PDL 1047

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1047

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato MORGONI

Agevolazioni per l'accesso al trattamento pensionistico in favore degli invalidi

Presentata il 1° agosto 2018

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Onorevoli Colleghi! — L'articolo 38 della Costituzione riconosce che «ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria».
La Carta fondamentale ha posto le basi per un'equilibrata concezione della sicurezza sociale e dell'assistenza sociale, quest'ultima concepita come diritto sociale di tipo universalistico che va oltre la mera condizione economica e che non deve limitarsi a garantire il mantenimento, ma deve assicurare anche la protezione e lo sviluppo di quei beni che sono tutelati dall'articolo 3, secondo comma, come la dignità e la partecipazione.
Dall'articolo 38 della Costituzione discende anche il diritto alla pensione, cioè ad una prestazione previdenziale per le situazioni di bisogno indicate dalle leggi dello Stato. La pensione è la finalità delle assicurazioni sociali obbligatorie per le esigenze di vita, in caso di vecchiaia, di invalidità o, nel caso, per i superstiti di pensionati (reversibilità, indiretta).
La rendita pensionistica, la pensione erogata dallo Stato o dalle altre pubbliche amministrazioni preposte, è uno strumento di politica economica e sociale. Il diritto alla pensione rappresenta uno dei capisaldi di uno stato di diritto e la complessa normativa che lo disciplina evidenzia l'attenzione posta, nel tempo, dal legislatore per la tutela particolare di determinate categorie.
Con l'articolo 1, comma 9, della legge 23 agosto 2004, n. 243, recante «Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria», è stata introdotta la cosiddetta opzione donna, concedendo la possibilità di accedere al pensionamento anticipato al compimento di 57 anni alle lavoratrici con contribuzione esclusivamente da lavoro dipendente, ovvero al compimento di 58 anni a quelle con contribuzione «mista» con almeno trentacinque anni di contribuzione; il tutto tramite una decurtazione sulla pensione da valutare in base alle caratteristiche personali delle lavoratrici stesse e alla loro evoluzione retributiva.
La medesima attenzione legislativa non è stata però ancora rivolta verso coloro che, per motivi diversi, sono invalidi civili, una disparità di trattamento che appare irragionevole. Il sistema pensionistico agevola meritoriamente il prepensionamento per le donne, ma non quello di coloro che si trovano in una situazione di accertata difficoltà fisica; i lavoratori invalidi ai fini pensionistici sono equiparati, di fatto, ai lavoratori sani.
L'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (cosiddetto decreto-legge Salva Italia), prevedendo un notevole innalzamento dell'età pensionabile, non ha adeguato la normativa alla realtà dei lavoratori invalidi, in nulla differenziandoli dagli altri nonostante le loro condizioni di salute.
Appare sbagliato prevedere nei confronti dei lavoratori portatori di un'invalidità accertata superiore ad una certa soglia la normale prosecuzione dell'attività lavorativa nonostante le loro precarie condizioni di salute; dopo tanti anni di lavoro essi risentono, in misura maggiore rispetto agli altri, dell'usura derivante dallo svolgimento dell'attività lavorativa. Contro l'evidenza dei fatti e il buon senso persiste e si acuisce la palese disparità di trattamento nei confronti di questi lavoratori svantaggiati per i quali non è prevista la possibilità di accedere al prepensionamento.
La presente proposta di legge si pone perciò l'obiettivo di rimediare a tale grave situazione, eliminando un'evidente disparità di trattamento tra situazioni diverse, ma parimenti meritevoli di tutela, riprendendo quanto già proposto nella scorsa legislatura dal deputato Carrescia (atto Camera n. 3448) e dai senatori Susta ed altri (atto Senato n. 1808).
L'articolo 1 della proposta di legge prevede per gli invalidi per qualsiasi causa, ai quali sia stata riconosciuta un'invalidità superiore al 60 per cento (stimabili in una platea di circa 250.000 lavoratori), la possibilità di accedere al pensionamento anticipato in presenza di un'anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e di un'età pari o superiore a 57 anni per i lavoratori dipendenti e a 58 anni per i lavoratori autonomi, così come già previsto per le donne tramite la citata opzione donna.
L'articolo 2 introduce sanzioni per il lavoratore che attesta falsamente uno stato di invalidità per ottenere il beneficio di cui all'articolo 1; la pena si applica anche al medico e a chiunque altro concorra nella commissione del delitto.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Opzione invalidi)

1. A decorrere dall'anno 2020 agli invalidi per qualsiasi causa, ai quali sia stata riconosciuta un'invalidità superiore al 60 per cento o rientrante tra le prime quattro categorie della tabella A allegata al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, è riconosciuto, a loro richiesta, il diritto all'accesso al trattamento pensionistico in presenza di un'anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e di un'età pari o superiore a 57 anni per i lavoratori dipendenti e a 58 anni per i lavoratori autonomi.

Art. 2.
(Sanzioni)

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il lavoratore che attesti falsamente uno stato di invalidità al fine di conseguire le agevolazioni di cui alla presente legge è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.200 ad euro 10.000. La medesima pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione del delitto.
2. Nei casi di cui al comma 1, il lavoratore, ferme restando la responsabilità penale e disciplinare e le relative sanzioni, è tenuto a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di pensione nei periodi per i quali sia accertata l'infrazione, nonché il danno all'immagine subìti dall'amministrazione qualora dipendente pubblico.
3. La sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena per il delitto di cui al comma 1 comporta, per il medico, la sanzione disciplinare della radiazione dall'albo e, se dipendente di una struttura sanitaria pubblica o, se convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, il licenziamento per giusta causa o la decadenza dalla convenzione. Le medesime sanzioni disciplinari si applicano se il medico rilascia certificazioni che attestano dati clinici non direttamente constatati né oggettivamente documentati.

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