PDL 1065

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                Capo I
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                Capo II
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                Capo III
                        Articolo 9
                Capo IV
                        Articolo 10
                        Articolo 11
                        Articolo 12

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1065

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
VIGNAROLI, LUCCHINI, D'UVA, MOLINARI, DAGA, DEIANA, D'IPPOLITO, FEDERICO, ILARIA FONTANA, LICATINI, ALBERTO MANCA, NANNI, RICCIARDI, ROSPI, TERZONI, TRAVERSI, VARRICA, VIANELLO, ZOLEZZI, VALLASCAS, CARABETTA, ALEMANNO, BERARDINI, CAPPELLANI, CASSESE, DE TOMA, GIARRIZZO, MASI, ORRICO, PAPIRO, PAXIA, SCANU, RACHELE SILVESTRI, SUT, PAROLO, RAFFAELLI, BADOLE, BENVENUTO, BINELLI, D'ERAMO, GOBBATO, ANDREUZZA, SALTAMARTINI, BAZZARO, COLLA, DARA, PATASSINI, PETTAZZI, PIASTRA, VALBUSA

Disposizioni per la disciplina dell'economia dei beni usati e la promozione del settore del riutilizzo, nonché istituzione del Tavolo di lavoro permanente sul riutilizzo

Presentata il 6 agosto 2018

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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge per la disciplina dell'economia dei beni usati e la promozione del settore del riutilizzo nasce dall'analisi e dalla constatazione che il sistema attuale di regolamentazione delle attività di riutilizzo e preparazione per il riutilizzo, così come denunciato dagli operatori che lavorano in questi ambiti, è caratterizzato da norme non chiare e farraginose, a volte insufficienti e spesso aperte all'interpretazione arbitraria e difforme nel territorio nazionale da parte delle pubbliche amministrazioni.
Il testo si ispira alle istanze e al percorso normativo che la Rete nazionale degli operatori dell'usato («Rete ONU») porta avanti ormai da anni, promuovendo presso le sedi istituzionali proposte che sono frutto di accordi conseguiti tra le diverse anime che compongono il settore: operatori dell'usato ambulanti, dei mercati delle pulci, dei mercati storici, delle fiere, dei negozi per conto di terzi, delle cooperative e di altri enti che fanno attività di riutilizzo a fini solidali, operatori dell'usato vulnerabili, imprese che fanno preparazione per il riutilizzo dei RAEE, operatori degli abiti usati e rigattieri tradizionali. Secondo quanto pubblicato nel Rapporto nazionale sul riutilizzo del 2018 da Occhio del riciclone e Utilitalia, la somma del lavoro delle circa 100.000 persone coinvolte in Italia nelle economie popolari dell'usato garantisce il riutilizzo di almeno 500.000 tonnellate di beni ogni anno, che altrimenti verrebbero conferiti tra i rifiuti per poi essere destinati, prevalentemente, a smaltimento. Un risultato di prevenzione dei rifiuti che equivale a circa 8 kg annui ad abitante, che funziona grazie all'iniziativa privata e nonostante l'assenza di finanziamenti pubblici. Un importantissimo lavoro che va sostenuto, protetto e promosso.
Riteniamo quindi corretto recepire le proposte della Rete ONU, rielaborandole solo in alcune parti, tenendo nel giusto conto anche i ripetuti scandali che da anni riguardano il settore della raccolta, preparazione per il riutilizzo e distribuzione degli abiti usati. Riteniamo urgente, dunque, che le norme che regolamentano questo genere di attività siano chiare al fine di evitare eventuali traffici illeciti che, senza una chiara tracciabilità della movimentazione dei prodotti, possono essere facilmente organizzati.
A nostro avviso, l'attuale quadro normativo appare inadatto a sviluppare le potenzialità del riuso e a coglierne le esternalità positive nei settori dell'ambiente, dell'occupazione, dell'inclusione sociale e della cultura. Per questi motivi riteniamo corretto stabilire regole su misura per il settore dei beni usati e del riutilizzo.
Un tema, questo, perfettamente in linea con quello della riduzione a monte dei rifiuti, in un'ottica di diminuzione degli sprechi e di virtuosità del ciclo, che segue alla lettera i princìpi del pacchetto per l'economia circolare e le gerarchie di gestione dei rifiuti della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, e del decreto legislativo n. 152 del 2006.
La pietra angolare della proposta di legge è il riconoscimento della figura dell'operatore dell'usato, nelle sue diverse declinazioni, all'interno di un settore ben determinato: si tratta, in definitiva, di dare forma alla sostanza di una rete di relazioni già esistenti, inquadrando giuridicamente ciò che già informa la percezione soggettiva degli operatori e la percezione sociale più ampia. Tale riconoscimento dovrà avere un codice attività specifico, ossia un codice ATECO, al fine di circoscrivere in maniera chiara e definita i soggetti su cui vanno a ricadere i provvedimenti in materia fiscale, commerciale, urbanistica e ambientale nonché i beneficiari di agevolazioni e di politiche di promozione.
Per perseguire tali obiettivi si propone l'istituzione di un Tavolo di lavoro permanente sul riutilizzo, organismo cui sono conferiti essenzialmente compiti di indirizzo e negoziazione. La ratio di tale ente muove dalla constatazione della necessità di stabilizzare un sistema di relazioni tra organismi pubblici, quali Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, enti locali, aziende municipalizzate per la gestione dei rifiuti, e privati e associazioni che rappresentano gli operatori dell'usato.
La finalità di questo sistema di relazioni tende ad assicurare il massimo grado di coordinamento tra i diversi portatori di interesse delle attività di riutilizzo. La massima efficienza si realizza infatti, secondo la nostra opinione, in un quadro di accordi tra i diversi portatori di interessi, accordi che abbiano l'ambizione di massimizzare i benefìci per ciascuna delle parti coinvolte, che si possono ottenere solo in un'ottica di sistema. È in tale quadro che possono realizzarsi gli obiettivi già indicati dalla Commissione europea o al suo esame, come l'introduzione di obiettivi quantitativi di riutilizzo o preparazione per il riutilizzo per determinati flussi o categorie di rifiuto, misurando altresì gli apporti dell'usato nelle prime due azioni della gerarchia gestionale dei rifiuti.
Particolarmente importante è l'istituzione delle aree di libero scambio con finalità di inclusione sociale, riservate a persone e famiglie con comprovata fragilità economica, le quali vanno sostenute perché si sforzano di migliorare la propria condizione attivamente, con spirito d'iniziativa e realizzando, mediante il riuso, un'attività di utilità collettiva. Per questi soggetti occorre abbassare le barriere d'accesso economiche alla legalità e alla legittimità, consentendo loro di integrare il reddito familiare grazie al libero scambio. Far confluire operatori che oggi sono informali in un quadro di regole, legittimità e legalità che includa strumenti di registro e tracciabilità contribuirà a isolare con maggior chiarezza i fenomeni di economia criminale, come la ricettazione, che a volte tentano di mescolarsi nel «mare magnum» delle manifestazioni informali screditandole nel loro insieme. In base allo stesso principio, è importante che gli operatori dell'usato che si approvvigionano di beni riutilizzabili offrendo servizi di sgombero delle abitazioni civili possano conferire legittimamente ciò che non possono riutilizzare presso il sistema di raccolta dei rifiuti urbani; l'assenza di sbocchi che gli operatori riescano a sostenere economicamente induce, infatti, alcuni di essi a generare cumuli abusivi di rifiuti. Anche in questo caso, l'esistenza di un quadro di regole economicamente sostenibile contribuirà a isolare e a punire i soggetti disonesti.
L'emersione dei fenomeni informali mediante il loro coinvolgimento nelle politiche ambientali è oggi nel mondo una politica affermata e di avanguardia, praticata soprattutto nei Paesi emergenti, e nella quale purtroppo i Paesi europei sono il fanalino di coda.
Quanto agli aspetti squisitamente ambientali, è da rilevare che la rigida gerarchia fissata dalla direttiva 2008/98/CE viene applicata nel nostro ordinamento esattamente al contrario. Infatti, la prima destinazione dei rifiuti continua a essere la discarica, cui seguono, per ordine, il recupero e il riciclo. Riutilizzo e riduzione vengono menzionati nei piani, ma quasi sempre senza nessuna applicazione che influisca realmente sui volumi e che vada, nei casi migliori, al di là di iniziative di pura testimonianza. Ciò accade nonostante la direttiva detti una chiara definizione di riutilizzo e preparazione per il riutilizzo, obbligando altresì gli Stati membri a introdurre il riutilizzo nei piani di gestione dei rifiuti a partire da obiettivi chiari e appoggiandosi alle «reti locali già esistenti». La mancata applicazione di modelli efficienti di intercettazione dei rifiuti riutilizzabili conferiti nei centri di raccolta comunali e mediante altri strumenti della raccolta dei rifiuti urbani inibisce la reimmissione in circolazione di almeno 600.000 tonnellate l'anno di beni che, secondo le stime contenute nel Rapporto nazionale sul riutilizzo 2018, potrebbero essere riutilizzati senza bisogno di riparazione; tali beni hanno infatti prezzi di mercato sufficienti a coprire costi operativi e a garantire posti di lavoro. Stimare quanti posti di lavoro possano essere creati dipende dal ruolo di sistema che la preparazione per il riutilizzo riuscirà a conquistarsi: basti qui riflettere sul dato per cui, a parità di volumi trattati, a un posto di lavoro nell'industria del riciclo ne corrispondono almeno cinque nelle attività di riutilizzo.
La funzione ambientale che viene assolta dall'attività degli operatori dell'usato è anche la leva principale attraverso cui muoviamo proposte di ordine fiscale, chiedendo la rimozione di alcune distorsioni.
In definitiva, non è più possibile che chi previene e riutilizza abbia gli stessi oneri di chi non fornisce alcuna esternalità positiva nel settore ambientale. In generale, le nostre richieste sono orientate alla rimozione di alcuni ostacoli che impediscono il pieno sviluppo del settore, non determinando saldi negativi per la raccolta fiscale. È corretto mettere in evidenza le reali capacità di apporto di un operatore dell'usato nei confronti dell'intero territorio comunale e quindi dell'intera collettività, mediante una seria attività di prevenzione, basata sull'agevolazione alla reintroduzione dell'oggetto al suo utilizzo congenito.
La presenza nel territorio di un soggetto in grado di assicurare, in maniera fissa e continuativa, il proprio apporto ambientale (è stato calcolato che un singolo negozio dell'usato, di medie dimensioni, possa distogliere dalla discarica e dalle relative lavorazioni inquinanti l'equivalente di circa 100 tonnellate di materiale ogni anno) si ritiene debba essere incoraggiata e supportata (agevolata) anche mediante l'applicazione di misure fiscali e tariffarie adeguate ed eque, tali cioè da non penalizzarne la permanenza.
A tale proposito è giusto evidenziare che alcune amministrazioni locali, maggiormente virtuose, hanno già manifestato la propria sensibilità sul tema recependo le istanze presentate dai singoli operatori con il supporto associativo, riclassificandone, o prendendone seriamente in esame, i ruoli (da esercizio commerciale a esposizione, da magazzino senza vendita diretta o laboratorio artigianale a deposito) ai fini della tariffa sulla raccolta e sulla lavorazione dei rifiuti.
In conclusione, si può crescere senza inquinare: il disaccoppiamento tra queste due azioni che hanno finora segnato insieme l'impronta dell'uomo sul pianeta è esemplificato in maniera perfetta dal mondo dell'usato e dalle attività che ruotano intorno ad esso.
Disaccoppiare crescita e inquinamento è anche il programma strategico dell'Unione europea. Il mondo dell'usato vuole dare piena efficacia a questo principio, nel solco del quale si pone la nostra iniziativa legislativa di disciplina e di promozione.
Si può creare lavoro a costo zero: riordinare, autorizzare, legittimare e fare sistema sono atti che non richiedono somme ingenti per essere realizzati, eppure possono fornire grandi risultati nell'emersione dell'informalità, nell'inclusione sociale e nella creazione di nuovo lavoro.
Il potenziale di un rilancio del riutilizzo è molto alto: si stima che nelle abitazioni degli italiani siano giacenti circa 1.750 euro di beni usati non più utilizzati che, moltiplicati per il numero delle stesse (oltre 24.135.177 milioni secondo l'ultimo censimento dell'ISTAT), genererebbero l'iperbolica cifra di oltre 40 miliardi di euro da reimmettere in circolo, con la relativa nuova immissione di fiscalità generale e locale, ed è a tal proposito che il settore del riuso rientra a pieno titolo come il più nobile protagonista della circular economy, sostenuta da tutti i Governi europei. Nel 1976, fu presentato alla Commissione europea uno studio, dal titolo «The Potential for Substituting Manpower for Energy», in cui gli autori, Stahel e Reday, prospettarono analiticamente la visione di un'economia circolare e il suo impatto positivo sulla creazione di posti di lavoro, con un notevole risparmio di risorse e una fortissima riduzione dei rifiuti. È questo un altro importante tema di generazione di valore: infatti un minor apporto di rifiuti, oltre a generare meno costi di smaltimento, evita l'erosione di suolo e di spazi altrimenti destinati alle discariche.
Nell'11° piano quinquennale della Cina venne promossa l'applicazione del modello di economia circolare a partire dal 2006; la Ellen Mac Arthur Foundation, un ente indipendente nato nel 2010 e subito diventato punto di riferimento, ha recentemente delineato l'opportunità economica di questo modello. I maggiori obiettivi dell'economia circolare sono l'estensione della vita dei prodotti, la produzione di beni di lunga durata, le attività di ricondizionamento e la riduzione della produzione di rifiuti. Insiste inoltre sull'importanza di vendere servizi piuttosto che prodotti, in riferimento al concetto della «functional service economy», che rientra nella nozione più ampia di «performance economy».
L'aspetto economico è di assoluto rilievo per «estrarre» nuova materia prima da una fonte esistente e diffusa su tutto il territorio. Infatti, laddove si generano nuovi flussi economici, i primi a beneficiarne, oltre al cittadino stesso, sono gli esercenti commerciali tramite l'accresciuto potere di spesa del loro bacino d'utenza; questo significa anche riattivare le filiere locali di produzione di beni e servizi oggi depresse da un forte cambiamento delle abitudini e dalle sempre più crescenti difficoltà economiche ed occupazionali.
Proprio sul tema occupazionale il settore del riuso viene indicato come il maggiore possibile creatore di posti di lavoro non precari proprio per l'alto potenziale prospettico d'incremento dei volumi, oggi in affanno per mancanza di una chiara regolamentazione che inibisce tutti gli attori, (imprese, cooperative ambulanti eccetera) nell'assumersi rischi discrezionali.
Un altro aspetto di estrema importanza è rappresentato dall'ambiente e dal depauperamento incontrollato delle risorse.
L’Earth Overshoot Day, l'Osservatorio che calcola quante risorse naturali vengono consumate dalla popolazione mondiale, ha indicato che abbiamo consumato tutto quello che la Terra è in grado di generare al 1° agosto 2018: da tale data in poi tutto quello che consumiamo genera un deficit di risorse.
Nel 1969, anno di inizio della mappatura, i consumi erano in perfetto equilibrio tra generazione e consumi e lo sono rimasti fino alla prima parte degli anni 70; successivamente è iniziato un veloce declino che presto potrebbe generare ulteriori scompensi per la maggiore velocità di crescita della popolazione mondiale determinando, inoltre, un grave problema di inquinamento con forti impatti di costo sociale, stimati dalla Stanford University in circa 220 dollari USA per tonnellata di CO2 immessa nell'atmosfera.
Anche alla luce di questo dato è necessario prevedere adeguate misure di valorizzazione per la riduzione dell'impatto ambientale di cui il settore del riuso è socialmente portatore.

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.
(Definizioni).

1. Ai fini della presente legge sono definiti beni usati i beni mobili materiali non registrati, di cui al terzo comma dell'articolo 812 del codice civile, già utilizzati e suscettibili di essere reimpiegati nello stato originario di fatto, previa preparazione per il riutilizzo ai sensi dell'articolo 7, comma 1, della presente legge. Restano salve in ogni caso le disposizioni di leggi speciali applicabili a specifiche tipologie di beni.
2. Ai fini della presente legge sono definiti operatori dell'usato i soggetti la cui attività è riferibile alla distrazione, raccolta, selezione, riparazione, restauro, preparazione per il riutilizzo, commercializzazione per conto di terzi, all'ingrosso e al dettaglio, di beni usati, nonché all'organizzazione, sotto forma di organismi collettivi, di fiere e di mercati dell'usato, identificati con un codice ATECO specifico per il settore.

Art. 2.
(Istituzione e compiti del Tavolo di lavoro permanente sul riutilizzo).

1. È istituito, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Tavolo di lavoro permanente sul riutilizzo, di seguito denominato «Tavolo», al quale partecipano rappresentanti del medesimo Ministero e dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) nonché delle associazioni più rappresentative a livello nazionale del settore dell'usato e dei principali operatori del settore, distinti per categoria.
2. Il Tavolo:

a) promuove la differenziazione nella gestione dei rifiuti favorendo, d'intesa con le pubbliche amministrazioni interessate, la selezione e la diversificazione degli oggetti, in modo da permettere agli operatori dell'usato un più facile accesso ai beni riutilizzabili;

b) fornisce pareri in materia di riutilizzo, preparazione per il riutilizzo e mercati dell'usato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

c) fornisce indicazioni utili per l'aggiornamento del Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti;

d) predispone e coordina la definizione di accordi di programma con regioni, enti locali, altri consorzi e aziende municipalizzate nella gestione dei rifiuti, al fine di favorire la valorizzazione dei mercati dell'usato e la creazione di un sistema integrato per la distrazione, il trasporto e lo stoccaggio di rifiuti e di beni destinati alla filiera del riuso;

e) favorisce il necessario raccordo tra le associazioni di categoria, gli operatori economici e le pubbliche amministrazioni;

f) favorisce la costruzione e la ristrutturazione di filiere locali dell'usato nonché la costruzione di reti commerciali in grado di assorbire i prodotti degli impianti di preparazione per il riutilizzo o dei centri del riuso accreditati;

g) organizza, in accordo con lo Stato, le regioni, gli enti locali e le altre pubbliche amministrazioni interessate, campagne dirette a favorire la conoscenza del riuso, favorendo la corretta partecipazione dei cittadini alle attività degli operatori dell'usato;

h) predispone accordi di programma, iniziative e azioni diretti all'orientamento professionale e alla formazione professionale continua nonché azioni dirette alla comunicazione e all'educazione ambientale.

Art. 3.
(Modifiche alla disciplina sul commercio).

1. Le attività esercitate dagli operatori dell'usato possono comprendere attività di carattere artigianale, commerciale e di servizi.
2. L'attività di vendita di beni usati è libera e non necessita dell'autorizzazione prevista dall'articolo 28, comma 4, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114. Tale autorizzazione è sostituita dalla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 luglio 1990, n. 241.
3. Nel caso dei mercati dell'usato e di libero scambio, la SCIA è presentata dall'organizzatore del mercato, che deve dichiarare quanti operatori sono presenti durante la manifestazione e trascriverne gli estremi identificativi in appositi registri. Tali documenti devono essere messi a disposizione delle autorità in caso di controlli durante i mercati o le manifestazioni e sono conservati per i cinque anni successivi. In caso di violazione delle disposizioni del presente comma la licenza è revocata.

Art. 4.
(Obblighi in materia di tracciabilità
dei beni usati).

1. Ai fini della prevenzione dei reati di ricettazione e di riciclaggio previsti dagli articoli 648 e 648-bis del codice penale, gli operatori dell'usato diversi dagli operatori per conto di terzi sono tenuti a raccogliere i dati identificativi, costituiti dal nominativo, dalla data e dal luogo di nascita e dal codice fiscale, dal tipo e dal numero di un documento di identità in corso di validità, dalla residenza e dal recapito telefonico, dei propri danti causa nelle cessioni di beni usati in conto proprio per un valore superiore a 100 euro per ogni singolo bene trattato, eccettuati i soggetti vulnerabili coinvolti nelle aree di libero scambio che devono fornire tali dati per le cessioni di beni usati per un valore superiore a 40 euro. I dati raccolti sono messi a disposizione dell'autorità di pubblica sicurezza, ove richiesto, e sono conservati per un periodo minimo di cinque anni dalla data della transazione. Agli operatori per conto di terzi, compresi i soggetti giuridici diversi dalle persone fisiche, si applica l'obbligo della tracciabilità previsto dall'articolo 115 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

Art. 5.
(Mercati dell'usato).

1. Ai fini della presente legge sono definiti mercati dell'usato:

a) i mercati storici, esistenti da almeno cinquanta anni e caratterizzati da una continuità merceologica dell'usato;

b) le fiere e i mercati caratterizzati da varietà merceologica dell'usato;

c) le fiere e i mercati caratterizzati dall'unitarietà merceologica dell'usato, quali fiere e mercati del libro, del fumetto, del disco e del design;

d) le aree di libero scambio realizzate per consentire l'attività di soggetti vulnerabili che non svolgono attività commerciali, facenti capo agli organismi collettivi di cui all'articolo 1, comma 2. Per svolgere la propria attività nelle aree di libero scambio, i soggetti di cui alla presente lettera devono essere in possesso di un'attestazione idonea, ai sensi della normativa vigente, a certificare che il loro reddito familiare calcolato ai fini dell'indicatore della situazione economica equivalente non è superiore a 9.000 euro.

Capo II
DISPOSIZIONI IN MATERIA
AMBIENTALE E URBANISTICA

Art. 6.
(Tutela dei mercati storici).

1. Le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni, qualora non abbiano già provveduto, sono tenuti a stabilire criteri idonei per l'attribuzione a un mercato della qualifica di storico, a valenza storica di tradizione o di particolare pregio. I medesimi enti sono altresì tenuti a favorire la conservazione della realtà storica salvaguardando i tratti caratteristici di tali mercati e incentivando la vendita di categorie merceologiche conformi a quelle presenti in passato o caratterizzanti la realtà locale. Le regioni si impegnano a stanziare annualmente parte dei fondi destinati alla valorizzazione della cultura per la promozione dei mercati storici.

Art. 7.
(Modifiche alla disciplina in materia di centri di raccolta e istituzione di un sistema integrato di gestione).

1. Ai fini del presente articolo sono definiti riutilizzo qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti e preparazione per il riutilizzo le operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui i prodotti o i componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, con proprio decreto da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, alla definizione di un catalogo esemplificativo di prodotti e di rifiuti di prodotti sottoposti a riutilizzo o a preparazione per il riutilizzo, nonché all'individuazione di criteri semplificati per la preparazione per il riutilizzo.
2. Al fine di facilitare la prevenzione nella produzione dei rifiuti garantita dalla filiera degli operatori dell'usato, i rifiuti urbani domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti a uso di civile abitazione, di cui all'articolo 184, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, non perdono tale classificazione di origine se sono conferiti al sistema di raccolta dagli operatori dell'usato di cui all'articolo 1, comma 2, della presente legge.
3. Presso ogni centro di raccolta è organizzata un'area apposita destinata alla separazione delle frazioni riutilizzabili, al fine di non riciclare oggetti suscettibili di essere riutilizzati e di garantire il loro non deterioramento.
4. Le pubbliche amministrazioni possono promuovere raccolte dedicate o metodi di raccolta che, compatibilmente con le esigenze tecniche ed economiche, consentano la destinazione dei rifiuti alla preparazione per il riutilizzo in attuazione dei criteri di priorità nella gestione dei rifiuti stabiliti dalla legislazione vigente. A tale scopo possono essere previsti gli adeguamenti tecnici necessari presso i centri di raccolta e l'istituzione di servizi di raccolta innovativi. I comuni e i gestori del servizio di raccolta dei rifiuti organizzano la filiera locale del riutilizzo in accordo con le reti locali di riutilizzo e di riparazione accreditate, che rappresentano attività commerciali, associazioni di operatori dell'usato, operatori hobbisti, organizzatori di mercati dell'usato, cooperative ed enti di solidarietà.
5. Con apposito decreto da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare definisce le modalità per assicurare il coordinamento delle disposizioni del presente articolo con quelle del comma 1-bis dell'articolo 180-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e dei provvedimenti adottati ai sensi del medesimo articolo 180-bis.

Art. 8.
(Insediamento degli operatori dell'usato
nel territorio urbano).

1. Le attività degli operatori dell'usato possono essere esercitate, a parità di condizioni con gli altri operatori del commercio, in spazi a destinazione urbanistica di tipo produttivo-artigianale o commerciale finalizzata al mantenimento e all'espansione delle potenzialità economico-produttive del territorio urbano.

Capo III
DISPOSIZIONI IN MATERIA FISCALE
E PREVIDENZIALE

Art. 9.
(Misure fiscali e previdenziali).

1. In quanto settore di pubblica utilità, gli enti locali prevedono apposite misure di agevolazione, incentivo e defiscalizzazione in favore del riutilizzo, anche al fine di favorire l'emersione dello stesso settore.
2. Tenuto conto del positivo impatto sull'ambiente e sulla salute umana del riutilizzo, nonché della sua importanza e strategicità per lo sviluppo socio-economico locale, l'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) per l'immissione in commercio dei beni usati e dei servizi a esso collegati è stabilita in misura pari a quella prevista per gli oggetti di antiquariato ai sensi dell'articolo 39 del decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85.
3. Ai fini delle tariffe locali sui rifiuti, gli enti locali tengono conto della valenza ambientale delle attività di riutilizzo, in attuazione del principio «chi inquina paga», prevedendo apposite agevolazioni.

Capo IV
DISPOSIZIONI FINALI

Art. 10.
(Lavoro e formazione).

1. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede all'inserimento nei programmi dedicati all'orientamento e alla formazione professionali di adeguate informazioni sulle attività del settore dell'usato e sul riutilizzo, nonché alla promozione di tali attività attraverso i servizi di orientamento al lavoro e di creazione d'impresa e il sito web istituzionale dello stesso Ministero, nonché di ogni altro mezzo di comunicazione ritenuto idoneo.
2. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali individua, altresì, gli strumenti necessari per favorire l'accesso da parte degli operatori dell'usato a eventuali fondi dell'Unione europea e a ulteriori forme di agevolazione in materia di lavoro e di formazione professionale.

Art. 11.
(Educazione e sensibilizzazione ambientali).

1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede all'inserimento, nei programmi dedicati alla prevenzione della produzione di rifiuti e all'educazione e alla comunicazione ambientali, di azioni e di interventi sulle attività del settore dell'usato, sul riutilizzo e sulla preparazione per il riutilizzo.
2. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare individua, altresì, gli strumenti necessari per favorire l'accesso da parte degli operatori dell'usato a eventuali fondi dell'Unione europea e a ulteriori forme di agevolazione in materia di politiche culturali, educative e di sensibilizzazione di carattere ambientale.

Art. 12.
(Obiettivi di riutilizzo e di preparazione per il riutilizzo, di riduzione di emissioni di anidride carbonica e di consumo energetico).

1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in conformità alle norme dell'Unione europea, fissa obiettivi quantitativi di riutilizzo e di preparazione per il riutilizzo, nonché di riduzione delle emissioni di anidride carbonica e del consumo energetico conseguenti allo sviluppo del settore dell'usato e del riutilizzo. A tali fini, le relative attività possono essere accreditate quali certificati verdi o bianchi.

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