PDL 1054

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1054

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
LIUZZI, BARBUTO, LUCIANO CANTONE, CARINELLI, DE GIORGI, DE GIROLAMO, DE LORENZIS, DI LAURO, FICARA, FLATI, GIORDANO, GRIPPA, NESCI, RAFFA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SERRITELLA, TERMINI

Modifiche alla legge 31 luglio 1997, n. 249, e al testo unico di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e altre disposizioni in materia di composizione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, di organizzazione della società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo e di vigilanza sullo svolgimento del medesimo servizio

Presentata il 2 agosto 2018

torna su

Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge persegue, in particolare, l'obiettivo di garantire l'indipendenza della RAI-Radiotelevisione italiana Spa, società concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale. Il servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale può ancora svolgere un ruolo cruciale nel favorire il dibattito pubblico, garantire la più ampia espressione del pluralismo politico e sociale nonché contribuire a sviluppare il senso critico, civile ed etico della collettività. Inoltre, proprio in virtù del suo stretto collegamento con le basi democratiche dello Stato, il servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale deve ambire a rivestire un vero e proprio ruolo contro-maggioritario nella società, di contrappeso e di controllo rispetto ai poteri costituiti.
Tuttavia, occorre rifuggire dalla visione, di matrice illuministica, secondo la quale è sufficiente cambiare le regole per cambiare le istituzioni politiche, sociali e culturali. Non di rado, infatti, gli interventi di cosiddetta «ingegneria istituzionale» producono effetti perfino opposti a quelli auspicati. Le regole, per quanto dettagliate, non sono in grado di prefigurare tutte le fattispecie e i comportamenti del vivere quotidiano. Molte volte, del resto, ci siamo trovati di fronte agli escamotage, alle scappatoie, magari annidate nelle fisiologiche lacune dei testi normativi. Fatta la legge, trovato l'inganno, recita un antico proverbio.
Dunque, al fine di realizzare una piena indipendenza del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, le regole costituiscono un presupposto necessario, ma devono necessariamente accompagnarsi a un mutamento della mentalità, al radicamento della cultura dell'imparzialità, fra gli operatori del servizio pubblico e, soprattutto, nella classe politica, la quale fino ad oggi ha considerato la RAI un territorio da occupare, uno strumento subordinato ai propri interessi, un luogo dove costituire un proprio feudo, secondo quella malintesa ma purtroppo cristallizzata concezione del pluralismo politico come spartizione di uno spazio pubblico, sommatoria delle opinioni piuttosto che luogo neutrale di rappresentazione della diversità politica, sociale e culturale del Paese. Così frainteso, il pluralismo politico ha finito nella prassi per contrapporsi a quei princìpi di imparzialità e di indipendenza dei quali avrebbe invece dovuto costituire un corollario.
La presente proposta di legge si concentra prevalentemente sulla forma di governo della RAI, da un lato modificando la procedura di nomina del consiglio di amministrazione, in modo tale da prevenire alla radice l'influenza dei partiti e del Governo sui vertici della società concessionaria, e dall'altro rivisitando il quadro del funzionamento e dell'organizzazione interna dell'azienda, senza tuttavia metterne in discussione l'attuale natura giuridica. Ulteriori disposizioni riguardano la vigilanza sul corretto adempimento degli obblighi e delle finalità del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, che non sarà più affidata a un organismo bicamerale ad hoc.
Vi è la piena consapevolezza che il tema della struttura di governo della RAI è strettamente connesso ad altri aspetti del sistema pubblico radiotelevisivo, che necessitano anch'essi di essere prontamente rivisitati.
In primo luogo, è da chiedersi se la piena indipendenza dell'emittente pubblica non sia insidiata in radice dall'attuale assetto dei rapporti tra la RAI e il suo azionista, ossia il Ministero dell'economia e delle finanze. Vi è, infatti, chi ravvisa una contraddizione fra la necessità di un consiglio di amministrazione indipendente dal potere politico e la permanenza di un forte ruolo governativo nell'indirizzo e nelle scelte del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale. Tale ruolo si esplica oggi attraverso la stipulazione di un contratto fra la RAI e il Ministero dello sviluppo economico, quel contratto di servizio che costituisce appunto lo strumento attraverso cui il pluralismo e gli altri princìpi del servizio pubblico si dovrebbero inverare nella quotidianità del prodotto radiotelevisivo. La stessa Corte costituzionale, in due note sentenze del 1976, sottolineò la necessaria neutralità del potere esecutivo in questo ambito.
Una possibile linea di riforma potrebbe essere quella di definire più compiutamente, a livello legislativo, il perimetro di azione, i contenuti, gli obiettivi e le finalità del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, così da vincolare in modo più stringente la contrattazione fra il Ministero dello sviluppo economico e la società concessionaria. In alternativa, il contratto di servizio potrebbe mutare la sua natura e divenire, ad esempio, una Carta di obblighi stipulata dall'emittente pubblica con lo Stato, sulla falsariga della Royal Charter britannica, eventualmente corredata di un contratto contenente norme meramente esecutive e di dettaglio. Un tale processo di ricostruzione dei princìpi e delle finalità del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale potrebbe avvenire nella forma di una consultazione ampia che coinvolga un largo numero di soggetti, espressione dello Stato-comunità. Del resto, dall'esperienza comparata possono essere tratti validi suggerimenti. Il processo di revisione della Royal Charter, condotto attraverso una partecipazione ampia della cittadinanza, ha visto il Governo in una posizione molto defilata; un'efficace azione di coordinamento è stata invece svolta dall'autorità di settore (l’Office of communications), mentre il Parlamento è intervenuto soltanto a valle, per l'approvazione della Carta, senza possibilità di emendarne il testo.
Tuttavia, l'aspetto cruciale – trasversale ai diversi ambiti di intervento in materia – è costituito dalla qualità della programmazione della RAI. La rilegittimazione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, infatti, passa oggi non soltanto attraverso il nodo dell'indipendenza, ma anche attraverso la distinzione della programmazione e la qualità dei contenuti. Ciò non significa affatto abbracciare una concezione elitaria, di nicchia, del servizio pubblico, che consideri la qualità come qualcosa di ontologicamente incompatibile con l’audience e la cultura come genere televisivo, al pari dell'intrattenimento o dello sport. Al contrario, per distinguersi dai concorrenti della televisione commerciale e recuperare al più presto una propria identità nel mercato, i concetti di qualità e di cultura dovrebbero permeare l'intera programmazione dell'azienda. Anche i programmi di intrattenimento e quelli di prima serata possono divenire più colti, arguti e interessanti, senza abdicare all'obiettivo di raggiungere il più ampio numero di spettatori. Qualità e cultura possono divenire, in sostanza, dei criteri e dei codici di comportamento in grado di informare tutti i generi della programmazione dell'emittente pubblica.
L'esigenza di maggiore qualità nella programmazione si collega poi direttamente al tema delle fonti di finanziamento del servizio pubblico, che allo stato attuale sono costituite dal doppio canale del canone di abbonamento e della pubblicità commerciale. In altri ordinamenti, il recupero di credibilità e di qualità del servizio pubblico è stato perseguito proprio attraverso l'eliminazione della pubblicità commerciale. Anche in Italia si propone, da più parti, il mantenimento del solo finanziamento pubblico, almeno per uno dei canali della società concessionaria. Tale soluzione sarebbe percorribile e coerente con la missione della RAI, sia pure con alcuni necessari accorgimenti: da un lato, la previsione di nuove modalità di riscossione, in grado di contrastare il livello di evasione attuale, e di un sistema più articolato di esenzioni e di modulazioni del contributo dei soggetti obbligati in base al reddito; dall'altro, la certezza della destinazione e dell'entità del contributo, sottraendo quest'ultimo alle oscillazioni delle manovre finanziarie.
Gli ambiti di intervento appena richiamati suggerirebbero una trattazione congiunta nell'ambito di una proposta di legge organica. La presente proposta di legge, invece, interviene in modo radicale ma mirato sull'impianto del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo n. 177 del 2005, di seguito denominato «testo unico». La scelta è stata dettata dalla consapevolezza che il tema della struttura di governo della società concessionaria sia quello più urgente da affrontare.
Inoltre, dal ridisegno della composizione e delle funzioni degli organi di governo della società concessionaria possono derivare effetti positivi anche per il raggiungimento di altri obiettivi, fra i quali l'efficienza dell'assetto societario, la maggiore qualità e differenziazione della programmazione e l'innovazione nella fruizione dei contenuti audiovisivi. Per quanto riguarda tale ultimo aspetto, occorre sottolineare che l'innalzamento tecnologico della RAI è ormai improcrastinabile in un contesto di mercato caratterizzato, da un lato, dalla progressiva frammentazione del pubblico e dalla crescente specificità dell'offerta, dall'altro dalla rapida convergenza tra media e telecomunicazioni, cioè tra contenuti e infrastrutture di rete. E mentre nel Paese si tirano le somme della transizione al digitale terrestre, in altri ordinamenti nuovi soggetti over the top, come ad esempio Netflix, conquistano sempre più spazio nel mercato audiovisivo e si apprestano ad approdare in Italia non appena il livello di copertura e di ampiezza della banda larga avrà raggiunto dimensioni adeguate alle esigenze della piattaforma. Del resto, di fronte a tale scenario stanno prendendo vita anche in Italia accordi strategici tra gli operatori attivi sul digitale terrestre e sul satellite e le grandi compagnie telefoniche.
Per quanto riguarda la procedura di nomina dei consiglieri di amministrazione della RAI, la presente proposta di legge affida un ruolo di regia, sia pure non discrezionale, all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM). La garanzia che l'AGCOM svolga la propria attività, per definizione, in modo indipendente, non passa soltanto attraverso il nodo delle maggioranze necessarie per l'elezione dei suoi vertici, ma si collega in modo determinante alla presenza o all'assenza di determinati requisiti per la nomina dei componenti. Non è infatti coerente con la natura intrinseca e con le finalità delle authority la possibilità che i componenti, a prescindere dalle competenze, provengano dal mondo politico (articolo 1). Altre disposizioni, quindi, prevedono che non possano essere nominati componenti dell'AGCOM i soggetti che nei cinque anni precedenti la nomina abbiano ricoperto cariche governative o di rappresentanza politica, e che i componenti, nel corso del mandato, non possano rivestire ruoli nei partiti e movimenti politici. È giocoforza che le nuove regole per l'elezione dei vertici dell'AGCOM debbano necessariamente entrare in vigore alla scadenza del mandato dell'attuale consiglio della stessa Autorità.
L'articolo 2, nel rinnovare la concessione alla RAI per altri dieci anni, ridisegna la procedura di nomina del consiglio di amministrazione. Per quanto non espressamente previsto, la natura giuridica della società concessionaria resta quella della società per azioni. Il numero dei consiglieri è ridotto a cinque, compresi il presidente e l'amministratore delegato, che restano in carica per cinque anni senza possibilità di rinnovo.
All'AGCOM è affidato il compito di predisporre un avviso pubblico per sollecitare le candidature alla carica di consigliere di amministrazione.
Il secondo elemento qualificante della proposta di legge è costituito dall'obbligo per i candidati di inviare all'AGCOM, unitamente al proprio curriculum, un elaborato sulla propria visione strategica del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, concernente l'area di competenza per la quale essi concorrono. Nell'avviso di sollecitazione pubblica, l'AGCOM definirà puntualmente i criteri di redazione dell'elaborato e del curriculum.
Il terzo punto qualificante della proposta di legge è costituito proprio dalla ripartizione dei consiglieri in aree di competenza. L'individuazione di queste competenze trae origine dalle sfide che la RAI è chiamata ad affrontare nel prossimo futuro, ad alcune delle quali si è già accennato: la qualità e l'identità culturali della programmazione; lo sviluppo tecnologico, con particolare riferimento allo sviluppo del sito web della RAI, all'integrazione dei mezzi di comunicazione e alle diverse modalità di fruizione dei contenuti; la commercializzazione verso l'estero di prodotti audiovisivi di qualità.
Coerentemente con tali finalità, si propone l'individuazione di consiglieri di amministrazione che, da un lato, abbiano maturato una significativa esperienza manageriale nei settori della radiotelevisione, delle nuove tecnologie dell'informazione e delle reti di comunicazione elettronica e, dall'altro, siano in possesso di competenze distinte e specifiche, la cui sinergia potrà consentire alla RAI di affrontare le sfide che l'attendono. Appaiono obsoleti, infatti, i requisiti previsti dalla normativa vigente per la carica di consigliere di amministrazione della RAI, che ricalcano quelli necessari per l'elezione dei giudici costituzionali. Da qui, dunque, la tripartizione dei consiglieri di amministrazione per aree di competenza: due provenienti dai settori dell'audiovisivo e delle reti di comunicazione elettronica con competenze giuridico-economiche; un componente, proveniente dai medesimi settori, con competenze tecnico-scientifiche; infine, coerentemente con la funzione di indirizzo strategico che il consiglio di amministrazione è chiamato ad assolvere anche sul piano dei contenuti, due consiglieri provenienti dal mondo degli autori, dei capi-progetto e degli ideatori di programmi radiotelevisivi.
Accanto ai requisiti professionali posseduti dai candidati, l'AGCOM dovrà altresì accertare la sussistenza di requisiti di indipendenza (cioè non aver ricoperto cariche governative, politiche elettive e partitiche nei cinque anni precedenti la nomina), nonché requisiti di onorabilità mutuati da altri settori (ad esempio, non trovarsi in stato di interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici e non aver riportato, con sentenze definitive, condanne alla reclusione per taluno dei delitti in materia di società).
Esaurita la fase delle auto-candidature, l'AGCOM pubblica nel proprio sito internet istituzionale l'elenco dei candidati in possesso dei requisiti che, essendo stabiliti dalla legge e definiti nell'avviso di sollecitazione pubblica, possono essere agevolmente verificati. Successivamente, l'AGCOM procede al sorteggio dei nominativi per ciascuna area di competenza.
Proprio il sorteggio costituisce il quarto punto qualificante della proposta di legge. Il meccanismo del sorteggio sta vivendo negli ultimi anni una riscoperta, non soltanto da parte della dottrina politologica e costituzionalistica, ma anche nell'esperienza concreta degli ordinamenti democratici, come testimonia lo straordinario processo di revisione della Costituzione islandese, che poco meno di otto anni fa ha visto la formazione di un'assemblea costituente composta da quasi mille cittadini estratti a sorte per discutere e condividere i valori e i princìpi fondamentali della nuova Carta. Inoltre, il sorteggio è alla base di virtuose esperienze di autogoverno locale (si pensi, ad esempio, alle giurie cittadine berlinesi) nonché di esperimenti che necessiterebbero oggi di essere quanto più possibile discussi e condivisi. Il riferimento è ai sondaggi deliberativi ideati dal politologo James Fishkin, attraverso i quali gruppi di cittadini estratti a sorte vengono informati su determinati temi pubblici, ne discutono, si confrontano e infine pervengono a deliberazioni, nel senso più alto del termine. Un altro ambito di applicazione del sorteggio è quello delle giurie popolari della corte di assise e della corte di assise d'appello, composte da cittadini estratti a sorte da apposite liste. Non è un caso che tale meccanismo sia adoperato nell'ambito del potere indipendente per definizione, appunto quello giudiziario; la stessa logica, con i dovuti accorgimenti, può essere applicata al servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, i cui tratti distintivi sono l'imparzialità, l'indipendenza, la distanza e la funzione di contrappeso rispetto ai poteri costituiti. Vi è infine chi, anche nel dibattito italiano, si è spinto a proporre il meccanismo del sorteggio per l'elezione dei deputati e dei senatori, muovendo dal presupposto che la sorte sia un metodo connaturato agli stessi ideali democratici, una procedura che realizza appieno il principio dell'eguaglianza politica dei cittadini. Le ragioni di questa riscoperta risiedono, in larga parte, nella crisi di rappresentanza delle istituzioni politiche – più precisamente dei tradizionali filtri tra società e istituzioni – da cui nasce l'esigenza di aumentare il numero degli istituti e delle pratiche di democrazia diretta, a riequilibrio della componente rappresentativa.
Nella presente proposta di legge il sorteggio costituisce dunque l'elemento fondamentale della procedura di nomina del consiglio di amministrazione della RAI. La ragione essenziale di questa scelta, per le ragioni esposte, si collega alla necessità di una netta indipendenza della RAI dalle forze politiche e, più ancora, dal potere governativo. Numerose sono le soluzioni fino ad oggi prospettate, ma nessuna appare in grado di recidere definitivamente questi legami, che sono esiziali per la missione che il servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale è chiamato a svolgere. Inoltre, l'adozione del sorteggio in questo ambito potrebbe indurre a valutarne l'applicazione per la scelta dei soggetti da preporre anche ad altre cariche pubbliche. Naturalmente, non essendo un organo di rappresentanza politica, il consiglio di amministrazione di un'azienda come la RAI deve possedere elevate e peculiari competenze professionali, proprio per affrontare efficacemente le complesse sfide descritte. E dunque, ai fini di ridurne al massimo grado l'aleatorietà e di realizzare contemporaneamente gli obiettivi di indipendenza e di competenza, il meccanismo del sorteggio è stato integrato da due elementi fondamentali, cui si è già accennato:
1) la definizione di puntuali requisiti per proporre la candidatura a consigliere di amministrazione, requisiti ulteriormente specificati dall'AGCOM in sede di stesura dell'avviso di sollecitazione pubblica, che garantisce un'adeguata selezione e il possesso di qualificate competenze;
2) l'intervento, a valle della procedura, delle Commissioni parlamentari competenti. Chiunque intenda candidarsi, infatti, non soltanto deve soddisfare i requisiti professionali individuati dalla legge, ma è tenuto anche a presentare un elaborato sulla propria visione strategica del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale in relazione all'area per cui intende concorrere. Inoltre, il candidato è consapevole del fatto che, in caso di estrazione del proprio nominativo, dovrà discutere l'elaborato pubblicamente, dinanzi alle Commissioni parlamentari competenti, che a maggioranza dei due terzi potranno esprimere un parere sfavorevole nei confronti del soggetto audìto e richiedere all'AGCOM l'estrazione di un altro nominativo nella medesima area di competenza. Sarà poi la fonte regolamentare, nella sua autonomia, a individuare l'organo competente e a disciplinare le modalità di esercizio di questa funzione e le forme di pubblicità delle audizioni.
Entrambi i fattori, in sostanza, mirano a rendere praticabile ed efficace il meccanismo del sorteggio, nell'ambito di un bacino più selezionato di candidati, lasciando alle Camere una sorta di potere di veto qualora dall'audizione emerga l'inidoneità o l'inadeguatezza del candidato a ricoprire la carica di consigliere di amministrazione della RAI.
La fase di audizione dei candidati non potrà comunque protrarsi oltre il termine di sessanta giorni dal suo avvio. Decorso il termine, il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, procederà comunque a nominare consiglieri di amministrazione i candidati sorteggiati. Nel medesimo decreto il Ministro avrà facoltà di indicare il presidente. Qualora egli non eserciti tale facoltà, il presidente sarà scelto con deliberazione del consiglio di amministrazione. La presente proposta di legge mira pertanto a limitare al massimo grado l'influenza del Governo – che attraverso il Ministero dell'economia e delle finanze è azionista pressoché totalitario della RAI – sulla struttura e sulle attività del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale. Si tratta infatti della scelta più aderente alle costanti raccomandazioni del Consiglio d'Europa in materia e alla giurisprudenza della Corte costituzionale, che nella sentenza n. 69 del 2009 ha richiamato con forza il principio (già affermato nella storica pronuncia n. 225 del 1974) secondo il quale è indispensabile che gli organi direttivi della RAI non siano «direttamente o indirettamente espressione, esclusiva o preponderante del potere esecutivo».
Per ribadire, dunque, che la RAI appartiene formalmente al potere esecutivo, ma sostanzialmente alla collettività, l'articolo 2 della proposta di legge afferma che «Il Ministero dell'economia e delle finanze esercita le sue attribuzioni quale socio di maggioranza della RAI-Radiotelevisione italiana Spa con la massima trasparenza e nell'esclusivo interesse degli utenti del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale». Analogamente, sempre al fine di tutelare i consiglieri di amministrazione dalle eventuali pressioni del potere esecutivo, l'articolo 49-bis, comma 12, del testo unico, introdotto dall'articolo 3 della proposta di legge, stabilisce che le azioni di revoca degli amministratori debbano essere disposte dall'assemblea degli azionisti in conformità al parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti, espresso con la maggioranza dei due terzi dei componenti.
Per i consiglieri e per il presidente del consiglio di amministrazione è previsto un regime di rigida incompatibilità con qualsiasi incarico pubblico o privato, nonché con l'esistenza di un qualsiasi interesse nelle imprese operanti nei settori della comunicazione, dell'audiovisivo, della pubblicità o in qualunque altro settore relativo alla fornitura e alla somministrazione di beni e servizi alla RAI o alle società collegate.
L'articolo 3 interviene in modo specifico sulla struttura di governo dell'azienda, nel tentativo di avvicinare maggiormente la concessionaria pubblica al modello della società per azioni delineato dal codice civile. Resta comunque viva la necessità di mantenere alcune deroghe al modello stesso, proprio in virtù della peculiare funzione democratica che la RAI è chiamata a svolgere.
Attualmente, com'è noto, la struttura aziendale della RAI delineata nel testo unico si discosta significativamente dal modello di società per azioni tipizzato dal codice civile, presentando qualche elemento di confusione nella ripartizione delle competenze tra i due organi cardine del governo dell'azienda: il consiglio di amministrazione e il direttore generale.
Al direttore generale, nominato d'intesa dall'assemblea e dal consiglio di amministrazione, sono infatti attribuiti poteri estesi, per certi versi ancora più penetranti rispetto a quelli di un amministratore delegato. Allo stesso tempo, tuttavia, non essendo un amministratore, egli deve contrattare continuamente le decisioni con il consiglio di amministrazione affinché siano da questo condivise. Dall'altro lato, il consiglio di amministrazione è chiamato ad approvare una molteplicità di atti ma allo stesso tempo non esercita una reale gestione aziendale, a causa degli ampi poteri che lo statuto conferisce al direttore generale.
Il quinto aspetto qualificante della proposta di legge è pertanto costituito dalla trasformazione del consiglio di amministrazione in un organo non soltanto di gestione, ma anche di indirizzo strategico della società, in relazione alle seguenti finalità: a) sviluppo del prodotto audiovisivo nazionale sul mercato estero; b) sviluppo tecnologico della RAI, ormai improcrastinabile dinanzi alla crescente fruizione dei contenuti attraverso la banda larga mobile e fissa; c) innalzamento della qualità della programmazione.
Si tratta, in sostanza, dei tre ambiti oggetto delle linee-guida sul contenuto degli ulteriori obblighi del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale che l'AGCOM, prima di ciascun rinnovo quinquennale del contratto di servizio, è tenuta a dettare ai sensi dell'articolo 45, comma 4, del testo unico. Non a caso, la proposta di legge stabilisce che il consiglio di amministrazione svolge tale funzione di indirizzo strategico «coerentemente con le linee-guida (...) e con le disposizioni del contratto di servizio». Si è cercato, dunque, di creare una simmetria o, più correttamente, di mettere a sistema le linee-guida dettate dall'AGCOM, l'indirizzo strategico concretamente perseguito dal consiglio di amministrazione e le competenze dei consiglieri attraverso la tripartizione economico-giuridica, creativo-editoriale e tecnico-scientifica.
La soluzione proposta è dunque quella di mantenere attribuita al consiglio di amministrazione la funzione di indirizzo strategico, che in altri progetti di legge in materia è trasferita ad altri organismi: il Consiglio degli utenti, una fondazione ad hoc, un consiglio di sorveglianza nella forma tipica del cosiddetto «modello duale» delle società per azioni (articoli da 2409-octies a 2409-quinquiesdecies del codice civile). Alla luce dell'attuale quadro normativo e istituzionale, occorre scongiurare la superfetazione degli organi di governo del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale. I citati organismi, infatti, sono proposti in linea teorica come organi-diaframma, come strumenti a garanzia dell'indipendenza del servizio pubblico dal potere politico, ma nella pratica rischiano di subire le stesse influenze, di riprodurre le stesse distorsioni a cui assistiamo da molto tempo. Piuttosto che la creazione di nuovi organi di governo, sembra preferibile assicurare al consiglio di amministrazione indipendenza e autonomia d'azione maggiori, senza però rinunciare a un sistema di controllo diffuso della programmazione della RAI, sia in termini di qualità sia in termini di coerenza con le prescrizioni normative e con gli indirizzi strategici formulati dal consiglio di amministrazione.
I meccanismi di controllo sono infatti ripartiti tra diversi soggetti:
a) le Commissioni parlamentari competenti possono sempre convocare in audizione i vertici della società concessionaria, un'attribuzione che spetta al Parlamento in quanto luogo della rappresentanza di tutti i cittadini e dunque soggetto naturalmente competente a vigilare sulle società a partecipazione pubblica che erogano servizi e che, specificamente nel caso della RAI, svolgono funzioni altamente rilevanti per l'ordinamento democratico;
b) l'AGCOM verifica annualmente l'osservanza da parte della RAI degli obblighi ulteriori di servizio pubblico e degli indirizzi strategici, attraverso la duplice metodologia qualitativa e quantitativa. Del resto, l'articolo 48 del testo unico già attribuisce all'AGCOM il penetrante compito «di verificare che il servizio pubblico generale radiotelevisivo venga effettivamente prestato ai sensi delle disposizioni di cui al presente testo unico, del contratto nazionale di servizio e degli specifici contratti di servizio conclusi con le regioni e con le province autonome di Trento e di Bolzano, tenendo conto anche dei parametri di qualità del servizio e degli indici di soddisfazione degli utenti definiti nel contratto medesimo». A tale riguardo, sempre al fine di mettere a sistema le linee-guida dell'AGCOM, l'indirizzo del consiglio di amministrazione della RAI e la verifica del perseguimento degli obiettivi strategici, l'articolo 4 della proposta di legge modifica l'articolo 48, comma 9, del testo unico, precisando che nella sua relazione annuale l'AGCOM dà conto dei risultati del controllo, «attribuendo in ogni caso autonoma rilevanza alla verifica dei risultati concernenti: a) lo sviluppo e la commercializzazione del prodotto audiovisivo nazionale verso l'estero; b) l'innovazione tecnologica, con particolare riguardo allo sviluppo del portale della società RAI-Radiotelevisione italiana Spa e alla fruizione dei contenuti audiovisivi sui dispositivi e sulle piattaforme esistenti; c) la qualità e le esigenze culturali della programmazione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale»;
c) i cittadini, cioè i fruitori del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, esercitano il controllo diffuso, più pregnante perché svolto attraverso forme realmente efficaci di verifica del gradimento e della qualità della programmazione. Al fine di rafforzare la responsabilità dell'azienda nei confronti dei cittadini, la proposta di legge introduce infatti il Piano per la trasparenza e per la comunicazione aziendale, che costituisce il sesto punto qualificante.
Il Piano assolve la funzione di rendere conoscibili a tutti gli utenti (in regola con il pagamento del canone o esentati da esso) gli atti e le informazioni sull'attività del consiglio di amministrazione, i dati sugli investimenti destinati ai prodotti audiovisivi italiani, le informazioni dettagliate sui curricula e sui compensi percepiti da dirigenti, collaboratori e consulenti, i criteri e le modalità per l'assegnazione degli appalti di qualunque tipo e, infine, i dati risultanti dalla verifica del gradimento della programmazione della RAI. Infatti, ciò che deve distinguere l'operato della RAI è il dialogo, l'interscambio costante con l'utenza, in mancanza del quale risulta più difficile lo stesso perseguimento degli obiettivi di servizio pubblico normativamente prescritti.
Fra gli ambiti interessati dal Piano, merita soffermarsi su quello relativo all'assegnazione degli appalti, che riveste una cruciale importanza. Una consolidata giurisprudenza riconduce la RAI, in quanto società partecipata quasi interamente dallo Stato, alla nozione di impresa pubblica, o addirittura di «organismo di diritto pubblico» (Corte di cassazione, sezioni unite, sentenza n. 10443 del 2008) che opera nel settore delle telecomunicazioni. In quanto tale, la RAI è tenuta ad osservare la normativa dell'Unione europea in materia di appalti – cioè le procedure ad evidenza pubblica mediante l'indizione di gare aperte – per tutti i contratti non aventi ad oggetto i servizi radiotelevisivi in senso stretto. Nella XVII legislatura, la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi ha avanzato alla società concessionaria richieste di maggiore trasparenza proprio sugli appalti radiotelevisivi, non coperti dalla normativa europea. In particolare, una maggiore trasparenza è stata richiesta con riferimento alle società di produzione di fiction. In risposta a ciò, la RAI ha sostenuto di non essere tenuta a fornire parte della documentazione richiesta, in quanto relativa ad «atti di carattere gestionale» sui quali «prevalgono motivi di riservatezza». Tuttavia, i profili di riservatezza oppure quelli concorrenziali, pure talvolta invocati, appaiono recessivi rispetto al principio di trasparenza e all'esigenza che gli utenti del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale siano messi nelle condizioni di sapere come vengono gestite le ingenti risorse dell'azienda per l'attività radiotelevisiva. Per questo si è ritenuto di stabilire con legge il principio per cui la RAI, nella più generale operazione di trasparenza, indichi i criteri e le modalità con cui vengono assegnati lavori e forniture di qualsiasi tipo, senza distinzione tra attività radiotelevisiva e no.
Tornando all'assetto societario, una modifica significativa è rappresentata dalla sostituzione della figura del direttore generale con quella dell'amministratore delegato, scelto all'interno dello stesso consiglio di amministrazione. Al fine di avvicinare la forma di governo della RAI al modello della società per azioni, nonché di valorizzarne quanto più possibile l'autonomia gestionale, la presente proposta di legge affida a una delibera del consiglio di amministrazione anche il compito di stabilire l'estensione della delega, le modalità del suo esercizio e le modalità di revoca. Tuttavia, per non sconfessare la funzione strategica attribuita al consiglio di amministrazione nella sua collegialità e in quanto centro di competenze distinte che necessitano di trovare una loro sintesi avanzata, si stabilisce che non possono essere delegate talune funzioni puntualmente individuate.
Al presidente del consiglio di amministrazione, inoltre, non possono essere conferite deleghe di gestione e di amministrazione della società. I suoi compiti sono puntualmente definiti dalla proposta di legge e, in quanto compatibili, dalle disposizioni del codice civile in materia di società per azioni.
Il settimo punto qualificante della proposta di legge è una nuova disciplina delle nomine dei dirigenti, volta a introdurre il principio di trasparenza nell'individuazione delle figure dirigenziali. Secondo quanto stabilito dal comma 5 dell'articolo 49-bis del testo unico, introdotto dall'articolo 3 della proposta di legge, il consiglio di amministrazione rende anzitutto conoscibili i posti dirigenziali disponibili, gli obiettivi e i criteri generali di scelta; in un secondo momento, acquisita la disponibilità degli interessati, procede alla scelta fra soggetti in possesso di particolare e comprovata competenza rispetto all'incarico da assegnare.
Viene introdotto, inoltre, una sorta di spoil system per i dirigenti esterni di nomina fiduciaria. Fino ad oggi, infatti, è invalsa la prassi per cui ciascun direttore generale ha potuto nominare su base fiduciaria un numero indefinito di dirigenti, i quali sono poi stabilmente entrati nella dotazione organica dell'azienda: una prassi che ha determinato un netto sbilanciamento nel rapporto tra dirigenti e dipendenti e che deve essere interrotta. Per questa ragione la proposta di legge prevede la decadenza dei dirigenti esterni, fatta salva una minore durata dell'incarico, entro sessanta giorni dalla cessazione del mandato del consiglio di amministrazione. Inoltre, i commi 10 e 11 del citato articolo 49-bis applicano ai consiglieri di amministrazione, con deleghe o no, ai dirigenti e a tutto il personale a vario titolo assunto dalla RAI il limite massimo retributivo previsto dalla normativa vigente per le pubbliche amministrazioni e le società pubbliche. Tale disposizione appare necessaria anche alla luce delle incertezze che vi sono state circa l'applicabilità al personale della RAI dei limiti relativi ai compensi degli amministratori e dei dipendenti delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni.
L'ultimo aspetto qualificante della proposta di legge consiste nella soppressione della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (di seguito denominata «Commissione di vigilanza»), le cui attribuzioni si sono progressivamente ridimensionate, sia per effetto di interventi legislativi sia per prassi. Oggi una delle attribuzioni più rilevanti della Commissione consiste nella regolamentazione del pluralismo politico nella programmazione diffusa dalla RAI, mediante deliberazioni ad hoc, le quali sostanzialmente ricalcano quelle adottate dall'AGCOM per l'emittenza radiotelevisiva privata e locale. Alla sola AGCOM, tuttavia, la legge attribuisce una decisiva funzione di controllo, che si esplica attraverso il potere sanzionatorio in caso di inosservanza delle norme in materia di par condicio, sia da parte delle emittenti private che da parte del servizio pubblico. Questa sorta di governo bicefalo del pluralismo politico radiotelevisivo non appare oggi più sorretto da valide giustificazioni. Infatti, qualora si volesse riconoscere una specificità degli obblighi del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale in materia di par condicio, sarebbe certo più opportuno intervenire sulla legge n. 28 del 2000 e prevedere, semmai, norme più specifiche che distinguano il ruolo della RAI da quello delle emittenti private. In assenza di tale specificità, non si comprende la duplicazione di funzioni, tanto più che le deliberazioni dell'AGCOM sono impugnabili davanti al giudice amministrativo, mentre le deliberazioni della Commissione di vigilanza, non avendo natura di atto amministrativo, sono insindacabili.
Anche le funzioni di indirizzo tipiche della Commissione di vigilanza hanno subìto un progressivo ridimensionamento, ancora una volta per effetto dell'estensione del raggio d'azione dell'AGCOM anche nel campo dei contenuti della programmazione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale. Il testo unico, infatti, attribuisce all'AGCOM sia il compito di dettare le linee-guida sul contratto di servizio, sia quello di avviare l'istruttoria (ed eventualmente irrogare le sanzioni amministrative pecuniarie) qualora la società concessionaria pubblica sia inadempiente rispetto alle disposizioni contenute nel medesimo testo unico e nel contratto di servizio, oppure rispetto agli obblighi di natura contabile, gestionale e finanziaria. L'AGCOM, dunque, ha assunto nel tempo non soltanto significativi compiti regolatori in materia di infrastrutture e di reti di trasmissione, ma anche pregnanti poteri di indirizzo e di controllo sul piano dell'offerta dei contenuti (pluralismo politico e sociale, tetti pubblicitari, tutela dei minori eccetera), che in fondo appaiono coerenti con la necessità che il settore dell'audiovisivo sia regolato secondo una visione integrata e sistemica. Una simile evoluzione del quadro normativo ha dunque affievolito le tradizionali funzioni della Commissione di vigilanza, la quale, forse non per caso, nella prassi delle ultime legislature ha drasticamente ridotto il numero di atti propriamente di indirizzo della programmazione, abdicando di fatto all'esercizio di una delle sue originarie prerogative.
La Commissione di vigilanza è stata l'anticamera dell'indebita influenza della politica sul servizio pubblico radiotelevisivo, il luogo fisico e simbolico attraverso cui i partiti politici hanno trasformato la RAI da strumento della collettività a territorio da spartire e subordinare ai propri interessi. È questa una delle principali ragioni che rende oggi necessario sopprimere la Commissione di vigilanza e ricondurre il concetto di «controllo» del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale ad un'accezione sana e virtuosa, secondo la quale il Parlamento, luogo della rappresentanza di tutti i cittadini, è soggetto naturalmente competente a vigilare sulle società che svolgono funzioni delicate e rilevanti per l'ordinamento democratico. Fatta salva, dunque, la peculiare funzione di controllo attribuita all'AGCOM dal testo unico, la proposta di legge mantiene alle Commissioni parlamentari competenti in materia di servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale la facoltà di convocare i vertici aziendali della RAI per esigenze conoscitive o per rispondere di eventuali inadempimenti degli obblighi di servizio pubblico.
Nella proposta di legge, in sintesi, le funzioni della Commissione di vigilanza sono state in parte soppresse, in parte demandate all'AGCOM, oppure ricondotte alle Commissioni parlamentari competenti per materia. Nei casi in cui risulti opportuno l'intervento congiunto delle Commissioni parlamentari (audizioni dei candidati sorteggiati, eventuale parere sui soggetti audìti, parere sulla revoca di membri del consiglio di amministrazione, audizione dei vertici aziendali nel corso della legislatura) sarà compito della fonte regolamentare, nella sua autonomia, individuare le più idonee ed efficaci forme e modalità di esercizio di tali funzioni, senza dispersioni e duplicazioni, come già evidenziato.

torna su

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche alle norme in materia di procedure di nomina dei componenti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni)

1. Il comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249, è sostituito dai seguenti:

«3. Sono organi dell'Autorità il presidente, la commissione per le infrastrutture e le reti, la commissione per i servizi e i prodotti e il consiglio. Ciascuna commissione è organo collegiale costituito dal presidente dell'Autorità e da due commissari. Il consiglio è costituito dal presidente e da tutti i commissari. La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica eleggono due commissari ciascuno. Ciascun deputato e ciascun senatore esprime il voto indicando un solo nome per il consiglio. I commissari eletti sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica. I commissari sono eletti tra coloro che presentano la propria candidatura nell'ambito di una procedura di selezione il cui avviso è pubblicato nei siti internet istituzionali della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica e dell'Autorità almeno sessanta giorni prima della data stabilita per l'elezione. Le candidature devono pervenire entro il trentesimo giorno antecedente la data stabilita per l'elezione e i curricula devono essere pubblicati nel sito internet della Camera alla quale sono stati inviati. Le candidature possono essere avanzate da persone di notoria indipendenza nonché di comprovata esperienza e competenza nelle discipline afferenti ai settori delle comunicazioni e della protezione dei dati personali, con particolare riferimento alle discipline giuridiche o informatiche. I componenti dell'Autorità durano in carica sette anni e non possono essere confermati. In caso di morte, di dimissioni o di impedimento di un commissario, la Camera competente procede all'elezione di un nuovo commissario, che resta in carica fino alla scadenza ordinaria del mandato dei componenti dell'Autorità. Al commissario che subentri quando mancano meno di due anni alla predetta scadenza ordinaria non si applicano il divieto di conferma di cui al presente comma né le disposizioni dell'articolo 22, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114. Il presidente dell'Autorità è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, tra coloro che presentano la propria candidatura nell'ambito di una procedura di selezione il cui avviso deve essere pubblicato nei siti internet istituzionali della Presidenza del Consiglio dei ministri e dell'Autorità almeno sessanta giorni prima della data della nomina. Le candidature devono pervenire almeno trenta giorni prima della data della nomina e i curricula devono essere pubblicati nei medesimi siti internet. La designazione del presidente dell'Autorità è previamente sottoposta al parere delle competenti Commissioni parlamentari ai sensi dell'articolo 2, comma 7, della legge 14 novembre 1995, n. 481.
3-bis. Non possono essere nominati componenti dell'Autorità i soggetti che nei cinque anni precedenti alla nomina abbiano ricoperto cariche di governo o cariche politiche elettive a livello nazionale o regionale.
3-ter. A pena di decadenza, i componenti dell'Autorità non possono esercitare, direttamente o indirettamente, alcuna attività professionale o di consulenza, essere amministratori o dipendenti di soggetti pubblici o privati né ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura, compresi gli incarichi elettivi o di rappresentanza nei partiti politici, né avere interessi diretti o indiretti nelle imprese operanti nel settore di competenza della medesima Autorità. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati fuori ruolo per l'intera durata dell'incarico».

2. Il comma 5 dell'articolo 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249, è sostituito dal seguente:

«5. Ai componenti dell'Autorità si applicano le disposizioni dell'articolo 2, commi 9, 10 e 11, della legge 14 novembre 1995, n. 481».

3. Le disposizioni di cui al presente articolo acquistano efficacia a decorrere dalla data di scadenza del mandato del consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in carica alla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 2.
(Consiglio di amministrazione della società RAI-Radiotelevisione italiana Spa)

1. L'articolo 49 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, è sostituito dal seguente:

«Art. 49. – (Disciplina della società RAI-Radiotelevisione italiana Spa e del suo consiglio di amministrazione)1. La concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale è affidata alla società RAI-Radiotelevisione italiana Spa fino al 6 maggio 2028.
2. Il Ministero dell'economia e delle finanze esercita le sue attribuzioni quale socio di maggioranza della società RAI-Radiotelevisione italiana Spa con la massima trasparenza e nell'esclusivo interesse degli utenti del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale.
3. Per quanto non diversamente previsto dal presente testo unico, la società RAI-Radiotelevisione italiana Spa è assoggettata alla disciplina generale delle società per azioni, anche per quanto concerne l'organizzazione e l'amministrazione.
4. Il consiglio di amministrazione della società RAI-Radiotelevisione italiana Spa è composto da cinque membri, compresi il presidente e l'amministratore delegato. Essi durano in carica per cinque anni, non rinnovabili, e sono nominati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previa valutazione delle Commissioni parlamentari competenti, ai sensi dei commi 12 e 13.
5. Le candidature per la carica di consigliere di amministrazione sono presentate entro il termine di trenta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di un avviso pubblico predisposto dall'Autorità, di cui è data altresì tempestiva notizia nei siti internet istituzionali della medesima Autorità e della società RAI-Radiotelevisione italiana Spa.
6. Ciascun candidato deve allegare alla domanda il proprio curriculum vitae e un elaborato sulla propria visione strategica del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, in riferimento alle aree di competenza di cui alle lettere a), b) e c) del comma 10, concernente rispettivamente:

a) lo sviluppo dei mercati, con particolare riferimento alla commercializzazione del prodotto audiovisivo nazionale verso l'estero;

b) la qualità, i valori ispiratori e l'identità culturale della programmazione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale;

c) lo sviluppo tecnologico, con particolare riferimento all'integrazione dei mezzi di comunicazione e alle diverse modalità di fruizione dei contenuti audiovisivi.

7. I criteri per la redazione dei curricula e degli elaborati sono definiti nell'avviso pubblico di cui al comma 5.
8. L'Autorità cura la pubblicazione dei curricula e degli elaborati nel proprio sito internet istituzionale.
9. Non possono essere candidati alla carica di consigliere coloro che nei cinque anni precedenti alla nomina abbiano ricoperto cariche di governo o cariche politiche elettive a qualunque livello, ovvero incarichi o uffici di rappresentanza nei partiti politici, né i soggetti che si trovino in una delle seguenti situazioni:

a) stato di interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici;

b) stato di interdizione legale ovvero temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, o comunque taluna delle situazioni indicate nell'articolo 2382 del codice civile;

c) assoggettamento a misure di prevenzione disposte dall'autorità giudiziaria ai sensi del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, fatti salvi gli effetti della riabilitazione;

d) fatti salvi gli effetti della riabilitazione, condanna con sentenza definitiva alla reclusione:

1) per uno dei delitti previsti nel titolo XI del libro quinto del codice civile;

2) per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l'ordine pubblico o contro l'economia pubblica ovvero per un delitto in materia tributaria;

3) per qualunque delitto non colposo, per un tempo pari o superiore a due anni.

10. I consiglieri sono scelti secondo i criteri di professionalità individuati nelle seguenti aree di competenza:

a) due componenti con competenze economico-giuridiche, che abbiano maturato esperienza dirigenziale almeno triennale presso imprese pubbliche o private, enti o istituti di ricerca pubblici o privati operanti a livello nazionale o internazionale, nei settori della radiotelevisione e delle reti di comunicazione elettronica;

b) due componenti dell'area della produzione audiovisiva, che abbiano maturato esperienza dirigenziale almeno quinquennale nelle attività di capo progetto, ideatore o conduttore di programmi radiotelevisivi afferenti ai generi predeterminati di cui al vigente contratto nazionale di servizio stipulato tra il Ministero e la società RAI-Radiotelevisione italiana Spa;

c) un componente con competenze tecnico-scientifiche che abbia maturato esperienza dirigenziale almeno triennale presso imprese pubbliche o private, enti o istituti di ricerca pubblici o privati operanti a livello nazionale o internazionale, nei settori della radiotelevisione, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, della convergenza dei mezzi di comunicazione, delle reti di comunicazione elettronica.

11. Entro trenta giorni dal termine per la presentazione delle candidature, l'Autorità pubblica nel proprio sito internet istituzionale l'elenco dei candidati che soddisfano le condizioni di cui ai commi 6, 9 e 10 e procede al sorteggio di due nominativi per l'area di competenza di cui alla lettera a), di due nominativi per l'area di competenza di cui alla lettera b) e di un nominativo per l'area di competenza di cui alla lettera c) del citato comma 10, con modalità idonee a garantire la presenza di entrambi i sessi.
12. L'Autorità comunica senza indugio alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica i nomi dei candidati estratti ai sensi del comma 11 per il deferimento della proposta alle Commissioni parlamentari competenti. Esse possono, secondo le disposizioni e con le forme di pubblicità determinate dai regolamenti delle rispettive Camere, procedere all'audizione dei soggetti sorteggiati ai sensi del comma 11, ai fini della valutazione dell'elaborato sulla visione strategica del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, secondo le diverse aree di competenza.
13. Qualora una delle Commissioni parlamentari di cui al comma 12, con la maggioranza dei due terzi dei componenti, esprima parere contrario su un candidato, l'Autorità procede all'estrazione di un nuovo nominativo nell'ambito della medesima area di competenza. Si applicano le disposizioni del comma 12, fatto salvo quanto stabilito dal comma 14.
14. Decorsi sessanta giorni dall'inizio della procedura di cui ai commi 12 e 13, il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, nomina consiglieri di amministrazione i cinque candidati estratti, anche in mancanza della valutazione delle Commissioni parlamentari ai sensi dei medesimi commi.
15. Il Ministro dell'economia e delle finanze può indicare, nel decreto di cui al comma 14, il presidente del consiglio di amministrazione. In mancanza di tale indicazione, il presidente è eletto dal consiglio di amministrazione.
16. A pena di decadenza, il presidente del consiglio di amministrazione e i consiglieri non possono esercitare alcun ufficio pubblico o privato, incarico elettivo o di rappresentanza nei partiti politici, attività professionale, di consulenza né essere titolari, direttamente o indirettamente, di alcun interesse nelle imprese operanti nel settore delle comunicazioni, dell'audiovisivo, della pubblicità e in qualunque altro settore relativo alla fornitura e alla somministrazione di beni e servizi alla società RAI-Radiotelevisione italiana Spa o alle società da essa controllate o ad essa collegate».

Art. 3.
(Organizzazione, amministrazione e trasparenza della società RAI-Radiotelevisione italiana Spa)

1. L'articolo 49-bis del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, è sostituito dal seguente:

«Art. 49-bis. – (Organizzazione e amministrazione della società RAI-Radiotelevisione italiana Spa)1. Il consiglio di amministrazione della società RAI-Radiotelevisione italiana Spa, oltre alle funzioni attribuite dal codice civile e dal comma 3 del presente articolo, coerentemente con le linee-guida adottate d'intesa dall'Autorità e dal Ministro dello sviluppo economico e con le disposizioni del contratto di servizio, svolge la funzione di indirizzo strategico della società in relazione allo sviluppo e alla commercializzazione del prodotto audiovisivo nazionale sul mercato internazionale, allo sviluppo del portale della società e alla fruizione dei relativi contenuti attraverso i nuovi dispositivi e piattaforme nonché alla qualità e alle esigenze culturali della programmazione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale.
2. L'amministratore delegato è eletto con deliberazione del consiglio di amministrazione. Nella deliberazione sono stabiliti l'estensione della delega, i criteri e le modalità del suo esercizio nonché le modalità di revoca.
3. Il consiglio di amministrazione:

a) approva il piano strategico e finanziario e il bilancio di esercizio;

b) assegna annualmente le risorse economiche alle diverse aree di attività aziendale;

c) determina le linee editoriali e le direttive generali della programmazione radiotelevisiva nell'ambito delle prescrizioni dell'atto di concessione e del contratto di servizio, nonché degli indirizzi strategici definiti ai sensi del comma 1;

d) nomina, con le modalità stabilite dal comma 5, i dirigenti di primo e di secondo livello nonché i direttori di rete e delle testate giornalistiche;

e) nomina, con le modalità stabilite dai commi 5 e 6, i dirigenti esterni, nel limite del 2 per cento della dotazione organica dei dirigenti;

f) approva gli atti e i contratti aziendali aventi carattere strategico, nonché tutti gli altri atti e i contratti attinenti alla gestione della società che, anche complessivamente nell'ambito di più esercizi, comportino oneri finanziari di importo superiore a 2.582.284,5 euro;

g) approva i piani annuali di trasmissione e di produzione della società e le variazioni che si rendano necessarie;

h) approva i progetti di fusione e di scissione delle società partecipate;

i) approva l'istituzione e la soppressione di sedi secondarie;

l) approva il Piano per la trasparenza e la comunicazione aziendale di cui al comma 9.

4. Le funzioni di cui alle lettere a), c), f) e l) del comma 3 non possono essere delegate.
5. Ai fini del conferimento degli incarichi di cui alle lettere d) ed e) del comma 3, il consiglio di amministrazione rende conoscibili, anche mediante pubblicazione di apposito avviso nel sito internet istituzionale della società RAI-Radiotelevisione italiana Spa, il numero e la tipologia dei posti di funzione dirigenziale disponibili nella dotazione organica, gli obiettivi e i criteri generali di scelta. Il consiglio di amministrazione acquisisce la disponibilità degli interessati ed effettua la scelta fra soggetti in possesso di particolare e comprovata qualificazione professionale e di specifiche competenze attinenti all'incarico da assegnare.
6. Gli incarichi di cui alla lettera e) del comma 3 sono conferiti a tempo determinato e in ogni caso cessano, fatta salva una durata inferiore, decorsi sessanta giorni dalla scadenza del mandato del consiglio di amministrazione che li ha conferiti.
7. Il presidente ha la rappresentanza legale della società ed esercita i relativi poteri. Oltre alle funzioni connesse alla carica di componente del consiglio di amministrazione, il presidente:

a) convoca il consiglio di amministrazione, ne fissa l'ordine del giorno, ne coordina i lavori e provvede affinché siano fornite a tutti i consiglieri adeguate informazioni sulle materie iscritte all'ordine del giorno;

b) tiene i rapporti con l'assemblea degli azionisti;

c) convoca l'assemblea degli azionisti, in esecuzione della deliberazione del consiglio di amministrazione.

8. In deroga a quanto previsto dall'articolo 2381 del codice civile, al presidente non possono essere conferite deleghe di gestione e di amministrazione della società.
9. Il consiglio di amministrazione, entro tre mesi dal suo insediamento, approva, su proposta dell'amministratore delegato, il Piano per la trasparenza e la comunicazione aziendale. Il Piano prevede le forme più idonee per rendere conoscibili alla generalità degli utenti, in regola con il pagamento del canone o che ne sono legalmente esenti:

a) i singoli atti e le informazioni sull'attività complessivamente svolta dal consiglio di amministrazione, salvi casi particolari di riservatezza adeguatamente motivati;

b) i dati relativi agli investimenti totali destinati ai prodotti audiovisivi nazionali e ai progetti di coproduzione internazionale;

c) le informazioni sui curricula e sui compensi lordi percepiti dai dirigenti, dai collaboratori e dai consulenti, come definite e richieste dal Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica;

d) i criteri e le modalità per l'affidamento di lavori e forniture di qualsiasi tipologia;

e) i dati risultanti dalla verifica del gradimento della programmazione generale e specifica della società, nell'ambito di un costante dialogo e interscambio con l'utenza, in particolare ai fini del perseguimento degli obiettivi di servizio pubblico normativamente prescritti.

10. Il limite massimo retributivo annuo di cui all'articolo 13, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, si applica agli amministratori, al personale dipendente, ai collaboratori e ai consulenti della società RAI-Radiotelevisione italiana Spa.
11. Ai fini del rispetto del limite di cui al comma 10 del presente articolo non si applicano le esclusioni di cui all'articolo 23-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
12. L'assemblea della società dispone la revoca e l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori della società previo parere favorevole delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti.
13. In caso di revoca, dimissioni o impedimento permanente dell'amministratore delegato o di un altro membro del consiglio di amministrazione, si procede alla sua sostituzione, nell'ambito della medesima area di competenza, attraverso la procedura definita dall'articolo 49, commi da 11 a 15».

Art. 4.
(Verifica dell'adempimento delle finalità e degli obblighi del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale)

1. All'articolo 48 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «servizio pubblico generale radiotelevisivo» sono sostituite dalle seguenti: «servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale»;

b) il comma 9 è sostituito dal seguente:

«9. L'Autorità dà conto dei risultati del controllo nella relazione annuale, attribuendo in ogni caso autonoma rilevanza alla verifica dei risultati concernenti:

a) lo sviluppo e la commercializzazione del prodotto audiovisivo nazionale verso l'estero;

b) l'innovazione tecnologica, con particolare riguardo allo sviluppo del portale della società RAI-Radiotelevisione italiana Spa e alla fruizione dei contenuti audiovisivi sui dispositivi e sulle piattaforme esistenti;

c) la qualità e le esigenze culturali della programmazione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale».

Art. 5.
(Soppressione della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi e abrogazione di norme)

1. Gli articoli 11, 12, 13 e 14 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 3 aprile 1947, n. 428, sono abrogati.
2. La Commissione per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, di cui alla legge 14 aprile 1975, n. 103, è soppressa.
3. Le competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono convocare, secondo le norme dei regolamenti parlamentari, i componenti del consiglio di amministrazione della società concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale per la verifica del rispetto dei princìpi che regolano lo svolgimento del medesimo servizio.
4. Le competenze attribuite dalla legge 22 febbraio 2000, n. 28, alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi sono trasferite all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
5. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con proprio regolamento, disciplina le modalità di accesso al mezzo radiotelevisivo, sulla base dei princìpi di cui all'articolo 6, terzo comma, lettere a), b) e c), della legge 14 aprile 1975, n. 103.
6. La lettera d) del comma 2 dell'articolo 45 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, è abrogata.

torna su