ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00144

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 408 del 14/10/2020
Abbinamenti
Atto 6/00143 abbinato in data 14/10/2020
Atto 6/00145 abbinato in data 14/10/2020
Atto 6/00146 abbinato in data 14/10/2020
Firmatari
Primo firmatario: MOLINARI RICCARDO
Gruppo: LEGA - SALVINI PREMIER
Data firma: 14/10/2020
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
GELMINI MARIASTELLA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 14/10/2020
LOLLOBRIGIDA FRANCESCO FRATELLI D'ITALIA 14/10/2020
LUPI MAURIZIO MISTO-NOI CON L'ITALIA-USEI-CAMBIAMO!-ALLEANZA DI CENTRO 14/10/2020


Stato iter:
14/10/2020
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 14/10/2020
Resoconto CASTELLI LAURA VICE MINISTRO - (ECONOMIA E FINANZE)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 14/10/2020

NON ACCOLTO IL 14/10/2020

PARERE GOVERNO IL 14/10/2020

DICHIARATO PRECLUSO IL 14/10/2020

CONCLUSO IL 14/10/2020

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00144
presentato da
MOLINARI Riccardo
testo di
Mercoledì 14 ottobre 2020, seduta n. 408

   La Camera,
   in sede di esame della Nota di Aggiornamento di Documento di Economia e Finanza 2020, presentata ai sensi degli articoli 7, comma 2, lettera b), e 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e dell'annessa relazione ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, recante l'aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo di medio termine (OMT) per la finanza pubblica,
   premesso che:
    le previsioni tendenziali della Nota indicano una flessione del PIL reale per il 2020 al –9,0 per cento, in peggioramento di un p.p. rispetto alle previsioni del DEF di aprile. Tale revisione al ribasso pare doversi all'effetto combinato di una contrazione del PIL nel secondo trimestre più accentuata del previsto e di una previsione più cauta dell'incremento del PIL per il quarto trimestre, prevista allo 0,4 per cento rispetto al 3,8 per cento previsto nel DEF. Di contro, la previsione per il 2021 indica un rimbalzo del PIL al 5,1 per cento, in aumento di 0,4 p.p. rispetto a quanto previsto nel DEF; una crescita che invece risulta più moderata nel biennio successivo, stimata al 3,0 per cento per il 2022 e all'1,8 per cento per il 2023;
    la Nota registra altresì una contrazione dei consumi finali su base annua del 13,4 per cento, investimenti fissi lordi in calo del 22 per cento, nonché un calo sensibile delle esportazioni. Si tratta di dati che rappresentano plasticamente come l'impatto della crisi pandemica sull'economia italiana sia stato, ed è tutt'ora, senza precedenti, e abbia colpito, seppure in maniera asimmetrica, tutti i principali comparti produttivi nazionali, con ovvi riflessi sul mercato del lavoro, che si stima in calo dell'1,9 per cento su base annua;
    con riferimento all'indebitamento netto, la Nota prevede ch'esso si attesti al 10,8 per cento per il 2020, 178 miliardi di euro circa in valore assoluto, in aumento di quasi 4 p.p. rispetto alle previsioni tendenziali del DEF, alla luce dei provvedimenti emergenziali adottati nei mesi di maggio e di agosto. I provvedimenti emergenziali complessivamente considerati hanno determinato 100 miliardi di ulteriore indebitamento netto, pari a oltre il 6 per cento del PIL, di cui 84 miliardi sono ancora giacenti presso la Tesoreria di Stato. Per il 2021 la Relazione annessa alla Nota prevede un incremento dell'1,3 per cento dell'indebitamento netto, pari a circa 24 miliardi di euro, da utilizzare con la prossima manovra di bilancio, portando l'indebitamento dal –5,7 per cento del quadro tendenziale al –7 per cento. Allo stesso modo, per gli anni 2022 e 2023 si prevede un incremento via via decrescente dell'indebitamento, dello 0,6 per cento nel 2022 e dello 0,3 per cento nel 2023;
    il rapporto debito/PIL è previsto al 158 per cento per il 2020, in aumento di 23 p.p. rispetto al 2019, e di circa 2 p.p. più alto rispetto alle previsioni del DEF, in considerazione degli effetti del decreto n. 104 del 2020 e della maggiore contrazione del PIL. Per gli anni successivi si prevede un decremento del rapporto: al 155,6 per cento al 2021, al 153,4 per cento nel 2022 e al 151,5 per cento nel 2023;
    il quadro programmatico illustrato dalla Nota prevede un impatto sull'economia nazionale che dovrebbe far crescere il PIL reale al 6,0 per cento nel 2021, 3,8 per cento nel 2022 e al 2,5 per cento nel 2023. La manovra di bilancio dovrebbe dunque incrementare il PIL dello 0,9 per cento nel 2021, dello 0,8 per cento nel 2022 e dello 0,7 per cento nel 2023, comprensiva degli impatti attesi dagli anticipi dei finanziamenti legati al NGEU;
    i principali interventi della prossima manovra di finanza pubblica saranno quindi orientati al sostegno dell'occupazione e dei redditi, al taglio del cuneo fiscale, al rifinanziamento del taglio contributivo per il Sud, nonché al rifinanziamento delle politiche invariate,
   considerato che:
    le previsioni del Governo, illustrate nella Nota, appaiono ottimistiche, seppure in peggioramento rispetto a quelle contenute nel DEF, tanto che l'agenzia Pitch stima per l'Italia un calo del PIL del 10 per cento per il 2020, portando il rapporto debito/PIL al 161 per cento. Così come per il prossimo anno, le stime indicano una crescita al 5,4 per cento, anziché al 6 per cento, come previsto nella Nota;
    lo scenario programmatico nella Nota di aggiornamento, è stato costruito facendo molto affidamento sulle risorse derivanti dal Recovery Plan europeo, denominato Next Generation EU (NGEU), che nella migliore delle ipotesi non potranno essere pienamente esigibili prima dell'autunno 2021;
    le stime di ripresa appaiono in effetti quantomeno ottimistiche, se non irrealistiche, in considerazione del fatto che la Nota prevede altresì, per l'anno 2021, un incremento della pressione fiscale ufficiale dello 0,5 per cento rispetto al 2020, portandola dal 42,5 per cento al 43,0 per cento, e attestandola nel 2023 al 42,6 per cento, comunque maggiore di 0,2 p.p. rispetto al 2019. Secondo un recente studio del Consiglio e Fondazione nazionale commercialisti la pressione fiscale reale sarebbe addirittura del 48,2 per cento, con maggiore incidenza sulle famiglie monoreddito. Se a questo si aggiunge che il peso del Fisco sulle imprese italiane secondo il rapporto «Paying Taxes 2020» di Banca Mondiale e PwC (PricewaterhouseCoopers), che misura i costi per imposte e tasse in capo alle imprese e il conseguente carico amministrativo per i diversi adempimenti fiscali, ammonta a circa il 59,1 per cento dei profitti, risulta evidente che una vera ripresa economica del Paese sia impensabile senza un intervento strutturale sul sistema fiscale italiano e sui tempi biblici relativi ai pagamenti dei debiti della Pubblica Amministrazione;
    sul lato delle entrate appare opportuno rilevare come il Governo stimi un aumento dei contributi sociali, a partire dal 2021, che si attesterebbe al 4 per cento annuo per il prossimo triennio. Stima che non pare tenere affatto in considerazione il termine del blocco dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo attualmente previsto al 31 dicembre 2020, e che evidentemente avrà un impatto importante anche sul lato delle uscite;
    il Governo ha deluso le aspettative degli italiani e del Parlamento rilevato che l'utilizzo dei 100 miliardi di maggiore indebitamento netto per il 2020, attraverso i decreti economici, ha compiuto una dispersione di risorse in troppe linee di spesa pubblica, spesso inutili e non condivisibili:
     a) palesando ritardi ingiustificabili nella attribuzione della cassa integrazione ai lavoratori costretti a non lavorare;
     b) mancando una piena realizzazione degli interventi a sostegno del lavoro autonomo;
     c) non favorendo la continuità delle attività economiche;
     d) non assicurando la sicurezza nei trasporti pubblici;
     e) non garantendo la continuità dell'attività didattica in tutte le scuole italiane;
     f) causando l'aumento delle liste di attesa ospedaliere per tutte le patologie cliniche, senza riuscire ad organizzare quel tracciamento razionale e scientifico dei contagiati dal Covid-19, che oggi avrebbe consentito un ritorno alla normalità;
    il Governo ha quindi mancato quegli obiettivi a favore degli italiani che l'ingente ammontare di maggiore indebitamento per 100 miliardi, autorizzati dal Parlamento, avrebbe potuto garantire, sprecando gran parte di quelle risorse attraverso il ricorso al maggiore indebitamento;
    alla luce della incapacità del Governo di utilizzare il maggiore indebitamento chiesto agli italiani non appare conveniente consentire ora un nuovo ricorso all'indebitamento per il 2021,

impegna il Governo:

   ad adottare, nella prossima manovra di bilancio, provvedimenti che possano avere effettivamente un impatto strutturale e a lungo termine sull'economia nazionale, con particolare riferimento ad una profonda revisione del sistema fiscale orientato ad una sensibile riduzione della pressione fiscale su famiglie e imprese; ad una semplificazione dei sistemi di pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione, all'estensione della decontribuzione sul lavoro, in specie nelle aree in cui il mercato del lavoro è stato più duramente colpito dalla crisi economica; ad una sburocratizzazione delle procedure amministrative, vere zavorre della ripresa delle attività economiche; nonché a investimenti strutturali che garantiscano un potenziamento dell'istruzione e della ricerca, vero volano per un'economia competitiva;
   a riallocare la spesa pubblica dai settori che hanno un basso impatto sulla crescita ad altri che ne possano aumentare il potenziale, posto che dall'aumento del Prodotto può derivare un aumento dell'occupazione e un impatto positivo su tutti gli indicatori di finanza pubblica;
   a ridurre strutturalmente il debito pubblico, attraverso una strategia di politica economica che consenta di attivare un circolo virtuoso rappresentato da minori tasse, più investimenti e consumi, più crescita e minore deficit, e accompagnando e rafforzando tale processo in forza degli introiti derivanti dai piani di valorizzazione e di dismissione del patrimonio pubblico, fermo restando una valutazione di convenienza nel medio periodo;
   a definire, nell'ambito delle politiche fiscali e delle prospettive di riforma, un piano di interventi volto a favorire ed incentivare l'occupazione anche mediante meccanismi premiali per le imprese ad alta intensità occupazionale basati sul principio «più assumi, meno paghi» e a superare le previsioni del «decreto dignità», che ingessano il mercato del lavoro;
   tutelare le imprese italiane e il Made in Italy, sostenendo in ambito europeo l'introduzione di misure più stringenti volte a contrastare il dumping sociale e ambientale degli Stati extraeuropei, nonché ad intraprendere le necessarie iniziative volte ad accrescere la competitività delle imprese italiane al fine di evitare tughe verso Paesi che presentano una fiscalità di vantaggio e favorire il rientro in Patria delle imprese che negli ultimi anni hanno delocalizzato;
   a definire un piano organico di sostegno alla natalità e alle famiglie, in particolare alle famiglie numerose, che le accompagni fino alla maggiore età dei figli, elevando parallelamente le tutele per i genitori lavoratori.
(6-00144) «Molinari, Gelmini, Lollobrigida, Lupi».