PDL 1069

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1069

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
LOREFICE, BOLOGNA, CHIAZZESE, D'ARRANDO, LAPIA, MAMMÌ, NAPPI, NESCI, SAPIA, SARLI, LEDA VOLPI

Modifiche alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzo in favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, nonché dei loro familiari

Presentata il 6 agosto 2018

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Onorevoli Colleghi! – Con la legge 25 febbraio 1992, n. 210, recante «Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati», il Parlamento ha riconosciuto un sostegno economico ai cittadini resi fisicamente o psichicamente menomati a seguito di tali complicanze. Purtroppo, questa volontà del legislatore è stata parzialmente compromessa e la presente proposta di legge si pone dunque l'obiettivo di intervenire sulla materia, apportando modifiche indispensabili affinché lo strumento legislativo si mantenga all'altezza sia delle mutate esigenze assistenziali che di quelle giuridiche più volte ridisegnate dalla giurisprudenza.
La legge in vigore prevede l'intervento attivo di un organo tecnico delegato all'accertamento del nesso causale tra la vaccinazione somministrata e la patologia derivata, organo individuato nella commissione medico-ospedaliera presso i dipartimenti militari di medicina legale.
Tale commissione, ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 210 del 1992, sottopone a visita gli interessati ed esprime un giudizio medico-legale che accerta la sussistenza del nesso causale e determina l'ascrivibilità tabellare delle patologie riscontrate.
Negli anni trascorsi dal 1992 ad oggi le commissioni medico-legali hanno applicato pedissequamente la tabella A allegata al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1978, concentrando il giudizio medico esclusivamente sulla menomazione fisica. Inoltre, le amministrazioni competenti hanno richiesto agli interessati la produzione della scheda di segnalazione di evento avverso, da compilare a cura del medico di famiglia, nella quale non è mai stata evidenziata la possibilità di indicare anche la componente del danno psicologico.
Ciò nonostante le associazioni per la tutela dei danneggiati e, in particolare, l'Associazione malati emotrasfusi e vaccinati di Firenze hanno fatto presentare domande di indennizzo anche da parte dei genitori e dei familiari conviventi con le persone già riconosciute danneggiate dal fattore virale contenuto nei vaccini somministrati.
Tutte le domande sono state sostenute da una relazione peritale che ha accertato l'effettiva sussistenza di un danno psicologico insorto contemporaneamente alla lesione fisica subita dal soggetto vaccinato. Tale lesione dell'integrità psicologica deriva dalla stretta relazione familiare che lega i genitori ai figli danneggiati ed è stato possibile rilevarla oggettivamente anche a distanza di decenni in quanto il danno psicologico ha assunto le caratteristiche di permanenza e di irreversibilità. Le commissioni medico-ospedaliere, interpellate formalmente dalle amministrazioni competenti per l'istruttoria delle domande presentate dai genitori, hanno così effettivamente accertato la sussistenza di una patologia psicologica irreversibile, adeguatamente documentata.
Tuttavia, le medesime commissioni hanno interpretato restrittivamente l'articolo 1, comma 4, della legge n. 210 del 1992, che recita: «I benefìci di cui alla presente legge spettano alle persone non vaccinate che abbiano riportato, a seguito ed in conseguenza di contatto con persona vaccinata, i danni di cui al comma 1» e hanno espresso il giudizio che «non esiste nesso causale tra la vaccinazione e l'infermità psicologica riscontrata» poiché l'espressione «contatto con persona vaccinata» deve essere inteso esclusivamente come contagio dal medesimo fattore virale che ha determinato la menomazione fisica al familiare vaccinato. Conseguentemente, il Ministero della salute ha confermato questa interpretazione e ha escluso dal riconoscimento dell'indennizzo tutti i genitori che avevano presentato domanda per ottenerlo.
In tal modo è stato ingiustamente limitato lo spirito della legge n. 210 del 1992 che, invero, è diretta a una platea di cittadini ben più ampia dei soli danneggiati dalla somministrazione di vaccinazioni o dal contatto con fattori virali, poiché tende alla tutela della salute dei cittadini in ogni sua più ampia accezione, in attuazione dei princìpi di solidarietà sociale dettati dagli articoli 32 e 38 della Costituzione.
Pertanto, con l'articolo 1 della presente proposta di legge si intende porre rimedio alla situazione di ingiusta umiliazione dei familiari dei cittadini resi invalidi dalle vaccinazioni (sia obbligatorie che consigliate) che, pur riconosciuti dalle commissioni medico-ospedaliere affetti da una severa patologia psicologica irreversibile derivata dal trauma subìto con la menomazione del congiunto, si sono visti negare il riconoscimento del nesso di causalità per una patologia che sembrerebbe quasi priva di ogni connessione con l'unica origine individuata (cioè la lesione provocata al familiare).
Preso atto che l'effetto avverso della vaccinazione non può limitarsi all'esito di un contagio, come riduttivamente asserito dalle commissioni medico-ospedaliere e dal Ministero della salute, si vuole pertanto riaffermare che la lesione della salute provocata da una vaccinazione costituisce lesione plurioffensiva anche sotto un profilo soggettivo e familiare poiché altera l'integrità psicologica dell'intero contesto familiare.
L'articolo 2 della proposta di legge è volto a consentire la corretta valutazione del trattamento indennitario nei confronti dei soggetti colpiti da una pluralità di esiti collaterali invalidanti conseguiti alla somministrazione di un solo farmaco. Questi, colpiti più volte nell'integrità psicofisica con menomazioni a carico del sistema nervoso centrale e dell'apparato motorio, hanno ricevuto finora un indennizzo identico a quello riconosciuto a coloro che hanno subìto una sola menomazione, ad esempio a carico di un arto inferiore. La legge n. 210 del 1992 ha infatti riconosciuto il medesimo indennizzo di prima categoria sia a coloro che hanno riportato un'offesa agli arti, superiori o inferiori, sia a coloro che hanno subìto una lesione del sistema nervoso centrale e sono divenuti incapaci di intendere e di volere. Si ritiene quindi indispensabile modificare il disposto che non consente alle commissioni medico-ospedaliere di attribuire ai soggetti colpiti in modo più grave il beneficio previsto in caso di pluralità di esiti invalidanti, se non quando tali esiti invalidanti siano derivati da una serie di patologie che hanno colpito l'organismo in tempi diversi, non immediatamente e contemporaneamente. Non appare infatti conforme ai princìpi costituzionali l'attribuzione del medesimo indennizzo a coloro che hanno subìto lesioni di diversa gravità e non appare altresì giustificabile che la contemporaneità delle lesioni conseguite alla somministrazione di una sola dose di farmaco escluda la possibilità di riconoscere il diritto a un indennizzo aggiuntivo basato sull'effettiva gravità solo perché l'effetto devastante del farmaco è stato immediato e totale e non conseguenza di una serie di malattie manifestatesi in una sequenza temporale frammentata. Numerose sentenze hanno già riconosciuto in giudizio il diritto all'indennizzo aggiuntivo per una pluralità di patologie manifestatesi immediatamente dopo la somministrazione di una sola dose di farmaco, argomentando che il mancato riconoscimento avrebbe comportato la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la censura della legge. A tale fine si propone di prevedere che ai soggetti danneggiati che a causa di vaccinazioni, trasfusioni o somministrazione di un unico farmaco hanno riportato più esiti invalidanti quali effetti collaterali del trattamento sanitario, accertati dalla commissione medico-ospedaliera, sia riconosciuto, in aggiunta ai benefìci previsti, un equo indennizzo aggiuntivo.
L'articolo 3 della proposta di legge prevede l'abolizione dei termini per presentare le domande da parte dei soggetti danneggiati da vaccini o da emotrasfusioni e degli operatori sanitari che non hanno potuto presentare la domanda nei ristretti termini triennali previsti dalla legge n. 210 del 1992. A ciò deve ulteriormente aggiungersi la considerazione che l'articolo 3 della stessa legge contiene, di per sé, un'evidente disparità di trattamento tra le diverse categorie di soggetti tutelati (termine triennale per le epatiti C (HCV) post-trasfusionali e termine decennale per le infezioni da HIV). Infatti, il lungo intervallo di tempo che spesso intercorre tra l'evento trasfusionale e il manifestarsi delle alterazioni bioumorali determinate da entrambe le citate patologie è compatibile e sovrapponibile sia con quello delle infezioni da HIV che con quello dell'infezione da HCV (anche oltre due decenni, secondo la consolidata letteratura, per l'infezione da HCV e fra quindici e venti anni per l'infezione da HIV), anche in considerazione delle caratteristiche delle malattie indotte dai due diversi agenti virali, i cui decorsi sul piano clinico possono non essere accompagnati da sintomi specifici tali da indurre il soggetto affetto a sottoporsi a esami approfonditi mirati, appunto, alla dimostrazione della causa. Il termine triennale stabilito dalla legge n. 210 del 1992 per la presentazione della domanda di indennizzo, oltre a costituire un grave ostacolo all'ottenimento del diritto stesso, contrasta con la Costituzione, laddove, nello stabilire che la domanda debba essere presentata nel termine perentorio di tre anni, prevede un'ipotesi attenuata di tutela del diritto primario alla salute.
Ancora, al comma 3 dell'articolo 3 della proposta di legge, si prevede di correggere un particolare aspetto del procedimento che in questi anni ha determinato incongruenze e difficoltà applicative. Ciò attiene alla previsione di un termine più ampio degli attuali trenta giorni per il ricorso avverso il giudizio negativo espresso dalle commissioni medico-ospedaliere, tenuto conto che il Ministero della salute impiega più di due anni per decidere sul ricorso amministrativo. Tale termine infatti, soprattutto nel periodo estivo o festivo, è spesso insufficiente affinché i cittadini possano reperire associazioni, avvocati e medici legali per approntare un valido ricorso.
L'articolo 4 della proposta di legge è diretto a escludere una prassi pregiudizievole per il danneggiato invalsa negli anni passati presso il Ministero della salute, che è consistita nel pronunciarsi sui ricorsi anche con riguardo al merito del provvedimento emanato dalla commissione medico-ospedaliera anche su parti non oggetto di specifica impugnativa da parte del ricorrente.
Si interviene, a tale fine, sulla procedura di cui all'articolo 5 della legge n. 210 del 1992, tenuto conto in particolare del parere del Consiglio di Stato n. 5/2012 del 9 gennaio 2012, il quale ha riconosciuto che «il Ministero ha solo il potere di valutare la fondatezza o meno delle censure rivolte dal ricorrente, limitando la propria cognizione ai punti e ai capi che sono coinvolti» e che «tenuto conto che il Ministero è privo del potere di sindacare la discrezionalità tecnica della Commissione in sede di erogazione dell'indennizzo, non si capisce come tale potere possa essergli concesso in sede di decisione del ricorso dell'interessato al di fuori dell'ambito da esso devoluto».
Secondo il citato parere del Consiglio di Stato, infatti, il principio generale della corrispondenza tra chiesto e pronunciato non può in alcun modo essere posto in discussione.
In definitiva, con la modifica proposta si prevede che il Ministro della salute si pronunci sul ricorso con una valutazione strettamente riferita ai soli motivi proposti dal ricorrente.
Allo stesso tempo, per riequilibrare gli effetti pregiudizievoli causati da tale prassi ministeriale, all'articolo 5 si stabilisce che per i soggetti che hanno diritto all'indennizzo, con accertata esistenza del nesso causale tra morbo e vaccinazione, e che, in sede di ricorso amministrativo, hanno subìto, in contrasto con quanto enunciato nel citato parere del Consiglio di Stato n. 5/2012, la modifica di voci del provvedimento di riconoscimento della patologia o della declaratoria del nesso causale che non erano oggetto di esplicita impugnazione, il Ministro della salute dispone la liquidazione dell'indennizzo entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Indennizzo della lesione all'integrità psicologica dei congiunti del danneggiato)

1. All'articolo 1, comma 4 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, dopo le parole: «di cui al comma 1;» sono inserite le seguenti: «alle persone che, in qualità di congiunti, di appartenenti allo stesso nucleo familiare o di convivente more uxorio del soggetto già indennizzato ai sensi del presente articolo, abbiano riportato una lesione dell'integrità psicologica, accertata dalla competente commissione medico-ospedaliera di cui all'articolo 4, quale conseguenza del danno provocato da un trattamento sanitario praticato al congiunto indennizzato;».

Art. 2.
(Pluralità di esiti invalidanti)

1. Il comma 7 dell'articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, è sostituito dal seguente:

«7. Ai soggetti danneggiati che, a causa di vaccinazioni, trasfusioni o somministrazione di un unico farmaco, riportano più esiti invalidanti quali effetti collaterali del trattamento sanitario, accertati dalla commissione medico-ospedaliera di cui all'articolo 4, è riconosciuto, in aggiunta ai benefìci previsti dal presente articolo, un indennizzo aggiuntivo, stabilito dal Ministro della salute con proprio decreto, in misura non superiore al 50 per cento di quello previsto dai commi 1 e 2».

Art. 3.
(Termini per la presentazione delle domande di indennizzo)

1. All'articolo 3 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. I soggetti interessati ad ottenere l'indennizzo di cui all'articolo 1 presentano all'azienda sanitaria locale competente le relative domande, indirizzate al Ministro della salute. L'azienda sanitaria locale, entro tre mesi dalla data di presentazione delle domande, provvede all'istruttoria delle domande stesse e all'acquisizione del giudizio di cui all'articolo 4, sulla base di direttive del Ministero della salute che garantiscono il diritto alla riservatezza anche mediante opportune modalità organizzative»;

b) il comma 7 è sostituito dal seguente:

«7. Il diritto all'indennizzo di cui all'articolo 1 non è soggetto a prescrizione. La domanda può essere presentata in ogni tempo dalle persone indicate nel medesimo articolo 1 ovvero, nel caso previsto all'articolo 2, comma 3, dall'avente diritto».

Art. 4.
(Ricorso al Ministro della salute)

1. Al comma 1 dell'articolo 5 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, le parole: «è inoltrato entro trenta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «può essere presentato entro novanta giorni».
2. Al comma 2 dell'articolo 5 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, dopo le parole: «sentito l'ufficio medico-legale» sono inserite le seguenti: «e procedendo alla valutazione dei soli motivi proposti dal ricorrente».

Art. 5.
(Liquidazione degli indennizzi)

1. Il Ministro della salute, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, dispone la liquidazione dell'indennizzo ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210, in favore dei soggetti che vi hanno diritto in virtù del nesso causale tra le infermità o lesioni e la vaccinazione, accertata dalla commissione medico-ospedaliera ai sensi dell'articolo 4 della medesima legge n. 210 del 1992, e che, in sede di ricorso al Ministro della salute, hanno subìto la modifica di voci del provvedimento di riconoscimento della patologia o del nesso causale, le quali non erano oggetto di esplicita impugnazione.

Art. 6.
(Disposizioni finanziarie)

1. Ai maggiori oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge si provvede a valere sulle maggiori entrate determinate ai sensi delle disposizioni di cui al presente articolo.
2. All'articolo 2 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 6, le parole: «20 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «22 per cento»;

b) ai commi 9, 10, 11 e 12, le parole: «1° gennaio 2012» sono sostituite dalle seguenti: «1° gennaio 2019»;

c) al comma 26, le parole: «31 dicembre 2011», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2018»;

d) al comma 27:

1) al primo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e l'aliquota del 20 per cento sulla parte di redditi riferita al periodo intercorrente tra il 1° gennaio 2012 e il 31 dicembre 2018. Per i medesimi redditi derivanti da contratti sottoscritti tra il 1° gennaio 2012 e il 31 dicembre 2018 l'aliquota del 20 per cento si applica ai redditi di cui al primo periodo riferiti al periodo intercorrente tra il 1° gennaio 2012 e il 31 dicembre 2018»;

2) al secondo periodo, le parole: «al precedente periodo» sono sostituite dalle seguenti: «ai precedenti periodi»;

e) il comma 28 è sostituito dal seguente:

«28. Le minusvalenze, le perdite e i differenziali negativi di cui all'articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quater), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono portati in deduzione dalle plusvalenze e dagli altri redditi diversi di cui al medesimo articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies) nelle misure seguenti: a) per una quota pari al 56,82 per cento, se le perdite sono state realizzate entro il 31 dicembre 2011 e le plusvalenze e gli altri redditi diversi sono realizzati entro il 31 dicembre 2018; b) per una quota pari al 90,91 per cento, se le perdite sono realizzate dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2018 e le plusvalenze e gli altri redditi diversi sono realizzati dopo il 31 dicembre 2018. Restano fermi i limiti temporali di deduzione previsti dall'articolo 68, comma 5, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e dall'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461»;

f) al comma 29, alinea, le parole: «1° gennaio 2012» e: «31 dicembre 2011» sono sostituite rispettivamente dalle seguenti: «1° gennaio 2019» e «31 dicembre 2018»;

g) ai commi 30 e 31, le parole: «31 marzo 2012» e «16 maggio 2012» sono sostituite rispettivamente dalle seguenti: «31 marzo 2019» e «16 maggio 2019»;

h) al comma 32, le parole: «al 31 dicembre 2012, per una quota pari al 62,5 per cento del loro ammontare» sono sostituite dalle seguenti: «al 31 dicembre 2018, per una quota pari al 90,91 per cento del loro ammontare»;

i) al comma 33, le parole: «successivamente, per una quota pari al 62,50 per cento del loro ammontare» sono sostituite dalle seguenti: «fino al 31 dicembre 2015, per una quota pari al 56,82 per cento del loro ammontare, e in deduzione dai risultati di gestione maturati nel biennio 2016-2017, per una quota pari al 90,91 per cento del loro ammontare».

3. All'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, le parole: «20 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «22 per cento».
4. All'articolo 26, commi 1 e 3-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, le parole: «20 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «22 per cento».
5. Le disposizioni di cui ai commi da 2 a 4 si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2019.

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