilità delle scelte progettuali e della direzione delle opere, individuando le soluzioni ricostruttive più efficaci ed economiche e predisponendo sinteticamente solo gli elaborati necessari a definirle compiutamente sotto l'aspetto tecnico e contabile, sia in fase di progettazione che in fase di esecuzione.
3. Gli uffici speciali verificano i progetti relativamente alla determinazione del contributo ai sensi dell'articolo 5 e per le finalità di cui all'articolo 1.
4. Le imprese sono responsabili della qualità delle lavorazioni, della durabilità delle opere e del rispetto dei termini contrattuali, nonché, in via esclusiva, di quanto derivante dall'eventuale inosservanza delle disposizioni impartite in forma scritta dalla direzione dei lavori.

Art. 5.
(Determinazione dei costi parametrici e del contributo di cui all'articolo 6 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189)

1. I costi parametrici da applicare per la quantificazione del contributo per la ricostruzione di immobili privati di cui all'articolo 6 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, devono essere determinati in misura tale da garantire la restituzione dell'immobile alla completa fruibilità, ivi compresi i maggiori costi di cui al comma 3 dell'articolo 1 della presente legge.
2. La determinazione del contributo avviene applicando i costi parametrici alla superficie utile lorda del fabbricato, ovvero alla sua volumetria complessiva nei casi in cui il contributo determinato sulla base della superficie utile lorda non risulti sufficiente a garantire il conseguimento delle finalità di cui al comma 1.
3. Qualora il contributo determinato ai sensi del comma 2 non sia sufficiente al fine di garantire la ricostruzione di edifici sicuri e in grado di non subire danni in occasione di eventuali sismi futuri, esso è aumentato dell'importo necessario a porre in essere l'intervento di ricostruzione meno oneroso tra quelli tecnicamente possibili, che garantisca il medesimo livello di sicurezza.
4. Per i fabbricati soggetti ai piani attuativi redatti in conformità all'articolo 1 il contributo deve consentire la realizzazione degli interventi in essi previsti.

Art. 6.
(Deroga in merito alle incompatibilità dei professionisti)

1. In deroga alle disposizioni di cui al decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, negli interventi di ricostruzione privata la circostanza di pregressi rapporti di lavoro non continuativi tra il professionista progettista o il direttore dei lavori e l'impresa incaricata non costituisce elemento di incompatibilità.
2. Il rapporto di lavoro tra professionista ed impresa si intende continuativo a seguito dell'emissione di almeno due fatture l'anno, nel corso di tre anni consecutivi, o di sei fatture, comunque distribuite, nel corso di tre anni consecutivi.

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