PDL 1123

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

RELAZIONE TECNICA

ANALISI TECNICO-NORMATIVA

ANALISI DI IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (A.I.R.)

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4

ALLEGATO

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1123

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale
( MOAVERO MILANESI )

e dal ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
( COSTA )

di concerto con il ministro della giustizia
( BONAFEDE )

con il ministro dell'economia e delle finanze
( TRIA )

con il ministro dello sviluppo economico
( DI MAIO )

con il ministro delle infrastrutture e dei trasporti
( TONINELLI )

e con il ministro della salute
( GRILLO )

Ratifica ed esecuzione del Protocollo addizionale di Nagoya – Kuala Lumpur, in materia di responsabilità e risarcimenti, al Protocollo di Cartagena sulla Biosicurezza, fatto a Nagoya il 15 ottobre 2010

Presentato il 10 agosto 2018

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Onorevoli deputati! — Con il presente disegno di legge il Governo chiede alle Camere l'autorizzazione alla ratifica del Protocollo addizionale di Nagoya – Kuala Lumpur, in materia di responsabilità e risarcimenti, al Protocollo di Cartagena sulla Biosicurezza, fatto a Nagoya il 15 ottobre 2010.
Il problema legato all'elaborazione di regole sulla responsabilità e sul risarcimento del danno derivanti dagli organismi viventi modificati ha ricevuto un'attenzione a livello internazionale sia prima che dopo l'adozione del Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza (Protocollo di Cartagena). Il Protocollo di Cartagena è stato adottato il 29 gennaio 2000 come accordo addizionale alla Convenzione sulla diversità biologica (CBD). Esso è entrato in vigore l'11 settembre 2003. In Italia è stato ratificato con legge 15 gennaio 2004, n. 27.
Esso costituisce un accordo ambientale multilaterale che si propone di contribuire al trasferimento, alla manipolazione e all'uso sicuro degli organismi viventi modificati suscettibili di avere un effetto negativo sulla diversità biologica, tenendo conto anche dei rischi per la salute umana e con una particolare attenzione ai movimenti transfrontalieri. L'articolo 27 del Protocollo di Cartagena ha richiesto che la Conferenza delle Parti alla Convenzione sulla diversità biologica, che funge da riunione delle Parti (COP/MOP), adotti, nel corso della sua prima riunione, un processo in merito all'appropriata elaborazione di regole e procedimenti a livello internazionale nel campo della responsabilità e del risarcimento del danno derivante da movimenti transfrontalieri di organismi viventi modificati.
Durante la prima riunione della COP/MOP del Protocollo di Cartagena, che si è tenuta a Kuala Lumpur dal 23 al 27 febbraio 2004, è stato istituito un Gruppo di lavoro ad hoc, senza limiti di tempo, di esperti legali e tecnici riguardo alla responsabilità e al risarcimento nel contesto del Protocollo di Cartagena allo scopo di analizzare i problemi, elaborare opzioni e proporre regole e procedure internazionali sull'argomento.
Dopo parecchi anni di negoziati, il 15 ottobre 2010, a Nagoya, in Giappone, durante la quinta riunione della COP/MOP, è stato adottato il Protocollo addizionale di Nagoya – Kuala Lumpur sulla responsabilità e il risarcimento (Protocollo addizionale) al Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza.
Il Protocollo addizionale è stato messo a disposizione per la firma presso la sede delle Nazioni Unite a New York tra il 7 marzo 2011 e il 6 marzo 2012.
L'Unione europea ha sottoscritto il Protocollo addizionale l'11 maggio 2011, l'Italia il 14 giugno 2011.
Il Protocollo addizionale adotta un approccio di tipo amministrativo allo scopo di individuare misure di risposta nel caso di danno o di sufficiente probabilità di danno alla conservazione e all'uso sostenibile della diversità biologica derivante da movimenti transfrontalieri di organismi viventi modificati.
Analogamente a quanto avviene per il trattato madre, il Protocollo di Cartagena, l'adozione del Protocollo addizionale va vista da un lato nella funzione di prevenzione del danno, dall'altro lato nella funzione di ulteriore misura volta a far crescere la fiducia nello sviluppo e nell'applicazione della moderna biotecnologia. Esso favorisce la creazione di condizioni volte ad ottenere il massimo vantaggio dalle potenzialità degli organismi viventi modificati, stabilendo misure di risposta e regole per il risarcimento nell'eventualità che qualcosa non funzioni e che la diversità biologica subisca o abbia probabilità di subire un danno; la probabilità che le componenti della biodiversità possano subire un danno viene valutata sulla base delle informazioni scientifiche disponibili e aggiornate, ovvero sulla base dello scambio e della condivisione di informazioni con l'ausilio della Biosafety Clearing House (Camera di compensazione per la biosicurezza) predisposta ai sensi dell'articolo 20 del Protocollo di Cartagena.
Con la parola «danno» il Protocollo addizionale definisce un effetto negativo sulla biodiversità che sia:

1. misurabile od osservabile su basi scientificamente solide e riconosciute da un'autorità competente che tenga conto di eventuali altri cambiamenti indotti sull'uomo e sull'ambiente naturale e

2. significativo, stabilito cioè sulla base di un cambiamento a lungo termine o permanente delle componenti della diversità biologica, cui non possa essere dato rimedio attraverso un recupero naturale entro un ragionevole lasso di tempo, di cambiamenti qualitativi o quantitativi che influiscono negativamente sulle componenti della diversità biologica, di una riduzione della loro capacità di produrre beni e servizi e infine sulla base della misura di eventuali effetti negativi sulla salute umana, ai sensi del Protocollo di Cartagena.

Il Protocollo addizionale fa riferimento a tre classi di organismi viventi modificati:

a) per i quali si prevede l'uso diretto, come cibo o foraggio, o la trasformazione;

b) destinati a un uso confinato;

c) per i quali si prevede un'intenzionale introduzione nell'ambiente.

Le disposizioni del Protocollo addizionale si applicano anche al danno derivante da movimenti transfrontalieri non intenzionali, di cui all'articolo 17 del Protocollo di Cartagena, come pure al danno derivante dai movimenti transfrontalieri illegali, di cui all'articolo 25 del medesimo Protocollo.
In caso di danno, le Parti contraenti il Protocollo addizionale dovranno richiedere all'operatore o agli operatori di informare immediatamente l'Autorità nazionale competente (ANC), di cui all'articolo 19 del Protocollo di Cartagena, di valutare il danno e di adottare appropriate misure di risposta.
L'ANC è tenuta a individuare l'operatore che ha causato il danno, valutare il danno e stabilire quali misure di risposta dovrebbero essere adottate dall'operatore.
Nell'ambito dell'attuazione a livello nazionale delle direttive europee in materia di organismi geneticamente modificati sono state individuate due ANC come di seguito specificato.
Il decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, recante attuazione della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio, individua il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per lo svolgimento del ruolo di ANC per il rilascio nell'ambiente di organismi geneticamente modificati; il decreto legislativo 12 aprile 2001, n. 206, recante attuazione della direttiva 98/81/CE del Consiglio che modifica la direttiva 90/219/CEE concernente l'impiego confinato di microorganismi geneticamente modificati, individua il Ministro della salute come ANC per quanto riguarda gli usi confinati di microorganismi geneticamente modificati. Nell'ambito dell'attuazione a livello nazionale della normativa europea sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, parte sesta, assegna al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'esercizio delle funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di tutela, prevenzione e riparazione dei danni all'ambiente.
Per quanto detto si provvederà a comunicare al Segretariato della CBD che in Italia, analogamente a quanto avviene per il Protocollo di Cartagena, due sono le ANC responsabili dell'attuazione del Protocollo addizionale.
Inoltre, ai sensi degli articoli 6, 7 e 8, le Parti possono individuare nel proprio diritto interno eventuali esclusioni della tutela risarcitoria come stabilita dal Protocollo. A tale proposito, il nostro ordinamento non necessita di adattamento perché il decreto legislativo n. 152 del 2006 già disciplina la possibilità di esenzioni all'articolo 303.
In particolare, la tutela risarcitoria non si applica:

a) al danno ambientale o alla minaccia imminente di tale danno cagionati da:

– atti di conflitto armato, sabotaggi, atti di ostilità, guerra civile, insurrezione;

– fenomeni naturali di carattere eccezionale, inevitabili e incontrollabili;

b) alle attività svolte in condizioni di necessità e aventi come scopo esclusivo la difesa nazionale, la sicurezza internazionale o la protezione dalle calamità naturali;

c) al danno causato da un'emissione, un evento o un incidente verificatisi prima della data di entrata in vigore della parte sesta dello stesso decreto;

d) al danno in relazione al quale siano trascorsi più di trent'anni dall'emissione, dall'evento o dall'incidente che l'hanno causato;

e) al danno ambientale o alla minaccia imminente di tale danno causati da inquinamento di carattere diffuso, se non sia stato possibile accertare in alcun modo un nesso causale tra il danno e l'attività di singoli operatori.

In merito all'articolo 8 del Protocollo, che consente di prevedere anche dei limiti finanziari per il rimborso dei costi e delle spese riguardanti le misure di risposta, la scelta a livello ordinamentale è stata quella di non avvalersi di tale facoltà. A tale proposito, lo stesso decreto legislativo n. 152 del 2006, al titolo III della richiamata parte sesta, laddove tratta delle esclusioni, non prevede la possibilità di predisporre limiti finanziari.
Il disegno di legge si compone di 4 articoli.
L'articolo 1 reca l'autorizzazione alla ratifica.
L'articolo 2 contiene l'ordine di esecuzione.
L'articolo 3 reca la copertura finanziaria degli oneri finanziari discendenti dall'esecuzione del Protocollo.
L'articolo 4 disciplina l'entrata in vigore.

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RELAZIONE TECNICA
(Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196).

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ANALISI TECNICO-NORMATIVA

PARTE I – ASPETTI TECNICO-NORMATIVI DI DIRITTO INTERNO

1) Obiettivi e necessità dell'intervento normativo. Coerenza con il programma di Governo.

Il disegno di legge presentato è diretto ad autorizzare la ratifica e a dare esecuzione al Protocollo addizionale di Nagoya – Kuala Lumpur in materia di responsabilità e risarcimenti al Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza, adottato a Nagoya (Giappone) il 15 ottobre 2010 e sottoscritto dall'Italia il 14 giugno 2011.
L'attuazione del Protocollo è di competenza sia europea sia nazionale.
In ambito europeo il Protocollo addizionale è stato approvato, a nome dell'Unione europea, con la decisione del Consiglio n. 2013/86/UE del 12 febbraio 2013 relativa alla conclusione del Protocollo addizionale di Nagoya – Kuala Lumpur in materia di responsabilità e risarcimenti al Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea L/46 del 19 febbraio 2013. La Commissione ha ricordato, nel corso delle riunioni del WPIEI (Working Party on International Environment Issues) sulla biosicurezza, che il Protocollo addizionale è in larga parte ispirato alla legislazione UE già esistente per cui non saranno necessarie azioni per il recepimento del Protocollo né a livello europeo, né a livello nazionale.
Il quadro normativo europeo attualmente vigente risponde infatti agli obblighi previsti dal Protocollo di Cartagena riguardo alle importazioni e alle esportazioni di Organismi Geneticamente Modificati: si tratta della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, che, imponendo lo svolgimento di una valutazione specifica dei rischi, detta disposizioni riguardo alle importazioni degli organismi viventi modificati nell'Unione europea conformi all'obiettivo del Protocollo di Cartagena; poiché la medesima direttiva non contiene specifiche disposizioni in materia di esportazione di organismi viventi modificati dall'Unione europea verso Paesi terzi è stato adottato il regolamento (CE) n. 1946/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2003, con lo scopo di istituire un sistema comune di notifiche e informazioni per i movimenti transfrontalieri, garantendo anche nelle esportazioni l'attuazione coerente del Protocollo di Cartagena.
Tale regolamento definisce inoltre la ripartizione tra Stati membri e Commissione europea dei compiti relativi alla trasmissione delle informazioni tramite la Biosafety Clearing House (Camera di compensazione per la biosicurezza), ai sensi dell'articolo 20 del Protocollo di Cartagena, strumento che dovrebbe consentire una condivisione e una tempestiva informazione nell'eventualità che qualcosa a livello di movimento transfrontaliero di organismi viventi modificati non funzioni e che la biodiversità subisca o abbia probabilità di subire un danno.
Per quanto riguarda la tracciabilità, l'etichettatura e l'identificazione delle importazioni verso l'Unione europea, anche in riferimento all'articolo 18 del Protocollo di Cartagena, vige il regolamento (CE) n. 1830/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003. Per quanto riguarda le esportazioni è sempre il regolamento (CE) n. 1946/2003 che detta disposizioni per l'identificazione degli organismi viventi geneticamente modificati oggetto di esportazione e per la definizione della documentazione di accompagnamento. Per quanto riguarda il danno ambientale, la direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, stabilisce un quadro comune di responsabilità al fine di prevenire e riparare i danni causati agli animali, alle piante, agli habitat naturali, alle risorse idriche e ai suoli. Il regime di responsabilità si applica da un lato ad alcune attività professionali esplicitamente elencate nell'allegato III alla direttiva, tra cui quelle concernenti gli organismi geneticamente modificati, sia per quanto riguarda il loro uso confinato, sia per quanto riguarda il loro rilascio deliberato nell'ambiente, il trasporto e l'immissione in commercio. Il secondo regime di responsabilità si applica a tutte le altre attività professionali ma solo quando si configura un danno o una minaccia imminente di danno alle specie e agli habitat naturali di interesse europeo. La direttiva in piena rispondenza con quanto disposto dal Protocollo addizionale, dispone che quando emerge una minaccia di danno ambientale l'autorità competente designata da ciascuno Stato membro impone all'operatore (inquinatore potenziale) di adottare le misure preventive idonee o le prende essa stessa e successivamente recupera dall'operatore le spese sostenute per le misure. Quando si verifica un danno, l'autorità competente impone all'operatore interessato di adottare le misure di riparazione idonee, determinate sulla base delle regole e dei princìpi enunciati nell'allegato II alla direttiva in modo da riportare la risorsa naturale danneggiata alle condizioni esistenti prima dell'intervento dannoso, o le prende essa stessa e recupera successivamente le spese dall'operatore. Nel caso in cui l'obiettivo di un ripristino della risorsa naturale alle preesistenti condizioni non sia raggiungibile, la direttiva richiede che venga in ogni caso intrapresa un'azione tendente ad assicurare una riparazione complementare o compensativa.
Per quanto concerne l'Italia la trasposizione della direttiva 2004/35/CE è avvenuta con la parte sesta del decreto legislativo n. 152 del 2006, mentre i casi di contaminazione del suolo trovano una disciplina specifica nella parte quarta dello stesso decreto, relativa alla bonifica dei siti inquinati. Sussistendo una minaccia incombente di danno, l'articolo 304 del decreto legislativo n. 152 del 2006, oltre a stabilire specifici obblighi di comunicazione a carico dell'operatore, conferisce al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il potere di irrogare una sanzione amministrativa nei casi in cui l'operatore responsabile non ottemperi all'obbligo di adottare le necessarie misure di prevenzione e di messa in sicurezza. Se l'operatore non si conforma agli obblighi previsti, il Ministro ha comunque la facoltà di adottare egli stesso, in qualsiasi momento, le misure di prevenzione necessarie. In caso di danno ambientale, infine, l'articolo 305 prevede obblighi di comunicazione a carico dell'operatore, oltre alla facoltà per il Ministro di emanare un'apposita ordinanza con la quale si ingiunge a coloro che, a seguito di istruttoria, siano risultati responsabili dell'evento dannoso, di prendere le misure di ripristino ambientale necessarie. Anche in questo caso è fatta salva la facoltà, da parte del Ministro, di adottare egli stesso le misure di ripristino occorrenti.

2) Analisi del quadro normativo nazionale.

In relazione alla normativa italiana di riferimento occorre ricordare in particolare i seguenti atti:

– legge 25 novembre 1971, n. 1096, recante disciplina dell'attività sementiera;

– legge 6 dicembre 1991, n. 394, recante legge quadro sulle aree protette;

– legge 14 febbraio 1994, n. 124, recante autorizzazione alla ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla biodiversità con annessi, fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992;

– decreto del Presidente della Repubblica 8 ottobre 1973, n. 1065, recante regolamento di esecuzione della legge 25 novembre 1971, n. 1096, concernente la disciplina della produzione e del commercio delle sementi;

– decreto legislativo 12 aprile 2001, n. 206, recante attuazione della direttiva 98/81/CE del Consiglio che modifica la direttiva 90/219/CEE concernente l'impiego confinato di microorganismi geneticamente modificati;

– decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 212, recante attuazione delle direttive 98/95/CE e 98/96/CE concernenti la commercializzazione dei prodotti sementieri, il catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole e relativi controlli;

– decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, recante attuazione della direttiva 2001/18/CE concernente l'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati;

– decreto-legge 22 novembre 2004, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2005, n. 5, recante disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica;

– regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i princìpi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare;

– regolamento (CE) n. 1946/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2003, sui movimenti transfrontalieri degli organismi geneticamente modificati;

– regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati;

– regolamento (CE) n. 1830/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, concernente la tracciabilità e l'etichettatura di organismi geneticamente modificati e la tracciabilità di alimenti e mangimi ottenuti da organismi geneticamente modificati, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CE;

– regolamento (CE) n. 65/2004 della Commissione, del 14 gennaio 2004, che stabilisce un sistema per la determinazione e l'assegnazione di identificatori unici per gli organismi geneticamente modificati;

– regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali;

– decreto legislativo 21 marzo 2005, n. 70, recante disposizioni sanzionatorie per le violazioni dei regolamenti (CE) nn. 1829/2003 e 1830/2003 relativi agli alimenti e mangimi geneticamente modificati;

– decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale;

– decreto legislativo 7 luglio 2011, n. 121, sulla tutela penale dell'ambiente.

3) Incidenza delle norme proposte sulle leggi e sui regolamenti vigenti.

L'intervento normativo si limita ad autorizzare la ratifica e dare esecuzione al Protocollo, senza introdurre modifiche alla normativa di legge e di regolamento già in vigore.

4) Analisi della compatibilità dell'intervento con i princìpi costituzionali.

Il provvedimento non presenta profili di incompatibilità costituzionale, investendo la materia di cui all'articolo 117, secondo comma lettera a), della Costituzione (politica estera e rapporti internazionali dello Stato), pertanto di competenza legislativa esclusiva dello Stato.

5) Analisi della compatibilità dell'intervento con le competenze e le funzioni delle regioni ordinarie e a statuto speciale nonché degli enti locali.

Non si evidenziano elementi di incompatibilità con le competenze e funzioni delle regioni ordinarie e a statuto speciale nonché degli enti locali.

6) Verifica della compatibilità con i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza sanciti dall'articolo 118, primo comma, della Costituzione.

Non si evidenziano profili di incompatibilità.

7) Verifica dell'assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione e degli strumenti di semplificazione normativa.

Nel caso di specie non sussiste la possibilità di delegificazione, né di semplificazione normativa. È pertanto obbligatoria l'approvazione di una legge che autorizzi la ratifica.

8) Verifica dell'esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all'esame del Parlamento e relativo stato dell’iter.

Non risultano allo stato attuale progetti di legge vertenti su materia analoga all'esame del Parlamento.

9) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza, ovvero della pendenza di giudizi di costituzionalità sul medesimo o analogo oggetto.

Non risultano pendenti giudizi di costituzionalità sul medesimo o analogo oggetto.

PARTE II – CONTESTO NORMATIVO DELL'UNIONE EUROPEA E INTERNAZIONALE

1) Analisi della compatibilità dell'intervento con l'ordinamento dell'Unione europea.

L'intervento non presenta profili di incompatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea.

2) Verifica dell'esistenza di procedure d'infrazione da parte della Commissione europea sul medesimo o analogo oggetto.

Non risultano procedure d'infrazione sul medesimo o analogo oggetto da parte della Commissione europea.

3) Analisi della compatibilità dell'intervento con gli obblighi internazionali.

La ratifica del Protocollo addizionale risponde all'obbligo assunto all'atto della firma e non presenta profili di incompatibilità con gli altri obblighi internazionali assunti dall'Italia.

4) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi innanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea sul medesimo o analogo oggetto.

Allo stato attuale non risultano giudizi pendenti presso la Corte di giustizia relativamente ad analogo oggetto.

5) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi innanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo sul medesimo o analogo oggetto.

Non risultano indirizzi giurisprudenziali né giudizi pendenti innanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo sul medesimo o analogo oggetto.

6) Eventuali indicazioni sulle linee prevalenti della regolamentazione sul medesimo oggetto da parte di altri Stati membri dell'Unione europea.

In merito al Protocollo in esame non si dispone di particolari indicazioni sulle linee prevalenti della regolamentazione da parte di altri Stati membri dell'Unione europea.

PARTE III – ELEMENTI DI QUALITÀ SISTEMATICA E REDAZIONALE DEL TESTO

1) Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso.

L'intervento normativo non introduce nuove definizioni normative.

2) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni e integrazioni subite dai medesimi.

La verifica è stata effettuata con esito positivo.

3) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni e integrazioni a disposizioni vigenti.

Non è stato fatto ricorso alla tecnica della novella legislativa in quanto non sono state introdotte modifiche o integrazioni all'ordinamento vigente.

4) Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell'atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo.

L'intervento normativo non presenta disposizioni aventi effetti abrogativi né espliciti né impliciti.

5) Individuazione di disposizioni dell'atto normativo aventi effetti retroattivi o di reviviscenza di norme precedentemente abrogate o di interpretazione autentica o derogatorie rispetto alla normativa vigente.

Il provvedimento legislativo non contiene norme aventi la suddetta natura.

6) Verifica della presenza di deleghe aperte sul medesimo oggetto, anche a carattere integrativo o correttivo.

Non risultano deleghe aperte sul medesimo oggetto.

7) Indicazione degli eventuali atti successivi attuativi; verifica della congruità dei termini previsti per la loro adozione.

Non si ravvisano atti di normazione secondaria attuativa conseguenti all'entrata in vigore della legge di ratifica.

8) Verifica della piena utilizzazione e dell'aggiornamento di dati e riferimenti statistici attinenti alla materia oggetto del provvedimento, ovvero indicazione della necessità di commissionare all'Istituto nazionale di statistica apposite elaborazioni statistiche, con correlata indicazione nella relazione tecnica della sostenibilità dei relativi costi.

Per le finalità di ratifica del Protocollo, non si ravvisa la necessità di effettuare la verifica in questione, né di commissionare all'Istituto nazionale di statistica apposite elaborazioni statistiche sulla materia.

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DICHIARAZIONE DI ESCLUSIONE DALL'A.I.R.

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DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare il Protocollo addizionale di Nagoya – Kuala Lumpur, in materia di responsabilità e risarcimenti, al Protocollo di Cartagena sulla Biosicurezza, fatto a Nagoya il 15 ottobre 2010.

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

1. Piena ed intera esecuzione è data al Protocollo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità con quanto disposto dall'articolo 18 del Protocollo stesso.

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

1. All'onere derivante dalle spese di missione di cui agli articoli 13 e 14 del Protocollo di cui all'articolo 1, valutato in 30.520 euro annui a decorrere dall'anno 2018, e dalle rimanenti spese, pari a 220.000 euro annui a decorrere dall'anno 2018, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
2. Agli oneri valutati di cui al comma 1 del presente articolo si applica l'articolo 17, commi da 12 a 12-quater, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 4.
(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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